Comunismo - Scintilla Rossa

Stalin e la lotta per le riforme democratiche - Grover Furr

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view post Posted on 17/7/2019, 18:29
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addàrivenì baffone

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Compagni, vi posto questo saggio di Grover Furr del 2005, che credo sia una specie di lavoro preparatorio per il suo libro Krusciov mentì (che però non sono riuscito ancora a reperire nella sua versione in italiano, se qualcuno ce l'ha può confermare o no). Ad ogni modo il saggio affronta quell'argomento di cui si è spesso parlato: cioè delle intenzioni del compagno Stalin di fare dei cambiamenti in senso progressivo all'assetto dello Stato e del Partito e del rapporto dialettico fra questi e fra questi e le masse stesse. A mio avviso fornisce una spiegazione molto plausibile, benché probabilmente soggettiva e mancante in alcune parti, dello scontro che si avviò in seno al Partito e che portò, morto baffone, al termidoro Kruscioviano e al revisionismo moderno al potere in URSS. Furr fa inoltre, alla fine, delle riflessioni politiche su questa vicenda che sono anche degli spunti di riflessione importanti, desunti dall'esperienza storica, sul ruolo del Partito Comunista prima e durante la rivoluzione e soprattutto dopo, cioè nella fase di costruzione del socialismo. Nelle note e nell'introduzione spiega il suo metodo di lavoro e le sue fonti. La traduzione è mia (ho messo i link all'originale in inglese nei titoli di ogni paragrafo e all'indice generale nel titolo iniziale), ho cercato il più possibile di mantenermi ad una traduzione letterale, ho solo fatto in alcuni casi qualche aggiustamento alla prosa un po' troppo senecana di Furr e in generale ho fatto qualche "esplicitazione di concetti" che cmq ho indicato nel testo con le parentesi e la sigla "ndt". Ovviamente trattandosi di una traduzione da non professionista posso aver commesso degli errori, sia in traduzione che in resa che in trasposizione, perciò se notate errori, refusi e quant'altro vi prego di segnalarli; in generale credo però di essere rimasto abbastanza fedele alla traduzione letterale e al senso dell'originale. Ovviamente ho cercato la traduzione ovunque di questo interessante documento e non l'ho trovata per cui mi sono adoperato a farla, per sollecitare una discussione, e la posto fra gli inediti.


NOTA: ho tradotto la parola "contested election" con "elezioni aperte" o "plurali" nel senso che potevano partecipare altri soggetti esterni al partito comunista. Per comodità mia ho lasciato i nomi russi traslitterati in lettere latine alla maniera inglese.



STALIN E LA LOTTA PER LE RIFORME DEMOCRATICHE



Parte I



Introduzione


Questo articolo delinea i tentativi di Iosif Stalin, dagli anni '30 fino alla sua morte, di democratizzare il governo dell'Unione Sovietica. Questa affermazione, e l'articolo, stupiranno molti e indigneranno altri. In effetti, il mio stesso stupore per i risultati della ricerca che sto riportando mi ha spinto a scrivere questo articolo. Avevo sospettato per lungo tempo che la versione della storia sovietica della Guerra Fredda avesse gravi difetti, tuttavia, ero impreparato per via della portata delle falsità che mi avevano insegnato spacciandole per fatti. Questa storia, invece, è ben nota in Russia, dove il rispetto e persino l'ammirazione per Stalin è comune. Yuri Zhukov, il principale storico russo che espone il paradigma di "Stalin come democratico", e le cui opere sono la singola fonte più importante, benché lungi dall'essere l'unica, per questo articolo, è una figura di storico preminente associata all'Accademia delle Scienze. Le sue opere sono ampiamente divulgate. Tuttavia, questa storia e i fatti che la corroborano sono praticamente sconosciuti al di fuori della Russia, dove il paradigma della Guerra Fredda di "Stalin come cattivo" influenza così tanto quello che viene pubblicato che i lavori citati qui sono ancora poco noti. Pertanto, molte delle fonti secondarie utilizzate in questo articolo, nonché tutte le fonti primarie ovviamente, sono disponibili solo in russo. [1] Questo articolo non si limita a informare i lettori di fatti e interpretazioni nuovi della storia dell'URSS, piuttosto, è un tentativo di portare ad un pubblico non russo i risultati di nuove ricerche, basate sugli archivi sovietici, sul periodo di Stalin e sullo stesso Stalin. I fatti qui discussi sono compatibili con una serie di paradigmi della storia sovietica, così come aiutano, d’altro canto, a smentire una serie di altre interpretazioni. Saranno del tutto inaccettabili – addirittura oltraggiose - per coloro le cui prospettive politiche e storiche si sono basate su idee errate e motivate da ideologie della "Guerra Fredda" di "totalitarismo" sovietico e "terrore" stalinista[2]. L'interpretazione kruscioviana di Stalin come dittatore assetato di potere, traditore dell'eredità di Lenin, fu creata per soddisfare le esigenze della nomenklatura del Partito Comunista negli anni '50. Tuttavia essa mostra somiglianze strette e condivide molte ipotesi, con l’immagine prevalente di Stalin ereditata dalla Guerra Fredda, che serviva il desiderio delle élite capitaliste di sostenere che le lotte comuniste, o addirittura qualsiasi lotta per il potere della classe operaia, devono inevitabilmente portare a una specie di orrore. Inoltre si riallaccia anche alla necessità dei trotskisti di sostenere che la sconfitta di Trotsky, il "vero rivoluzionario", sarebbe potuta venire solo per mano di un dittatore che, si presume, violasse ogni principio per cui la rivoluzione era stata fatta. I paradigmi kruscioviani, anticomunisti della Guerra Fredda e trotzkisti della storia sovietica sono simili nella loro dipendenza da una demonizzazione di Stalin, della sua leadership e dell'URSS durante la sua epoca.

