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Palestina

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view post Posted on 30/3/2022, 10:32
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Cisgiordania: l’esercito israeliano disperde violentemente le proteste in difesa della moschea di al-Aqsa

http://zeitun.info/2022/04/16/cisgiordania...hea-di-al-aqsa/
 
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Palestina


Perché i palestinesi riprendono le armi per sconfiggere l'occupazione

Di:Roberto Inlakesh, da Al Mayadeen/Resumen Latinoamericano-Medio Oriente, 16 aprile 2022. Versione italiana a cura di Liliana Calabrese
20 Maggio 2022

ebbene possa essere difficile per un occidentale comprendere le decisioni che il popolo palestinese è costretto a prendere, basta guardare alla storia di questo popolo per vedere la ratio dietro le sue azioni e la sua lotta.

La recente ripresa della lotta armata nella Cisgiordania occupata, così come la ripresa dei violenti attacchi della guerriglia a Tel Aviv hanno colto di sorpresa il mondo nel mezzo del caos che si sta diffondendo a seguito della guerra in Ucraina. Tuttavia, molti, in Occidente, non riescono a capire perché la violenza sia tornata ad essere la principale opzione di resistenza al progetto di insediamento colonialista in Palestina e, quindi, molti occidentali non sono in grado di schierarsi con la lotta palestinese in questi frangenti.

Per comprendere il presente, dobbiamo guardare indietro nella storia per considerare questa lotta nel suo giusto contesto e anche allinearla con le lotte di liberazione nazionale di altri popoli nel corso della storia.

Nel 1974, l’allora presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Yasser Arafat, pronunciò il suo famoso discorso del “ramo d’ulivo” davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA). Durante quel discorso, dopo aver affermato di essere arrivato sulla scena mondiale brandendo in una mano un’arma da combattente per la libertà e nell’altra un ramoscello d’ulivo, avvertì “non lasciate che il ramoscello d’ulivo mi cada di mano”, ripetendo queste esatte parole due volte per avere un maggiore impatto. Fu in quell’anno, il 1974, che Yasser Arafat decise che, come leader dell’OLP, avrebbe perseguito la via del dialogo per istituire uno Stato palestinese. Anche se i colloqui pubblicamente noti tra l’OLP e Israele non sarebbero emersi ufficialmente fino alla Conferenza di Madrid del 1991, l’OLP avrebbe gradualmente intrapreso la strada del dialogo prima con gli Stati Uniti, i suoi alleati e poi con gli israeliani.

Quando l’OLP si rivolse per la prima volta alle Nazioni Unite, la delegazione israeliana non era presente, poiché considerava un’organizzazione terroristica l’organismo comunemente accettato come rappresentante del popolo palestinese. La posizione israeliana di non negoziare con “i terroristi”, né di contemplare l’idea di uno Stato palestinese era allora la norma accettata, e tale è rimasta perché gli Stati Uniti – il più importante alleato di Tel Aviv – lo hanno permesso. Sebbene ci siano stati tentativi da parte dell’ex presidente egiziano Anwar Sadat, durante gli Accordi di Camp David del 1978, di portare la questione palestinese alla ribalta, Sadat fallì davanti al popolo palestinese e alla fine firmò un accordo di normalizzazione con Israele, mettendo da parte i destini del resto dei paesi arabi. L’OLP aveva perso il supporto sostanziale dell’Egitto nel 1979, ma rimaneva una potenza nel mondo arabo e godeva di un forte sostegno diplomatico, finanziario e pubblico.

L’OLP, accusata di rappresentare il terrorismo e di avere la missione di rimettere lo Stato di Palestina sulla carta geografica, continuò a condurre la guerriglia contro il regime sionista, attraverso le ali armate dei suoi vari partiti membri. I gruppi di resistenza palestinesi hanno scatenato guerre e battaglie violente contro Israele, comprese innumerevoli operazioni di commando. Durante questo periodo, Israele adottò una politica che consentiva lo svolgimento di elezioni municipali e municipali nei territori palestinesi che aveva occupato nella guerra del giugno 1967, ma non prese mai in considerazione l’idea di tenere elezioni nazionali palestinesi o di sedersi al tavolo con i rappresentanti palestinesi per perseguire la cosiddetta soluzione dei due Stati. Così, i palestinesi continuarono a condurre la loro lotta armata per la liberazione nazionale, principalmente nel Libano durante gli anni ’70. Anche dopo la guerra israeliana contro il Libano nel 1982, che costrinse formalmente l’OLP a ritirarsi dal paese e causò la morte di 15.000-20.000 libanesi e palestinesi, la lotta armata continuò.

