Comunismo - Scintilla Rossa

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view post Posted on 20/1/2016, 19:06

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Art 1

"Die Deutsche Demokratische Republik ist ein sozialistischer Staat der Arbeiter und Bauern. Sie ist die politische Organisation
der Werktätigen in Stadt und Land unter Führung der Arbeiterklasse und ihrer marxistisch-leninistischen Partei.
Die Hauptstadt der Deutschen Demokratischen Republik ist Berlin.
Die Staatsflagge der Deutschen Demokratischen Republik besteht aus den Farben Schwarz-Rot-Gold und trägt auf beiden
Seiten in der Mitte das Staatswappen der Deutschen Demokratischen Republik.
Das Staatswappen der Deutschen Demokratischen Republik besteht aus Hammer und Zirkel, umgeben von einem
Ährenkranz, der im unteren Teil von einem schwarz-rot-goldenen Band umschlungen ist."

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 02-10-09 - n. 289

da Accademia delle Scienze dell'URSS, Storia universale vol. XI, Teti Editore, Milano, 1975
A sessanta anni dalla costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (07/10/1949) - trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

8. La Germania Orientale. La costituzione della Repubblica Democratica Tedesca


I PRIMI GIORNI DEL DOPOGUERRA IN GERMANIA



La seconda guerra mondiale scatenata dal fascismo tedesco aveva provocato gravi conseguenze per lo stesso popolo tedesco. Esso era uscito dalL’avventura del fascismo e dell’imperialismo tedeschi con una vita economica completamente dissestata e i grandi centri industriali completamente distrutti. Milioni di uomini erano caduti al fronte, altri erano stati privati di un tetto e trovavano a malapena rifugio negli scantinati o nelle case semidiroccate, vagavano per le strade della Germania in cerca di un alloggio, di qualche cosa da mangiare, di una occupazione. Colpiva la depressione morale accusata da tutto il popolo a seguito della sconfitta. La bancarotta del sistema fascista significava anche il fallimento delle idee dell’invincibilità delle armi tedesche, della superiorità della razza germanica e altre, che erano state inculcate a forza nella coscienza del popolo tedesco durante 12 anni. Una parte cospicua della popolazione era stata presa dal panico di fronte all’idea di dover pagare per i delitti contro l’umanità ai quali aveva preso parte per ordine dei nazisti.

Tuttavia vi era anche uno strato del popolo, magari modesto, che aveva visto nella disfatta del fascismo tedesco il crollo di tutto l’apparato di dominio dell’imperialismo, delle istituzioni statali, dell’esercito, della polizia, degli organi di asservimento ideologico delle masse.

Esso era costituito dagli antifascisti - comunisti e socialdemocratici - che erano riusciti a rimanere miracolosamente in vita e che negli ultimi giorni di guerra erano stati liberati dai campi di concentramento dalle truppe alleate. Questi uomini comprendevano che nella vita della Germania stava per aprirsi una nuova fase, quella della lotta per una libera repubblica democratica tedesca. Il primo compito delle forze democratico-antifasciste era stato quello di far rinascere l’economia, di rimettere in piedi le aziende ridotte in uno stato catastrofico alla fine della guerra.

Ma un compito non meno urgente era quello della rigenerazione democratica del popolo tedesco. La liquidazione delle conseguenze dell’influenza velenosa del militarismo e dello sciovinismo, che per molti decenni erano stati eretti a ideologia ufficiale dei circoli dirigenti della Germania, e lo sradicamento delle conseguenze dell’influenza nazista costituivano uno dei compiti più complessi di tutta la riorganizzazione postbellica del paese. Occorreva aiutare le larghe masse della popolazione tedesca a comprendere quanto infangata era stata la strada lungo la quale le classi dirigenti avevano condotto la Germania, il carattere criminale del nazismo, a comprendere la responsabilità storica per l’avvenire del paese che pesava ormai sulle spalle delle forze democratiche del popolo tedesco.

La sconfitta inflitta dall’Armata rossa alle truppe tedesco-fasciste aveva creato le condizioni decisive per la liquidazione di tutto il sistema nazista, per operare in Germania trasformazioni democratiche, antifasciste. Il programma di riforme democratico-antifasciste, approntato dagli alleati, avreb- be potuto costituire una base favorevole per operare tali trasformazioni. Ma questo programma fu attuato in maniera conseguente nella sola Germania Orientale, che rientrava nella zona di occupazione sovietica.

Il 9 giugno 1945 fu creata l’Amministrazione militare sovietica in Germania. Questa fin dal primo giorno operò in stretta collaborazione con le forze antifasciste su tutti i problemi di carattere economico e politico che si riferivano alla situazione della Germania Orientale. Il giorno successivo alla sua costituzione essa emanò un’ordinanza con la quale si consentiva la ricostituzione e la ripresa dell’attività dei partiti e delle organizzazioni democratiche sul territorio della Germania Orientale.

Il primo a fare la sua comparsa sulla scena politica fu il Partito comunista tedesco, che l’11 giugno 1945 si rivolse al popolo tedesco con una dichiarazione programmatica. In essa si analizzava la situazione della Germania postbellica, si denunciavano i responsabili della catastrofe nazionale e venivano indicati i compiti fondamentali che il paese avrebbe dovuto affrontare per la sua rinascita, nonché le vie che questi avrebbe dovuto seguire per il suo sviluppo. Nella dichiarazione del partito comunista veniva posto il problema dello sradicamento del fascismo da tutti i campi della vita pubblica, della liquidazione dei monopoli e della grande proprietà fondiaria, della creazione di un sistema veramente democratico di amministrazione statale. La dichiarazione, quindi, costituiva un programma per le trasformazioni democratico-antifasciste che avrebbero dovuto essere operate in Germania e corrispondeva alla lettera e allo spirito degli accordi alleati sulla Germania.

I gruppi di iniziativa, costituiti dal Comitato centrale del partito comunista, che avevano iniziato la loro attività a Berlino nell’aprile e maggio 1945, raccolsero e unirono attorno a sé i democratici antifascisti, molti dei quali erano stati liberati dal campi di concentramento o erano rientrati dall’esilio. Il gruppo di iniziativa di Berlino era diretto da Walter Ulbricht, quello sassone da Anton Ackermann, quello del Meclemburgo da Gustav Sobottka. I democratici antifascisti crearono organi amministrativi locali, di città, di villaggio, di distretto, che organizzavano il rifornimento di viveri, acqua, energia elettrica, combustibili, e prendevano misure atte a prevenire le epidemie. Lentamente, in questi organi di auto-amministrazione, sorti dalla iniziativa e dall’attività delle masse, diretti da elementi avanzati, si concentrò la direzione della vita economica, sociale e culturale.

