III. LA SCUOLA COME CENTRO ORGANIZZATIVO
DEL LAVORO DIDATTICO-EDUCATIVO
A proposito della scuola socialista (74)
Nello Stato borghese, indifferente sia monarchia oppure repubblica, la scuola è l'arma dell'asservimento morale delle vaste masse popolari.
In tale Stato il fine della scuola non è dettato dagli interessi dei discenti, ma da quelli della classe dominante, ovverossia della borghesia, e gli interessi degli uni e dell'altra si differenziano spesso in modo sostanziale.
Il fine a sua volta condiziona tutta l'organizzazione dell'attività scolastica, tutta la struttura della vita scolastica, tutta l'essenza dell'insegnamento scolastico e dell'educazione.
Se prendiamo in considerazione gli interessi della borghesia, la scuola persegue fini diversi e differenti a secondo della popolazione scolastica che vi avrà accesso.
Se la scuola è riservata ai figli della classe dominante, allora si propone di preparare degli uomini capaci di dirigere e di godersi la vita. L'esempio tipico di una scuola del genere è dato dai cosiddetti “ginnasi di campagna” o dalle “nuove scuole” sorte in questi ultimi tempi in quasi tutti i paesi d'Europa e dove l'aristocrazia del denaro e quella intellettuale educano i propri discendenti. La retta in questi ginnasi di campagna è molto elevata. Di regola sono organizzati in ricchi possedimenti, sono dotati di tutte le comodità, attrezzati secondo l'ultima parola della scienza. Gli allievi sono circondati di cure e carezze. Godono di ampie libertà, dell'autogestione, hanno la fiducia degli insegnanti. Gli insegnanti migliori aprono loro gli occhi sulle bellezze della natura e delle arti, li conducono nel sancta sanctorum delle scienze. Alla salute e alle discipline fisiche viene riservata una accurata attenzione. Nel contempo nei ragazzi si tenta di sviluppare la forza di volontà, la pertinacia, il senso degli affari, l'autocontrollo e il controllo degli altri. Gli insegnanti si ingegnano inoltre di gettare in loro le solide basi di una concezione borghese del mondo, che vengono considerate storicamente, eticamente e filosoficamente. Ciò è facilitato dalla circostanza che nei ginnasi di campagna i ragazzi sono separati dalla vita reale con i suoi dolori, le sue contraddizioni, con la sua lotta. A compagno di banco non avranno mai il figlio di un operaio la cui famiglia muore di fame perché non c'è lavoro. Le idee che gli vengono inculcate sulla proprietà non verranno mai ad essere messe in dubbio nemmeno dal racconto della balia che, mentre indovina tutti i suoi desideri, sa raccontare favole fantastiche, per esempio della felicità che ci fu una volta in paese quando deviò un vagone pieno di tè e tutti gli abitanti si caricarono di quanto più tè potettero. ricordi dell'infanzia non lo porteranno a recare aiuto là dove regna il dolore e la tristezza.
Se invece la scuola è prevista per i figli della piccola borghesia, essa allora si propone di educare i quadri della burocrazia e quelli intellettuali che per una fetta della torta sociale aiuteranno la classe dominante ad esercitare la sua funzione dirigente. Questo è il fine della maggioranza delle scuole medie e superiori che formano funzionar! di ogni genere e rango, servi qualificati della borghesia. Nelle scuole di questo tipo si rivolge particolare attenzione all'educazione dell'obbedienza, dell'accuratezza, della diligenza. In compenso viene soffocata la capacità di pensare in modo autonomo, di osservare, trarre delle conclusioni. In maggioranza le nozioni offerte hanno un carattere astratto, libresco. Questa scuola allontana dal lavoro fisico e rende la persona inidonea a qualsiasi altro lavoro che non sia quello impiegatizio. Questa persona viene ad essere completamente subordinata alla classe dominante, alla quale obbedisce e della quale mangia il pane. La scienza libresca aliena dalla vita, isola gli allievi delle scuole medie e superiori dalle masse lavoratrici, li rende estranei a queste. Negli allievi di queste scuole viene inculcato con cura particolare il culto dello Stato borghese.
Per quanto riguarda le scuole popolari, la borghesia tenta
di prendere completamente nelle sue mani l'educazione dei figli dei proletaria riservandosi cosi una influenza eccezionale sulle nuove generazioni. La scuola diventa cosi obbligatoria.
Fino ad epoca recente la scuola popolare è stata una scuola di studio. Essa forniva agli allievi delle nozioni elementari: è più facile dirigere delle masse istruite che non quelle incapaci di leggere i regolamenti o le disposizioni governative, incapaci di apporre la propria firma, di fare qualche semplice conticino. Quanto più un paese è industrialmente sviluppato, tanto maggiori sono le cognizioni che si esigono dall'operaio e dal contadino. La scuola concede queste nozioni, ma è come un dono dei Danai (75): le cede a condizione che gli allievi assimilino l'ideologia borghese. L'ordinamento borghese discende dal Signore Iddio, si tratta dell'ordinamento più razionale, più giusto, dell'ordinamento migliore, questo è il succo dell'insegnamento. I capi, i dirigenti, sono gli uomini migliori, a costoro si dovrà obbedienza assoluta. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto l'alunno si allena a scuola ad obbedire, a rispettare gli anziani. Sin dai primissimi anni si insegna a chinarsi dinanzi alla forza, alla ricchezza, all'istruzione borghese. Le lezioni di lingua e letteratura, geografia, storia sono una occasione per inculcare il più sfrenato sciovinismo. La scuola punta a soffocare negli alunni il senso della solidarietà. Il sistema di lodi, ricompense, punizioni, voti serve a suscitare tra gli allievi la concorrenza, la « competizione ». In altri termini la scuola popolare si propone di instillare negli alunni la morale borghese, ottundere l'autocoscienza di classe, al fine di renderli un gregge obbediente, facile da comandare.
Certamente, a seconda del grado di sviluppo storico e industriale del singolo paese mutano le condizioni della scuola di classe. Nei paesi d'avanguardia le scuole sono più perfezionate, i metodi sono più eleganti, gli scopi più sfu mati, benché la sostanza rimanga sempre quella. Prendiamo, per esempio, l'accessibilità all'istruzione media per i figli degli operai. In Russia, sino a poco tempo fa, i “figli delle cuoche” non venivano proprio ammessi nella scuola media... In Inghilterra invece non è affatto difficile passare dalla scuola elementare a quella media. Al contrario, esistono numerose borse di studio che consentono agli alunni più ingegnosi e più diligenti delle elementari di passare alla scuola media e alla scuola superiore. La borghesia inglese ragiona cosi: la scuola media si propone di preparare intelligenti servitori dello Stato borghese; la classe operaia, in quanto costituita di uomini addetti al lavoro manuale, non può educare i propri figli in scuole che allontanano dal lavoro manuale; alla scuola media possono accedere soltanto pochi eletti che cosi facendo abbandonano la propria classe ed entrano nella classe privilegiata degli impiegati dello Stato. Se le persone più dotate e più ingegnose abbandonano l'ambiente operaio, il vantaggio è tutto della borghesia, in quanto la classe operaia perde in tal modo i suoi capi, s'indebolisce, diventa una massa informe, mentre i ranghi dei servitori dello Stato si rafforzano. Cosi viene affrontato il problema dell'accesso alla scuola media. La soluzione può essere differente, ma la sostanza è sempre la stessa: la scuola media non è accessibile agli ampi ceti della popolazione e di conseguenza il sapere continua ad essere un privilegio di classe.
In Russia la borghesia ha parlato molto dell'istruzione generale, di riforma scolastica e senza limitarsi alle parole si è anche adoperata per realizzare queste riforme (76). L'ha fatto perché comprendeva benissimo che quanto più perfezionata sarà la scuola borghese tanto più perfezionata sarà l'arma di cui la borghesia potrà disporre per asservire le masse popolari. Senza modificare i fini della istruzione media e superiore, senza eliminare dalla scuola media e dalla scuola superiore il suo carattere intellettualistico, avulso dalla vita, senza collegare lo studio con il lavoro produttivo è impossibile modificare il carattere di classe della scuola.
Il governo operaio e contadino, intento ad osservare gli interessi delle masse popolari, deve spezzare il carattere di classe della scuola, renderla accessibile, in tutti i suoi gradi, a tutti i ceti della popolazione, e non soltanto a parole ma nei fatti. L'istruzione rimarrà privilegio di classe della borghesia sino a quando non saranno modificate le finalità della scuola. La popolazione è interessata a che le scuole elementare, media e superiore abbiano un unico scopo generale: educare degli uomini sviluppati in tutti i sensi, con coscienti e organizzati istinti sociali, con una integra e personalmente sofferta concezione del mondo, capaci di comprendere tutto ciò che avviene intorno a loro nella natura e nella vita sociale, degli uomini preparati teoricamente e praticamente ad ogni genere di lavoro, sia manuale che mentale, capaci di costruire una vita sociale razionale, ricca di contenuto, bella e felice. Di costoro ha bisogno la società socialista, senza di loro il socialismo non potrà realizzarsi completamente.
Come dovrà essere la scuola adatta a formare uomini simili?
In primo luogo, la scuola dovrà fare tutto il possibile per irrobustire la salute e accrescere le forze della nuova generazione: dovrà assicurare ai ragazzi vitto sano, buon sonno, indumenti comodi e caldi, igiene personale, aria pura, moto a sufficienza. Le classi dominanti forniscono tutto questo ai loro figli, ma è necessario che ciò sia garantito a tutti ragazzi, indipendentemente dalla condizione patrimoniale dei genitori. In estate la scuola dovrà trasferirsi in campagna. Sin dalla prima infanzia la scuola dovrà accrescere e sviluppare i sensi: vista, udito, tatto, eccetera, in quanto questi sono gli organi con i quali l'uomo conosce il mondo esterno. Dalla loro acutezza, perfezione e sviluppo dipende la forza e la varietà delle impressioni. I pedagogisti, e specialmente Frobel, da tempo hanno indicato che sin dai primissimi anni è necessario fornire ai bambini una quantità sufficiente di stimoli uditivi, visivi, muscolari, ecc., al fine di sistematizzarli, dando al bambino la possibilità di esercitare continuamente i suoi sensi. Il bambino è spinto all'osservazione molto presto, bisogna insegnargli a farlo. Il sistema dei giocattoli della Montessori tende ad addestrare i più piccini, e non a parole, ma con una scelta di giocattoli, ad osservare la realtà e ad allenare i loro sensi. Molto presto il bambino incomincia anche ad esprimere, con i modi più vari, le impressioni raccolte, con il movimento, con la parola, con la mimica. Bisogna dargli la possibilità di ampliare la sfera di espressione delle impressioni raccolte. Bisogna fornirgli il materiale adatto: argilla, carta e matita, costruzioni, bisogna insegnargli a padroneggiare tale materiale. L'espressione materiale delle impressioni raccolte costituisce un ottimo strumento per il loro controllo e arricchimento. Bisogna incentivare in ogni modo l'attività creativa del fanciullo, qualunque sia la sua forma d'espressione. L'arte e il linguaggio sono strumenti validissimi di comunicazione tra gli uomini, un mezzo per comprendere se stessi e gli altri.
Per la maggioranza della popolazione l'ambiente familiare non è tale da sviluppare i sentimenti del fanciullo e la creatività infantile. Ci vuole quindi un numero sufficiente di giardini d'infanzia per accogliere tutti i bambini. Questi devono essere organizzati in modo tale da offrire spazio al l'individualità di ogni singolo bambino, non devono essere caserme per piccoli obbligati a marciare a colpi di campanello, a muoversi secondo gli ordini della maestra, obbligati a “scimmiottare” come ebbe a dire una lavoratrice francese quando le chiesero cosa insegnassero ai bambini nelle scuole materne del suo paese. Nel regime borghese molto spesso i giardini d'infanzia per i figli degli operai degenerano in caserme. Questi fenomeni non devono aver luogo nel socialismo.
Quando il bambino incomincia ad esprimere i suoi pensieri, i suoi sentimenti, egli si interessa ai pensieri e ai sentimenti altrui. In questo periodo di sviluppo (più o meno dai 7 ai 12 anni, benché le oscillazioni individuali possano essere molto sensibili) per il bambino l'oggetto più interessante da osservare è un'altra persona. In questo periodo è molto forte lo spirito d'imitazione, che spesso altro non è che una forma particolare di creatività e cioè l'incarnazione nei pensieri e nei sentimenti altrui. Questo è il periodo quando nel fanciullo incominciano a svilupparsi con forza gli istinti sociali, e la vita umana e le relazioni umane balzano al centro della sua attenzione. La scuola deve irrobustire e approfondire questi primi istinti sociali del fanciullo, gli deve svelare che il lavoro è alla base della vita sociale, spiegare i piaceri del lavoro creativo e produttivo, lo deve far sentire particella della società, suo utile membro. L'alto senso d'imitazione favorisce l'apprendimento di varie attitudini al lavoro, insegnargli a lavorare. È d'estrema importanza che il lavoro abbia un carattere collettivo, giacché in tal modo si impara a vivere e ad operare insieme. Il lavoro consente di valutare giustamente le proprie forze evitando ogni esagerazione o sottovalutazione a riguardo. Il lavoro in comune, i giochi in comune con i coetanei, la partecipazione, nelle forme più diverse, al lavoro e alla vita degli adulti, forniscono un ricco materiale perché nel bambino vengano a formarsi dei principi d'etica sociale.
In questa fase di sviluppo la scuola, continuando il lavoro del giardino d'infanzia deve far si che la naturale aspirazione del bambino all'attività creativa sia convogliata verso una forma di lavoro produttivo e utile al prossimo. La scuola deve fornire attitudini generali al lavoro, deve dare la possibilità di osservare i rapporti sociali, di imparare a vivere con gli altri, di aiutarsi a vicenda, di vivere insieme le stesse impressioni. Il periodo che va dai 7 ai 12 anni corrisponde alla fase in cui i bambini frequentano la scuola elementare. Ma questa scuola cosa dava? Insegnava a leggere, a scrivere, a far di conto, forniva alcune idee altrui da imparare meccanicamente. Ma non dava alcuna attitudine al lavoro, non forniva alcun materiale per il lavoro, ne indicazioni, ne tempo. La scuola moderna è una scuola di studio e non di lavoro. La scuola moderna soffoca gli istinti sociali dei bambini invece di svilupparli, non prende in alcuna considerazione il gioco, il lavoro colletivo, la partecipazione dei fanciulli al lavoro e alla vita degli adulti. La scuola allontana i bambini dalla vita, dagli adulti, restringe il loro campo d'osservazione. La scuola distoglie i bambini dall'organizzazione, si intromette ad ogni passo. La scuola elementare, ovviamente unica per tutti, deve avere principalmente un carattere pratico, seguire largamente il principio del lavoro e deve rafforzare gli istinti sociali.
Il secondo gradino scolastico interessa l'età quand le impressioni ricevute vengono approfondite, sistematizzate, rielaborate. È questo il periodo dello studio. Il ragazzo e la ragazza studiano se stessi, la società, i vari campi del sapere. In questa fase è particolarmcnte marcato il lavorio del pensiero critico. È questo il periodo formativo dell'uomo. È straordinariamente importante che in questo periodo possa disporre di una massa sufficiente di impressioni e di fatti. Questi fatti vengono organizzati secondo una data prospettiva, si manifesta l'esigenza di illuminarli da ogni angolazione, è la fase in cui si forma la concezione del mondo, quando è particolarmente importante dare agli alunni un metodo, una bussola per organizzare le conoscenze acquisite. Sono anni questi in cui tra gli alunni si avverte un certo indebolimento della volontà, l'individualità definitivamente formatasi si rivolge verso la vita inferiore, la vita esteriore si articola secondo un ordine prestabilito. È di estrema importanza che per quel tempo il giovane o la ragazza abbia già acquisito una salda abitudine al lavoro e alla vita sociale. In questo periodo, quando l'espressione creativa del proprio “io” subisce una certa flessione, bisognerà apprendere il meccanismo stesso del lavoro nelle varie sfere della produzione.
La scuola media, che abbraccia questi anni di vita scolastica, attualmente non presta affatto attenzione all'individualità dell'alunno, trascura l'esigenza di una rielaborazione autonoma dell'esperienza acquisita. Nella scuola media attuale il lavoro produttivo, lo sviluppo degli istinti sociali hanno una funzione praticamente nulla, in essa si pratica lo stesso studio che in quella elementare, lo stesso soffocamento dell'individualità, lo stesso insegnamento libresco, la stessa alienazione dalla vita sociale.
La scuola superiore punta alla specializzazione, perciò, in sostanza, essa non può essere aperta a tutti e quindi qui ci asterremo dal parlarne.
Dunque, giardino d'infanzia, scuola elementare, scuola media, ecco gli anelli strettamente interconnessi dello sviluppo sociale. Essenzialmente la scuola socialista dovrà differire da quella attuale per il suo fine, unico, che è quello di sviluppare l'alunno nel modo più completo possibile; la scuola socialista non dovrà soffocare l'individualità, ma soltanto aiutarla a formarsi. La scuola socialista è una scuola libera, dove non dovrà esservi posto per il dressage, l'addestramento da caserma, lo studio formale.
Tuttavia, aiutando ognuno a formarsi una personalità, la scuola dovrà preparare l'alunno ad esprimere questa personalità nel lavoro socialmente utile. Perciò la seconda peculiarità della scuola socialista dovrà consistere nell'ampio sviluppo del lavoro infantile produttivo.'Oggi molto si parla del metodo di lavoro, ma nella scuola socialista bisognerà non solo applicare il metodo di lavoro, vi dovrà essere organizzato il lavoro infantile produttivo. I socialisti sono contrari allo sfruttamento del lavoro infantile, però sono certo favorevoli a quel lavoro, adeguato alle capacità del bambino, che abbia una funzione formativa e di sviluppo. Il lavoro produttivo non si limita a fare del bambino, in futuro, un utile membro della società, ma lo rende tale già oggi e la coscienza di questo fatto ha per il bambino un enorme valore educativo. La scuola borghese fornisce non pochi esempi di come si può organizzare il lavoro produttivo infantile: organizzazione di squadre di lavoro urbano e rurale, raccolta di dati statistici, smistamento e distribuzione postale, preparazione di indumenti per i soldati, pulizia delle strade (in America), cucina, contabilità, analisi di genuità dei prodotti alimentari, affissione di manifesti, distribuzione dei giornali, preparazione di materiali didattici, ecc. Tutti questi esperimenti di lavoro produttivo dovranno essere raccolti, sistematizzati, sviluppati, organizzati, generalizzati. Gli insegnanti dovranno essere aiutati dai sindacati, dalle cooperative, dalle organizzazioni contadine. Si tratta di una iniziativa importante, del tutto realizzabile e bisognerà darsi immediatamente da fare. Ovviamente la scuola che organizzerà il lavoro produttivo infantile somiglierà poco a quella attuale, ma in compenso da mille fili sarà legata alla vita, alla realtà. L'introduzione del lavoro produttivo strettamente connesso all'insegnamento renderà l'insegnamento stesso cento volte più vivo e più profondo. Questa scuola preparerà delle persone in ogni senso pronte al lavoro, capaci di intraprendere qualsiasi lavoro, di adattarsi ad ogni macchina, ad ogni condizione della produzione. Saranno d'altro canto persone ugualmente idonee lavoro intellettuale, finora sfera riservata di un ceto privilegiato, che invece tutta la popolazione dovrà essere capace di compiere per emanciparsi dalla burocrazia e diventare padrone della propria vita.