Con la firma degli Accordi di Oslo (1993-95), tra l’OLP e Israele, fu poi imposta sul territorio una nuova realtà per il popolo palestinese che vive in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Un’Autorità Palestinese (AP) fu creata dall’OLP, che prese il potere in piccole aree della Cisgiordania occupata e della Striscia di Gaza. Il sistema delle aree A, B e C è stato stabilito in Cisgiordania e Gaza, con Israele che mantiene il pieno controllo dell’area C, che oggi costituisce circa il 60% della Cisgiordania. In precedenza, il popolo palestinese della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e della parte orientale di Gerusalemme occupata era insorto in proteste di massa, azioni di boicottaggio e scioperi generali dal 1987, esercitando enormi pressioni sull’esercito di occupazione israeliano. Tuttavia, l’Intifada fu sedata con l’avvento del processo di Oslo, che prometteva di creare uno Stato palestinese con la parte orientale di Gerusalemme occupata come capitale su circa il 22% della Palestina storica.

Per diversi anni la violenza diminuì considerevolmente grazie alle promesse degli accordi di Oslo, ma quando Israele continuò ad espandere gli insediamenti e non rispettò gli impegni assunti con gli accordi di Oslo, la gente cominciò a porre domande. A quel punto, l’AP aveva preso il potere nelle aree più popolate dei territori occupati, il che significava che, invece dei soldati israeliani che controllavano la vita quotidiana in città come Ramallah, Jericho e Nablus, ora c’erano le forze palestinesi, il che esercitava un enorme pressione sull’esercito di Israele.

Alla fine degli anni ’90, il popolo palestinese era indignato e la resistenza violenta aumentò. Poi, nel 2000, con il capo dell’opposizione israeliana di allora, Ariel Sharon, che prese d’assalto il complesso della moschea di Al-Aqsa, scoppiò la Seconda Intifada. L’Intifada di Al-Aqsa, come è popolarmente conosciuta, fu molto più violenta della prima Intifada ed è meglio ricordata dagli occidentali per il massiccio aumento degli attentati suicidi. In quel contesto Yasser Arafat fu costretto a optare per la lotta armata e a seguire le orme di altri partiti politici palestinesi che aumentarono la loro popolarità durante la seconda Intifada. Tuttavia, fu costretto dalle pressioni statunitensi a stabilire una nuova carica nella sua AP, quella di Primo Ministro palestinese. Anni di lotta seguirono dopo la morte di Arafat, che molti sostengono sia stata il risultato di un avvelenamento, anche se non ci sono prove conclusive su chi o come ciò possa essere avvenuto.

La fine dell’Intifada arrivò con la rinascita di quella che divenne nota come l’Iniziativa di Pace Araba, orchestrata dall’Arabia Saudita, che prometteva, in cambio di una soluzione di due Stati, che i paesi arabi avrebbero accettato non solo di stabilire legami ma anche relazioni commerciali e di altro tipo con Tel Aviv. I colloqui che seguirono alla fine della Seconda Intifada, nel 2005, non portarono da nessuna parte. Nel novembre di quell’anno, Israele fu costretto a ritirare le sue forze e ad evacuare i suoi coloni dalla Striscia di Gaza. L’anno successivo, nel 2006, il partito di Hamas vinse le elezioni legislative palestinesi, sconfiggendo il partito al governo, Al Fatah. Tuttavia, Mahmoud Abbas, presidente dell’AP, ignorò i risultati e partecipò al blocco occidentale-israeliano della Striscia di Gaza. Nonostante l’“accordo della Mecca” per stabilire un governo di unità tra Hamas e Fatah nel febbraio 2007, gli Stati Uniti pianificarono un colpo di stato contro Hamas a Gaza, che sarebbe stato guidato dall’allora capo dei Servizi di Sicurezza Preventiva dell’AP, Mohammed Dahlan. Il colpo di stato fu sventato e Hamas entrò in guerra con Al Fatah, costringendolo a lasciare la Striscia di Gaza. In seguito a questa lotta, gli israeliani, con la complicità egiziana, decisero di imporre un assedio militare ancora più stretto all’enclave costiera.

Da allora, Israele ha condotto almeno 9 campagne militari su larga scala contro la Striscia di Gaza e ha reso il territorio inabitabile, secondo gli esperti delle Nazioni Unite. La popolazione in Cisgiordania, da parte sua, ha visto solo l’espandersi degli insediamenti, la militarizzazione e il furto delle terre, senza alcun segno di soluzione. Nella parte orientale della Gerusalemme occupata, le forze di occupazione israeliane sono riuscite a espellere migliaia di persone dalle loro case, distruggendole o consegnandole a coloni illegali. Non ci sono stati colloqui significativi tra l’Autorità Palestinese con sede a Ramallah e il regime israeliano da oltre un decennio e l’AP si rifiuta di tenere elezioni nazionali. Inoltre, Hamas, insieme a quasi tutti gli altri partiti politici palestinesi a parte Fatah, sono designati come organizzazioni terroristiche dall’Occidente e da Israele. L’AP è sempre più autoritaria in Cisgiordania e la sua cricca elitaria accumula grandi ricchezze per sé, mentre collabora al “coordinamento della sicurezza” con Israele ed è attualmente la ragione principale per cui non c’è ancora stata una nuova Intifada.