I comandi e le unità dell’Armata rossa collaboravano in tutti i modi con le forze progressiste della Germania Orientale nel rimettere ordine nell’economia, trasmettendo loro sempre più ampie funzioni amministrative, aiutandoli a risolvere i problemi della ricostruzione economica e culturale. Il 17 magio il comandante militare della Grande Berlino, generale Nikolaij Berzharin, approvò la composizione della giunta democratica di Berlino, diretta da Arthur Werner, un architetto democratico non aderente ad alcun partito. Particolare importanza ha avuto l’aiuto dell’Unione Sovietica nel campo del rifornimento di viveri alla popolazione. Già all’inizio di maggio 1945, le autorità sovietiche di occupazione avevano messo a disposizione degli abitanti di Berlino e di Dresda 96 mila tonnellate di grano, 60 mila tonnellate di patate, 50 mila capi di bestiame, zucchero, grassi e altri prodotti. L’aiuto delle autorità sovietiche di occupazione permise di passare fin dal 15 maggio a una distribuzione organizzata dei prodotti alla popolazione, secondo criteri rigidamente predeterminati.

Nel caratterizzare le particolarità di quel momento e il significato dell’aiuto dei sovietici, Walter Ulbricht ha rilevato: “La popolazione della Repubblica Democratica Tedesca non dimenticherà mai l’attività pacifica e piena di abnegazione dei comandanti e ufficiali sovietici. Poco dopo essersi battuti al fronte contro le truppe fasciste essi si sono accinti ad aiutare generosamente i tedeschi, incitandoli a mettersi fiduciosamente al lavoro. I sovietici hanno portato così degnamente a compimento la loro missione liberatrice”.

Il 15 giugno 1945 fu pubblicato un appello del Comitato centrale del Partito socialdemocratico tedesco nel quale si esprimeva la solidarietà del partito con la dichiarazione del partito comunista e il suo appoggio per la soluzione dei compiti della riorganizzazione postbellica della Germania, su basi democratico-antifasciste. Tuttavia, nelle file del partito socialdemocratico vi erano non poche divergenze: la direzione riformista voleva riportare il partito alle precedenti posizioni di collaborazione con la borghesia, mentre l’ala progressista riteneva necessaria una revisione delle posizioni e del programma del partito, un riesame degli errori passati, la rinuncia all’anticomunismo, la collaborazione con il partito comunista. Ben presto si formarono nel partito socialdemocratico due orientamenti, che portarono alla sua divisione organizzativa. Il 19 giugno 1945, nella zona di occupazione sovietica veniva costituito un Comitato comune del partito comunista e di quello socialdemocratico, con il che si dava inizio alla fine della scissione della classe operaia della Germania. Alla periferia si crearono comitati di unità d’azione dei due partiti.

Nella Germania Orientale, nell’estate del 1945, furono costituiti due partiti democratico- borghesi: l’Unione democratico-cristiana e il Partito liberaldemocratico tedesco. Ne facevano parte rappresentanti dei ceti borghesi e piccolo-borghesi, degli intellettuali, dei funzionari. I due partiti si ponevano nei loro programmi, benché in forma molto generale, obiettivi positivi per l’edificazione democratica della Germania. Nel manifesto costitutivo dell’Unione democratico-cristiana, pubblicato il 26 giugno 1945, si riconosceva la necessità di affidare al controllo statale le posizioni chiave dell’economia. Nel manifesto del Partito liberaldemocratico, pubblicato il 5 luglio 1945, gli obiettivi erano formulate in modo meno preciso e più contenuto. Vi si parlava della necessità di conservare la “proprietà privata e una libera economia” come premessa per “lo sviluppo dell’iniziativa e per una vantaggiosa attività economica”, mentre il controllo pubblico sulle imprese veniva ammesso solo in via eccezionale.

LE TRASFORMAZIONI DEMOCRATICHE NELLA GERMANIA ORIENTALE. LA COSTITUZIONE DEL PARTITO SOCIALISTA UNIFICATO DELLA GERMANIA

Il 14 luglio 1945, per iniziativa dei comunisti, i quattro partiti comunista, socialdemocratico, democratico-cristiano e liberaldemocratico costituirono un blocco democratico-antifascista, con un programma d’azione comune. Questo blocco doveva assolvere una grande funzione per unire gli sforzi delle grandi masse popolari della Germania Orientale per la soluzione dei compiti di carattere democratico generale. In poco tempo furono create organizzazioni di massa dei lavoratori. Nell’estate del 1945 sorsero i sindacati unitari e fu creata la Libera lega dei sindacati tedeschi. La creazione di un’unica organizzazione dei lavoratori ebbe un’importanza eccezionale per il rafforzamento della funzione dirigente della classe operaia nella attuazione della rivoluzione democratico-antifascista.

Nel 1945 erano sorti comitati giovanili antifascisti i quali, nel 1946, costituirono una unica organizzazione giovanile: l’Unione della libera gioventù tedesca, che riuniva sotto la direzione della classe operaia centinaia di migliaia di giovani e ragazze, futuri attivi costruttori del socialismo. A dirigere l’Unione fu eletto Erich Honecker. Nello stesso periodo erano sorte organizzazioni di massa dei lavoratori quali la Lega democratica delle donne tedesche, la Lega culturale creata per iniziativa dei migliori rappresentanti del mondo intellettuale con alla testa il noto poeta tedesco Johannes Becher, l’Unione del mutuo soccorso contadino, eccetera. Una importanza del tutto eccezionale per lo sviluppo della rivoluzione democratico- antifascista aveva avuto l’unificazione dei due partiti della classe operaia in un unico partito marxista-leninista.