La scuola socialista è concepibile soltanto in determinate condizioni sociali, in quanto diventa socialista non perché è diretta da socialisti, ma perché i suoi fini corrispondono alle esigenze della società socialista. Anche nella società capitalista potevano nascere in certi casi delle scuole che si proponevano di educare degli uomini onnilateralmente sviluppati, con una chiara individualità, con dei forti istinti sociali, idonei sia al lavoro manuale che a quello intellettuale. Ma nel regime capitalista tali scuole potevano essere al massimo dei fenomeni singoli, scarsamente vitali. Il ragazzo educato in tale scuola ricadeva in una atmosfera che molto rapidamente annullava tutti i frutti di quell'educazione. Nella società costruita sulla divisione del popolo tra nobili e plebei, tra addetti al lavoro manuale e a quello mentale, le sue doti al lavoro “universale” si atrofizzavano. Per di più la scelta diun dato tipo di lavoro non veniva a dipendere dalla sua volontà, ma dalla sua borsa e dai suoi legami nella società. Il nullatenente, con dei legami soltanto nell'ambiente operaio, indipendentemente dalla sua vita finiva nella categoria addetta al lavoro manuale e, capitato in essa, doveva tirare la carretta insieme agli altri che vivono vendendo la propria forza lavoro, e di conseguenza la sua spiccata individualità diventava soltanto un impedimento, rendendo quel lavoro obbligatorio ancor più monotono, più pesante e insopportabile. Gli istinti sociali fortemente sviluppati potevano trovare applicazione soltanto nel caso il giovane avesse avuto la natura del combattente, negli altri diventavano una fonte di tormenti. Nella società capitalista la scuola socialista poteva educare dei combattenti soltanto in casi eccezionali, giacché il combattente doveva affrontare l'impervia scuola della vita, e la scuola socialista, innestata nel regime borghese, più che altro poteva essere una pianta esotica, una istituzione avulsa dalla vita. Giacché la scuola socialista non poteva essere nel regime capitalistico un'organizzazione vitale, nel migliore dei casi diventava un interessante esperimento pedagogico. Poteva essere soltanto un'attività privata e non statale, perché la classe borghese, la classe dominante stabiliva la fisionomia della scuola statale e gli obiettivi che essa avanzava erano completamente diversi. Nell'organizzare l'attività scolastica la borghesia partiva dai suoi interessi, dalla necessità di perpetuare la propria egemonia di classe e non già si ispirava al bene dell'individuo e della società.
Soltanto un governo popolare può organizzare la scuola partendo dal bene dell'individuo e della società. Ma il bene dell'individuo e il bene della società verranno interpretati in modo diverso a seconda del momento in cui il governo popolare si troverà al potere. Se vi si trova nel periodo in cui dominano i rapporti capitalistici, allora il governo popolare è interessato soltanto a creare una scuola possibilmente più democratica. La democratizzazione della scuola democratizza il sapere impedendo che esso divenga patrimonio esclusivo della classe dominante. Tale tipo di scuola democratizzata esiste in America, una scuola creata da un governo uscito vittorioso dalla guerra di secessione degli stati del nord contro quelli del sud (77).
Ma quando il governo popolare si trova al potere nel momento in cui monta la rivoluzione sociale, esso, sempre partendo dal bene dell'individuo e della società, deve spezzare la vecchia scuola di classe trasformatasi in una stridente contraddizione e creare una scuola che corrisponda alle esigenze del momento. E un nascente regime socialista ha bisogno di educare uomini idonei per quel regime. Se segno distintivo del regime capitalistico era un insensato sfruttamento della forza lavoro, un eccessivo lavoro di alcuni contrapposto all'ozio forzato di altri, segno distintivo del regime socialista dovrà essere una giusta, razionale e pianificata distribuzione del lavoro tra tutti gli uomini, la trasformazione del lavoro in attività volontaria da obbligatoria che era prima. Pertanto ci vorranno uomini ugualmente adeguati al lavoro intellettuale e a quello manuale, capaci di adeguarsi alle condizioni in continuo rinnovamento della produzione, capaci di imprimere al lavoro l'impronta della propria individualità. Di per sé il carattere della produzione educherà gli uomini in questo senso, li rigenererà in questa direzione; comunque la transizione dal lavoro obbligatorio a quello volontario, dal lavoro uniforme, grettamente specialistico ad un lavoro onnilaterale si presenta come un lungo processo, sulle prime molto difficile, specialmente in un paese cosi incolto come la Russia, dal livello generale di istruzione cosi basso. Questo processo potrà trasformare tutta la società soltanto con la nuova generazione educata in condizioni completamente diverse. È della scuola socialista il compito di educare questa generazione futura.
A proposito dei fini della scuola (78)
Estratto
... È assolutamente giusto che in tutti i tempi lo Stato abbia posto alla scuola un fine determinato; anche il potere sovietico lo pone alla scuola. Negarlo significherebbe opporsi all'evidenza. Che lo Stato borghese abbia perseguito i propri interessi di classe nel creare il sistema della pubblica istru zione è anche questo fuori di dubbio e difficilmente l'affermazione susciterà obiezioni. Dovremmo forse fermarci su un paese circa il quale in molti possono nascere dei dubbi, sull'America. Siamo abituati a guardare all'America come al paese ove nella scuola si pratichi un'educazione autentica, non classista. Basta però conoscere più da vicino la moderna scuola americana per comprendere che, pensando cosi, sbagliamo di grosso. Senza parlare delle scuole speciali per negri, in America tutta la scuola è satura di uno spirito sciovinista arciborghese...
... Lo Stato borghese pone alla scuola l'obiettivo di servire da strumento del dominio di classe della borghesia.
Qual è l'obiettivo che si pone lo Stato proletario? La risposta sembra ovvia: servire da strumento del dominio di classe del proletariato. Tale risposta sembra ovvia in quanto la domanda è posta in modo ingiusto. “Stato proletario” è un termine di cui si abusa. Il proletariato prende il potere non già per porre la classe operaia in una condizione di privilegio, ma per distruggere qualsiasi dominio di classe, distruggere qualsiasi Stato (cfr. Lenin, Stato e rivoluzione) ... Quale obiettivo pone la classe operaia alla scuola?
È questo un obiettivo in linea con gli obiettivi generali della classe operaia. Questo obiettivo consiste nell'educare una generazione idonea a realizzare i fini della classe operaia. Come deve essere pertanto questa generazione? Permeata sino in fondo di istinti collettivistici, chiaramente consapevole per che cosa lotta la moderna classe d'avanguardia, consapevole che gli ideali della classe operaia sono in linea con lo sviluppo sociale e che di conseguenza sono reali e attuabili. La giovane generazione deve vedere chiaramente la strada che porta alla realizzazione dei fini della classe operaia, deve sapere seguire questa strada.
E la borghesia e la classe operaia pongono alla scuola determinati obiettivi, ma la borghesia scorge nella scuola uno strumento di dominio di classe, mentre il proletariato guarda alla scuola come ad uno strumento per educare una generazione capace di porre fine all'egemonia di classe. I fini dell'egemonia borghese portano al soffocamento della personalità dell'enorme maggioranza dei ragazzi, all'offuscamento della loro coscienza e questi fini vanno contro gli interessi della giovane generazione; i fini che pone alla scuola la classe operaia conducono allo sviluppo dellpersonalità di ogni ragazzo, all'ampliamento delle sue cognizioni, all'approfondimento della sua coscienza, all'arricchimento delle sue emozioni, sono fini in linea con gli interessi della giovane generazione. Ecco dov'è la differenza tra i fini che si pone la borghesia e quelli che si pone il proletariato...
... I fini della classe operaia non sono loro estranei, non si contrappongono agli interessi della giovane generazione. Pertanto, credo, ogni insegnante che ami il suo lavoro e i ragazzi si convincerà gradualmente di dover lavorare non per paura ma per coscienza all'attuazione degli obiettivi che la classe operaia pone alla scuola.
L'educazione sociale (79)
Estratto
L'educazione sociale è costituita dall'educazione: 1) degli istinti sociali, 2) della coscienza sociale, 3) delle abitudini sociali.
I
Sin dai primissimi anni è necessario porre il bambino in condizione che viva, giochi, lavori, divida gioie e dolori con gli altri bambini. È necessario che questa vita in comune sia quanto più possibile completa, felice e radiosa. Le emozioni collettive devono avere nel bambino un risvolto gioioso.
Ciò non significa che bisognerà continuamente eccitare i bambini, scuotere i loro nervi, sottoporli a stress emotivi. Ai fini di uno sviluppo normale della sfera emotiva del fanciullo la tranquillità è altrettanto necessaria che ai fini del suo sviluppo intellettivo. Non c'è niente di peggio che trasformare la vita del bambino in una sequela di feste, di spettacoli, di sollazzi, ecc. Questo da un lato. Dall'altro, anche singole emozioni possono avere un significato negativo e sconvolgere tutto l'organismo...
... Gli psicologi moderni dimostrano che l'emozione è alla base dell'interesse, dell'attenzione, della memoria, della volontà. L'emozione determina la direzione dell'interesse, l'interesse condiziona l'attenzione, l'attenzione la memoria e cosi di seguito. L'emozione però non deve soffocare le altre sfere della vita spirituale.
Per la vita ci vogliono uomini normalmente sviluppati e non degli esaltati. E gli uomini normali possono essere creati da una normale vita collettiva nella quale i ragazzi partecipano attivamente. La partecipazione attiva modifica tutto il tono delle emozioni. . . La vita collettiva dei ragazzi deve essere piena di un'attività libera e felice, e allora essa educa degli uomini con un istinto sociale fortemente sviluppato.
Il regime borghese, fondato sui principi della libera concorrenza, trasformava la vita in una lotta per l'esistenza in cui gli interessi del singolo individuo si contrapponevano a quelli di tutti gli altri, si trovavano in contraddizione con gli interessi di tutta la comunità. Tutto l'assetto sociale era in contrasto con lo sviluppo degli istinti sociali. Pure la famiglia agiva nella stessa dirczione. La famiglia si contrapponeva alla società. Mi viene in mente un episodio dell'infanzia di Pierre Loti (80), l'arciborghese scrittore francese. Nel Romanzo di un fanciullo, nel quale egli descrive la sua infanzia, egli ci parla della lotta interiore che dovette affrontare. Abitavano in una città di mare della Bretagna, sempre zeppa di marinai che vivevano una intensa vita sociale. Il tredicenne Loti avrebbe voluto confondersi con quella folla, vivere la sua vita. Ma la madre e le zie, la famiglia che egli molto amava, paventavano l'influenza che la strada poteva avere su di lui. Gli donavano libri costosi, collezioni di stupende conchiglie. Loti descrive l'intima lotta che egli doveva affrontare. L'affetto per la famiglia lo portò a soffocare l'istinto sociale e cosi divenne non un grande scrittore capace di esprimere gli umori delle masse, per il quale forse aveva le doti, ma un romanziere borghese dolciastro e sentimentale. In questa stessa direzione agisce la scuola borghese col suo sistema di lodi e di rimproveri, di voti, di premi e di punizioni... Nella scuola borghese il maestro aspirava a comandare mettendo gli uni contro gli altri, separando le pecore dai capretti. In questa stessa direzione agisce la religione, inquantocché isola l'uomo dalla società, lo prende isolato, al di fuori della vita sociale, lo tratta solo come individuo e come tale lo espone all'ira e alla misericordia del Signore. È ovvio quindi che l'individualismo abbia avuto una vita fiorente nella società borghese. Benché, in singoli casi, personalità d'altissimo livello siano state portatrici dell'individualismo, in genere il distacco dell'uomo dalla società è stato foriero di eccezionale povertà di pensiero e di sentimento, di un immiserlmento emotivo. La piccola borghesia fu per l'appunto l'espressione di questo distacco della personalità umana dalla società.
Ma all'interno stesso della società borghese cresceva il ceto in cui era assente questa contrapposizione tra persona umana e società. Questo ceto era la classe operaia. Le condizioni di lotta e di esistenza stringevano i mèmbri della classe operaia in un tutto unico. Lavorando in fabbrica, ogni momento l'operaio vede che il suo lavoro è coordinato con il lavoro degli altri, come l'esecuzione di una qualsiasi funzione è necessaria per tutta una serie di altre azioni che come risultato hanno il prodotto finito. Tutto ciò, come d'altronde tutta la vita di fabbrica, forma l'abitudine all'attività comune, alla vita collettiva. Il successo della lotta di classe dipende dalla resistenza, dalla coesione e dalla disciplina degli operai. Il lavoro, le condizioni di esistenza, la lotta di classe, tutto ciò irrobustisce nei lavoratori gli istinti sociali. Gli interessi della classe operaia non sono contrapposti a quelli sociali. Seguono la stessa linea. La missione storica della classe operaia consiste nella distruzione di tutte le classi sociali.
Già oggi si è notevolmente affievolita, all'interno della classe operaia, la lotta tra gli interessi personali e quelli sociali. Tra questi interessi esiste una piena armonia solo nella società comunista. Ciò non significa che la personalità sarà soffocata dalla società come è stato nella società primitiva, nelle comunità feudali, ecc., verrà a cessare la discordia interna, lo sdoppiamento interno. Al contrario, vi sarà lo sviluppo della personalità che attingerà forza e potenza dalla vita collettiva.
Nella nostra epoca di transizione la scuola deve favorire in ogni modo lo sviluppo degli istinti sociali nei bambini e negli adolescenti.
Certamente a ciò dovrà concorrere in primo luogo tutto l'ordinamento scolastico, tutta la vita scolastica, giochi, lezioni, lavoro, ecc. Ma la scuola non deve ricordare una famiglia borghese alquanto più allargata. All'insegna delle “nuove scuole del lavoro” spesso vengono aperte delle scuole proprio di questo tipo: placide baie in mezzo al mare tempestoso...
... La scuola che si ripropone di educare negli alunni gli istinti sociali, non può isolarsi. È necessario allargare la gamma delle emozioni sociali nei fanciulli, avvicinare la scuola alla vera vita sociale. Certamente è bene che le scuole siano collegate tra loro. Ma questi legami possono ridursi però ad un semplice scambio di visite, come a quelle che un tempo si scambiavano i ragazzi delle famiglie borghesi. Non è opportuno quindi scorgere un significato eccezionale nei legami tra le scuole. È di gran lunga più importante organizzare un legame tra gli alunni e i giovani operai e i giovani contadini. Da questo punto di vista acquista un importante significato l'organizzazione di cellule scolastiche del KSM (81). Attraverso il Komsomol gli alunni stringono un legame con i giovani delle fabbriche e delle campagne, entrano nella loro vita più da vicino. È necessario soltanto che le cellule scolastiche del Komsomol comprendano giustamente la loro funzione nella scuola. Non sarebbe male se imparassero un po' di psicologia... e se facessero in modo da attrarre ogni alunno al lavoro attivo, affidare ad ognuno un incarico specifico, come raccogliere e rilegare i libri per la biblioteca, insegnare a leggere e scrivere agli altri militanti, partecipare all'attività dei loro circoli, al lavoro con i pionieri, collaborare alla pubblicazione di fogli, manifesti, giornali e riviste del Komsomol, partecipare ai gruppi sanitari insieme ai giovani comunisti. ecc. ecc. La migliore cellula del Komsomol sarà quella che meglio delle altre riuscirà a utilizzare la scuola negli interessi della gioventù operaia e contadina.
Sarebbe inoltre di utilità che la scuola aprisse le porte ai giovani operai e contadini facendovi penetrare un soffio di vita autentica.
E’ necessario però che la scuola sia collegata non solo alla vita dei giovani, ma anche a quella degli adulti, e in primo luogo a quella della classe operaia...
...Gli alunni delle altre scuole dovranno avvicinarsi pure loro alla vita della classe operaia ovunque ve ne sia la più piccola occasione. Ma come fare? C'è chi pensa che sia sufficiente far partecipare bambini e adolescenti alle feste operaie come il 1° Maggio, gli anniversari della Rivoluzione d'Ottobre, ecc. Il che di per sé è cosa ottima, ma troppo esigua. Bisogna cercare le vie per allacciare dei legami tra le scuole e le fabbriche. .. Ci sembra inoltre opportuno affrontare il problema del patrocinio (82). Una fabbrica, diciamo, si assume una responsabilità materiale nei confronti della scuola, a beneficio della quale effettuerà dei versamenti. Significa che ogni operaio della fabbrica patrocinante si sente impegnato ad aiutare, nel proprio ambito, la scuola: andare per esempio al club della scuola e parlare della propria difficile infanzia, oppure della lotta che in passato la fabbrica ha sostenuto contro i padroni, oppure assumersi la responsabilità e la guida di qualche circolo di falegnameria o di meccanica fondato dagli alunni, oppure organizzare visite di alunni in fabbrica, mostrare loro le macchine in funzione, oppure indire insieme alla scolaresca un sabato comunista a favore della scuola, o invitare i ragazzi ad una riunione di fabbrica, al club di fabbrica, ecc. D'altro canto, ogni scolaro, ogni gruppo di alunni devono pensare cosa fare per la fabbrica patrocinante: aiutare i nidi d'infanzia della fabbrica, organizzare qualche allegra iniziativa per i bimbi ospiti del giardino d'infanzia della fabbrica, decorare il club di fabbrica con manifesti, assicurare alla fabbrica un servizio di distribuzione di lettere e giornali, dare una mano in campo sanitario, ecc. ecc. Tutto ciò serve ad allacciare un legame spirituale tra la fabbrica e la scuola, crea quella affinità spirituale con la classe operaia cosi necessaria alla giovane generazione. Se andrà avanti l'idea attualmente avanzata del reciproco patrocinio tra fabbriche e volasi (circoscrizioni amministrative. - N.d.T.), le scuole dovranno parteciparvi attivamente. La scuola di fabbrica o la scuola patrocinata dalla fabbrica dovrà aiutare la scuola rurale con la quale entra in rapporto di reciproco patrocinio: preparerà per essa materiali didattici, raccoglierà e consegnerà i libri occorrenti, preparerà relazioni; in estate gli alunni della scuola di città andranno in campagna durante il raccolto a dare una mano ai compagni della scuola rurale, oppure li accoglieranno in città, dove li accompagneranno in visita. D'altra parte le scuole rurali si manterranno in corrispondenza con la scuola patrocinante di città, parleranno del proprio lavoro, aiuteranno come potranno, ospiteranno in campagna i ragazzi di città, ecc.
Nelle località rurali converrà raggruppare le scuole intorno ai sovcos, agli enti culturali, ecc.
È di grande importanza l'affiatamento tra i giovani operai e i giovani contadini, tra gli studenti e i lavoratori. Questo affiatamento più di ogni altra cosa favorirà lo sviluppo degli istinti sociali tra i ragazzi e gli adolescenti.
II
L'attività nella sfera della vita sociale suscita per quest'ultima un interesse più vivo. L'educatore deve saper utilizzare tale interesse per suscitare nei discenti un atteggiamento cosciente per il mondo circostante e la comprensione dei fenomeni sociali.
Spesso si parla delle lezioni di politica a scuola. Per lezioni di politica si intende non solo il chiarimento degli avvenimenti politici, ma in genere di tutti i fenomeni della vita sociale contemporanea a differenza delle scienze civiche in cui domina la storia. Nelle vecchie scuole il mondo contemporaneo era completamente ignorato. Non era difficile che al ginnasio si arrivava con la storia al massimo sino alla Rivoluzione francese... La scuola esiste per la vita e quindi al centro delle scienze civiche deve essere posto il mondo contemporaneo. Il passato, la storia deve servire soltanto a precisare, a chiarire il presente. Questa è una cosa che gli americani, ultrapratici e noncuranti delle tradizioni come sono, hanno compreso benissimo. In verità essi illustrano il mondo contemporaneo da un punto di vista Grassamente borghese, ma questo è già un altro problema. Comunque è del tutto esatta la valutazione che essi danno del rapporto tra la storia e l'insegnamento dell'epoca contemporanea...
Lavorare collettivamente non significa solo lavorare insieme, nello stesso locale o compiere lo stesso lavoro. Questa è la forma più elementare di collaborazione. Si chiama collettivo quel lavoro che ha un fine comune. Per raggiungerlo di regola è ammessa e a volte si esige una determinata e complessa suddivisione del lavoro. Una locomotiva è il prodotto di un lavoro collettivo, benché scaturisca da una complessa organizzazione del lavoro. Ogni operaio compie la sua parte di lavoro, ben sapendo però che senza una rapida e precisa esecuzione della parte di lavoro che egli compie si fermerà tutto il lavoro generale. Il sentirsi continuamente una componente di un unico meccanismo ha un enorme significato educativo e disciplinare.
La scuola deve educare i ragazzi e gli adolescenti a porsi degli obiettivi produttivi, sulle prime semplici, elementari, immediati, in seguito più complessi e distanziati. La scuola deve insegnare a discutere, a tracciare rapidamente le vie più rapide ed economiche per raggiungere lo scopo prefisso, a valutare i mezzi a disposizione, tra cui le proprie forze, per poi passare ad una rapida, chiara e precisa esecuzione del lavoro. Poniamo che un gruppo di ragazzi si offra di pulire un giardino. Prima di tutto bisognerà discutere e precisare il tipo di lavoro, poi la sua suddivisione nelle varie operazioni, il numero della gente che ci vorrà, quanti e quali strumenti, e dove prenderli, come affidare ad ognuno il proprio lavoro, quando incominciare, ecc. Le probabilità di successo saranno tanto maggiori quanto più chiaro e preciso sarà il piano di lavoro. La scuola del lavoro deve per l'appunto insegnare a elaborare collettivamente il piano collettivo di attività, a rispettare la ripartizione del lavoro e la sua esecuzione.