La visione di Stalin delineata in questo saggio è al contrario compatibile con una serie di paradigmi storici alternativi. Le interpretazioni anti-revisioniste e comuniste post-maoiste della storia sovietica vedono Stalin come un creativo e logico, sebbene per certi aspetti imperfetto, continuatore della politica di Lenin. Nel frattempo, molti nazionalisti russi, pur approvando a stento i successi di Stalin come comunista, rispettano Stalin come la figura responsabile dell'affermazione della Russia come grande potenza mondiale industriale e militare. Stalin è una figura fondamentale per entrambi, anche se in modi molto diversi. Questo articolo non è un tentativo di "riabilitare" Stalin. Sono d'accordo con Yuri Zhukov quando scrive:

Posso affermare onestamente che mi oppongo alla riabilitazione di Stalin, perché mi oppongo alle riabilitazioni in generale. Niente e nessuno nella storia dovrebbe essere riabilitato - ma dobbiamo scoprire la verità e dire la verità. Tuttavia, dal tempo di Kruscev le uniche vittime delle repressioni di Stalin dalle quali si sentono i racconti sono in realtà coloro che vi hanno preso parte personalmente, o che le hanno facilitate o che non sono riusciti a opporvisi. (Zhukov, KP 21 novembre 02).

Né in generale vorrei intendere che, se solo Stalin avesse fatto a modo suo, i molteplici problemi di costruzione del socialismo o del comunismo nell'URSS sarebbero stati risolti. Durante il periodo del quale tratta questo saggio, la leadership di Stalin non si preoccupava solo di promuovere la democrazia nel governo dello Stato, ma anche di promuovere la democrazia nel partito stesso. Questo argomento importante e correlato richiede uno studio separato, e questo saggio non lo affronta in modo centrale. Ad ogni modo, il concetto di "democrazia", dovrebbe avere un significato diverso nel contesto di un partito che segue volontariamente il "centralismo-democratico" dei propri membri, rispetto a un enorme Stato in cui nessuna base di accordo politico può essere supposta a priori. [3]

Questo articolo si basa su fonti primarie laddove possibile, ma si basa in gran parte su opere accademiche di storici russi che hanno accesso a documenti non pubblicati o pubblicati di recente dagli archivi sovietici. Molti documenti sovietici di grande importanza sono disponibili solo per gli studiosi con accesso privilegiato. Moltissimi altri rimangono completamente sequestrati e "classificati", tra cui gran parte dell'archivio personale di Stalin, il materiale investigativo preliminare nei Processi di Mosca del 1936-38, i materiali investigativi relativi alle purghe militari o "Affare Tukhachevskij" del 1937, e molti altri. Yuri Zhukov descrive la situazione archivistica in questo modo:

Con l'inizio della perestrojka, uno degli slogan era glasnost (trasparenza). . . l'archivio del Cremlino, precedentemente chiuso ai ricercatori, fu liquidato. Il suo patrimonio iniziò a essere trasferito in [vari archivi pubblici - nda]. Questo processo è iniziato, ma non è stato completato. Senza alcuna pubblicità o spiegazione di alcun tipo nel 1996, i materiali più importanti e fondamentali sono stati nuovamente riclassificati, nascosti nell'archivio del Presidente della Federazione Russa. Presto le ragioni di questa operazione segreta sono diventate chiare; ha permesso la risurrezione di uno dei due miti vecchi e scalcinati.