Al congresso di unificazione dei due partiti, svoltosi il 22 e 23 aprile 1946, fu creato il Partito socialista unificato della Germania (SED). Esso contava 1 milione 300 mila iscritti, dei quali 680 mila socialdemocratici e 620 mila comunisti. Il congresso approvò un documento programmatico, “Principi e fini del Partito socialista unificato della Germania”, nel quale erano indicate le basi della politica del partito, lo statuto del partito e un “Manifesto al popolo tedesco”. Nel programma del partito stava scritto che esso si poneva l’obiettivo della “liberazione da ogni sfruttamento e oppressione, dalle crisi economiche, dalla miseria, dalla disoccupazione e da minacce di guerra imperialista, obiettivo che, come quello della soluzione dei problemi vitali, nazionali e sociali del nostro popolo, può essere raggiunto solo con il socialismo”.

Il superamento della scissione nelle file della classe operaia della Germania Orientale e la formazione di organizzazioni di massa dei lavoratori condizionarono le riforme democratiche attuate nel paese. L’espropriazione delle imprese dei criminali di guerra e nazisti, la riforma agraria, la smilitarizzazione, le democratizzazione di tutti gli aspetti della vita pubblica, compreso il campo della cultura, furono attuate come campagne di masse, con la partecipazione attiva delle larghe masse dei lavoratori. Nel corso di queste trasformazioni erano stati promossi referendum e organizzate riunioni di massa della popolazione. Gli stessi lavoratori diedero vita a numerosi organi, comitati e commissioni, che decidevano direttamente i problemi della nazionalizzazione dell’industria, della riforma agraria, della denazificazione.

Gli operai di molte fabbriche diedero prova di iniziativa nell’epurare le loro direzioni dagli elementi nazisti attivi e dai criminali di guerra a nell’istituire il controllo operaio sulla produzione.

A seguito della nazionalizzazione dell’industria, così come delle banche e del sistema creditizio, fu creata la base materiale per le successive trasformazioni socialiste. L’inizio della formazione della proprietà popolare nell’economia risale all’ottobre 1945 quando, per disposizione dell’Amministrazione militare sovietica, furono sequestrate le proprietà dei nazisti attivi e dei criminali di guerra, nonché quelle del partito nazista e dello Stato hitleriano. La soluzione del problema relativo alle sorti delle imprese sequestrate fu demandata allo stesso popolo tedesco. Il primo a decidere fu il governo regionale della Sassonia, che si pronuncio per la confisca delle imprese del criminale di guerra Friedrich Flick.

Nella primavera del 1946 l’Amministrazione militare sovietica mise a disposizione degli organi amministrativi tedeschi una serie di imprese che, secondo le decisioni di Potsdam, avrebbero dovuto essere trasferite in proprietà all’Unione Sovietica. Le autorità locali della Germania Orientale indissero un referendum e la stragrande maggioranza dei votanti si pronunciò per il passaggio di queste imprese in proprietà del popolo. A seguito delle confische passarono in proprietà degli organi dell’amministrazione popolare più di 9.000 imprese. Nel giugno 1947, per iniziativa del Partito socialista unificato, e allo scopo di organizzare un’amministrazione economica centrale, fu creata una Commissione economica tedesca, che nei primi tempi funzionò come organo consultivo dell’Amministrazione militate sovietica.

Nel 1945 nella Germania Orientale fu attuata la riforma agraria. Sulla base delle decisioni degli organi della riforma furono espropriate circa 11.500 aziende agrarie per una superficie di circa 3 milioni di ettari. Circa un terzo di queste terre fu assegnato agli organi comunali, mentre il rimanente fu ripartito tra i braccianti agricoli e i contadini con poca terra. Sulle terre assegnate alla pubblica proprietà furono create circa 500 aziende del popolo, che ebbero una grande funzione sia nella rinascita dell’agricoltura che nella sua successiva riorganizzazione economico-sociale. La riforma agraria fece crollare le posizioni economiche e politiche della classe dei grandi proprietari fondiari, una delle colonne del militarismo e dell’espansionismo tedeschi, e recò un colpo decisivo alle forze della reazione della Germania Orientale.

Fu adottata la legislazione del lavoro: giornata lavorativa di otto ore, assicurazioni sociali, protezione contro gli infortuni, parità di salario maschile e femminile per pari lavoro, provvedimenti per il lavoro e l’apprendistato dei giovani. Tutto ciò contribuì a superare le difficoltà del periodo della ricostruzione e ad elevare la produttività del lavoro. Risultato: la produzione industriale della Germania Orientale aveva raggiunto nel 1949 il livello prebellico e la disoccupazione era stata debellata.

Per la prima volta nella storia della Germania erano stati istituiti organi di governo veramente popolari e parlamenti democratici rappresentativi delle regioni.

Nel settembre 1946 si svolsero le elezioni comunali, distrettuali e regionali della parte orientale della Germania. Le elezioni diedero luogo a una lotta accanita, in quanto gli elementi reazionari cercarono di sfruttarle per rafforzare le loro posizioni politiche. Tuttavia, la vittoria delle forze democratiche risultò esaltante: i candidati del Partito socialista unificato ottennero il 58,5 per cento dei voti nelle elezioni comunali, il 50,3 per cento in quelle distrettuali e il 47,5 per cento in quelle regionali.

La popolazione della Germania Orientale si era così espressa a favore delle trasformazioni democratico-antifasciste che si stavano attuando in quella parte del paese.

Poco dopo gli organi amministrativi tedeschi - centrali, provinciali e regionali - furono investiti dei necessari diritti e poteri, incluso quello di emanare ordinanze aventi forza di legge, a condizione che non contrastassero con le ordinanze dell’Amministrazione militare sovietica e del Consiglio di controllo. Alla fine del 1946 -inizio 1947 in tutte le province e regioni della Germania Orientale vennero approvate le rispettive Costituzioni, precedute da un’ampia discussione dei progetti relativi nelle assemblee di lavoratori.

Nella Germania Orientale fu riorganizzato, nello spirito democratico, il sistema della pubblica istruzione, fu rinnovato il corpo degli insegnanti, furono compilati nuovi programmi e libri di testo. Per la prima volta nella storia della Germania fu introdotta l’istruzione gratuita e venne istituito il presalario. Per preparare i figli degli operai e dei contadini ad accedere agli istituti superiori fu creato un sistema di facoltà operaie, che contribuì a modificare la composizione sociale del corpo studentesco, facendovi prevalere i figli dei lavoratori. Furono riordinati in senso democratico anche la cinematografia, il teatro e altri settori culturali.

Il potere democratico-antifascista si affermò nella Germania Orientale in seguito a un’accanita lotta di classe, ma senza guerra civile. La controrivoluzione interna e straniera non osò scatenare la guerra civile, in quanto la presenza dell’Unione Sovietica come potenza occupante avrebbe stroncato le forze della controrivoluzione.