Queste stesse abitudini sono necessario nella sfera del lavoro intellettuale. Per organizzare una riunione, un giornale murale, per raccogliere dei materiali, compiere una ricerca statistica, studiare insieme qualche questione è necessario aver coltivate le abitudini del lavoro collettivo, e queste le deve dare la scuola.
Come ripartire il lavoro, come aiutarsi a vicenda è cosa che bisogna imparare cosi come bisogna imparare a lavorare collettivamente nel campo del lavoro manuale.
Le abitudini al lavoro collettivo determinano contemporaneamente delle abitudini organizzative e l'abitudine all'autodisciplina. Sia le une che l'altra rivestono un enorme significato nell'organizzazione della vita collettiva.
Nella scuola dell'insegnamento, dove agli alunni non vengono proposti degli obiettivi generali concreti, di regola l'autogestione va a rilento. Là invece dove agli alunni vengono avanzati dei concreti compiti di lavoro, l'autogestione assume un carattere di gran lunga più vitale e viene avviata molto più facilmente.
Ma cosi come i compiti di lavoro devono essere avanzati incominciando da quelli più elementari e immediati, passando gradualmente a quelli più complessi e distanziati, anche all'autogestione degli alunni non conviene dare di colpo una forma complessa. Nelle classi inferiori i ragazzi si organizzeranno di tanto in tanto per affrontare dei problemi temporanei, nelle classi superiori l'organizzazione dovrà investire tutti gli aspetti della vita e sfociare in uno statuto determinato.
Un'educazione sociale giustamente impostata deve non solo aiutare i ragazzi a guardare con coscienza ai fenomeni della vita sociale, ma insegnare loro a costruire con impegno questa vita.
L'educazione politico-sociale nella scuola di 2° grado
(Tesi del rapporto alla Prima conferenza delle scuole di 2° grado di tutta la Russia) (83)
1. Nell'URSS il potere appartiene ai lavoratori. Essi l'hanno preso per ricostruire tutta la vita sui principi del socialismo cioè del collettivismo. Il compagno Lenin considerava per l’appunto compito principale del nostro tempo la rieducazione delle più vaste masse popolari nello spirito del collettivismo attraverso la cooperazione, ovverosia attraverso l'unità degli sforzi economici dei produttori isolati.
2. L'educazione politico-sociale nella scuola di 2° grado deve perseguire lo scopo di educare dei collettivisti, cioè degli uomini capaci di affrontare qualsiasi problema dal punto di vista dellatotalità, capaci di lavorare e vivere in modo collettivo, di aiutarsi in tutto a vicenda.
3. Prima di tutto è necessario fornire ai ragazzi tutta una sene di emozioni che generino il desiderio di lavorare collettivamente. Tali emozioni possono venire dalla partecipazione a determinate festività, ancor di più dalla partecipazione del collettivo ad attività lavorative, a qualche lavoro sociale.
4. Tutte le lezioni dovranno svolgersi in modo tale che l'alunno si abitui ad affrontare qualsiasi oggetto di studio dal punto di vista degli interessi generali, dal punto di vista dell'interesse del collettivo.
5. È indispensabile fornire ai ragazzi l'abitudine a elaborare una opinione collettiva, l'abitudine a controllare la propria esperienza con quella degli altri.
6. È importante sviluppare la capacità di lavorare collettivamente, di porre a se stesso dei compiti chiari e precisi, di riflettere sulle vie per il loro adempimento, a suddividere le funzioni, ad assumere una parte di lavoro adeguata alle proprie forze, ad elaborare un piano generale di lavoro, ad aiutarsi a vicenda, a discutere i risultati.
7. Strumento importante di educazione deve essere l'autogestione scolastica. Le assemblee generali devono educare nei ragazzi la capacità di elaborare una opinione collettiva, a pianificare insieme il lavoro e insieme valutarne i risultati, ad affrontare insieme le eventuali difficoltà. Rendendosi conto del lavoro che bisognerà compiere, l'assemblea generale dovrà dividere il lavoro tra tutti i ragazzi raggnippati in vari collettivi. Ogni collettivo suddivide a sua volta il lavoro tra i ragazzi che lo costituiscono, valuta il lavoro compiuto, ne rende conto all'assemblea generale, ecc. L'autogestione deve corrispondere ai principi di edificazione del potere sovietico e non del potere democratico-borghese.
8. Il piano Dalton (84), che, diffusosi spontaneamente nelle nostre scuole, da ai ragazzi alcune abitudini di pianificazione e di verifica del proprio lavoro, dovrà essere integrato con i metodi della pianificazione e della verifica del lavoro collettivo.
9. La scuola di 2° grado, come tutta la scuola sovietica, non dovrà chiudersi nelle quattro mura, ma dovrà condurre un lavoro sociale. Anche in questo lavoro ci vorrà pianificazione, verifica del lavoro compiuto, capacità di ripartizione delle forze. A questo lavoro è indispensabile trascinare tutti gli alunni.
10. È ovvio che il Komsomol e i reparti dei pionieri dovranno partecipare nel modo più attivo a tutto questo lavoro.
All'interno della scuola devono apprendere a lavorare in modo organizzato con una massa disorganizzata di ragazzi, imparare a influenzare da compagni questa massa, a diventarne l'elemento trascinatore. Nel contempo, pur trascinando la massa dei ragazzi, il Komsomol e i pionieri non devono aspirare a conquistare posti di comando, ma devono agire principalmente con la forza dell'esempio. Il Komsomol e i pionieri non devono guardare agli alunni di 2° grado come a dei rivali, ma devono diventarne amici, attirarli nella propri sfera di influenza.
Del lavoro sociale il Komsomol e i pionieri sono i principali organizzatori. Del pari sono l'anello di congiunzione tra la vasta massa degli alunni e tutto il movimento giovanile.
11. Da altro canto il Komsomol e i reparti dei pionieri devono prendere dalla scuola tutto ciò che essa può dare, altrimenti il Komsomol e il movimento giovanile non potranno dispiegare in pieno il proprio lavoro.
Sul lavoro collettivo dei bambini (85)
Spesso rimproveriamo ai bambini l'ozio e la pigrizia, dimenticando che i bambini sono bambini e che ciò che a noi sembra un gioco per loro è un lavoro in piena regola.
Il bambino intaglia nella corteccia d'albero una barchetta. Per un adulto quella può sembrare un'occupazione da niente, una cosa puerile e inutile, ma ciò nondimeno egli osserva con interesse i modelli delle nuove macchine. Ebbene, intagliando la sua barchetta il bambino impara, impara nella pratica, con l'esperienza alcune leggi naturali, conosce le proprietà dei materiali di cui la barca è fatta, impara a maneggiare lo strumento col quale lavora. Sbaglia profondamente quella madre che getta nella stufa la barchetta del figlio, perché cosi gli impedisce di diventare un operaio qualificato.
A volte i ragazzi tutti insieme si mettono a fare qualche cosa. A volte costruiscono in cortile una stufa, oppure si applicano a un modello d'aeroplano, addobbano qualche angolo, con un quadro, delle cornici, oppure zappettano un'aiuola, ecc.
Meglio di tutto se l'adulto non si intromette, perché la sua autorità, le sue doti sovrastanno a tal punto quelle del fanciullo che il gioco perderà di interesse per i bambini, se invece i bambini stessi si rivolgono ad un adulto per un aiuto, un consiglio, egli dovrà intervenire con tutta serietà.
Il lavoro in comune dei bambini merita uno speciale apprezzamento, perché costituisce la premessa del lavoro collettivo. In questo lavoro collettivo le forze del fanciullo si dispiegano nel modo migliore. Ricordo come nell'infanzia noi, tre bambine di dieci-undici anni, decidemmo di organizzare un giardino zoologico per bambini. Per prima cosa dovemmo trovare i soldi. Raccogliemmo in casa tutte le bottigliette e i flaconcini che riuscimmo a trovare e li vendemmo in farmacia... Poi ci mettemmo d'accordo con una donna per ricamare delle fettucce a tanto il centesimo, ricordo che ricamammo con enorme zelo... In biblioteca mettemmo a soqquadro tutti i cataloghi per cercare dei libri sugli animali. Cercammo in tutti i negozi delle stampe d'animali, squinternammo un paio di libri illustrati, lavorammo di forbici e di colla e alla fine preparammo il nostro giardino zoologico. Per un adulto quel nostro giardino non era altro che un gioco qualsiasi, mentre quante cose noi imparammo e quante affinità scoprimmo durante quel lavoro. . .
... Bisogna sostenere in ogni modo e aiutare i gruppi di lavoro che sorgono su iniziativa dei ragazzi. L'abitudine al lavoro comune, benché temporaneo e avente un obiettivo prettamente infantile, ha comunque un enorme significato. Questi gruppi coltivano l'abitudine al lavoro collettivo.
Parliamo della collettivizzazione dell'agricoltura, delle mense, dei laboratori di riparazione, delle comuni per abitazione, di come organizzare tutta la vita su principi collettivistici perché comprendiamo che questa organizzazione è la migliore garanzia contro la povertà e gli altri aspetti negativi della vita disorganizzata, dissociata, in cui homo homini lupus est. Sarebbe ridicolo ritenere però che tutto ciò possa essere organizzato da un qualche dicastero, dobbiamo essere noi stessi a promuovere l'organizzazione del lavoro collettivo in tutte le sfere della vita.
Per quanto riguarda i ragazzi, dobbiamo educarli sin dall'infanzia a vivere e a lavorare in comune. Partendo da questo punto di vista dovremo sviluppare e aiutare in ogni modo tutte le associazioni e i gruppi di lavoro dei ragazzi. Lo esige l'impostazione generale dell'edificazione del socialismo.
Per ora siamo molto poveri per aprire in tutto il paese giardini d'infanzia (86), club e laboratori infantili, però possiamo, e ciò dipende unicamente da noi, coprire tutto il paese con piccole associazioni infantili d'attività provvisorie. Tali associazioni sono tra l'altro un ottimo rimedio contro la delinquenza minorile.
In seguito la scuola, le organizzazioni dei pionieri potranno convogliare in un unico alveo organizzato questa attività collettiva. L'abitudine alle associazioni lavorative renderà molto più fruttuosa e molto più agevole l'attività della scuola e l'attività dei ragazzi. Dobbiamo imparare a rispettare e ad aiutare il lavoro dei bambini.
Autogestione scolastica e organizzazione del lavoro (87)
II proletariato aspira a conquistare il potere statale non
già per assicurarsi diritti particolari e privilegi, ma per ristrutturare tutta la società in modo che non vi sia più posto per l'oppressione e lo sfruttamento.
Però volerlo non basta, occorre saperlo fare. L'URSS si trova dinanzi al problema di tale ristrutturazione. Ma ad ogni passo ci tocca constatare che nonostante l'enorme dispendio
di energia rivoluzionaria e di forze, spesso in un campo o in un altro otteniamo risultati relativamente modesti soltanto perché lamentiamo una carenza di abitudini organizzative. Vengono scritti e stampati dei buoni libri di testo che però non vengono mandati tempestivamente a destinazione la scuola rimane senza libri e tutta l'energia per scriverli stamparli, ecc., risulta gettata al vento. Si ottengono i fondi per la refezione scolastica, però non si riesce a organizzare tempestivamente l'acquisto dei viveri o non riescono a conservarli adeguatamente... Indicono un sabato comunista, raccolgono la gente e dimenticano di munirsi di scope e di pale, la gente rimane inutilizzata e perde inutilmente del tempo.
...Che bisogni porre chiaramente un obiettivo, valutare le forze necessarie per raggiungerlo, preparare le condizioni materiali, scegliere la gente, formulare un piano esatto di lavorazione nessuno lo mette in dubbio. Chi è che dubita che in ogni lavoro prima di tutto ci vogliano conti esatti e stimeprecise?..
... Possiamo dire con assoluta certezza che alla nuova generazione le abitudini organizzative sono necessarie più che a noi. E noi dobbiamo andare loro in aiuto. Certamente la vita stessa insegnerà ai giovani l'arte dell'organizzazione però ci vuole che pure la scuola faccia tutto il possibile a questo riguardo. Le questioni concernenti l'organizzazione di tutta la vita della scuola, delle lezioni, del lavoro, del tempo libero dei ragazzi devono essere al centro dell'attenzione degli insegnanti.
L'educazione nei ragazzi di determinate abitudini organizzative deve essere una delle principali funzioni della scuola.
Alla scuola il fanciullo arriva già con alcuni principi organizzativi che nel gioco hanno avuto una delle fonti più importanti. Quando nel giardino d'infanzia o a scuola si parla di gioco si parla più di tutto non del gioco in generale, ma... si discute sulle capacità che un dato gioco sviluppa, su quale gioco educa la disciplina, l'autocontrollo, l'agilità, ecc. Quando leggi i manuali, i programmi scolastici sui giochi nella scuola ti viene un senso di rammarico e di offesa.. . I giochi preferiti e i giochi più necessari ai bambini sono quelli in cui i bambini stessi si pongono un obiettivo preciso: come costruire una casa, andarsene a Mosca, preparare un pranzetto, ammazzare un orso e cosi via. Lo svolgimento del gioco consiste nel raggiungimento di questo obiettivo: il fanciullo fa dei piani, sceglie i mezzi per realizzarli. Poco male che il treno su cui viaggia sia fatto di seggiole e che la casa di legnetti, non è questo l'importante: la fantasia infantile vi aggiungerà il resto. È importante il processo stesso di elaborazione del piano. Sono importanti i giochi solitari, sono importanti i giochi di gruppo. Nei giochi collettivi vengono fuori i ragazzi organizzatori, i capi capaci di puntare tenacemente all'obiettivo, capaci di trascinare gli altri. Quale sia la funzione del gioco libero nell'educazione delle doti organizzative è un problema che, sebbene di primaria importanza, è stato scarsamente trattato dalla letteratura pedagogica.. . È importante studiare gli obiettivi che si pongono i ragazzi delle varie età, delle varie classi e come questi mutano in seguito alle letture, ai racconti, ecc. Studiare come vengono realizzati, individuare qua la differenza tra ragazzi sviluppati e no. La letteratura può fornire un copioso materiale a riguardo. In maggioranza gli scrittori hanno ricordi infantili molto vivi, benché essi siano rivissuti attraverso la psiche degli adulti. Bisognerebbe svolgere un ampio lavoro di ricerca sui giochi.
Ad un dato livello di sviluppo il fanciullo non viene più soddisfatto dagli schemi consueti (treni di sedie e case di legnetti) e incomincia a valutare la realtà dei mezzi d'attuazione. Cambia pure il carattere degli obiettivi che egli si pone. Nel primissimo periodo gli obiettivi del gioco hanno un carattere semplicemente imitativo con obiettivi che soltanto per modo di dire possono essere definiti tali. In seguito gli obiettivi acquistano un senso e una precisa motivazione.
In condizioni normali probabilmente la transizione dal gioco all'organizzazione della vita e al lavoro seguirebbe questo iter: gli obiettivi diventerebbero sempre più razionali, i mezzi sempre più concreti, le abitudini organizzative acquisite nel gioco si trasformerebbero in abitudini lavorative e di vita organizzata. Imponendo al ragazzo i metodi dell'uomo adulto nei confronti di ogni realtà la scuola riserva al gioco ben poco spazio. Sottovaluta la funzione organizzativa del gioco. Troppo brusco è il passaggio dal gioco al lavoro serio, tra il gioco libero e le lezioni regolamentate dalla scuola si apre un divario. Ci vogliono delle forme di transizione. tenendo conto dell'animo delicato dei ragazzi di quest'età. Sarà necessario concedere largo spazio a organizzazioni come quella dei pionieri, idonee a soddisfare l'esigenza del gioco ancora molto forte negli adolescenti.
Di regola la scuola non prende in considerazione le abitudini organizzative che il fanciullo acquisisce nel processo del gioco. Nella vecchia scuola l'organizzazione delle lezioni e di tutta la vita scolastica non offriva la possibilità di applicare in qualche modo quelle abitudini, che di conseguenza col tempo si atrofizzavano. La scuola del lavoro invece offre la possibilità di applicare e di sviluppare queste doti. In questo è la sua forza. Certo essa dischiude tali possibilità soltanto se il problema viene giustamente impostato. E una delle condizioni per il giusto funzionamento della scuola del lavoro risiede nel nesso organico che deve esserci tra la scuola e l'autogestione scolastica.
Nella scuola dell'insegnamento tutta l'attività dell'alunno si riduceva ad una funzione auditiva e mnemonica. La vita scolastica era pertanto scialba e povera di contenuto. Non c'era dove apprendere l'arte dell'organizzazione. Tutt'altra cosa è la scuola del lavoro. Essa non presuppone soltanto che il ragazzo ascolti e ricordi, ma che osservi, confronti, faccia esperimenti, lavori creativamente. La vita scolastica è ricca di movimento, di emozioni. Sarà necessario lavorare perché questa vita scorra con gioia, in modo organizzato. Essa entra a fatica nell'ambito degli orari esistenti. Bisogna rifletterci sopra, impostare le cose, concordarle. Ma bisognerà rifletterci non da soli, ma tutti insieme. La vita stessa esige questo dibattito comune, esige sforzi comuni, esige una suddivisione del lavoro. La scuola del lavoro è inconcepibile senza l'autogestione. E noi vediamo che ovunque viene aperta una scuola del lavoro contemporaneamente viene organizzata l'autogestione.
Giacché le forme attuali della scuola del lavoro non si sono ancora cristallizzate, non si sono ancora definite le forme della autogestione scolastica. Queste forme soltanto adesso incominciano a delinearsi. Nelle scuole troviamo comitati d'organizzazione, comitati di lavoro, comitati di studio ed altri, incontriamo artel di lavoro di vario genere. Le forme dell'autogestione devono corrispondere alle funzioni organizzative degli alunni stessi. È ovvio che al primo grado, là dove l'ampiezza dell'attività è minore, le funzioni più limitate e i compiti più semplici, anche le forme dell'autogestione saranno più primitive, più vicine ad una democrazia primitiva. Al secondo grado, dove l'attività è maggiore, il lavoro è più complesso ed esige una certa specializzazione, l'autogestione assumerà delle forme più complesse e più definite.
È importante tener sempre presente che perché l'autogestione abbia veramente una funzione educatrice e disciplinatrice sui ragazzi essa deve essere recepita come una necessità che scaturisce da una precisa esigenza. Soltanto allora i ragazzi la considereranno con la dovuta serietà. L'autogestione per l'autogestione viene concepita dai ragazzi come un gioco, che può pure interessare, ma che alla lunga viene a noia.
Ad iniziare dalle classi inferiori l'autogestione scolastica acquista delle forme sempre più profonde e complesse. Pertanto l'autogestione deve essere concepita come un processo, una crescita organizzativa.
Però non bisogna concludere che questo processo debba per forza svolgersi al di fuori di ogni influenza. L'influenza maggiore sarà esercitata (nei gruppi e nelle classi superiori) dalla coesistenza di forme più complesse e più perfezionate di autogestione, le quali diventano la meta cui bisogna puntare. Là dove esistono dell'autogestione forme elementari e
forme più complesse, l'esistenza stessa di quest'ultime servirà
ad accelerare lo sviluppo dell'autogestione nei gruppi infe-
riori.
Quale deve essere la funzione del maestro nell'organizzazione dell'autogestione scolastica?
Se egli è in buoni rapporti con i ragazzi l'estraniarlo dalla discussione dei problemi giovanili sarebbe accolto negativamente. E estraniarsi non può. Certamente egli dovrà avere una posizione quanto è più possibile passiva, evitare di pesare con la propria autorità e di assumere un lavoro che invece è molto importante che facciano i ragazzi stessi.
In sostanza, il maestro deve influire sull'elaborazione delle forme più giuste di autogestione, ma la sua influenza deve essere indiretta. Egli cioè dovrà aiutare i ragazzi a prendere coscienza di quei problemi organizzativi nei quali essi si imbattono durante il gioco e nella vita.
Durante le lezioni, le escursioni, al tavolo di lavoro egli dovrà indirizzare l'attenzione dei ragazzi sui problemi organizzativi: deve mostrare come proporre un obiettivo, come raggiungerlo senza un inutile dispendio di tempo e di energia, come unificare gli sforzi, come suddividere il lavoro, come tener conto delle forze, come valutare il lavoro compiuto, ecc. ecc. Gradualmente i ragazzi acquisiranno l'abitudine ad affrontare collettivamente i problemi avanzati dalla vita e ciò darà loro la possibilità di riflettere con coscienza a come organizzarsi meglio per risolvere i problemi che hanno di fronte e cioè la questione dell'autogestione. Dopo questo lavoro gli alunni saranno di gran lunga più preparati a comprendere i compiti dell'autogestione e in modo di gran lunga migliore li tradurranno in realtà.