Per molto tempo la lotta armata palestinese si è limitata principalmente alla Striscia di Gaza, la cui popolazione civile ha pagato a caro prezzo il lancio di razzi e le operazioni militari dei suoi gruppi armati contro Israele. Tuttavia, questo quadro sta ora cambiando, Jenin e altre aree della Cisgiordania stanno nuovamente diventando focolai di nuclei armati che si uniscono contro le forze di occupazione israeliane, e anche i cittadini palestinesi di Israele stanno compiendo attentati.

Prima della fine degli anni ’60, la lotta armata palestinese era condotta da combattenti fidayeen che attaccavano Israele da tutte le direzioni e territori, infliggendo ogni perdita possibile ai loro nemici e senza mai menzionare il dialogo con Israele. Quando Yasser Arafat ha avvertito di non lasciar cadere il ramoscello d’ulivo dalla sua mano, in realtà stava dicendo alla comunità internazionale che doveva fare pressione su Israele per consentire il dialogo e che, in caso contrario, la resistenza armata sarebbe stata inevitabile. Ora il ramoscello d’ulivo è caduto.

L’Autorità Palestinese ha ormai assorbito l’OLP e agisce come un esercito del Libano meridionale in Cisgiordania. Israele è tornato alla sua retorica degli anni ’70, nemmeno contempla il dialogo sulla questione di uno Stato palestinese e considera il più popolare partito politico palestinese, Hamas, come un’organizzazione terroristica. Tel Aviv consente lo svolgimento delle elezioni municipali e dei consigli municipali in Cisgiordania, ma non le elezioni nazionali – legislative e presidenziali – e Washington sostiene questa posizione con il suo silenzio, così come fanno Bruxelles e Londra.

In un certo senso, siamo tornati al punto di partenza, ma questa volta a favore del movimento di liberazione palestinese. L’Autorità Palestinese non ha il sostegno del mondo arabo, la maggior parte dei regimi arabi hanno normalizzato i propri legami con il regime sionista e l’Autorità Palestinese non ha mezzi per costringere Israele al tavolo dei negoziati. L’AP ha poca legittimità agli occhi della popolazione che sostiene di rappresentare in Cisgiordania, la maggior parte della quale chiede le dimissioni del presidente Mahmoud Abbas, e ha anche scarso potere nella comunità internazionale. Quindi, ora stiamo vedendo come siano i palestinesi ad impegnarsi per far rivivere il loro movimento di liberazione nazionale, a dargli legittimità, a costringere l’Occidente e il resto del mondo ad ascoltare e combattere per il loro diritto a uno Stato.

La lotta armata ora non sarà condotta da fuori della Palestina, verrà dall’interno e aumenterà d’intensità solo da qui, con la Striscia di Gaza che sarà il bastione della lotta armata, piuttosto che il Libano, o la Giordania, come è stato in passato. Vivendo sotto quel che Amnesty International, Human Rights Watch e lo stesso B’Tselem di Israele chiamano Apartheid, i palestinesi continueranno a combattere con ogni mezzo necessario per liberarsi di questo sistema razzista.

Per gli occidentali, alcune delle tattiche che possono essere utilizzate contro Israele non saranno le migliori, tuttavia, è importante che tutto questo sia collocato nel suo giusto contesto. Ora capiamo che la lotta dell’ANC e di altri in Sud Africa era giustificata, anche se alcune delle loro tattiche erano violente, e celebriamo la memoria di Nelson Mandela, che fu tenuto in prigione per il suo rifiuto di condannare la lotta armata. Ricordando la rivoluzione haitiana e la rivoluzione algerina, capiamo chiaramente la violenza degli oppressi nel loro contesto storico, quindi anche qui dobbiamo comprendere la violenza dei palestinesi contro Israele. Non ci possono essere due pesi e due misure quando analizziamo queste lotte contro gli oppressori e se scegliamo di ignorare il motivo per cui la lotta armata sta vivendo una rinascita in Palestina, allora l’unica altra spiegazione è che i palestinesi sono persone intrinsecamente violente o che sono malati di mente; entrambe le spiegazioni sono intrinsecamente razziste e rientrano in un tema di pensiero orientalista.