L’attuazione conseguente delle trasformazioni democratico-antifasciste nella parte orientale della Germania ebbe un’importanza veramente rivoluzionaria, sia nel senso dell’eliminazione radicale delle incrostazioni economiche e sociali che erano di ostacolo allo sviluppo progressivo della Germania, sia nel senso della creazione di possibilità reali per il passaggio dalla prima alla seconda fase della rivoluzione, alla fase superiore, socialista.

L’originalità dello sviluppo della Germania Orientale in quel periodo è da ricercarsi nel fatto che nel corso della rivoluzione democratico-antifascista erano stati risolti anche i compiti della rivoluzione democratico-borghese, rimasti insoluti nel passato. Il che, tuttavia, non significava affatto che il programma della rivoluzione democratico-antifascista della Germania Orientale si limitasse ai compiti della rivoluzione democratico-borghese.

La nazionalizzazione dei settori trainanti dell’economia, la riforma agraria, la vittoria del blocco democratico-antifascista nelle elezioni, avevano creato le condizioni per l’ulteriore rafforzamento del regime democratico-antifascista nella Germania Orientale e per il passaggio alle trasformazioni socialiste. L’edificazione economica e statuale era entrata in una nuova, più alta, fase di sviluppo. Di fronte ai lavoratori stavano compiti nuovi. Al primo posto si poneva ora il problema dell’incremento delle forze produttive, dello sviluppo e del rafforzamento del settore popolare della proprietà nell’industria. In queste condizioni il Partito socialista unificato prestò una particolare attenzione al perfezionamento della sua politica economica, compresa la pianificazione dell’industria e dell’agricoltura.

Il rafforzamento del principio della centralizzazione nell’economia procedette di conserva con l’allargamento della partecipazione delle masse popolari alle decisioni concernenti i problemi dell’edificazione economica: partecipazione dei collettivi di lavoratori alla discussione dei piani di produzione, a cominciare da quello del proprio stabilimento fino al piano statale; attivizzazione del controllo delle organizzazioni di massa sulla loro attuazione e così via.

Per decisione del II congresso del Partito socialista unificato della Germania, tenutosi nel settembre 1947, fu elaborato un piano economico biennale, per il 1949-1950. Il progetto di piano fu poi approvato dalla riunione del Comitato centrale del partito del giugno 1948. Si trattava di un programma relativo allo sviluppo pianificato della vita economica e statale della Germania Orientale, sulla base della pianificazione statale e dell’appoggio costituito dalla crescente attività lavorativa delle masse. Nell’agricoltura, dopo l’attuazione della riforma, l’attenzione principale fu rivolta al consolidamento delle nuove aziende. Nel 1948, con l’aiuto decisivo dell’Unione Sovietica, fu creato il sistema delle stazioni per il noleggio delle macchine agricole. In questo modo fu scalzata l’influenza dei contadini ricchi e rafforzata la posizione delle forze democratiche nelle campagne.

I compiti crescenti legati alla costruzione di una nuova Germania e la necessità di migliorare il livello della direzione in tutti i campi della vita pubblica posero al Partito socialista unificato il problema inderogabile dell’ulteriore rafforzamento della sua funzione dirigente, sulla base del marxismo-leninismo. Il partito definì chiaramente la sua linea relative al problema dei rapporti con l’Unione Sovietica come baluardo del processo rivoluzionario mondiale e con il partito comunista sovietico come avanguardia del movimento comunista operaio mondiale. L’esperienza della politica economica del partito comunista sovietico veniva studiata attentamente, mentre era in corso il processo di rinascita dell’economia e dell’organizzazione di un nuovo regime sociale nella Germania Orientale.

La prima conferenza del Partito socialista unificato indica al partito e a tutte le forze progressive il fine da perseguire: il rafforzamento del processo rivoluzionario nella Germania come condizione decisiva per la creazione di una unica Germania, pacifica e democratica. Tutti i problemi presi in considerazione dalla conferenza vennero risolti dal punto di vista della difesa degli interessi nazionali del paese, nella prospettiva di un suo sviluppo democratico. Nella Germania Occidentale lo sviluppo degli avvenimenti aveva preso una strada diversa. Le potenze occidentali si erano rifiutate di attuare il programma concordato in comune nei confronti della Germania vinta e gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna e la Francia avevano applicato in questa parte del paese, nelle zone da essi occupate, una politica separatista. Ne era conseguita la conservazione della struttura economica e sociale propria del domino della borghesia monopolistica.

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA



L’aumento delle minacce di una spartizione della Germania a causa della politica separatista delle potenze occidentali diede vita a un vasto movimento popolare di protesta, concretizzatosi nel movimento per il Congresso del popolo tedesco. Il movimento abbracciò sia la Germania Orientale, sia quella Occidentale. In tutto il paese fu creata una rete di comitati, eletti in assemblee generali di villaggio, di quartieri cittadini, di fabbrica. All’inizio del mese di dicembre del 1947 si tenne a Berlino il primo Congresso del popolo tedesco per l’unità e una pace equa, con la partecipazione di delegati delle due parti della Germania. Il congresso, esprimendo la volontà del popolo tedesco, si pronunciò per il mantenimento dell’unita economica e politica della Germania, per una rapida conclusione del trattato di pace, per la creazione di un governo unico, su basi democratiche. Fu eletta una delegazione rappresentativa incaricata di esporre queste rivendicazioni alla riunione londinese dei ministri degli esteri delle quattro potenze. Il congresso elesse anche un comitato permanente per la direzione della lotta popolare per l’unità del paese.

Il 17 e 18 marzo 1948 ebbe luogo il secondo Congresso del popolo tedesco. Il congresso decise di procedere alla raccolta di firme sotto una petizione diretta alle potenze della coalizione antihitleriana, contenente un appello a emanare un’ordinanza sull’unità della Germania o a indire in proposito un plebiscito. Il congresso elesse un Consiglio del popolo tedesco con la partecipazione di rappresentanti anche delle zone occidentali, che di fatto diventò l’organo rappresentativo di tutta la Germania. Per suo incarico fu elaborato un progetto di Costituzione di una Repubblica nel suo complesso.