Sul lavoro socialmente necessario della scuola (88)
Estratto
Tra le abitudini che la scuola sovietica deve dare all'alunno la più importante è quella del responsabile sociale, ma del responsabile sociale non isolato, ma collettivista. ..
...Nel modo più ampio possibile dobbiamo utilizzare tutte le condizioni esistenti per superare sul piano ideale la psicologia da piccolo proprietario. E la scuola deve essere un punto di forza in questa battaglia. Dalla prima all'ultima riga i libri di testo devono essere impregnati di spirito collettivistico. Attraverso i libri dobbiamo educare sistematicamente i ragazzi ad affrontare ogni problema dal punto di vista della totalità. Per ora riusciamo male ad affrontare qualsiasi problema, semplice o difficile che sia, in modo che il bambino si abitui a considerarsi come parte di un tutto. Dobbiamo imparare.
Un'altra cosa ancora. Si è già scritto parecchio che l'autogestione scolastica deve essere organizzata in modo tale che i ragazzi imparino a risolvere le proprie questioni di vita scolastica pratica partendo dal punto di vista di tutto il gruppo, di tutta la classe, di tutta la scuola. L'autogestione deve dare l'abitudine di risolvere collettivamente, con sforzi comuni i problemi posti dalla vita. Si è parlato molto che è importante organizzare l'autogestione in modo da coinvolgere tutta la massa dei ragazzi, che ognuno abbia un determinato incarico sociale di cui sia responsabile nei confronti del collettivo.
Sarebbe errato però se ci limitassimo a che nella scuola fossero posti dei compiti in uno spirito collettivista e che l'autogestione scolastica fosse permeata di spirito collettivista, benché siano questi dei problemi di straordinaria importanza. Dobbiamo insegnare a tutti i ragazzi un approccio sociale e collettivista a tutti i fenomeni della vita sociale.
Prima di tutto dobbiamo destare nei ragazzi un profondo interesse per i fenomeni della vita sociale... È importante che i ragazzi, oltre a notare il fango e le pozzanghere del loro villaggio, avvertano un senso di insofferenza per quel fango e per quelle pozzanghere, ci vuole che quel fango e quelle pozzanghere non diano loro quiete. È buona quella scuola che sappia educare i ragazzi in modo che tutti i problemi sociali diventino i loro problemi. Tutto ciò non riguardava la vecchia scuola. La scuola sovietica, si.
Ma questa è soltanto la metà del problema. Ci vuole l'abitudine ad affrontare ogni questione attivamente. Per esempio, la strada è cattiva, deve essere riparata. I ragazzi lo capiscono. È un fatto che li riguarda. Ma il passo seguente deve essere questo: cosa può fare il nostro collettivo scolastico per eliminare questo difetto? E qui inizia un lavoro di eccezionale importanza, vengono soppesate le forze a disposizione, viene valutata la propria capacità, viene elaborato il piano di lavoro. Manca l'abilità! La si può acquisire? Quando farlo e in che modo? Basteranno le forze? Come è meglio ripartire il lavoro? Si arriva alla conclusione che da soli è impossibile cavarsela. Con chi mettersi d'accordo? Chifar partecipare al lavoro? Come fare?
La valutazione delle proprie forze e delle proprie capacità, la capacità di compiere un lavoro insieme agli altri rappresenta il problema cui i ragazzi hanno di fronte. Qui bisogna far si che i ragazzi riflettano da soli su questi problemi, che sbaglino e poi aiutarli a imparare sugli errori.
Là dove l'insegnante assegna agli alunni i compiti settimanali di lavoro sociale e alla fine controlla, il lavoro è impostato male. L'insegnante può suggerire l'iniziativa, aiutare col consiglio, ma non deve essere un protagonista. I ragazzi stessi devono sapersi porre dei compiti e poi devono impa rare a valutarne i risultati.. . Ammettiamo che l'insegnante proponga. .. un compito ai ragazzi e poi controlli il risultato. È giusta questa impostazione? No, è errata. Prima di tutto i ragazzi da soli... devono lavorare sulle proprie conoscenze, devono esaminarsi a vicenda. Devono tracciare il piano di lavoro, ripartirlo. E che dire del controllo? .. Ci vuole un controllo effettuato dalla vita stessa, dai risultati ottenuti e non un'esposizione formale dinanzi al collettivo o all'insegnante. I ragazzi vedono che la pompa dell'estintore è guasta. Il fatto li preoccupa e allora si danno da fare. La verifica è data dal funzionamento della pompa.
La scuola deve insegnare a proporsi dei compiti sociali e ad affrontarli collettivamente, ad attrarre forze nuove nel collettivo (per esempio, adulti esperti), a cercare l'intesa con gli altri collettivi interessati anch'essi alla soluzione dei compiti avanzati. Non è tanto importante per la scuola l'aspetto quantitativo delle cose da fare – “meglio poco, ma meglio” - quanto sono importanti le abitudini sociali che la scuola può trasmettere.
Da noi pure i pionieri non sanno svolgere il lavoro sociale. Essi, ancor più spesso della scuola, guardano al lavoro sociale come ad una agitazione di cui non si accertano i risultati, ancor meno sanno soppesare le proprie forze, dividere il lavoro, in essi c'è ancora molta presunzione accoppiata all'incapacità di collaborare con altre organizzazioni. Le abitudini al lavoro sociale, che la scuola deve impartire, saranno poi dai ragazzi trasferiti ai reparti di pionieri, attraverso i pionieri queste abitudini passeranno alla massa dei ragazzi non organizzati. La giovane generazione crescerà come massa di elementi sociali capaci di affrontare collettivamente, tutti insieme, i problemi sociali.
Su questo vale la pena di lavorare.
Per una educazione internazionalista
(Intervento alla serata dedicata alla Settimana internazionale dell'infanzia) (89)
Compagni, oggi ci siamo riuniti per discutere i problemi riguardanti l'educazione
internazionalista delle giovani generazioni. Ogni marxista, ogni insegnante marxista ha letto ovviamente il Manifesto del Partito comunista di Marx ed Engels. È questa un'opera che riveste un enorme significato in quanto in essa, in modo breve e conciso, sono esposti i principi della teoria marxista, sino in fondo permeata di spirito internazionalista. Il Manifesto del Partito comunista termina con l'appello: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”. E questo un appello che per lunghi anni ha avuto ed ha tuttora un enorme significato. In questa parola d'ordine risiede la garanzia di vittoria della rivoluzione mondiale.
Compagni, tutte le opere di Marx, di Engels sono permeate di questo spirito internazionalista e indicano con chiarezza e precisione la forza che viene dall'unità dei lavoratori e come quest'unità è una garanzia di vittoria.
E questa teoria di Marx ha esercitato sul movimento operaio russo un'influenza eccezionale. Il nostro movimento operaio russo si è sviluppato in stretta connessione col movimento internazionale. Se il proletariato è riuscito a trionfare e conquistare il potere in un paese relativamente arretrato come il nostro, lo si deve solo al fatto che il nostro movimento operaio aveva assimilato tutta l'esperienza del movimento operaio internazionale; e soltanto grazie alla sua stretta unità col movimento operaio internazionale e all'assimilazione della sua esperienza esso era riuscito a salire sul piano organizzativo e ideale all'altezza dalla quale colse la vittoria.
Se prendete in esame il lavoro del nostro partito dalla sua fondazione, vedrete come esso è tutto ispirato all'internazionalismo, vedrete come questo spirito internazionalista passa attraverso tutta la dottrina di Lenin, tutto il programma del partito. E oggi che tutto il potere si trova nelle mani della classe operaia, noi sappiamo che sia in politica estera che in politica interna il nostro partito attua le idee fondamentali dell'internazionalismo.
Compagni, come educatori dediti all'educazione delle giovani generazioni noi certamente abbiamo coscienza dell'enorme significato che riveste l'educazione delle giovani generazioni nello spirito dell'internazionalismo.
Ovviamente non è importante che i fanciulli imparino sin dalla tenera età delle parole d'ordine, è importante invece che avvertano un legame d'amicizia e di cameratismo con i lavoratori di tutto il mondo. Noi dobbiamo educare i ragazzi di giorno in giorno anche sul piano emotivo in modo che crescano dei veri comunisti capaci di portare a termine la causa dei loro padri. Pertanto, compagni, con vigilanza e attenzione particolari, dobbiamo far si che il lavoro quotidiano non metta in ombra i problemi dell'educazione internazionalista della gioventù. Attualmente gli insegnanti si trovano dinanzi ad un compito enorme. Quest'anno come non mai la scuola si organizza per migliorare la qualità di tutto il lavoro, la qualità dell'organizzazione. Ma questo compito non riduce, ma al contrario sottolinea la necessità dell'educazione internazionalista. E la nostra organizzazione dei pionieri, che dentro e fuori la scuola deve guidare e aiutare i giovani a divenire degli autentici comunisti, deve essere sempre all'erta.
Vogliamo. .. sensibilizzare l'attenzione del corpo accademico e delle organizzazioni dei pionieri affinchè nemmeno per un minuto scemi la tensione dell'educazione internazionalista.
Dobbiamo arrivare ad uno scambio di esperienze perché in futuro l'educazione internazionalista della gioventù venga condotta possibilmente meglio e più a fondo.
L'educazione internazionalista dei fanciulli nella scuola primaria (90)
L'educazione internazionalista dei fanciulli nella scuola primaria è un problema molto serio. C'è da dire che le impressioni dell'infanzia influiscono profondamente su tutta la formazione ulteriore dell'uomo, su tutta l'organizzazione del suo comportamento.
Sarebbe un grave errore pensare che l'educazione internazionalista possa ridursi ad un apprendimento di alcuni concetti e parole d'ordine. Tutta la politica del potere sovietico verso le nazionalità che popolano l'URSS educa all'internazionalismo: il nostro paese rappresenta l'ambiente più favorevole allo sviluppo dell'internazionalismo. Però, nemmeno per un istante, possiamo dimenticare il nostro passato. Tutta la politica del governo zarista diffondeva il più sfrenato sciovinismo da grande potenza tra i russi e un feroce nazionalismo, una chiusura nazionalista tra le nazionalità oppresse, unite soltanto dal giogo della nazione dominante. Sarebbe quindi ingenuo supporre che nella vita di tutti i giorni e nelle opinioni delle masse sia scomparso ogni residuo di sciovinismo da grande potenza, che sino in fondo sia scomparsa la sfiducia verso i russi, che non ci siano più umori nazionalistici e che il nemico di classe non sfrutti nei suoi interessi questi umori, questo retaggio del passato.
Non possiamo affidarci alla spontaneità. La scuola non deve soltanto insegnare, deve essere anche un centro di educazione comunista. E l'educazione internazionalista è una delle componenti dell'educazione comunista.
L'educazione internazionalista è parte integrante dell'educazione comunista.
L'educazione internazionalista deve essere un compito quotidiano, che non può essere limitato ai comizi o alle feste internazionalisti. Tutto il lavoro scolastico deve essere permeato di internazionalismo.
Da noi alle scuole elementari l'insegnamento si svolge nella lingua materna degli alunni prendendo in considerazione non l'origine, ma la lingua in cui i bambini parlano effettivamente.
Però nell'educare ragazzi di diverse nazionalità in varie scuole può nascere tra di loro un certo distacco. Qui ci vuole vigilanza. È necessario che i ragazzi della scuola di una data nazionalità conoscano meglio la vita delle altre nazionalità. È necessario che l'insegnante non racconti soltanto come quella data nazionalità era oppressa durante lo zarismo, il che di per sé è ovvio, ma che illustri gli aspetti positivi del carattere di quella nazionalità, che metta in risalto quelle pagine storiche che meglio illustrano il valore della data nazionalità. Dei ragazzi russi di un orfanotrofio dell'Asia centrale una volta mi scrissero per dirmi che il loro insegnante parlava dell'arretratezza della popolazione locale, di come era oppressa dallo zarismo e che loro avevano promesso che, divenuti grandi, avrebbero aiutato quella popolazione a conquistarsi una cultura. A prima vista sembrerebbe che tutto vada bene, è un male però che dei ragazzi guardino dall'alto ad una nazionalità culturalmente arretrata. Rispondendo a quei ragazzi scrissi che anche tra noi c'è parecchia ignoranza, riportai molti esempi del genere e poi chiesi se loro giocavano con i ragazzi di quella nazionalità, se sapevano quanto fossero agili e audaci, feci alcuni esempi.
Bisogna richiamare l'attenzione dei ragazzi sugli aspetti positivi del carattere delle varie nazionalità, mostrare il loro coraggio, il loro eroismo nella lotta rivoluzionaria, ecc. ecc. Possiamo trovarne molti di questi momenti. Prendiamo ad esempio l'antisemitismo. Capita spesso di imbattersi in fenomeni residui di antisemitismo. A volte, senza rendersi conto del significato delle loro parole, i ragazzi possono dire: “gli ebrei sono la borghesia”. Bisogna fare qua molta attenzione. Perché questo atteggiamento negativo verso gli ebrei sia superato bisogna raccontare episodi d'eroismo di ebrei, di combattenti ebrei per il socialismo, della tenacia e della laboriosità degli operai ebrei.
È molto importante utilizzare a questi fini la letteratura (sia russa che nazionale). Ma la scelta dovrà essere fatta con molta oculatezza, perché a volte pecchiamo di superficialità. Facciamo un esempio. C'è di Lev Tolstoj un racconto. II prigioniero del Caucaso, che in genere viene dato ai ragazzi in lettura. Si tratta di un'opera d'alto valore artistico, che però, se data senza alcuna spiegazione, può generare dell'odio per i tartari che fanno dei prigionieri oggetto di mercato. Questo racconto può essere corredato di una apposita introduzione nella quale si può confrontare l'atteggiamento dei ricchi tartari verso il prigioniero e quello della bambina tartara. Bisognerà poi dare in lettura qualche altro racconto per mostrare come l'imprenditore russo sfruttava i lavoratori delle altre nazionalità della Russia. È molto importante utilizzare la letteratura nazionale, farla conoscere ai ragazzi di tutte le nazionalità.
Ma non basta far conoscere teoricamente ai ragazzi la vita delle nazionalità vicine, è importante curare un effettivo avvicinamento dei ragazzi delle varie scuole con scolaresche di diverse nazionalità. Qui occorre che gli insegnanti e la scuola siano aiutati dai pionieri, dall'opinione pubblica sovietica. Bisognerà organizzare degli incontri costanti tra gli alunni delle scuole per ragazzi di diverse nazionalità. In questo campo l'arte può assolvere una funzione tutta particolare. Bisognerà far si che i ragazzi vadano insieme al cinema, partecipino a teste, gite, escursioni. È molto importante scegliere le migliori canzoni delle varie nazionalità, affini alla sensibilità dei fanciulli, tradurle, spiegarle e organizzare dei cori in comune per la loro esecuzione. Ciò accomuna moltissimo.
Nella vita dei ragazzi il gioco riveste un significato notevole. È molto importante studiare i giochi dei ragazzi di vane nazionalità, analizzarli, sceglierne le forme più interessanti, infondergli un contenuto moderno e in certi casi modificare pure i loro scopi concreti. Vi possiamo trovare materiale veramente interessante. Nella scuola primaria bisogna dedicare al gioco più attenzione di quanto oggi si faccia. Non dobbiamo dimenticare che per i ragazzi il gioco è un vero e proprio studio.
Unisce anche il lavoro in comune. Le stazioni tecniche per ragazzi (91), dove lavorano insieme fanciulli di diverse nazionalità, rivestono un significato pedagogico di grande rilevanza. È un fatto molto unitario lavorare insieme alla costruzione di un qualche modellino o alla fabbricazione di qualche oggetto utile.
Nelle classi superiori bisogna organizzare già alcune forme di lavoro sociale come sabati comunisti (92) in aiuto ai giardini e alle piazzuole d'infanzia, per addobbare il club, dare una mano alla biblioteca, ecc. Questi sabati comunisti dovranno essere organizzati in modo particolare, interessante per non stancare i ragazzi. È importante porsi un obiettivo preciso. Si possono organizzare sabati comunisti di aiuto scolastico reciproco. Per esempio la scuola con alunni russi costruisce qualcosa per la scuola con alunni tartari e viceversa.
I giochi in comune, le gite insieme, il lavoro in comune suscitano il desiderio di studiare la lingua della nazionalità con la quale si ha a che fare. Nella Russia prerivoluzionaria i russi si rifiutavano ritenendo che non fosse degno di loro - studiare le lingue delle nazionalità oppresse: era quella
una classica forma di sciovinismo da grande potenza.
Nella terza e nella quarta classe della scuola primaria bisogna organizzare dei circoli per lo studio della lingua della nazionalità con la quale si è in continuo contatto. Questi circoli potranno avere un ampio sviluppo ed esercitare una funzione di alto rilievo nell'avvicinamento delle nazionalità. Le lezioni dovranno svolgersi secondo il cosiddetto metodo fonetico prendendo come base le peculiarità di pronuncia di ogni lingua. È questo in genere uno dei metodi più appropriati per lo studio delle lingue estere e in questo caso è ancor più giusto, perché questi circoli hanno proprio il fine di insegnare a parlare la lingua che parlano i compagni con i quali si è continuamente in contatto. Tali circoli sono molto utili per destare un interesse per una data lingua, che poi nelle classi superiori dovrà essere studiata più a fondo.
Oltre a questo, durante le lezioni di geografia è importante parlare delle nazionalità che abitano le diverse regioni; durante le lezioni di storia e di scienza civica bisogna parlare della politica zarista e di quella del potere sovietico, del ruolo di Lenin nell'attuazione della politica di uguaglianza delle nazionalità. Nelle repubbliche e nelle regioni nazionali a questa questione bisognerà riservare un'attenzione maggiore di quanto indicato nel programma generale. Ovviamente nell'esposizione storica si dovranno evitare le formulazioni complicate, le parole d'ordine, ecc. L'esposizione dovrà essere concreta, particolarmente comprensibile ai ragazzi, avvincente. Bisognerà raccontare come il potere zarista creava dure condizioni di vita per le nazionalità, esacerbava il fanatismo religioso, manteneva le nazionalità nell'ignoranza, accentuava le differenze di classe e l'oppressione all'interno di ogni nazionalità, teneva in schiavitù la donna.
La questione dell'educazione internazionalista deve iniziare dalle questioni delle singole nazionalità esistenti nell'URSS, perché in questo caso si tratta per i ragazzi di problemi evi-
denti e vicini. Ma ovviamente non dovremo fermarci qui. Da queste questioni bisognerà gettare un ponte verso l'educazione internazionalista a livello mondiale. Bisognerà raccontare come gli Stati imperialistici più forti rapinano quelli più deboli. A proposito della politica coloniale si dovrà parlare della guerra imperialistica e di quanto sangue è costata ai lavoratori. Poi occorre raccontare con quanta tenacia i bolscevichi lottano per la pace, contro la nuova guerra di rapina che gli imperialisti vorrebbero scatenare. Bisognerà dire come gli operai di tutti i paesi debbano unirsi per controbattere i capitalisti e impedire la guerra. Bisognerà parlare del 1° Maggio e anzi organizzare il 1° Maggio con particolare cura nelle scuole.
Nelle biblioteche scolastiche e per l'infanzia si può e si deve raccogliere tutta un'apposita letteratura.
Bisogna cogliere l'occasione di ogni arrivo di stranieri per invitare gli operai stranieri nelle nostre scuole, nei nostri club, ecc.
Bisogna far si che sui giornali dei pionieri si parli di più degli altri paesi. I ragazzi devono imparare a leggere i giornali con una carta geografica in mano, a raccogliere ritagli di giornali, a disegnare carte geografiche, i ragazzi devono leggere di più sui paesi stranieri. Certamente i ragazzi riceveranno nozioni più dettagliate sui paesi stranieri nella scuola media, però sin dalla scuola primaria dovranno ricevere una certa carica, sin dalla scuola primaria in loro dovrà destarsi l'interesse per i problemi della situazione internazionale.
Bisognerà compiere ogni sforzo perché la parola d'ordine “Proletari di tutti i paesi, unitevi!” diventi loro cara e vicina.
Come e cosa dovremo raccontare di Lenin ai fanciulli (93)
C'è chi pensa che ai fanciulli si debba parlare soltanto dell'infanzia di Lenin e che soltanto questo interessi loro. Non è esatto. I nostri bambini si interessano a tutta la vita di Lenin e lo possono dimostrare le guide del Museo di Lenin (94).
Certamente bisognerà parlare dell'infanzia di Lenin, ma come? Non c'è nulla di peggio che rappresentare Ilic - comesi è fatto per un certo periodo di tempo - come un angioletto, cortese, obbediente, che senza mai una monelleria era sempre chino sui libri a studiare con diligenza, insomma il primo della classe. Altri poi aggiungevano l'immagine di un Ilic bambino prodigio.