Un palestinese nato nel 2000, il che lo renderebbe un adulto di 22 anni, non ha visto altro che la guerra. I giovani non hanno nemmeno avuto la sensazione di sapere com’è stato vivere un periodo di dialogo tra i loro leader e il regime israeliano. Hanno vissuto guerre brutali, bombardamenti senza sosta, droni, posti di blocco militari, sparatorie, privazione di cibo e acqua, arresti arbitrari, demolizioni di case, e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Cosa hanno da offrire per aver affrontato questa sofferenza? Più insediamenti e meno speranze di pace; quindi, c’è da meravigliarsi che le generazioni più giovani stiano dicendo basta? La resistenza che vediamo oggi non sarà placata da false promesse e la richiesta non è più il 22% della Palestina, è tutta la Palestina storica e le tattiche aggressive di Israele, combinate con il suo rifiuto a giungere ad un compromesso e l’appoggio dell’Occidente al suo comportamento, hanno portato a ciò che vediamo oggi.

https://www.cumpanis.net/palestina/?fbclid...NLVRGS4GENphfK4
 
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view post Posted on 24/8/2022, 18:18
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La von der leyen celebra con questo discorso l'anniversario di Israele:

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view post Posted on 7/5/2023, 09:30
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https://www.nuestrapropuesta.org.ar/world/...jolkEavnwYvcCBc

Le forze di polizia hanno fatto irruzione nella sede del partito a Nazareth, dove hanno strappato una bandiera palestinese e arrestato sostenitori locali.

La scorsa settimana, a Nazareth, le forze di polizia hanno fatto irruzione nella sede del Partito Comunista di Israele (PCI) e arrestato i dirigenti locali, in quella che la Direzione di questa forza ha definito “una scandalosa provocazione e intimidazione che ha avuto una massiccia risposta nelle mobilitazioni delle Giornata Internazionale dei Lavoratori”.

L'operazione, dai connotati estremamente violenti, è stata condotta da personale della polizia di frontiera israeliana, i cui membri hanno fatto irruzione nella sede del Pci, chiedendo il ritiro di una bandiera palestinese.

"I compagni di Nazareth si sono confrontati con le forze dell'ordine e hanno negato loro l'accesso all'edificio", ha detto il Comitato per le relazioni internazionali del Pci, avvertendo che l'operazione di polizia è stata condotta "senza alcun ordine del tribunale che l'avvallasse", aggiungendo che in questo contesto, il Uomini in divisa pesantemente armati si sono arrampicati su un muro per rimuovere la bandiera palestinese e quelle del Pci che erano esposte sulla facciata del locale.

A questo proposito, il PCI ha sottolineato che si trattava di "un provocatorio assalto autoritario, il cui obiettivo è sopprimere e attaccare le libertà politiche, in ottemperanza agli ordini del colono Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale condannato per sostegno al terrorismo". chi è il leader del partito israeliano di estrema destra Otsmá Yehudit o Jewish Power in spagnolo. Ed è stato chiaro quando ha chiamato a “insorgere contro l'occupazione e il fascismo, l'oppressione di classe e lo sfruttamento” perpetrati dal regime dello Stato di Israele.

PARTITO COMUNISTA D'ISRAELE
 
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view post Posted on 3/1/2024, 10:57
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view post Posted on 9/2/2024, 13:01
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da pennatagliente

Sciacalli sionisti




Un rudimentale gioco da tavolo, un incrocio tra un Monopoli e un Risiko in miniatura con la pianta di Gaza si poteva trovare domenica 28 gennaio in uno stand allestito al centro congressi internazionale di Gerusalemme col titolo “Vieni a costruire la tua casa a Gaza”. L’occasione era la “Conferenza per la vittoria di Israele” organizzata da diversi gruppi di coloni per discutere l’occupazione della Striscia di Gaza dopo la fine dell’operazione militare israeliana.

I partecipanti al convegno (tra loro 11 ministri e 15 parlamentari della destra israeliana che sostiene il governo Netanyahu) venivano invitati a scrivere i loro cognomi nella zona in cui avrebbero desiderato stabilirsi a guerra finita. Sul tabellone i quartieri di Gaza vengono ribattezzati con nuovi nomi. Shuja’yya, uno dei distretti più popolosi, verrebbe dedicato ai soldati dell’esercito sionista. Il quartiere al-Nasser, che prende il nome dal presidente egiziano che combatté contro Israele, è rinominato Yeshayahu Gavish come il comandante israeliano della guerra dei 6 giorni. Un mese fa il “Fatto Quotidiano” aveva parlato della campagna di un’agenzia immobiliare israeliana che pubblicizzava la vendita di villette unifamiliari in mezzo alle macerie di Gaza. Gli sciacalli sionisti intendono costruire le loro villette sulle macerie bagnate dal sangue dei bambini palestinesi. Neanche Hitler era arrivato a immaginare una cosa così mostruosa.

Aldo Calcidese – Circolo Itinerante Proletario “Georges Politzer”
 
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view post Posted on 22/2/2024, 11:20
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