Il progetto era stato elaborato partendo dalla Costituzione di Weimar del periodo prenazista, avendo però presenti gli sviluppi successivi. Dopo esser stato discusso in sede di Consiglio del popolo tedesco il progetto fu pubblicato, perché fosse dibattuto da tutta la popolazione, cosa che fu fatta in assemblee, sulla stampa e tramite la radio.

Il nuovo progetto di costituzione, modificato secondo gli emendamenti scaturiti dalla discussione, fu approvato nel marzo 1949 dal Consiglio del popolo tedesco e ratificato dal terzo Congresso del popolo tedesco che ebbe luogo il 29 e 30 maggio 1949. Il punto più importante della nuova Costituzione era quello che trasmetteva il potere al popolo. In questo modo veniva a crearsi una democrazia di tipo nuovo, una democrazia popolare, che avrebbe garantito i diritti economici e politici ai lavoratori e la loro funzione dirigente, sotto la direzione della classe operaia, nel nuovo Stato. Il carattere veramente popolare e democratico del nuovo regime statale si basava su un nuovo sistema di rapporti sociali, dal quale era garantito.

La raccolta di firme promossa dal secondo Congresso del popolo tedesco, ebbe luogo dal 23 maggio al 13 giugno 1948. Nella Germania Orientale all’appello del Consiglio del popolo tedesco risposero più del 90 per cento degli elettori, mentre nella Germania Occidentale la raccolta fu vietata e i suoi organizzatori e partecipanti perseguiti con misure poliziesche. Favorevoli all’appello risultarono 15 milioni di cittadini, vale a dire il 37 per cento degli elettori dell’intera Germania. Basandosi sui risultati di questa campagna, la presidenza del Consiglio del popolo tedesco si rivolse ai comandanti in capo delle quattro zone di occupazione con la richiesta di autorizzare un plebiscito pantedesco. Ma le potenze occidentali ignorarono la richiesta.

Le forze avanzate della Germania si battevano per una Germania unita che attuasse una svolta decisiva nella sua via di sviluppo, schierandosi dalla parte della pace e della democrazia. Esse avevano alzato la bandiera della lotta per un avvenire progressista del paese e del suo popolo, ed erano alla testa di un movimento per il mantenimento dell’unità del paese su basi democratiche.

Ma le forze reazionarie della Germania Occidentale, sostenute dalle autorità di occupazione degli Stati Uniti d’America, della Gran Bretagna e della Francia, impedirono l’unificazione del paese e imboccarono la via del separatismo proclamando la costituzione di uno Stato tedesco separato, sulla base delle tre zone occidentali di occupazione.

Le forze reazionarie della Germania avevano interesse a veder smembrato il paese, perché così avrebbero potuto mantenere intatte, nello Stato separato, le loro posizioni politiche ed economiche e avrebbero cercato, basandosi su questo Stato, di eliminare il regime democratico-antifascista della Germania Orientale.

In risposta all’atto che scindeva la Germania, II Consiglio del popolo tedesco eletto al terzo Congresso del popolo tedesco, in un manifesto lanciato al popolo il 7 ottobre 1949, proclamava la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e si trasformava in Camera del popolo provvisoria della RDT. Presidente della Camera fu eletto il deputato liberaldemocratico Johannes Dieckmann. Il 17 ottobre entrava in vigore la Costituzione della Repubblica Democratica Tedesca e il 10 dello stesso mese l’URSS trasmetteva al suo governo tutte le funzioni amministrative che fino ad allora erano state nelle mani dell’Amministrazione militate sovietica. Quest’ultima fu trasformata in Commissione di controllo con funzioni limitate, come quelle di vigilare sull’applicazione degli accordi di Potsdam o altri sulla Germania. L’11 ottobre fu costituita la Camera provvisoria delle regioni della Repubblica Democratica Tedesca. Lo stesso giorno, in una seduta congiunta delle due Camere, Wilhelm Pieck, eminente esponente del movimento comunista tedesco e internazionale, fu eletto presidente della repubblica. Il 12 ottobre la Camera popolare approvava la compagine governativa, presieduta da Otto Grotewohl.

In questo modo fu costituito il primo Stato di operai e contadini della storia della Germania.

La costituzione della Repubblica Democratica Tedesca fu un avvenimento di grande importanza storica. Con essa era sorto uno Stato tedesco nel quale la classe operaia, sotto la guida di un partito rivoluzionario marxista-leninista, aveva preso il potere nelle proprie mani. Esso aveva cominciato a esercitare le funzioni della dittatura del proletariato che rappresentava gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione - gli operai, i contadini e gli altri lavoratori - e si poneva lo scopo di realizzare la missione storica della classe operaia, cioè quella di portare tutti i lavoratori sulla via del socialismo.

Con la costituzione della Repubblica Democratica Tedesca era terminata la fase delle trasformazioni democratico-antifasciste e aveva inizio quella delle trasformazioni socialiste. Questo passaggio storico poté essere attuato solo grazie alla vittoria dell’Unione Sovietica sul fascismo tedesco e all’aiuto dell’URSS alle forze democratiche del popolo tedesco, grazie all’egemonia della classe operaia unificata della Germania Orientale e alla politica marxista-leninista del suo partito, il Partito socialista unificato della Germania.

La formazione della Repubblica Democratica Tedesca era stata parte del processo mondiale del passaggio dal capitalismo al socialismo, iniziato con la grande rivoluzione socialista d’Ottobre e continuato con le rivoluzioni democratico-popolari degli anni Quaranta in una serie di paesi dell’Europa e dell’Asia. Essa era stata il risultato del grandi cambiamenti dei rapporti di forza nel mondo in favore della classe operaia e del socialismo, determinati dalla vittoria di importanza storico-mondiale dell’Unione Sovietica sulle forze aggressive dell’imperialismo.

Il 15 ottobre 1949 l’URSS riconobbe ufficialmente la Repubblica Democratica Tedesca. Successivamente essa fu riconosciuta da Albania, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Repubblica Popolare Cinese, Polonia, Romania e Cecoslovacchia. I partiti comunisti e operai di tutto il mondo, e tutte le organizzazioni democratiche internazionali, salutarono la formazione del primo Stato del lavoratori su terra tedesca.



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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 29-10-09 - n. 293

da L'Unità del 14/08/1961

Dopo una lunga attesa e numerose proposte rivolte alle potenze occidentali

Perché erano ormai necessarie le misure adottate a Berlino

La Repubblica democratica tedesca era l'unico paese a tenere senza controllo una parte dei suoi confini - Il provvedimento era stato rimandato per non acuire la tensione.