Dell'infanzia di Lenin bisognerà parlare in modo diverso. Bisogna ricordare suo padre (95), che, uscito da una famiglia povera, divenne direttore delle scuole primarie. Qui occorre ricordare l'epoca di allora, dura e pesante per i contadini, l'ignoranza che allora regnava nelle campagne, come dovunque ancora si avvertiva l'anelito della servitù della gleba. Il padre di Vladimir Ilic odiava la servitù della gleba. Egli voleva che la vita cambiasse per il meglio e dedicava tutto il suo tempo, tutte le sue forze all'organizzazione di scuole per i figli dei contadini. Ilic senti parlare molto del triste destino dei contadini dalla sua bambinaia, per la quale nutriva un tenero affetto. Lenin prestava ascolto ai discorsi del padre con gli altri insegnanti. Ilia Nicolajevic amava i versi di Nekrassov (96) e dei poeti dell’Iskra (97), i quali fustigavano il regime esistente e gli intellettuali dell'epoca. Bisogna parlare inoltre dei libri per l'infanzia di allora, come La capanna dello zio Tom (98) parlava dell'America, della guerra degli Stati del Nord contro gli Stati del Sud per l'abolizione della schiavitù dei negri e come su questo sfondo risaltasse con evidenza l'oppressione del potere zarista sugli inorodtsy (99). Ilia Nicolajevic si prendeva cura dei bambini ciuvasci, mordvini, dei loro studi. A scuola Ilic con particolare sensibilità trattava i ragazzi d'altra nazionalità. È necessario inoltre ricordare l'insurrezione polacca (100) e come il governo zarista trattò gli insorti. Occorre raccontare del 1881, dell'assassinio di Alessandro II, di come Ilic prestava ascolto ai discorsi del fratello maggiore e della sorella (101), di come egli decise fermamente di diventare rivoluzionario, di come egli sopportava l'arresto e poi la condanna a morte dell'amato fratello maggiore, di come vide chiaramente l'esigenza di seguire una strada diversa, la strada della lotta di massa della classe operaia.
I fanciulli devono sapere come egli cominciò ad autoperfezionarsi, come, preparandosi a divenire rivoluzionario, egli dedicasse ogni istante libero alla lettura di libri sulla lotta della classe operaia, la rivoluzione, come avesse rinunciato al pattinaggio, alle lezioni di latino che tanto gli piacevano, di come egli crebbe, di come andò educandosi pensatore, rivoluzionario, capace di penetrare nei segreti della vita.
Converrà parlare della madre di Ilic (102), della sua sollecitudine per il marito, al quale creava le condizioni più propizie per il lavoro e il riposo, delle sue cure per i figli, della sua capacità di cementare il nucleo familiare e organizzare i figli con l'ausilio della musica. Sarà opportuno rammentare il discorso da lei avuto con i gendarmi e con l'amato figlio maggiore condannato a morte, bisognerà ricordare il suo coraggio e lo smisurato rispetto che per lei avevano tutti i figli.
Ilic fu un organizzatore sin dalla prima infanzia: organizzava i giochi, sapeva trattare con i più piccoli, aiutava i compagni di ginnasio. A questo punto si deve parlare del ginnasio classico di una volta, dell'odio che egli nutriva per lo studio “cattedratico”, del suo atteggiamento critico per la scienza avulsa dalla vita.
Sullo sfondo di questo racconto acquisterà una luce particolare tutta l'ulteriore attività di Ilic, come egli sin da giovane lavorò sulle opere di Marx e Engeis, la sua partecipazione ai circoli, al movimento studentesco, al lavoro di circolo a Samara (103).
Parlando di Ilic organizzatore della socialdemocrazia, del suo lavoro nei circoli, occorre soffermarsi dettagliatamente sul significato del movimento operaio, spiegare perché la classe operaia non potè non porsi alla testa del movimento rivoluzionario, delle speranze che in essa riponevano Marx ed Engeis, della certezza che Ilic ebbe nella sua vittoria. A questo punto bisognerà parlare anche del socialismo.
In seguito si dovrà raccontare come Ilic utilizzò il periodo di detenzione per lo studio e l'attività organizzativa. Nei racconti sul periodo d'esilio bisogna parlare non tanto delle partite di caccia e dell'amore per il pattinaggio quanto del lavoro con i contadini, della sua corrispondenza con i com pagni.
Parlando della vita di Ilic all'estero è molto importante spiegare ai fanciulli il significato del giornale illegale panrusso che diceva sempre tutta la verità agli operai (104), si dovrà parlare del movimento operaio internazionale, dell'Internazionale (105), dei bolscevichi, fiduciosi nella vittoria del movimento operaio e dei menscevichi che non credevano nel movimento operaio e lo tradirono. Ovviamente non converrà scendere nei particolari delle divergenze.
Si dovrà parlare inoltre del 1905 (106), degli anni della reazione, dell'emigrazione russa, della certezza nella vittoria, della guerra del 1914 (107), della Rivoluzione d'Ottobre, della guerra civile (108). Bisogna soffermarsi sulla lotta contro gli agrari e i capitalisti, sullo sviluppo economico e culturale del paese, sull'alleanza con i contadini, sull'adesione al potere sovietico della parte migliore degli intellettuali, sulla morte di Ilic e sul Ventennale del potere sovietico (109).
Bisogna parlare soltanto delle cose più essenziali, più importanti, più centrali. Meno parole d'ordine e più racconti semplici e comprensibili.
Ovviamente si dovrà tener conto dell'età dei ragazzi, delle loro conoscenze. In un modo bisognerà parlare agli allievi della scuola primaria, in un altro a quelli delle classi superiori, però agli uni e agli altri dovrà essere chiara l'immagi- ne di Lenin, combattente contro ogni oppressione, ogni sfruttamento, combattente per una vita sana, colta, illuminata di tutti i lavoratori, cioè di un combattente per il socialismo. Non c'è dubbio che i ragazzi comprenderanno tutto ciò.
Non si deve rappresentare Ilic come una specie di mentore che non fa altro che raccomandare ai ragazzi di studiare, studiare e studiare (tra l'altro queste parole furono dette a persone adulte) (110). I ragazzi non devono avere l'impressione che l'affetto di Ilic per loro si esprimesse soltanto nell'organizzazione dei divertimenti, nei doni, nelle feste di Capodanno. Lui non aveva nulla contro le feste, ma si prese cura di inviare ai bambini qualche leccornia per il Capodanno del 1918 perché a quell'epoca i fanciulli mangiavano poco e male, i dolci nemmeno li vedevano, ma «friggevano le patate nell'acqua », come ebbe a dirmi un ragazzine della scuola in cui fu organizzata per l'appunto quella festa (111).
A Lenin piaceva chiacchierare e scherzare con i bambini, giocare con loro. Si interessava in ogni modo della loro alimentazione, della salute, faceva si che i figli dei genitori meno abbienti ricevessero indumenti e calzature, si occupava dell'organizzazione degli orfanotrofi, della protezione del lavoro dell'infanzia, prendeva a cuore la protezione sociale dell'infanzia. Figlio di un insegnante, direttore delle scuole primarie, egli propugnò l'introduzione della scuola generale, la creazione di una autentica scuola sovietica. Egli studiava con cura tutto ciò che Marx e Engeis avevano scritto sulla scuola, sull'educazione, agognava la nuova scuola socialista. Ex alunno del ginnasio classico, tipica scuola media di vecchio tipo, egli odiava la scuola del passato col suo nozionismo imparaticcio, col suo distacco dalla vita reale. Egli vedeva, sapeva che nella vecchia scuola l'intelletto degli alunni era gravato di nozioni delle quali nove su dieci erano inutili e una su dieci falsa. Egli esigeva che nella scuola sovietica i ragazzi ricevessero soltanto le cose più importanti, essenziali, le basi della scienza, che la teoria fosse strettamente connessa alla pratica, che si insegnasse loro il lavoro manuale e mentale. Egli esigeva che la scuola sovietica non fosse di staccata dalla vita, dall'edificazione socialista. Ilic voleva che a scuola i ragazzi formassero un collettivo solidale capace di svolgere del lavoro sociale. Egli parlò di tutto ciò al III Congresso del Komsomol nel 1920 (112). Tutti i ragazzi delle classi superiori, tutti i dirigenti del Komsomol devono conoscere questo discorso e considerarlo una guida per l'azione.
Bisogna raccontare agli scolari di ogni età come Ilic voleva che i ragazzi crescessero comunisti coscienti, capaci di continuare la causa dei padri e difenderla con le armi in
pugno.
Insegnanti e dirigenti del Komsomol dovranno lavorare parecchio per saper educare dei veri leninisti. Per questo bisognerà imparare, tra l'altro, a raccontare ai ragazzi i momenti più importanti, più essenziali della vita di Ilic. E di conseguenza bisognerà organizzare l'attività dei ragazzi. E qui ci vorrà un ampio scambio di esperienze.
Lenin e la morale comunista (113)
Lenin apparteneva alla generazione che era cresciuta sotto 1 influsso di Pissarev, Stcedrin, Nekrassov, Dobroliubov Cernyscevskij (114), della poesia democratico-rivoluzionaria degli anni ’60 i poeti dell’Iskra irridevano spietatamente gli strascichi dei vecchi costumi feudali, fustigavano la depravazione, il servilismo, l'adulazione, la doppiezza, la meschinità piccolo-borghese, il burocratismo. Gli scrittori degli anni 60 insegnavano ad osservare la vita, a individuare le sopravvivenze del vecchio regime feudale. Sin dalla prima giovinezza Lenin prese in odio il modo di vita piccolo-borghese i pettegolezzi, gli intrattenimenti volgari, la vita familiare “al di fuori degli interessi sociali”, la riduzione della donna a oggetto di diletto, di sollazzi oppure a schiava sottomessa. Egli deprezzava la vita permeata di falsità, di arrangiamenti. A Ilic piacevano particolarmente il romanzo di Cernyscevsl Che fare?, la pungente satira di Stcedrin, i poeti dell ‘Iskra, dei quali sapeva a memoria innumerevoli versi gli piaceva Nekrassov.
Per lunghi anni Vladimir Ilic dovette vivere nell'emigrazione: in Germania, Svizzera, Inghilterra, Francia. In questi paesi frequentava le riunioni operaie, osservava la vita e i costumi degli operai, il loro modo di passare il tempo, nei caffé, nelle passeggiate. Capitava di osservare l'enorme influenza del ambiente borghese, sulla famiglia e sul modo di vivere degli operai. Quell’influenza si manifestava in mille modi. Quando vivevamo in Francia saltava particolarmente agli occhi la contraddizione tra il generale orientamento rivoluzionano degli operai e i costumi volgari, piccolo-borghesi.
Ali estero vivevamo piuttosto modestamente, più che altro in camere d'affitto a basso prezzo, dove c'era gente di ogni sorte, mangiavamo presso varie padrone di case oppure in trattorie economiche. A Parigi a Ilic piaceva molto frequentare i caffé in cui i chansonier si esibivano con canzoni di costume democratiche rivolte contro la democrazia borghese e i vari aspetti della vita. A Ilio piacevano in modo particolare le canzoni di Montégus (115). Figlio di un comunardo, questi scriveva buoni versi sulla vita dei sobborghi. Durante una serata Ilic si mise a chiacchierare con Montégus e fecero le ore piccole a parlare della rivoluzione, del movimento operaio, del socialismo creatore di un nuovo modo di vita, una vita socialista.
Vladimir Ilic legava sempre strettamente le questioni morali ai problemi filosofici generali. Nella società schiavista agli schiavi si chiedeva obbedienza e sottomissione e la religione ordinava loro come comportarsi. La religione forniva tutta una serie di regole di condotta. Questo codice di morale religiosa veniva presentato come raccolta di comandamenti imposi al popolo dal Signore Iddio. Tali “comandamenti” di condotta si sono conservati nel capitalismo e venivano dai capitalisti diffusi, in quanto a loro conveniva che i lavoratori si comportassero da schiavi. Ovviamente il codice morale e le regole di condotta sono stati adeguati alle condizioni dello sfruttamento capitalistico.
Nella società divisa in classi è esistita in ogni epoca e per ogni classe una morale particolare, una raccolta di regole di comportamento elaborate dalla classe dominante. Vi sono cosi regole di condotta per gli appartenenti alla classe degli sfruttatori e regole di condotta - diverse - per gli appartenenti alla classe degli sfruttati. Queste regole vengono insegnate durante apposite lezioni nelle scuole dei paesi borghesi.
La psicologia idealista ha sviluppato tutta una serie di teorie sui cosiddetti “principi connaturati dell'anima”, sull’ “innata moralità” dell'uomo. Tali teorie idealistiche ben si amalgamavano con i codici morali religiosi e borghesi, con le abitudini di vita ereditate dal passato.
Parlando il 2 ottobre 1920 al III Congresso del Komsomol Vladimir Ilic si soffermò sulla morale comunista, spiegò con semplici esempi concreti l'essenza della morale comunista. Egli disse che la morale feudale e borghese era stata tutto un inganno, una presa in giro, l'intontimento degli operai e dei contadini negli interessi dei feudali e dei capitalisti, mentre la moralità comunista fuoriesce dagli interessi della lotta di classe del proletariato. Egli disse che la moralità comunista doveva tendere ad elevare la società umana, ad emanciparla dallo sfruttamento del lavoro. La morale comunista è fondata sulla lotta per il consolidamento e il trionfo del comunismo. Con esempi concreti Lenin dimostrò tutta l'importanza dell'unione, dell'autocontrollo, del lavoro indefesso per rendere sempre più saldo il nuovo ordine sociale; egli indicò quale grande cosciente disciplina fosse per questo necessaria, quale solidarietà fosse necessaria per far fronte ai compiti preposti. Lenin disse ai giovani che bisognava consacrare tutto il proprio lavoro, tutte le proprie forze alla causa comune.
E la vita di Lenin fu un esempio a riguardo. Perché altrimenti Ilic non poteva, non sapeva vivere. Non era un asceta, gli piaceva pattinare e andare in bicicletta, arrampicarsi sulle montagne, andare a caccia, amava la musica, amava la vita in tutta la sua proteiforme bellezza, amava i compagni, la gente. Tutti conoscono la sua semplicità, la sua risata allegra, contagiosa. Ma in lui ogni cosa era subordinata alla lotta perché tutti potessero vivere una vita luminosa, colta, agiata, ricca di gioia e piena di contenuto. Più di tutto era rallegrato dai successi in questa lotta. La sua vita personale di per sé diveniva un tutt'uno con la sua attività pubblica.
Durante l'emigrazione, vivendo in paesi dove, benché vigesse un ordinamento capitalistico, il movimento socialdemocratico era più o meno legalizzato (la Francia, l'Inghilterra, la Germania prebellica) spesso ci capitava d'osservare come qualche grosso dirigente socialdemocratico potesse pronunciare infiammati discorsi molto radicali e poi essere nella vita privata, nell'ambiente familiare un autentico piccolo borghese, un borghese suo malgrado, come dicono i francesi. Il regime capitalistico, tutto l'ambiente circostante esercitano una cosi forte influenza sulla sua psicologia che nemmeno se ne accorge. Per lui la moglie non è un amico e un compagno, ma una massaia, una serva, oppure un balocco, un oggetto di piacere per il soddisfacimento dei suoi appetiti sessuali; i figli sono una proprietà di cui si può fare quel che si vuole: batterli, viziarli, caricarli di lavoro oppure far crescerli nell'ozio. C'è un racconto molto significativo di John Reed (116) Figlia della rivoluzione, in cui si parla di una fanciulla, figlia di un operaio comunardo, sorella di un socialista, che si sente soffocare nella trivialità domestica intrisa di spirito piccolo-borghese. Incapace di trovare una via d'uscita quella fanciulla s'incammina sulla strada della prostituzione.
Nel suo discorso al III Congresso del Komsomol Ilic indicò come liberarsi dall'influenza dell'ambiente piccolo-borghese. Egli additò alle giovani generazioni la via della lotta, insegnò a vivere degli interessi della società intera. Lenin pose in tutta la sua importanza la questione del lavoro sociale della donna lavoratrice, della contadina, della sua partecipazione alla dirczione del paese. Egli pose il problema del lavoro sociale dei fanciulli, lavoro che, non chiuso nelle quattro mura della scuola, costituisce un aiuto per gli adulti, per gli operai e i contadini.
Nell'emancipazione della donna vantiamo dei grossi successi e qui ha esercitato una funzione di particolare importanza la collettivizzazione agricola.
Il Komsomol, organizzando i ragazzi, dai dodici anni di età, nei reparti dei pionieri, insegna loro le regole di condotta che scaturiscono dalla morale comunista. Il Komsomol insegna i ragazzi ad aiutare gli adulti nella loro attività sociale, a lottare contro tutte le manchevolezze che ancora ci circondano, contro l'ubriachezza, il turpiloquio, insegna ai pionieri a difendere le bambine. A casa i ragazzi lottano perché le bambine vadano a scuola, perché non siano gravate di eccessivo lavoro domestico e quindi loro stessi aiutano le madri. I pionieri insegnano a leggere alle madri e alle domestiche, non permettono che i piccoli siano percossi. Il Komsomol insegna ai pionieri a sentirsi mèmbri attivi della società, a lottare contro i relitti delle antiche abitudini, spiega il danno delle credenze religiose, insegna a difendere le proprie idee.
I pionieri rapidamente si sono conquistati autorità e prestigio. Ma negli ultimi tempi si assiste ad un calo della loro attività. Bisognerà imprimervi nuovo impulso, bisognerà educare dei degni successori ai quadri del Komsomol.
Negli ultimi tempi alcuni funzionari e attivisti del Komsomol hanno subito un calo politico, hanno ceduto nell'ambiente domestico all'influenza borghese, hanno dimenticato come deve essere un comunista, per quali obiettivi lui lotta. Ovviamente si tratta di casi isolati; però ogni giovane comunista deve sapersi controllare, qui ci vuole molta oculatezza, bisogna essere molto esigenti verso se stessi e non a parole, ma nei fatti, bisogna essere leninisti sino in fondo nella vita privata e nella vita sociale, bisogna saper subordinare gli interessi personali a quelli della causa comune senza mai dimenticare che l'ambiente domestico non è separato dalla vita sociale e dalla politica.
Tutto ciò riguarda gli scolari e gli studenti iscritti al Komsomol in misura ancora maggiore. Qui bisogna fare attenzione a che non ci sia alcuna cesura dalla vita reale, dall'edificazione socialista, dalle masse, perché non vi sia carrierismo, perché non fiorisca rigoglioso l'individualismo borghese...
... Possiamo essere certi che il Komsomol non tradirà le speranze che in esso vengono riposte.
La preparazione del leninista
(Discorso al VI Congresso dell'Unione della gioventù comunista leninista della Russia) (117)
Compagni, trent'anni fa, nel suo opuscolo Cosa sono gli “amici del popolo” Lenin riportava partecipe i versi di Lesing (118): "Chi non loderà un Klopstock (119)? Ma forse che ognuno lo leggerà? No. Noi vogliamo essere meno onorati, ma letti un po' più attentamente!”. Io penso che questa citazione, nella quale si dice che noi vorremmo essere meno glorificati, ma più letti, può essere riferita anche a Lenin stesso. Spesso egli parlando usava con disprezzo la parola “icona” quando si trattava di qualche vecchio rivoluzionario privo ormai di qualsiasi ascendenza, le cui parole non esercitavano più alcuna influenza, che però veniva circondato di onori e di elogi. Lenin diceva allora: “Ebbene, è già un'icona” a e nelle sue opere vi sono dei passi dove si dice che l'icona è un qualcosa cui si può pregare, inginocchiarsi, segnarsi, ma che in nessun modo influisce sulle azioni degli uomini.
Lenin non deve essere trasformato in icona. È necessario che le sue idee servano da quida per l'azione. Questo è il pensiero che, secondo me, dovrebbe ispirare quei giovani comunisti che intendono diventare leninisti.
Voi, compagni, volete diventare leninisti. Per questo dovete imparare a servire la causa dell'emancipazione dei lavoratori, la causa del comunismo.
Prima della guerra, nel periodo di sviluppo pacifico, in alcuni paesi spesso i socialisti pensavano che per essere membro del partito fosse sufficiente avere la tessera, essere abbonato al giornale socialista, frequentare le riunioni. Noi ovviamente non possiamo pensarla cosi. Viviamo in una epoca in cui comprendiamo lucidamente che la vita privata non può essere separata da quella sociale. Prima non si comprendeva che tale distacco tra vita privata e vita sociale fa si che prima o poi il militante tradisca la causa del comunismo. Dobbiamo aspirare a legare la nostra vita privata alla causa della lotta, alla causa dell'edificazione del comumsmo.
