Da Giù le mani dalla Corea socialista:
COREA E URSS A CONFRONTO
Uno dei problemi cronici dell’economia sovietica era la bassa produttività dell’agricoltura collettivizzata, che a partire dagli anni ’60 costrinse il paese ad importare miliardi di tonnellate di grano dilapidando le proprie riserve auree, passate 1.221 tonnellate d’oro nel 1975 a 502 nel 1980.
Gli economisti occidentali spesso additano in ciò la prova del fallimento del socialismo in agricoltura, ma una delle molteplici cause di questo fenomeno era proprio l’estensione dei terreni individuali: «L’appezzamento di terra assegnato ad ogni famiglia kolchoziana in uso proprio è in media di mezzo o tre quarti di ettaro» (P. Robotti,
Nell’Unione Sovietica si vive così, vol. I, Edizioni di Cultura Sociale, Roma 1950, p. 44).
Fin dai tempi di Stalin, i kolchoziani avevano a disposizione almeno 2.500 m² di terra in godimento personale. Poca rispetto ai campi collettivi, ma abbastanza per assorbire quasi un terzo delle ore lavorate in agricoltura nel 1974 e per fornire il 64% delle patate, il 33% degli ortaggi, il 32% di carne e latte, il 41% delle uova e il 20% della lana prodotta in URSS.
All’alta produttività dello spazio coltivato corrispondeva l’estrema inefficienza del tempo di lavoro, che peraltro si svolgeva senza trattori e perfino senza cavalli. Nondimeno i contadini preferivano lavorare in questo modo arretrato, piuttosto che avvalersi del parco macchine collettivo, perché la vendita dei surplus individuali sul mercato kolchoziano, a prezzi non pianificati, era più redditizia degli acquisti statali di grano.
Questo spiraglio rimasto aperto al “libero mercato” fu una spina nel fianco del sistema sovietico. In Corea del nord il problema non esiste, perché l’articolo 13 della
Legge agraria promulgata nel 1977 recita: «L’appezzamento di terra concesso ai membri delle fattorie cooperative è fissato da 20 a 30
phyong in base ai rispettivi statuti».
Ancora oggi i membri delle fattorie cooperative dispongono di un orto familiare di 100 m² al massimo, troppo piccolo per sottrarre tempo al lavoro comune. Come spiegava Kim Il Sung nel 1969: «Allo scopo di consolidare e sviluppare l’economia agricola cooperativa, è importante che i contadini partecipino di propria volontà a questo lavoro comunitario.
A tal fine, il nostro partito decise che il pezzo di terra loro concesso per uso personale fosse di piccole dimensioni. Per scacciare l’egoismo dalla mente dei contadini è di primaria importanza rafforzare l’educazione ideologica. Questo è vero. Ma l’educazione ideologica non basta a sradicarlo completamente. Eliminare l’egoismo radicato esige, da una parte, di rinforzare la formazione ideologica e, dall’altra, di non permettere che si creino condizioni materiali che possano incoraggiare questo egoismo. Se i contadini cooperatori posseggono un terreno individuale molto esteso, saranno interessati solo alla sua coltivazione e restii a partecipare ai compiti della fattoria cooperativa. Allora l’egoismo crescerà in loro. Pertanto abbiamo volutamente donato poco terreno ad uso personale ai nostri contadini, affinché si sbarazzino insieme dell’egoismo e della mentalità del piccolo proprietario, si armino dello spirito collettivista e partecipino onestamente al lavoro comune nella fattoria cooperativa» (
Opere, vol. XXIV, Edizioni in lingue estere, Pyongyang 1986, pp. 185-186).