Berlino, 13/08

Le odierne misure adottate dal governo della RDT, in accordo con i paesi del Trattato di Varsavia sono di una legittimità evidente.
In effetti non si vede come di possa negare ad uno stato sovrano come ls RDT il diritto – e qui sta il nocciolo giuridico della questione – di prendere alle proprie frontiere i provvedimenti che ritiene più opportuni. Ma il problema non è solo giuridico e il diritto di cui si è detto non è soltanto tale è anche una necessità, giacché non si ha notizia di paesi che tengano sguarnita e priva di ogni garanzia e di ogni controllo una parte dei loro confini.

Se le misure sono state rinviate sino ad oggi è stato soltanto per non apportare altri elementi di tensione ad una situazione tutt'altro che semplice. Ma ormai la misura era veramente colma. «Abbiamo voluto operare col massimo di pazienza», ha detto un funzionario governativo.

Da quasi tre anni il problema di Berlino Ovest è stato posto sul tappeto, da quando cioè nel novembre del 1958 il governo di Mosca inviò alle potenze occidentali una nota con la quale proponeva una trattativa per eliminare i resti della seconda guerra mondiale e trasformare Berlino Ovest in città libera e smilitarizzata. La anormalità della situazione berlinese, si noti, venne ammessa da varie personalità occidentali, ma le proposte sovietiche furono lasciate cadere.

La conferenza di Ginevra del 1959 si concluse senza accordo. Nel giugno di quest'anno il primo ministro sovietico ha di nuovo sottolineato l'urgenza di raggiungere un accordo per allontanare i pericoli che con il passare del tempo venivano addensandosi minacciando la pace mondiale. Ma anziché avanzare proposte – Mosca come noto aveva lasciato un margine di sei mesi per negoziare – gli occidentali sciolsero le briglie alle centrali della propaganda anticomunista della provocazione e dello spionaggio operanti a Bonn e a Berlino Ovest.

La campagna per attirare gente dell'Est all'Ovest raggiunse una inaudita intensità, tutti gli strumenti del terrorismo morale e del ricatto materiale vennero posti in opera. Adenauer e i suoi ministri si diedero a parlare quasi ogni giorno ai cittadini della RDT come a propri sudditi dicendo loro quel che dovevano e non dovevano fare.

Alla radio e alla televisione gli annunciatori e i commentatori si rivolgono alla RDT ammonendo, consigliando ed incoraggiando. Ancora ieri il ministro Lemmer – dal quale dipendono tutte queste attività – annunciava ai cittadini della RDT che in aggiunta a quelle del campo di Marienfelde sarebbero state erette numerose e vaste baracche anche nello stadio di Berlino Ovest per raccogliere i «profughi»

A tutte le proposte sovietiche l'occidente ha risposto negativamente respingendo l'invito dell'URSS di aprire una discussione. Tutte le denuncie e i richiami all'Occidente a non violare gi accordi quadripartito sulla Germania e su Berlino sono stati tenuti in non cale. Tutti gli accordi sono stati sistematicamente violati.

Gli occidentali hanno unilateralmente spezzato la Germania creando la repubblica di Bonn; hanno lacerato gli impegni presi contro la rinascita del militarismo tedesco, contro la rinascita delle concentrazioni industriali e finanziarie dell'imperialismo tedesco. Hanno creato la Bundeswehr el riforniscono di armi atomiche. Di Berlino Ovest hanno fatto un avamposto del militarismo, una base di attività di spionaggio e di provocazione.

E oggi proprio la propaganda occidentale osa accusare la RDT e l'URSS di violazione dei trattati. Ma a questo punto non sarà male ricordare che Berlino Ovest anzitutto non fa giuridicamente parte della Repubblica Federale, che allorché gli alleati conclusero gli accordi sull'occupazione della Germania, Berlino non fu staccata dalla zona di occupazione: si richiesero soltanto una occupazione e una amministrazione comuni nel suo territorio. A Berlino, come in tutta la Germania, l'occupazione da parte delle potenze vittoriose aveva uno scopo preciso e dichiarato: assicurare la rinascita di una Germania democratica e pacifica, denazificata e smilitarizzata.

Nelle zone occidentali questi impegni sono stati grossolanamente violati e proprio grazie al regime di occupazione delle tre potenze è stato fatto rinascere il militarismo tedesco e Berlino Ovest ne è diventata una delle principali basi. Parlare a questo punto di violazioni dei trattati da parte dell'URSS à evidentemente assurdo.

Ove l'Occidente tentasse con simili pretesti di aggravare la situazione con misure provocatorie anziché di porsi finalmente sul terreno del negoziato, assumerebbe di fronte al mondo una terribile responsabilità.

Mai come oggi è apparsa tanto urgente una trattativa che regoli finalmente i problemi ancora aperti, da sedici anni, dalla fine della seconda guerra mondiale.

G.C.



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Costituzione del 1949: www.dircost.unito.it/cs/pdf/1949100...cratica_ita.pdf




20 anni fa cadeva il muro: "Un giorno triste"


Ingrid, nata e cresciuta nella DDR, ai tempi della caduta del muro aveva 28 anni: "Abbiamo svenduto il nostro paese e i nostri valori per due banane. Basta con la retorica della libertà"

BERLINO - Vent'anni fa cadeva il muro di Berlino. Una ricorrenza che, anche da noi, è ricordata. Forse più che in Germania. In Ticino e in Italia giornali e televisioni hanno dedicato speciali e approfondimenti per un evento considerato di portata storica. Molta la retorica sulla libertà ritrovata. "Una retorica vista soltanto con gli occhi dell'Occidente" ci dice Ingrid, nata e cresciuta nella DDR. Ai tempi della caduta aveva 28 anni. "Sinceramente - ci racconta - quando è caduto il muro non ero tra le più entusiaste. E penso di non essere stata l'unica. Una cosa è vedere le immagini alla tv dei 50mila che attraversavano la frontiera, un'altra è capire come hanno vissuto gli altri cittadini della DDR questo 9 novembre. Io, personalmente, sentivo un vuoto interiore indescrivibile e l'angoscia dell'incognita del futuro."