Ciò, ovviamente, non vuoi dire che dobbiamo rinunciare alla vita privata. Il partito del comunismo non è una setta e quindi non possiamo propagare un tale ascetismo. Durante un'assemblea di fabbrica mi capitò una volta di sentire un'operaia che, rivolta alle sue compagne, diceva: “Compagne operaie, dovete tener presente che entrando nel partito dovete rinunciare al marito e ai figli!”. Certamente non possiamo affrontare cosi le cose. Non si tratta di rinunciare al marito e ai figli, bensì di educare i figli come combattenti per il comunismo e far si che anche il marito diventi uno di loro. Bisogna saper fondere la propria vita con quella sociale. E ciò non è ascetismo. Al contrario, proprio in questo modo, proprio facendo diventare la causa comune dei lavoratori una causa personale la vita privata diventa più ricca. Non diventa più povera, ma offre emozioni cosi profonde e cosi limpide che la vita domestica piccolo-borghese non ha potuto mai dare. E oggi tra i compiti che ci sono di fronte c'è proprio la capacità di fondere la propria vita con l'opera generale a favore del comunismo, con il lavoro e la lotta dei lavoratori per l'edificazione del comunismo. Voi giovani incominciate appena a costruire la propria vita. Voi potete costruirla in modo tale che non vi sia nessun distacco tra la vita personale e quella sociale.
Compagni, Vladimir Ilic scriveva che non vi può essere movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria. Egli molto lavorò all'elaborazione di questa teoria rivoluzionaria. Ogni rivoluzionario necessita di un obiettivo chiaramente definito e profondamente conosciuto e che siano ben definite le vie per raggiungerlo, perché, se egli non vedrà dove andare e come andarci, qualunque sia la passione che metterà nel suo lavoro, cadrà continuamente in errore.
Per saper distinguere nella propria attività l'essenziale dal secondario è indispensabile avere chiara coscienza dell'obiettivo e delle vie per raggiungerlo. Vladimir Ilic aveva questa dote, sapeva distinguere l'essenziale dal secondario. Lottando, per il secondario a volte si può indietreggiare pur di conquistare l'essenziale. Gli opportunisti si distinguono dai rivoluzionar! proprio perché essi cedono sull'essenziale, sul principale, dimenticano l'obiettivo ed infine vi rinunciano. Ed ecco noi vediamo come nel corso di tutta la sua attività Vladimir Ilic abbia lottato contro l'opportunismo, contro l'incapacità di difendere l'essenziale, la causa principale. Sussiste un altro errore: chi non sa distinguere l'essenziale dal secondario spesso diventa succubo della frase rivoluzionaria. Anche la lotta contro la frase rivoluzionaria attraversa come un filo rosso tutta l'attività di Vladimir Ilic. La teoria rivoluzionaria non è un dogma, egli diceva, ma una guida per l'azione, una guida per il lavoro. Sempre da questo punto di vista bisogna affrontare la teoria. Nel momento attuale a tutti noi è straordinariamente importante lo studio della teoria rivoluzionaria. In senso economico l'URSS è un paese arretrato e pertanto il proletariato presenta numerose stratificazioni. Vi sono gli strati più avanzati, gli addetti alla grande industria, vi sono strati meno avanzati, vi sono gli artigiani, e tra i diversi gruppi notevole è la differenziazione della coscienza di classe. Ciò vuoi dire che non ogni bocca proletaria dice la verità proletaria. Bisogna saper distinguere l'ideologia d'avanguardia del proletariato, e pertanto per i giovani è estremamente importante studiare con attenzione la teoria rivoluzionaria.
Non si può credere a tutto, ognuno deve ragionare con la propria testa. Bisogna riflettere su ogni cosa e controllare come si deve. Questo è uno dei compiti della gioventù, questo è uno dei compiti dei giovani comunisti che intendono divenire leninisti. Vladimir Ilic diceva che la teoria fornisce la guida per l'azione. E in effetti soltanto perché si faceva guidare dalla teoria rivoluzionaria egli sapeva individuare quell'obiettivo immediato che nel dato momento doveva essere raggiunto.
La chiara comprensione dell'obiettivo e delle vie per raggiungerlo tempra dovutamente il rivoluzionario. Irrobustisce la sua decisione nel momento dell'offensiva e non gli permette di lasciarsi sopraffare dal panico durante la ritirata. “Dobbiamo svolgere sempre il nostro lavoro quotidiano ed essere sempre pronti a tutto - scriveva Lenin - perché è quasi impossibile prevedere l'avvicendarsi dei periodi di esplosione e dei periodi di calma, e quando ciò è possibile non si può approfittarne per rimaneggiare l'organizzazione, dato che in un paese autocratico la situazione può mutare improvvisamente. . . E non si può pensare che la rivoluzione si svolga in un solo atto.. . la rivoluzione sarà una successione rapida di esplosioni più o meno violente, alternantisi con fasi di calma più o meno profonde. Perciò il contenuto essenziale dell'attività del nostro partito, il fulcro della sua attività, deve consistere nel lavoro che è possibile e necessario sia nei periodi delle esplosioni più violente che in quelli di calma completa, cioè in un'agitazione politica unificata per tutta la Russia, che illumini tutti gli aspetti della vita e si rivolga alle masse più larghe. Ma questo lavoro non può essere compiuto nella Russia attuale senza un giornale per tutta la Russia che si pubblichi molto spesso. L'organizzazione che si costituirà di per sé intorno al giornale, l'organizzazione dei suoi collaboratori (nel senso largo della parola, cioè di tutti coloro che se ne occuperanno) sarà precisamente pronta a tutto, sia a salvare l'onore, il prestigio e la tradizione del partito nei momenti di peggiore “depressione” rivoluzionaria che a preparare, a decidere e ad attuare l'insurrezione armata di tutto il popolo.” 1*
Bisogna saper accettare il compromesso qualora esso è inevitabile. “II compito di un partito veramente rivoluzionario - scriveva Vladimir Ilic nel settembre 1917 nel Rabocij Put - non consiste nel proclamare un'impossibile rinunzia a qualsiasi compromesso, ma nel saper conservare, attraverso tutti i compromessi inevitabili, la fedeltà ai principi, alla propria classe, al proprio compito rivoluzionario, alla preparazione della rivoluzione e all'educazione delle masse popolari per la vittoria della rivoluzione.“ 2*
Certamente non sempre è piacevole scendere al compromesso. Vladimir Ilic soleva dire che la lotta politica non somiglia al marciapiede di Corso Nevskij (120). Più di una volta capita di camminare nella fanghiglia.
Vladimir Ilic aveva in spregio la vacuità, la iattanza, esigeva da ogni rivoluzionario, da ogni militante il lavoro più assiduo.
E questo un lavoro spesso poco piacevole, poco affascinante, ma ad esso non può rinunciarvi nessun rivoluzionario, perché per la causa ci vuole non soltanto il lavoro ad effetto, ma pur l'attività di tutti i giorni, priva di lustro esteriore.
“Per mancanza di fiducia nel lavoro pesante, lento, difficile, gravoso, si cade nel panico e si cerca una soluzione facile. . . “. 3* - ebbe a scrivere Vladimir Ilic.
Lavorare assiduamente per raggiungere l'obiettivo prefisso, senza perdersi d'animo: questo il dettame di Ilic.
Bisogna legare la propria vita al lavoro per la causa del comunismo, seguire la teoria rivoluzionaria, valutare lucidamente la vita, non temere il lavoro tenace, allora saprete divenire dei leninisti.
Compagni del Komsomol, avete tutta la vita davanti, voi vivete in un momento di enorme svolta sociale, prendete la bandiera di Lenin e, marciando al passo con le masse, in testa alle masse, andate verso il grandioso obiettivo.
La funzione dei pionieri nella scuola
(dal rapporto «L'educazione politico-sociale nella scuola di 2° grado» alla Prima Conferenza panrussa delle scuole di 2° grado) (121)
...Negli ultimi tempi sia tra i giovani del Komsomol che tra gli insegnanti esiste la chiara coscienza che tra i giovani, i ragazzi d'avanguardia e gli insegnanti ci vuole il più stretto lavoro comune. Noi della generazione anziana dobbiamo imparare un poco a guardare la vita con occhio diverso. Grazie al fatto di essere cresciuta in condizioni totalmente diverse, spesso la gioventù trova istintivamente il modo più giusto di affrontare un determinato problema e qui il lavoro in comune con gli insegnanti è particolarmente importante. E all'insegnante che intende rinnovarsi e comprendere la nuova vita questo lavoro con i giovani è di un'eccezionale utilità. D'altra parte i giovani, se lavorano da soli, molto spesso non vanno là dove dovrebbero e possono strafare in modo incredibile. Inoltre non c'è una sufficiente garanzia che i giovani sappiano distinguere bene tra gli obiettivi immediati e quelli remoti. I giovani ardono dal desiderio di rifare tutto, di ricostruire ogni cosa in un istante. Qui è del tutto indispensabile che i giovani lavorino con calma e tranquillità con gli insegnanti.
L'insegnante d'avanguardia necessita d'altro canto di un aiuto da parte del Komsomol e dei pionieri. Il Komsomol e i pionieri si trovano ad affrontare gli stessi problemi della scuola: creare una generazione totalmente nuova e quindi bisogna marciare a fianco a fianco. Ogni insegnante sa che a volte persino una parola buttata giù a sproposito da un ragazzo può gettare una luce nuova sull'impostazione che l'insegnante deve dare ad un determinato problema.
Ritengo che la nostra scuola sovietica debba differenziarsi nettamente da quella borghese proprio per la concordia e la collaborazione che devono regnare tra i giovani e gli insegnanti. È importante ovviamente che a questo proposito i giovani non si propongano di mandare la scuola in frantumi, di imporre alla scuola i loro acerbi punti di vista; il partito combatte a sufficienza tali orientamenti. Anche gli elementi più coscienti del Komsomol e dei pionieri comprendono alla perfezione che quella non è la via, che bisogna seguire una strada diversa. Il Komsomol e i pionieri comprendono che il loro movimento ne sarà sminuito se dalla scuola non otterranno tutto ciò che essa può dare. Se la scuola verrà a dare loro ciò di cui non hanno bisogno, il lavoro del Komsomol e dei pionieri, impegnati nell'educazione delle giovani generazioni secondo uno spirito nuovo, verrà a complicarsi enormemente. È estremamente importante che vi siano dei rapporti normali. Tutto ciò rieduca anche l'insegnante, perché è ancora forte la vecchia abitudine di guardare ai ragazzi come ad una massa di subordinati, di cui non si deve tener conto, come nel vecchio regime, il quale ancora a lungo farà sentire la sua influenza su di noi. Ogni insegnante deve lottare con se stesso, deve rieducarsi. Ogni insegnante deve sapere guardare ai giovani come al nostro futuro, circondarli di tutta l'attenzione possibile, imparare a crescerli come collettivo. Ma ovviamente anche i giovani devono prendere coscienza che senza la scuola, senza delle cognizioni sistematiche non diverranno mai degli autentici lavoratori.
È importante inoltre che vengano a crearsi dei rapporti normali tra i ragazzi, cioè tra gli iscritti e i non iscritti al Komsomol. Ovviamente seguendo il vecchio sistema d'educazione e una forma di autogestione dove sono attivi soltanto i comitati scolastici ed altre analoghe organizzazioni che co mandano tutti gli altri ragazzi, non vi potranno essere rapporti normali con i giovani comunisti e i pionieri. Da una parte si farà sentire un certo malcontento che si riverserà sui militanti del Komsomol e i pionieri, o ci si lamenterà del comando, e d'altra parte tra i mèmbri del Komsomol e i pionieri vi sarà la tendenza ad occupare i posti di direzione. Tutto ciò corrompe il Komsomol e i pionieri, ostacola la solidarietà tra il Komsomol, i pionieri e tutti gli altri. Questa aspirazione al comando è suggerita appunto dalle vecchie forme di gestione...
Al Komsomol e ai pionieri aderiscono i ragazzi migliori, i più organizzati, quelli capaci di agire in modo concorde. Costoro porteranno nella scuola l'abitudine al lavoro collettivo e alla vita collettiva. Saranno loro i principali organizzatori, i portatori delle principali iniziative. Senza il Komsomol e senza i pionieri l'insegnante si troverebbe in difficoltà ad organizzare la nuova autogestione, in quanto i ragazzi non organizzati spesso guardano al maestro come alla forza risolutrice, in loro ancora debole è la capacità di pensare in modo autonomo, di lavorare in modo indipendente. Sarà possibile dispiegare sino in fondo questa capacità soltanto quando i ragazzi più avanzati, il Komsomol e i pionieri insegneranno loro a lavorare in maniera diversa. E ovviamente con i pionieri e il Komsomol la scuola camminerà più spedita per la sua strada. Certo, una autogestione autentica può essere organizzata soltanto nella scuola in cui tra la teoria e la pratica è stato gettato un ponte. Può essere realizzata là dove la scuola non si rinchiude nelle quattro mura, nella scuola che organizza la vita prima all'interno e poi all'esterno sviluppando il lavoro sociale sulla base della propria attività scolastica. Sarebbe estremamente dannoso, inammissibile che le scuole e case dell'infanzia si rinchiudessero nelle quattro mura. In verità, nel regime borghese vengono esperiti dei tentativi di organizzazioni collettive, ma in genere si tratta di organizzazioni molto ristrette, che si contrappongono alle altre, quando proprio questa contrapposizione non deve esistere.
È indispensabile che ogni organizzazione scolastica esca dall'ambito della scuola. È importante fornire ai ragazzi la più ampia gamma di profonde emozioni non solo nell'ambito della scuola. È importante renderli solidali e concordi con gli operai, con i contadini poveri e medi. Pertanto la adesione dei ragazzi al lavoro collettivo, come i sabati comunisti in fabbrica, la partecipazione alle riunioni in cui avviene il processo di avvicinamento tra giovani e operai, il lavorare insieme alle masse - e il lavoro meglio di ogni cosa avvicina la gente - avranno un valore colossale ai fini dell'educazione del giovane all'iniziativa sociale. La scuola dovrà quindi collegarsi con ampie organizzazioni operaie, perché l'organizzazione operaia per il fatto stesso di esistere educa gli operai e può e deve educare i ragazzi. Altrettanto può dirsi della campagna, dove la scuola gode di eccezionali possibilità di lavoro sociale; qui è importante che 1 ragazzi si sentano cittadini utili, costruttori della nuova vita. E necessario e importante rafforzare tutto ciò con qualche potente carica emotiva suscettibile di legare i ragazzi alla massa dei contadini. Seguendo la stessa via è importante suscitare nel ragazzo il desiderio e la volontà di lavorare per l'utilità generale.
L'educazione leninista dei pionieri
(Rapporto alla Conferenza internazionale dei pionieri)(122)
Lenin e i fanciulli
Innanzitutto consentitemi di porgere il saluto più caloroso
ai pionieri di vari paesi qui convenuti.
Compagni, voi volete sapere cosa Lenin pensasse dei pionieri. C'è da dire purtroppo che il movimento dei pionieri incominciò a svilupparsi quando egli già si trovava sulle soglie della morte. Non disponiamo quindi di suoi appositi messaggi ai giovani pionieri. C'è però il discorso che egli nel 1920 rivolse al Congresso del Komsomol. Un discorso questo tradotto ormai in numerose lingue e che probabilmente molti di voi avranno letto o che in ogni caso potrete leggere.
Molto spesso rivolgendosi agli adulti Lenin parlava dei fanciulli. Come guardava loro? Egli diceva: ”bbiamo imparato e impariamo rapidamente a lottare, e a lottare non da soli come i migliori tra i nostri padri... Noi lottiamo meglio dei nostri padri. I nostri figli lotteranno ancora meglio e vinceranno”. 4*
Di questa speranza nelle giovani generazioni, che cioè i figli degli operai, i figli dei lavoratori di tutti i paesi avrebbero saputo organizzarsi per lottare col vecchio mondo, col mondo del capitalismo sino alla vittoria del socialismo e al trionfo della causa della classe operaia, Lenin era profondamente convinto. Spesso, parlando con i bambini. Poteva chiedere con tono semischerzoso: “È vero che da grande diventerai un buon comunista?”. Certo, era quella una celia, indicatrice però del suo vivo desiderio che ogni fanciullo diventasse un comunista cosciente, continuatore della causa per la quale avevano coraggiosamente lottato e lottano i nvoluzionari di tutto il mondo.
È importante però, compagni, non tanto ciò che Lenin diceva ai fanciulli e dei fanciulli quanto tutta la sua vita, tutta la sua lotta. Noi sappiamo che Lenin ebbe sempre un grande obiettivo dinanzi: la lotta contro il capitalismo, la lotta per il socialismo. Qualunque cosa egli facesse, a qualsiasi riunione egli intervenisse, egli pensava sempre alla stessa cosa: all'utilità che quell'intervento o quel suo articolo poteva arrecare alla causa della lotta della classe operaia per il socialismo.
Per una educazione internazionalista
Lenin era mi internazionalista, non poteva non essere un internazionalista. Lenin crebbe e studiò in una sperduta città sul Volga, a Simbirsk (oggi Ulianovsk)... Là non c'erano fabbriche, officine, gli operai mancavano quasi del tutto. Durante la sua formazione rivoluzionaria nel nostro paese non c'era ancora un movimento operaio. E cosi, compagni, se Lenin non avesse appreso dal movimento operaio degli altri paesi, dai grandi teorici della classe operaia, da Marx e Engeis, mai sarebbe diventato chi poi divenne in realtà. Osservando la vita che lo circondava Lenin imparò a odiare lo sfruttamento e l'oppressione, ma solo dai grandi combattenti per il socialismo egli apprese come lottare per eliminarli. Ecco perché tutta la sua dottrina, tutta la sua lotta sono intimamente internazionalisti. Sin dall'infanzia egli vide come quotidianamente il potere zarista opprimesse le minoranze nazionali, ebrei, tartari, mordvini, soffocasse tutte le numerose nazionalità che oggi abitano l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Costoro non godevano del diritto allo studio, disponevano di un numero irrisorio di scuole, erano privi di ogni diritto. E Lenin, che viveva sul Volga, osservava i ragazzi delle altre nazionalità, i piccoli tartari, i piccoli ebrei e vedeva in quali opprimenti condizioni fossero costretti a vivere. In lui si faceva strada la volontà di aiutarli e nel contempo lo sdegno per il loro stato. Tutta la sua attività rivoluzionaria fu permeata dello spirito di fraternità con le nazionalità oppresse. Quando si interessava al movimento americano come prima domanda chiedeva: e gli americani come trattano i negri? Quando egli studiava e osservava da vicino il movimento operaio inglese era interessato ad una questione: come si comportano gli operai inglesi, come si comportano le masse lavoratrici inglesi con le nazionalità delle colonie britanniche? Quando si interessava al movimento tedesco e francese rivestiva per lui un'eccezionale importanza la questione coloniale. Egli diceva: è necessaria la fratellanza dei popoli, ci vuole l'amicizia, la lotta unitaria per il socialismo. Riusciremo a vincere soltanto quando la classe operaia di tutti i paesi lotterà concorde per un grande obiettivo, per il socialismo. E nel suo lavoro egli faceva di tutto per rafforzare l'Internazionale, irrobustire il movimento operaio internazionale. Egli si rallegrava enormemente per il movimento giovanile in ascesa. Cosi egli si sarebbe oggi rallegrato con tutto il cuore vedendo che voi giovani comprendete tutto il significato del movimento internazionale, tutto il significato dell'organizzazione.
Come deve essere un comunista
Lenin appartenne a quella generazione che assisté alla lotta dei primi socialisti, i quali lottavano contro il regime zarista col terrore, terrorizzando cioè singoli oppressori particolar- mente violenti, li assalivano a colpi di pistola, lanciavano bombe contro di loro. Allora i singoli rivoluzionari compivano atti d'eroismo, andavano incontro alla morte, ma lot-
tavano isolatamente e quella lotta dava scarsi risultati. Il fratello maggiore di Lenin (123), di alcuni anni più anziano, anche lui decise di lottare contro lo zar. Egli prese parte ad un attentato contro lo zar, fu arrestato e giustiziato. Quella tremenda emozione, l'uccisione del fratello maggiore, portò il giovane Lenin a pensare che la lotta isolata, benché ricca di abnegazione e di eroismo, dia scarsi risultati.
Lenin arrivò alla conclusione che avrebbe potuto vincere soltanto la classe operaia che doveva organizzarsi nel miglior modo possibile. Egli diceva spesso che nell'organizzazione risiede la nostra forza principale. Dal vecchio ed eroico movimento contro lo zarismo, dagli eroi di “Narodnaja Volja” (cosi si chiamava il partito da cui provenivano i rivoluzionari isolati disposti a lottare contro lo zarismo) il nostro movimento ha ereditato la volontà di lottare sino alla fine.
Lenin scrisse che il comunista deve essere pronto a tutto, deve essere pronto a sacrificare la vita per la causa operaia, pronto a lavorare nella clandestinità, a nascondersi e a lavorare in modo tale che nessuno nemmeno sappia il suo nome. Egli deve portare avanti, senza stanchezza, la lotta quotidiana. In caso di guerra civile egli deve impugnare il fucile e lottare sulle barricate. Egli deve saper svolgere il lavoro quotidiano, anche il più semplice e non appariscente, ma utile per la causa.
Cosi diceva Lenin. E il nostro Partito comunista si organizza cosi. Ogni comunista sa che deve essere pronto a tutto, a difendere con le armi in pugno la causa della classe operaia cosi come egli deve essere pronto al lavoro quotidiano, semplice ma necessario per organizzare le vaste masse operaie e contadine, per la propaganda e l'agitazione. Lenin esortava molto spesso a lavorare in modo concorde e organizzato. Egli scrisse parecchio sulla coesione, sul lavoro concorde e con l'esempio dimostrò come bisognava lavorare in modo concorde e unitario. E questo esempio del lavoro di Lenin e di tutto il Partito comunista ha contagiato le masse.
Se lanciamo uno sguardo al passato, vediamo che sin dalle origini del movimento operaio nel nostro paese i fanciulli hanno sempre partecipato a questa lotta. E durante la rivoluzione del 1905 (124) i fanciulli salirono sulle barricate. Se andate al Museo della Rivoluzione di Mosca (125), potete vedere la foto di un ragazzo ucciso dai gendarmi a colpi di baionetta. Se fate attenzione al corso della rivoluzione del 1917, vedrete che i fanciulli vi presero parte insieme agli adulti. Infine, durante la guerra civile, i ragazzi si batterono con tenacia uguale agli adulti.
La causa di Lenin è invincibile
Nel 1919, nel pieno della guerra civile, mi trovai negli Urali. Là dove iniziano gli Urali si trova la fabbrica di Izhevsk. I bianchi (126) attaccarono la fabbrica, sterminarono la popolazione adulta. Rimasero stupiti nel vedere che esisteva un'organizzazione di ragazzi, fanciulli di 10-12-14 anni avevano una propria organizzazione, un club, avevano la bandiera rossa. I bianchi nel trovare quel club fucilarono quasi tutti i ragazzi. Quando alcuni mesi dopo rientrammo a Izhevsk. Gli operai ci portarono là dove c'era stato il club e dove lavoravano di già i superstiti di quella strage, che avevano ricostituito la loro organizzazione.
È molto importante per voi studiare il movimento che c'è stato in Russia, la lotta e i successi che abbiamo avuto, dobbiamo però imparare anche noi dalle altre nazionalità. Oggi nel nostro paese può darsi che i bambini vivano meglio, non devono sostenere lotte disperate come negli altri paesi, però si trovano a lavorare molto e lottare contro le sopravvivenze del passato, contro gli antiquati rapporti di proprietà, contro coloro che pensano soltanto ai propri egoistici interessi. In questa attività quotidiana possiamo imparare parecchio dagli altri paesi, dall'America, dalla Germania, dalla Francia. Dobbiamo mutuare da loro conoscenze e tecnica per armarsi meglio in vista della lotta. Voi giovani pionieri dovete mantenere uno stretto contatto tra di voi e soltanto allora potrete adempiere i precetti di Lenin, soltanto allora sarete degli autentici leninisti. Oggi la dottrina di Lenin è penetrata nelle masse, adesso non c'è soltanto Lenin ma ci sono milioni di leninisti. E quindi per avvicinarsi a questi milioni c'è bisogno di un lavoro fraterno, da compagni.
Consentitemi di augurarvi, cari ragazzi, di avere successo in questa lotta. È una lotta che continuerà ancora per parecchi anni, ma al pari di Lenin anche noi siamo fermamente convinti, tutto il nostro partito, tutto il Komsomol, tutti i pionieri sono convinti che la causa iniziata da Lenin è invincibile !
Il movimento dei pionieri come problema pedagogico (127)
Più di una volta abbiamo detto che la scuola e il movimento dei pionieri (128) puntano ad un unico obiettivo: fare del fanciullo un combattente e un costruttore del nuovo regime. Nella scuola però il centro di gravita poggia sullo studio, nel movimento dei pionieri questo si trasferisce all'educazione. L'insegnamento e l'educazione sono strettamente connessi, si autocompletano, si intrecciano, restando però sempre due problemi diversi. L'educazione è il compito principale del movimento dei pionieri: educare una nuova gioventù capace di portare avanti sino alla fine l'edificazione del socialismo e del comunismo. Edificare il socialismo non significa soltanto elevare la produttività del lavoro, sviluppare l'economia. Un'economia pubblica altamente sviluppata è soltanto la base, il fondamento che garantisce la possibilità del benessere generale. L'edificazione del socialismo consiste invece in una nuova organizzazione di tutto il tessuto sociale, in una nuova struttura sociale, in nuovi rapporti tra gli uomini. Noi vogliamo edificare non soltanto una vita sazia, bensì una vita luminosa.
Se la popolazione adulta deve essere rieducata nello spirito del socialismo, tanto più la nuova generazione deve essere educata in questo spirito. Cosa vuoi dire educazione nello spirito del socialismo? Vladimir Ilic decifrava questo nuovo spirito con parole di grande semplicità. Alla conferenza degli operai e dei soldati rossi senza partito egli disse: “Prima dicevano: "ognuno per sé e Dio per tutti", e abbiamo visto quanto male ne è uscito fuori. Adesso diciamo invece: “uno per tutti, tutti per uno” (129).
Queste parole, benché pronunciate non a proposito dell'educazione, a mio parere danno una chiara impostazione di tutto il problema educativo del nostro tempo. Bisogna trasformare i ragazzi in collettivisti. Come fare? Qui ci imbattiamo in un serio problema pedagogico.
La borghesia educa in modo differente i figli dei lavoratori e i figli degli agrari e dei capitalisti. Dei primi tenta di fare degli schiavi obbedienti e dei secondi dei capi. Lavorando con i figli dei lavoratori punta a cancellare l'individualità, a impedire lo sviluppo della personalità del fanciullo; tutti i metodi educativi tendono a spersonalizzare i ragazzi, a renderli passivi. Verso coloro che resistono a tale procedimento si gioca la carta dell'ascesa sociale, si tenta di metterli gli uni contro gli altri, di trasformarli in servi fedeli della borghesia. Con figli delle classi dominanti si seguono altri metodi educativi. Di essi la borghesia tenta di plasmare degli individualisti contrapposti alla massa, al collettivo, capaci di primeggiare sulla massa.
L'educazione sovietica tende invece a sviluppare in ogni fanciullo tutte le sue doti, a vivificare la sua attività, la sua coscienza, a sviluppare onnilateralmente la sua personalità, la sua individualità. Pertanto da noi i metodi di educazione sono diversi da quelli seguiti nella scuola popolare borghese. Ma i nostri metodi sono radicalmente diversi pure da quelli applicati nell'educazione dei figli della borghesia. La borghesia punta a educare degli individualisti pronti a porre sopra ogni cosa il proprio "io , che si contrappongono alla massa. Noi invece vogliamo educare degli uomini onnilateralmente sviluppati, forti nel fisico e nello spirito, non degli individualisti ma dei collettivisti, che non si contrappongono al collettivo, ma che ne costituiscono la forza, che portano ad un nuovo livello il significato del collettivo. L'educazione comunista segue metodi differenti. Noi riteniamo che soltanto nel collettivo possa svilupparsi nel modo più ampio e completo possibile la personalità del fanciullo. Il collettivo non assorbe la personalità del fanciullo, ma influisce sulla qualità e sul contenuto dell'educazione.
A questo riguardo il movimento dei pionieri può fare parecchio. Ma che via deve seguire nel lavoro educativo? Prima di tutto bisogna offrire al pioniere-scolaro l'occasione di emozioni comuni. Il fanciullo che vive solo in famiglia, che la madre premurosa protegge dalle “influenze nocive” e dagli altri ragazzi non diventerà mai un collettivista.
I reparti dei pionieri devono tener presente che la partecipazione del pioniere all'attività del reparto deve offrirgli una serie di emozioni insieme agli altri ragazzi. Ciò non vuoi dire che bisogni sollazzare i ragazzi e organizzare spettacolini e matinée. Le feste non c'entrano, è tutta la vita quotidiana del reparto dei pionieri che deve essere luminosa e ricca d'emozioni. Capita purtroppo invece che si indice una riunione, ma il capo ritarda, la gente non sa che fare, oppure si sollevano problemi ormai tediosi come i danni del fumo, la disciplina, oppure ai ragazzi fanno lezione di politica... È inevitabile che un reparto simile si dissolverà.
Ha un grande valore organizzare come si deve un bei coro, oppure dei giochi fantasiosi e più profondi di contenuto, organizzare la lettura in comune di qualche libro avvincente, ecc. Tutto ciò avvicina i ragazzi, li rende solidali, una gioia o un dolore insieme vissuti renderanno questi vincoli ancora più stretti. È importante badare meno alle formalità e più al contenuto. £ importante quali giochi saranno organizzati, perché ci sono certi giochi che ostacolano lo sviluppo degli istinti collettivistici, che invece di stringere i ragazzi li dividono; è importante quali libri saranno letti: cianfrusaglia individualistica o opere veramente di valore.
Il secondo elemento della concordia è dato da una conocenza più da vicino della situazione domestica e scolastica dei compagni, e dall'aiuto che può essere loro dato. Chi sa di più deve aiutare chi sa di meno a fare i compiti, chi mangia bene deve dividere con chi ha bisogno, chi è troppo carico di incombenze domestiche dovrà essere aiutato dai compagni. Bisognerà aiutarsi a vicenda nell'ambito di ogni manipolo, di ogni reparto.
Il terzo elemento è dato da uno studio interessante comune, da libri letti insieme, da gite, giornali murali, libriccini e diari pubblicati in collaborazione, ecc. ecc. A questo punto bisognerà fare molta attenzione a che non ci sia una divisione tra un gruppo attivo, pieno zeppo di lavoro, e di un gruppo passivo al quale non si permette di fare niente. Sarà necessario affrontare il problema del lavoro in collaborazione, della giusta divisione del lavoro, di un'equa assegnazione di compiti, dell'affinità dell'interesse particolare dei ragazzi con gli obiettivi generali di un collettivo operaio.
Il quarto elemento concerne il lavoro e il nesso tra il lavoro individuale e quello collettivo, la formazione di consuetudini al lavoro individuale e collettivo, il giusto coordinamento, la valutazione del lavoro svolto, il controllo reciproco, la collaborazione in ogni sfera della vita economica.
Il quinto elemento è dato dalla disciplina interiore e volontaria. Nell'articolo La grande iniziativa sui sabati comunisti in cui Lenin contrappone la disciplina imposta del regime capitalistico alla disciplina socialista volontaria e cosciente, si indica come affrontare il problema della disciplina e delle punizioni nella scuola e nei reparti dei pionieri.
Ed infine l'ultimo elemento è dato dal lavoro sociale, dall'applicazione delle conoscenze e delle consuetudini acquisite nel lavoro collettivo per il bene comune. La questione della scelta del lavoro sociale. Il lavoro sociale come scelta volontaria e cosciente, decisione collettiva, pianificazione collettiva, valutazione delle possibilità e delle forze. Gran parte del di- scorso di Vladimir Ilic al III Congresso del Komsomol è dedicata al lavoro sociale, al lavoro collettivo socialmente utile.
A questa questione è connesso il problema dell'aiuto che gli operai e le operaie devono fornire nel processo dell'educazione collettiva e dell'autoeducazione dei ragazzi; è connesso inoltre il problema del rapporto tra scuola e movimento dei pionieri.
Nei problemi qui tratteggiati si cela tutta una serie di questioni di estrema importanza. Dovranno lavorarci sopra i capi del movimento dei pionieri e gli insegnanti.
La scuola politecnica e l'organizzazione dei pionieri (130)
Estratto
Noi costruiamo la repubblica del lavoro. Nell'epoca schiavista, feudale e capitalistica il lavoro era considerato una punizione divina. Dio maledi Adamo e lo condannò ad un durissimo destino. “ Col sudore della tua fronte ti guadagnerai il Pane” - gli disse. Cosi racconta la leggenda cristiana. Nei primi anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre era ancora ferma nella coscienza della gente questa concezione del lavoro, considerato una maledizione. “Nel socialismo - scrivevano gli
scolari - non lavorerà più nessuno”. Ora però di anno in anno l'entusiasmo del lavoro investe il paese in modo sempre più ampio; l'emulazione socialista e il lavoro d'assalto educano una nuova concezione del lavoro. “I comunisti adorano il lavoro, la parola lavoro viene scritta sempre con la maiuscola” - strillano gli emigrati bianchi (131). Odiano inoltre l'idea stessa della scuola politecnica da loro rappresentata come una scuola a lavoro forzato. La nostra scuola politecnica è cessata già di essere un " esperimento » interessante perché politecnica diventa tutta la nostra rete scolastica. Abbiamo già realizzato la scuola quadriennale dell'obbligo. Nei prossimi anni la sfera dell'obbligo scolastico politecnico arriverà sino alla settima classe. È appunto la scolarità generale che esalta il significato della scuola politecnica. Sin dagli anni '90, nell'articolo Perle della progettomania populista. Lenin, scriveva: “... non si può concepire l'ideale di una società futura senza unire l'istruzione al lavoro produttivo, ne il lavoro produttivo avulso dall'istruzione e dall'educazione potrebbero essere posti all'altezza richiesta dall'attuale livello della tecnica e dal presente stato delle cognizioni scientifiche”.
E in seguit: “Per unire il lavoro produttivo generale con l'istruzione generale occorre, evidentemente, imporre a tutti l'obbligo di partecipare al lavoro produttivo. Può sembrare che si tratti di cosa d'una chiarezza lampante. In realtà, però, non è cosi. Il nostro "populista" (132) risolve il problema nel senso che l'obbligo del lavoro fisico deve essere stabilito come un principio generale, ma soltanto per i poveri e non
per tutti” 5*
La quantità si trasforma in qualità. In forza della sua generalità la scuola politecnica diviene l'arma per eliminare la divisione della società in nobili e plebei, in uomini del braccio e uomini della mente, perché, dando a ognuno la conoscenza e la capacità di lavorare, sgombra la via verso la società senza classi.
Ma c'è politecnicizzazione e politecnicizzazione. Spesso per politecnicizzazione si intende fornire ai ragazzi un certo bagaglio di nozioni artigianali. Si insegna a rilegare libri, a costruire sgabelli, a riparare serrature e tutto qui. Ad ogni passo ci imbattiamo in questa contraffazione dell'idea poli tecnica. Dobbiamo combatterla. Non possiamo accettare che la politecnicizzazione sia ridotta all'apertura di laboratori di falegnameria e di officine meccaniche.
È indispensabile che l'attività delle oiiicine sia organicamente connessa a quella della fabbrica, secondo un piano determinato, che quel lavoro sia necessario alla produzione cui la scuola è collegata, che si tratti effettivamente di un lavoro produttivo. D'altra parte è necessario che l'attività nelle officine fornisca una determinata cultura del lavoro e non di quello artigianale, ma del lavoro moderno, corrispondente all'attuale livello di sviluppo della tecnica e della scienza. Nelle officine scolastiche il lavoro dovrà svolgersi parallelamente allo studio della fabbrica allargato a tutta la branca produttiva, alla sua storia.
Oggi si lavora alla compilazione della storia delle fabbriche. Questa storia dovrà essere studiata a scuola e là dove questa storia non esiste bisognerà impegnarvi gli alunni dei gruppi scolastici superiori (VIIIe IX).
A volte lo studio della fabbrica viene compreso in modo semplicistico, cioè come studio della tecnica. Non è meno importante invece lo studio della forza lavoro nella fabbrica, delle diverse specializzazioni, e non del solo gruppo dirigente, ma di tutti i lavoratori. Questo studio è molto importante in quanto fornisce un orientamento professionale nient'affatto trascurabile per i giovani. L'uomo produce il massimo di energia nel lavoro preferito e più confacente. In questo lavoro egli fornisce il massimo anche alla produzione. La giusta scelta della professione significa parecchio. Ed infine bisognerà studiare l'organizzazione del lavoro nella produzione. Le questioni riguardanti l'organizzazione della produzione hanno un valore enorme per l'edificazione del socialismo. E gli alunni della nostra scuola sovietica, la quale dovrà formare degli attivi e coscienti costruttori della società socialista senza classi, devono apprendere i principi dell'organizzazione socialista del lavoro.
...Vladimir Ilic diceva che i programmi devono dare una precisa cerchia di nozioni in ogni campo, ma solo i fautori della vecchia scuola possono affermare che deve trattarsi proprio della cerchia di nozioni della vecchia scuola. Sarebbe questo un modo di calunniare Lenin. La cerchia delle conoscenze deve essere rigorosamente delimitata nei programmi della scuola politecnica, ma essa deve essere decisa partendo da un punto di vista comunista e non già feudale o capitalistico. Lenin parlava sempre dell'esigenza di concordare strettamente la teoria con la pratica, diceva che: “Uno dei mali e delle calamità più gravi, lasciatici in eredità dalla vecchia società capitalistica, è il completo distacco tra il libro e la vita... “ 6*. Ed ora che va avanti l'edificazione socialista sarebbe forse giusto che, giacché vengono diminuite le ore di alcune materie e tante nozioni secondarie dovranno essere eliminate e si esige una grande razionalizzazione nell'insegnamento, la scuola evitasse di parlare dell'edificazione socialista e non spendesse nemmeno una parola per un problemaessenziale, quello dell'organizzazione?..
... L'organizzazione dei pionieri ha dato molto alla nuova generazione. Ha coltivato la capacità di agire collettivamente, ha formato una disciplina intcriore, ha dato una determinata carica comunista. Non possiamo sottovalutare questo lavoro. Oggi questa organizzazione conta milioni di aderenti.
Oggi il Komsomol ha il compito di programmare il lavoro dei pionieri per il prossimo piano quinquennale.
Attualmente tutto il paese si trova ad affrontare il compito di impadronirsi di tutte le conquiste della scienza e della tecnica moderne. I giovani, che dovranno battersi con rabbia in questo campo, devono guadagnare assolutamente la collaborazione dei pionieri. Lo esige la Risoluzione del CC (133). La scuola politecnica è la via che porta alla conquista del sapere. Nella tappa odierna lottare per una vera scuola politecnica significa lottare per la conquista del sapere e della tecnica. Oggi bisogna lottare per tutta la scuola politecnica. Questa scuola appartiene a noi, in essa vengono formati i futuri militanti del Komsomol. Il Komsomol può fare parecchio per la creazione di una scuola veramente politecnica. E il Komsomol deve insegnare ai pionieri a lottare per essa. In ogni scuola, in ogni gruppo i pionieri dovranno essere una salda organizzazione, un reparto d'avanguardia nella lotta per il sapere, devono riuscire a trascinare tutta la massa dei ragazzi. Nella scuola i pionieri dovranno lottare per il sapere in modo unitario e concorde. Ogni pioniere deve sentirsi un militante di questa organizzazione in lotta per il sapere e una disciplina cosciente, deve partecipare energicamente a questa battaglia. Ma non solo all'interno della scuola i pionieri devono battersi per il sapere. Tutta l'organizzazione dei pionieri deve fare molta attenzione a questi problemi e non nel senso che i pionieri devono prendere un libro in mano in ogni momento libero, ma nel senso che l'attività extrascolastica dei ragazzi deve essere strutturata in modo tale che pur riposando i ragazzi rendano la loro vita più interessante, più ricca di contenuto, imparino a giudicare la vita, a studiare dagli adulti, a sfruttare ogni occasione per impegnare le proprie conoscenze al fine di trasformarla, di migliorarla. Il pioniere attivista nella conquista del sapere, deve essere nel contempo un attivista impegnato ad applicare questo sapere nella vita pratica. Il pioniere non è soltanto un “buon alunno” che in classe ha paura di muoversi e che impara a puntino le lezioni. Egli è un alunno che riflette su ciò che impara, che si interessa allo studio, che si impegna a che tutti nella sua classe possano studiare normalmente. È un alunno che sa autocontrollarsi a scuola e fuori della scuola.