La libertà è un’illusione - Ingrid, cresciuta a Lipsia, studi di economia alla Humboldt a Berlino Est, segretaria scolastica della FDJ, non vuole essere considerata la solita comunista nostalgica della DDR che ricorda con malinconia la giovinezza persa: "Sono stufa di sentire che noi 'Ossis' (tedeschi dell'est) siamo nostalgici dei tempi di una gioventù perduta. Non è vero. Poi, io, al partito non mi sono mai iscritta. La cosa che mi fa rabbia è sentire parlare di libertà riconquistata". E poi, ispirandosi alla hegeliana "Freiheit ist Einsicht in die Notwendigkeit": "La libertà assoluta non esiste. E' un'illusione. Noi nella DDR avevamo limitazioni riguardanti i permessi di viaggiare in Occidente. Ma mi sentivo libera lo stesso, andavo in vacanza in Ungheria o in Bulgaria, sul Mar Nero. Ma cosa vuol dire essere liberi? Mi sentivo più libera dei tanti disoccupati di Germania. Con i loro soldi contati per mangiare, sono più liberi di muoversi di quello che eravamo noi nella DDR, dove il lavoro era un diritto? In Germania, per essere accettati alla visita medica, bisogna pagare 10 euro. Molti senza lavoro che necessitano di cure, non hanno neppure i 10 euro per potersi permettere una visita. E lei questa, la chiama libertà?"

Mai iscritta al partito - Ingrid ama definirsi uno spirito libero: "Non sono mai stata iscritta al partito. Prima di andare all'università avevo spiegato ai dirigenti locali del partito che non ne ero convinta fino in fondo e che avrei deciso soltanto dopo la fine degli studi. Hanno capito e rispettato la mia decisione. Sinceramente detestavo coloro che si iscrivevano al partito soltanto per fare carriera".

Non manifestate - Ingrid amava il suo stato, la DDR: "A Lipsia, nel 1989, quando c'erano le manifestazioni di piazza contro il governo mi arrabbiavo e urlavo contro i manifestanti, imprecavo loro di fermarsi perché avrebbero portato alla rovina la Repubblica Democratica".

Relazioni pericolose e la Stasi - Una Repubblica che, ormai, nel 1989 viveva il suo ultimo anno di vita. Ingrid lavorava in un ostello della gioventù di Lipsia, frequentato da molti giovani occidentali: "Feci amicizia con molti tedeschi dell'Ovest e olandesi. Ci sentivamo anche per telefono, fino a quando un giorno, un collega mi ha avvertito, di nascosto, di fare attenzione, perché avrei rischiato grosso". La Stasi, infatti, si era accorta dei suoi contatti con gli occidentali: "Dopo la fine della DDR sono venuta a sapere che un giorno era stata nel mio appartamento, un quattro locali (a 75 marchi dell'est mensili) mentre ero al lavoro. Non ho avuto mai conseguenze della loro visita. Avevano capito che, nonostante i miei contatti con l'Ovest, non avrei mai lasciato il mio paese. In fondo, non ne sentivo il bisogno".

Scuola e ideologia - Un paese dove "l'istruzione era di prima categoria, i servizi medici e ospedalieri erano gratuiti e accessibili a tutti". "Siamo cresciuti con principi sani: la solidarietà, la pace, il lavoro. Un giorno alla settimana, durante gli anni del liceo c'era il cosiddetto 'giorno del lavoro'. Erano molto importanti le materie umanistiche. Venivano organizzati concorsi di poesia. Io me la cavavo bene. Ma poi abbandonavo. Quando si arrivava a un certo livello le tematiche poetiche erano soltanto politiche e mi ritiravo, perché non volevo essere costretta a scrivere testi ideologici".

L’aborto - Ingrid non si sottrae ad evidenziare anche i lati negativi di quello, che considera, ancora oggi, il suo stato: "C'era un certo disprezzo di alcuni aspetti etici e morali che non condividevo. Abortire, per esempio, era molto facile. Bastava andare all'ospedale. E sono molte le donne che ho visto soffrire per un intervento che ti lascia un segno indelebile dentro, per tutta la vita".

Svenduta la DDR per due banane - Ingrid abita nell'Ovest, i suoi genitori nell'est. Ingrid fa la cameriera in un locale per 8 euro all'ora. I suoi studi di economia alla Humboldt non sono serviti a nulla e ha poco tempo, oggi, per pensare al muro caduto: "Le condizioni di lavoro nella Germania Federale stanno peggiorando sempre più. Dobbiamo combattere ogni giorno per non perdere il nostro posto di lavoro. Dobbiamo lavorare duro, il doppio rispetto al normale. Lavorare anche per chi, in pratica, il lavoro non ce l'ha. E la cosa mi distrugge, perché ci sentiamo ancora più ricattabili e si vive con l'eterna angoscia di perdere il posto di lavoro. Un'angoscia che nella DDR non esisteva. Eravamo tranquilli, perché il lavoro era un diritto, per tutti, uomini e donne (le donne con figli avevano un giorno al mese di congedo lavorativo da dedicare alla famiglia). E io penso che questo sia un valore fondamentale. La consapevolezza di poter avere la possibilità di migliorarsi, a livello intellettuale e personale, con lo studio e il lavoro. Valori più alti rispetto ai supermercati pieni del superfluo. Il rammarico è di esserci svenduti alla Germania Federale. Di esserci fatti annettere per due banane, quelle banane che noi non trovavamo nei nostri negozi. Abbiamo buttato al macero tutti i nostri valori. Con l'illusione di promesse, finora mai mantenute".

Paolo d'Angelo
http://sitoaurora.splinder.com/post/216681...n-giorno-triste


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Rudé Právo
view post Inviato il: 6/9/2010, 18:33 Citazione



Ostalghia, La Nostalgia dell' Est: www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=438
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Il muro di Karl

A Karl prof. emerito della DDR

"C’era il Muro, mi dicevi Karl,
il muro di un mondo diviso,
speranza di uomini uniti.
C’ era il Muro, mi dicevi Karl,
la dignità degli oppressi,
la libertà degli uguali,
la parte giusta della Storia.
Il Muro in pezzi è all’asta
il mondo in pezzi combatte
cento guerre della pace calda.
I padroni del mondo offrono
libertà di crepare ai dannati
della terra e galloni dorati
ai loro eterni domestici,
esportano la democrazia
delle bombe intelligenti,
mungono pozzi e gasdotti
con i loro affari di morte.
Colonne di nuovi schiavi
alzano piramidi inutili
alla gloria del Mercato,
bevono illusioni e coca cola
nelle miniere di cemento
delle città saccheggiate,
incatenati da ceppi catodici
ai teleschermi di Goebbels.
Avevi ragione, Karl, c’era
il Muro, la dignità degli uguali,
speranza di uomini uniti.
Ricostruiamo il Muro, Karl,
il muro degli uomini in lotta,
la parte giusta della Storia."