Con questi compiti i nostri pionieri affrontano il prossimo piano quinquennale. Con il loro esempio dovranno trascinare tutti i ragazzi. Il Komsomol andrà in aiuto. La nostra nuova generazione imparerà a lavorare sia tisicamente che intellettualmente. Il pioniere sarà sempre pronto alla lotta per la causa operaia, per la causa di Lenin.
Un caloroso saluto a tutti i pionier !
Sull'amicizia (134)
Estratto
I pionieri e i capipionieri sono attualmente molto interessati al problema dell'amicizia. Vi racconterò in proposito qualche mio ricordo che a mio avviso illumina questa questione.
A Ufà, dove ero confinata, c'era anche la confinata Borosdic-Ananina, che con sua madre era stata coinvolta nel processo di Alexandr Ilic (135), il fratello di Vladimir Ilic. La madre era stata condannata ai lavori forzati, là si era sposata, mentre lei, a soli 17 anni, era stata condannata al domicilio coatto in una zona del Nord. Anche lei si era sposata, aveva avuto una bambina e poi se ne era andata dalla madre. La madre pure aveva avuto un bambino e cosi i due piccoli crebbero insieme ed erano molto affezionati. In seguito Borosdic-Ananina ebbe il permesso di trasferirsi a Ufà con sua figlia Marusia di 5-6 anni. La bimba provava una forte nostalgia per il suo amichetto e la mamma la consolava dicendole che forse si sarebbero presto rivisti. Un giorno rassettando la stanza trovò in un cassetto un “deposito clandestino”. Per tutto un mese la bimba vi aveva nascosto tutti i cioccolatini e i biscottini che aveva ricevuto per darli al suo amichetto. La bambina si comportava cosi da autentico compagno e arrivava sino a privarsi dei dolci per il suo amico.
Ed ecco un episodio della mia infanzia. All'inizio frequentai a Leningrado il ginnasio di Stato e poi mio padre mi fece passare a un ginnasio privato. Per composizione sociale degli alunni era un ginnasio molto strano. C'erano molti figli di funzionar! liberali e reazionari, ma anche non pochi figli di rivoluzionari, scrittori, musicisti, attori. Del ginnasio era direttore A. Ja. Gerdt (136), naturalista di notevole levatura, che negli anni della reazione aveva osato insegnare la teoria evoluzionistica...
Allora mia amica era Sascia, figlia di una rivoluzionaria, che, benché di due anni più piccola, era molto più sviluppata ed esercitò su di me una forte influenza. La madre trattava le sue due figlie in modo particolare, parlava con loro di tante cose, concedeva loro molta indipendenza. Al ginnasio Sascia strinse amicizia con la Davydova, figlia dell'alierà direttore del Conservatorio, anch'essa fanciulla di talento. Le due bambine erano appassionate di letteratura, durante gli intervalli stavano sempre insieme a confabulare. Sascia raccontò alla Davydova che sua madre era una rivoluzionaria e che casa sua era frequentata da Zheliabov (137) e da altri rivoluzionari. Davydova riferì tutto alla madre, e costei si presentò da Gerdt per esigere con sdegno che mettesse fine alle influenze nocive cui era sottoposta sua figlia. Gerdt mandò a chiamare la madre di Sascia per informarla delle lagnanze della Davydova. Venuta a conoscenza dell'accaduto. Sascia, aveva allora 12 anni, decise di troncare con la Davydova. “Non diventerà mai una rivoluzionaria, una rivoluzionaria deve essere una "tomba", e Lida non ci riuscirà mai”. E Sascia, pur soffrendone molto, cessò di frequentarla.
Con Sascia stringemmo amicizia. Aveva per me una grande sollecitudine e prima di tutto si ingegnava d'aiutarmi in ogni modo perché diventassi una rivoluzionaria. Mi procurava i romanzi di Mikhajlov-Sceller.. . (138), si dava pensiero che partecipassi alle serate organizzate dalla madre per i suoi amici rivoluzionari, che andassi agli spettacoli degli attori ucraini, ecc. Con Sascia si discorreva di tutto ciò che ci interessava. La nostra era una solida amicizia...
In seguito, ormai grande e divenuta comunista, capii tutto il significato dell'amicizia e come essa aiuta nel lavoro, come è importante l'aiuto dei compagni, la sollecitudine di un compagno vicino, ma che nello stesso tempo, se un amico, fosse anche il più intimo, difende un errato punto di vista, se le sue azioni nocciono alla causa, bisogna farvi fronte e con lui bisogna rompere ogni rapporto d'amicizia. Questa è la morale del comunista: subordinare tutte le proprie azioni agli interessi della causa.
Se osserviamo la vita di Ilic, vediamo come egli sempre si prendesse cura dei compagni... Al confino, nell'emigrazione, egli si preoccupava sempre di aiutare i compagni a trovare una sistemazione materiale, ma non si preoccupava meno di mantenere viva in loro la carica rivoluzionaria, perché sfruttassero quel periodo per studiare, per fare esperienza rivoluzionaria. Nel contempo lottava contro i pettegolezzi, contro i sospetti, contro le vendette personali... Egli era un compagno e un amico esemplare. Sappiamo tuttavia che se qualcuno dei suoi compagni, anche dei suoi amici più intimi, incominciava a difendere un falso punto di vista, quando scorgeva che con le sue parole, con le sue azioni questo compagno danneggiava la causa, allora gli si rivoltava contro nel modo più deciso, rompendo ogni rapporto da compagni e d'amicizia.
Alcuni insegnanti e dirigenti del Komsomol (139) non sanno come affrontare i ragazzi e non sanno conquistare presso di loro un'autentica autorità e diventare contemporaneamente degli amici per loro. Sono privi cioè di esperienza pedagogica.
Citerò un altro esempio dei miei anni di ginnasio. Avevamo un ottimo insegnante di lingua e letteratura russa. Egli sapeva come destare in noi un enorme interesse per la letteratura, la storia della lingua, il folclore, ci insegnava come scrivere i componimenti e coscienziosamente guardare alle opere letterarie che studiavamo. Ma prima di tutto ci affascinava il fatto che ci trattava come adulte, ci parlava con tutta serietà, sapeva essere molto esigente e contemporaneamente eccitava la nostra iniziativa, ci insegnava a lavorare collettivamente. A nessuna di noi poteva mai venire in testa di ingannarlo, di scrivere un compito di russo per qualcuna di noi al fine di aiutarla a ricevere immeritamente un voto più alto.
Ci insegnava a valutare le votazioni con molta serietà. Egli ci fece questa proposta: “Questi sono i voti del trimestre. Vediamo insieme se sono stato giusto nel valutare le vostre conoscenze. Posso aver sbagliato infatti. Non vi chiedo che mi diciate che a qualcuno ho messo un voto troppo alto, ma di indicarmi chi, a vostro avviso, ha ricevuto un voto troppo basso. Per costoro avrò il massimo delle attenzioni, chi invece ha avuto un voto immeritamente alto pensi a studiare per esserne degno veramente”. Ricordo con quale accuratezza ci controllammo a vicenda, come venimmo a sapere il grado di conoscenza di ognuno, ricordo la vasta attività che ci si sviluppò intorno a questo fatto e come tutti quanti ci demmo da fare per recuperare, i consigli che ci davamo. A nostro avviso soltanto tre-quattro persone ricevevano un voto inferiore a quello dovuto. L'insegnante le interrogava cosi più di frequente, seguiva attentamente il loro lavoro.
Più tardi mi trovai a leggere l'articolo di un pedagogo francese nel quale si scriveva che l'insegnante deve addestrare i ragazzi a riferirgli tutte le monellerie, le gherminelle dei compagni. Questo pedagogo francese, tipico rappresentante della scuola borghese, più di tutto aveva timore del collettivo degli alunni, non ammetteva l'amicizia tra gli scolari, li metteva l'uno contro l'altro. Leggendo quell'articolo mi vennero alla mente i metodi del nostro insegnante di russo il quale non temeva il collettivo degli alunni, ma sapeva però orientare l'opinione collettiva degli scolari in un alveo determinato trasformandola in strumento ausiliare dello studio.
Ritengo che il dirigente del Komsomol deve insegnare ai pionieri la solidarietà del collettivo, a lavorare insieme in modo concorde, a orientare questo lavoro in un alveo determinato, e cioè a studiare sul serio e ad aiutare gli altri per intima necessità e non in forza di un incarico ricevuto. Ma il dirigente del Komsomol deve insegnare altresì a difendere la propria opinione dinanzi ai compagni, a lottare per essa “senza guardare in faccia a nessuno”. Quando pure sia l'amico più intimo a sbagliare, bisognerà discutere, lottare. D'altra parte il dirigente del Komsomol deve lottare contro i pettegolezzi e gli intrighi, contro le accuse in mala fede, contro gli inutili puntigli.
Il dirigente del Komsomol deve saper guadagnarsi l'affetto e il rispetto dei ragazzi. Soltanto allora, nei momenti difficili della vita i ragazzi si rivolgeranno a lui non con una lamentela, ma per un consiglio. Ed egli nei suoi consigli deve avere un riguardo particolare per i ragazzi. Allora i suoi consigli avranno un grande effetto educativo, allora egli sarà una vera autorità, un autentico educatore.
Sull'amicizia dei ragazzi di tutte le nazionalità (140)
(lettera ai pionieri)
Cari ragazzi, sapete che al tempo dello zar gli agrari e i capitalisti sfruttavano e opprimevano le nazionalità che abitavano la Russia. Queste nazionalità sono parecchie ed allora erano prive di ogni diritto. Il governo zarista faceva di tutto per impedire che tra le nazionalità sorgessero rapporti di amicizia, al contrario, venivano aizzate le une contro le altre: i tartari contro gli armeni (nel 1905 si arrivò ad atti di genocidio tra armeni e tartari), i russi contro gli ebrei, ecc. Avrete letto senz'altro dei pogrom feroci che i centoneri (141) organizzavano contro gli ebrei. I centoneri irrompevano nelle case di ebrei, mandavano in pezzi ogni cosa, rapinavano i loro beni, malmenavano e assassinavano vecchi, donne e bambini. Tutto ciò avveniva impunemente. Tra i filistei era ampiamente diffusa la credenza che i non russi appartenessero ad una razza inferiore...
Il governo zarista manteneva le popolazioni della Russia nell'ignoranza per sfruttarle meglio. Non poche nazionalità erano addirittura prive di una propria scrittura, ad altre veniva proibito di stampare libri e giornali nella propria lingua.
Il Potere sovietico immediatamente pose fine a tutto questo, concesse a tutte le nazionalità dei diritti uguali a quelli dei russi e continua a manifestare la massima sollecitudine per le nazionalità arretrate. Cresce e si irrobustisce l'amicizia tra le nazionalità che abitano l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
È ovvio quindi che i pionieri delle varie nazionalità devono fare amicizia tra loro, aiutarsi a vicenda. Di regola è cosi che succede. Ma capita però anche che i pionieri russi pensino che i ragazzi delle altre nazionalità siano culturalmente più arretrati. I pionieri - russi - di un orfanotrofio del Tagikistan una volta mi scrissero cosi : « Viviamo in mezzo ai tagiki. Noi sappiamo che il governo zarista li opprimeva. Quando ci faremo grandi li aiuteremo a diventare colti". In risposta scrissi loro che i cittadini delle nazionalità un tempo oppresse dallo zarismo oggi studiano con zelo e molti sono diventati personalità di rilievo. Scrissi che dovevano stare più vicino ai ragazzi tagiki, stringere con loro amicizia, che tra i ragazzi delle altre nazionalità parecchi sono molto disciplinati, sanno lavorare come si deve, cantare, disegnare, sanno sparare molto bene al bersaglio. Da questi ragazzi si può imparare molto, ma bisogna anche aiutarli e trasmettere loro le nostre conoscenze. Ci vuole l'amicizia tra i ragazzi di tutte le nazionalità...
Cari ragazzi, pionieri di tutte le nazionalità dell'URSS!
Dai padri e dalle madri, dagli anziani molti hanno sentito che gli agrari e i capitalisti russi sfruttavano il vostro popolo, lo mantenevano nell'ignoranza e nell'ineguaglianza. Può darsi che in qualcuno di voi sorga un senso di sfiducia verso i ragazzi russi. Lenin si preoccupava, tutto il partito oggi si preoccupa che le nazionalità dell'URSS godine gli stessi diritti, che possano svilupparsi e rafforzarsi, che possano vivere bene i ragazzi di tutte le nazionalità, maschietti e femminucce. Non avete nessun motivo per starvene separati, fate amicizia con i ragazzi russi, aiutatevi reciprocamente negli studi, nell'attività sociale, lottate insieme per il socialismo, per una vita soddisfatta, sana, colta e luminosa, per la causa di Lenin.
Attualmente in tutte le scuole si introduce l'insegnamento della lingua russa. La conoscenza di una lingua comune, del russo, oltre quella madre, avvicinerà ancor di più i popoli dell'URSS. In russo vi sono moltissimi libri che parlano della rivoluzione, dei nemici contro i quali si deve lottare, di come bisogna modificare la nostra vita. In russo vi sono molti libri di testo, molti lavori scientifici. Bisogna aprire a tutte le nazionalità questa ricca letteratura, aiutarle a impadronirsi della scienza.
La lingua delle diverse nazionalità spesso è molto differente dal russo. Vi sono lingue, per esempio, ove non esiste la differenza tra il genere maschile e femminile e quindi i ragazzi quando iniziano a studiare il russo fanno a lungo confusione tra maschile e femminile... E quando c'è il det tato nonostante tutti gli sforzi fanno molti errori.
Per imparare a scrivere e leggere bene prima di tutto devono imparare a parlare russo. E ciò dipende dalla pratica.
L'amicizia con i ragazzi russi, i giochi insieme, le gite, i racconti in russo, le poesie russe che si ricordano facilmente, le canzoni russe aiuteranno i ragazzi di diversa nazionalità a imparare la lingua russa.
Mio padre era un rivoluzionario (142). Desiderava che io facessi amicizia con i ragazzi delle altre nazionalità. Quando avevo cinque anni abitavamo a Varsavia. Ed io nel cortile giocavo con bambini polacchi, ebrei, tartari. Giocavamo molto bene insieme, in allegria. Ci offrivamo a vicenda tutto ciò che avevamo. I ragazzi tartari mi portavano nella tenda ove abitavano insieme ai genitori, che facevano i muratori, e mi offrivano carne di cavallo, che mi sembrava molto buona. C'era un ragazzo ebreo di tré anni più grande, mi trattava molti bene e io gli volevo bene, lui mi offriva pane con strutto. I ragazzi polacchi mi offrivano dei pasticcini. Io non ricordo cosa dessi loro, so però che stavamo molto bene insieme. Quando poi, fattami più grande, venni a sapere che c'era gente che offendeva i bambini ebrei, che non li ammetteva nei giardini pubblici, non li faceva studiare, che teneva i polacchi in disparte, mi sentii prendere dallo sdegno. In seguito sono stata nella Regione di Poltava e là giocavo con i ragazzi ucraini di campagna, ho imparato a parlare l'ucraino e da allora mi sono sempre piaciute le canzoni ucraine, gli alberi ucraini in fiore. Anche oggi mi fa molto piacere ricevere lettere dai ragazzi ucraini.
Il padre di Vladimir Ilic era direttore delle scuole popolari di Simbirsk. Egli aveva sempre cura dei fanciulli non russi: mordvini, ciuvasci, ecc. Vladimir Ilic vedeva questo e gli piaceva. E alla classe superiore del ginnasio per tutto un anno studiò con un compagno ciuvascio Ogorodnikov, lo aiutò a prepararsi alla scuola superiore e lo aiutò veramente,
il ragazzo andò molto bene agli esami.
Io spero con forza che voi ragazzi, qualunque sia la vostra nazionalità, sappiate essere amici e aiutarvi a vicenda nello studio, nell'educazione del carattere, nella capacità di lavorare. Cosi diverrete, anche in questo campo, degli autentici leninisti,
Sulla vita al campeggio
(lettera ai pionieri) (143)
Cari ragazzi, incomincia la vostra vita al campeggio (144), e ci vuole che essa vi dia il più possibile. Cosa farete? “Che strana domanda ! - diranno molti di voi. - Abbiamo studiato, adesso riposeremo”. Però c'è riposo e riposo. C'è il riposo che può dare parecchio sia nel senso di diventare più robusti e più coscienti e c'è pure il riposo che fa stancare e istupidire.
A volte i ragazzi pensano che il riposo non sia altro che ozio totale o un ininterrotto divertimento.
L'anno scorso alcuni pionieri dicevano che al campeggio si annoiavano perché non c'erano barche, palloni, ecc. Se capitava di dover fare qualche servizio come rassettare il letto, lavare i piatti, si lamentavano di stancarsi. Ovviamente non voglio fare generalizzazioni, però lamentele del genere ci sono state. Lo possono confermare alcuni capipionieri.
Prima di tutto bisogna sfruttare la permanenza al campeggio per irrobustirsi e guadagnare in salute. Bisogna trascorrere la maggior parte del tempo all'aria aperta. Non si deve stare in una stanza afosa giocando a dama, oppure a leggere sino a perdere la testa. Bisogna stare sempre all'aria aperta, muoversi, camminare, ma senza eccessi.
A questa età un'eccessiva attività fisica può soltanto nuocere alla salute, quindi non si dovrà imitare gli adulti. La cosa più importante è il regime: alzarsi e coricarsi ad orario, non leggere a letto, non starsene ore intere in acqua, mangiare a ore fisse, seguire le regole igieniche (lavarsi le mani prima dei pasti, non bere acqua fredda quando si è sudati).
Ma questo è solo un aspetto della faccenda. L'altro aspetto, non meno importante, vuole che si utilizzi la vita al campeggio per acquisire quelle abitudini senza le quali non si diventa un autentico leninista. L'uomo di partito, il giovane comunista è sempre colui che sa subordinare gli interessi personali a quelli generali.
Perché ovunque la gente onora i nostri aviatori? (145) Perché hanno rischiato la vita in trasvolate d'enorme valore scientifico. Perché tanto entusiasmo per gli eroi spagnoli? (146) Perché non si risparmiano, non risparmiano i loro figli nella lotta per la causa dei lavoratori. Se qualcuno di voi ha letto la storia del nostro partito comunista avrà visto che i militanti sempre e ovunque hanno fatto tutto il possibile per rendere vicina e comprensibile a tutti la causa per cui si lotta, per avviare una vita luminosa e colta, felice per tutti, hanno spiegato come bisogna organizzarsi.
Cari ragazzi, dovete coltivare in voi le doti dei combattenti per la causa di Lenin.
Ognuno di voi deve ricordare che non si può essere degli egoisti viziati occupati soltanto a divertirsi, ma bisogna imparare a guardare con occhio esperto la vita, bisogna imparare a svolgere un'utile attività sociale. Non bisogna montarsi la testa, ma controllarsi ad ogni momento, autoeducarsi e non lamentarsi piangendo: “Ci educano male!”.
L'attività sociale educa ad una disciplina cosciente, affratella, insegna a conoscersi meglio, ad aiutarsi reciprocamente nello studio, nel lavoro, insegna a rispettarsi.
Ed ecco che al campeggio il lavoro dischiude dinanzi a voi un ampio campo di attività sociale adatta a tutti quanti.
Non bisogna vivere isolati, ma stringere amicizia con i ragazzi dei colcos e dei sovcos vicini, sapere meglio come vivono, come è organizzata la vita culturale nel villaggio, discutere insieme con i ragazzi di campagna cosa si può fare per aiutarli e nello stesso tempo cosa si può imparare da loro. Insegnate loro le nuove canzoni, parlate di come si vive in città, delle vostre letture, date una mano alle scuole materne, ai giardini d'infanzia, alla biblioteca, al club, al museo, organizzate circoli di vario genere (d'elettricità, di igiene e sanità, ecc). Già parecchi pionieri hanno svolto molto bene questo lavoro.
Svolgendo questa attività sociale, che deve essere sempre discussa insieme, aiutandovi a vicenda, vi preparate a diventare militanti del Komsomol, i quali oggi più che mai si impegnano nel lavoro necessario al nostro partito, necessario alla patria.
Siate sempre pronti alla lotta per la causa di Lenin!
__________________________________________________________
1* V. I. Lenin,o p. cit,v. 5,pp.475-476.
2* Ibidem, v. XXV, p.291.
3* V. I. Lenin, op. cit. v. XXII, pp. 480-481.
4* V. I. Lenin, op. cit., v. XIX, p. 213.
5* V. I. Lenin, op. cit., v. II, p. 467.
6* V. I. Lenin, op. cit., v. XXI, p. 270.