Novembre 1999
Paolo Pietrini
A proposito del Muro … e della DDR

di Paolo Pietrini
aprile 2009

Ho visto casualmente solo ora (per una serie di problemi di salute che mi hanno assillato in questi mesi) la lettera del Comp. Davide Rossi del 23/12/2008 a Liberazione (“Non ci appartengono i muri, accettiamo la complessità della storia”). Ed anche la nota del 22/12/2008 del Comp. Mauro Gemma sull’espulsione della compagna Christel Wegner dal DKP (Germania. Se la "democratica" Linke espelle i militanti comunisti...).

Condivido integralmente le osservazioni di entrambi. Sulla questione del Muro e del ruolo della DDR avevo dedicato ad un caro compagno, professore emerito della DDR, allora scomparso da poco (era l’anno 1999, decennale della caduta del muro) una poesia titolata “Il muro di Karl” che mi pare sia attuale nel contesto del discorso e che mi permetto di allegare.

Mi stupisce solo che ci si stupisca … ma capisco che non ci si possa non indignare.

Sinistra senza connotazione antifascista non ha alcun significato, come comunista senza alcuna connotazione anticapitalista ed antimperialista non significa niente.

Qui ed ora, per i nostri “sinistri” appaiono dunque termini che hanno perduto l’essenza.

Charles Lawghton, grande attore e regista americano sfuggito alla Caccia alle Streghe scatenata nel dopoguerra dalla “democrazia” USA contro i comunisti, giunto a Londra nel 1950, di fronte ai giornalisti dei maggiori quotidiani europei osservò:

“Quel che mi nausea della sinistra americana è che non ha tradito per salvare la pelle come quella tedesca ma per salvare la piscina…”

Credo sia quanto di più attuale si possa affermare della cd. sinistra e dei sedicenti comunisti che per salvare la piscina non riescono a trovare neppure una parvenza di unità politica e si consolano citando le veline di regime. Bertinotti, la Mascia e soci difendono l’argenteria, quella che tocca ai maggiordomi dei padroni (termine sempre attuale ma in totale disuso).

Impossibile si è dimostrato e si dimostra conciliare comunismo e socialdemocrazia; che non vuol dire che comunisti non debbano marciare insieme ai socialdemocratici fin che fanno la stessa strada; ma senza confondere mai pragmatismo e opportunismo, tattica e strategia…

Se così non fosse sarebbero stati solo dei poveri fessi Marx e Gramsci che hanno sopportato “una vita difficile” quando avrebbero potuto avere per loro il mondo dei padroni …

Se è vero come è vero che il termine etica non è della politica e l’unica soluzione per mettere assieme Marx e Riccardo si chiama Robespierre (chi l’ha detto non lo so ma la cito da tanto tempo ormai che ho finito per ritenerla mia) credo che il quadro attuale sia più drammatico che quello del ’24: quel che viene oggi spudoratamente definito modernità non è altro che un nuovo Medioevo ma borghese, corporativo, nepotistico e clientelare.

Robespierre è stato l’esempio emblematico di moralità politica, “la virtù”, ignota ai politicanti borghesi di ogni tempo ed ai corrotti di sempre, insomma ai Danton e ai Giolitti, ai Craxi e ai Previti, citati a caso, emblematicamente, a riprova della mediocrità della corruzione, dell’invidia crassa della borghesia e dell’amore dell’ignoranza. Non a caso la storiografia borghese ha costruito senza prova alcuna il mostro sanguinario Robespierre, per rassicurare gli eterni maggiordomi, ladruncoli e servili, ed impegnarli a coprire le proprie malefatte.

Basta e avanza citare i massacri eseguiti dai “moscardini” nel 1796, quando la Senna trasportò sangue e cadaveri per tre giorni… dei quali ovviamente la storiografia borghese ha taciuto e tace. Fatto che forse gli storici “pansanei” dei giorni nostri hanno usato per ideare la leggenda “nera” delle “foibe”, puntualmente condivisa da tanti “sinistri” nostrani, che hanno dedicato persino onori e musei ad alcuni dei 1200 criminali di guerra italiani, mai consegnati allo stato jugoslavo, nonostante la documentazione ricevuta e approvata dall’ONU.

I nostri sedicenti “sinistri” - non dico i fascisti tornati al potere – dovrebbero ricoprire di fiori la tomba di Tito che, se non è riuscito a impedire in toto alcune comprensibili e inevitabili vendette ne ha quanto meno davvero minimizzato la consistenza.

Purtroppo la corruzione della politica da elemento “sovrastrutturale” si è fatta ora “strutturale”, divenendo essa stessa rapporto diretto di produzione e di scambio; questo mi pare l’unico elemento di riflessione critica, rispetto all’analisi marxiana attualissima e puntuale sotto ogni aspetto. Prova è che Marx è d’uso corrente dai ”padroni”, ovviamente nell’interpretazione loro che consente ottimi profitti, scaricando tutte le perdite sui lavoratori; e della sua attualità, i padroni, quando serve, dibattono pure in grandi convegni, come hanno fatto puntualmente nei momenti critici, nel ‘72 a Filadelfia, nel ‘94 a Detroit ed ora…

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Heinz Kessler è un tedesco che ha mostrato come comportarsi quando non si vuole davvero combattere contro l'Unione Sovietica.

Figlio di comunisti, lavoratore. Arruolato nella Wehrmacht, non voleva combattere contro l'Unione Sovietica. Pertanto, nel luglio 1941, quando molti credevano che l'URSS fosse sull'orlo della morte, Heinz Kessler passò volontariamente dalla parte dell'Armata rossa.
E poi ha partecipato al movimento antifascista e dopo la guerra ha costruito la Repubblica democratica tedesca. Fu il penultimo ministro della difesa nazionale della DDR e non cambiò le sue convinzioni comuniste fino alla fine della sua vita. Nella Germania democratica unita, fu messo in prigione, da cui fu rilasciato solo nel 1998.

Nel 2017, Heinz Kessler è deceduto. Ma noi ricordiamo ...
 
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