Con questi miti Zhukov intende quello di "Stalin il cattivo" e "Stalin il grande leader". Solo il primo di questi miti è familiare ai lettori della storiografia occidentale e anticomunista. Ma entrambe le scuole sono ben rappresentate in Russia e nella ex-Comunità degli Stati Indipendenti. Uno dei libri di Zhukov, e base di gran parte di questo articolo, si intitola Inoy Stalin - "uno Stalin diverso", "diverso" dal mito, più vicino alla verità, basato su documenti d'archivio recentemente declassificati. La sua copertina mostra una fotografia di Stalin e, di fronte, la stessa fotografia in negativo: il suo opposto. Solo raramente Zhukov usa fonti secondarie. Per la maggior parte cita materiale archivistico inedito o documenti d'archivio declassificati e pubblicati solo di recente. L'immagine che tratteggia della politica del Politburo dal 1934 al 1938 è molto "diversa" da qualsiasi cosa sia vicina ad uno dei "miti" che intende rifiutare. Zhukov conclude la sua introduzione con queste parole:
Non rivendico incontrovertibilità o di mettere la parola fine. Perseguo solo uno scopo: evitare entrambi i punti di vista precostituiti, entrambi i miti; cercare di ricostruire il passato, una volta ben noto, ma ora intenzionalmente dimenticato, deliberatamente innominabile, ignorato da tutti.

Seguendo Zhukov, questo articolo cerca anche di stare alla larga da entrambi i miti. In tali circostanze tutte le conclusioni devono rimanere aperte, dei tentativi. Ho cercato di usare tutti i materiali, sia primari che secondari, con giudizio. Al fine di evitare interruzioni del testo, ho inserito i riferimenti agli originali alla fine di ogni paragrafo. Ho utilizzato le note numeriche tradizionali solo dove penso siano necessarie più note esplicative. La ricerca che questo articolo riassume ha importanti conseguenze per coloro che sono interessati a portare avanti un'analisi di classe della storia, inclusa la storia dell'Unione Sovietica. Uno dei migliori ricercatori americani del periodo di Stalin alla guida dell'URSS, J. Arch Getty, ha definito la ricerca storica fatta durante il periodo della Guerra Fredda "prodotti di propaganda" - "ricerca" che non ha senso criticare o cercare di correggere nelle sue singole parti, ma che deve essere ripetuta dal principio [4]. Sono d'accordo con Getty, ma aggiungerei che questa "ricerca" tendenziosa, politicamente carica e disonesta è ancora prodotta oggi. Il paradigma kruscioviano e della guerra fredda è stata la visione prevalente della storia degli "anni di Stalin". La ricerca riportata qui può contribuire a "ripulire il terreno", a "ricominciare dall'inizio". La verità che finalmente emergerà avrà anche un grande significato per il progetto marxista di comprendere il mondo per cambiarlo, di costruire una società senza classi di giustizia sociale ed economica. Nella sezione conclusiva del saggio ho delineato alcune linee guida per ulteriori ricerche suggerite dai risultati di questo articolo.

Una nuova Costituzione

Nel dicembre 1936 l'ottavo Congresso straordinario dei Soviet approvò la bozza della nuova costituzione sovietica. In essa si richiamava al voto segreto e ad elezioni aperte [nel senso di aperte anche ad elementi esterni al Partito, ndt]. (Zhukov, Inoy 307-9) I candidati dovevano essere autorizzati non solo dal partito bolscevico - chiamato "partito comunista (bolscevico) di tutta l'Unione" in quel momento [5] ma anche da altri gruppi di cittadini, basati sulla residenza, affiliazione (come gruppi religiosi) o organizzazioni dei luoghi di lavoro. Quest'ultima disposizione non è mai stata attuata e le elezioni aperte non sono mai state tenute. Gli aspetti democratici della Costituzione furono inseriti su espressa insistenza di Stalin, insieme ai suoi più stretti sostenitori del Politburo del partito bolscevico, Stalin combatté tenacemente per mantenere queste disposizioni. (Getty, "State") Lui, e loro, cedettero solo di fronte al completo rifiuto del Comitato Centrale del Partito, il quale era spinto dal panico che aveva circondato il partito alla scoperta delle gravi cospirazioni, portate avanti in combutta con il fascismo giapponese e tedesco, per rovesciare il governo sovietico.

Nel gennaio 1935 il Politburo assegnò il compito di delineare il contenuto di una nuova Costituzione ad Avel Yenukidze [6] che, alcuni mesi dopo, ritornò con un suggerimento per il voto palese ed per elezioni non plurali. Quasi immediatamente, il 25 gennaio 1935, Stalin espresse il suo disaccordo alla proposta di Yenukidze, insistendo sul voto segreto. (Zhukov, Inoy 116-21) Stalin rese pubblico questo disaccordo in modo plateale in un'intervista del marzo 1936 al magnate dei giornali americani Roy Howard, e dichiarò, inoltre, che la costituzione sovietica avrebbe garantito che tutte le votazioni sarebbero state effettuate a scrutinio segreto. Il voto sarebbe stato espresso su una base di parità, con il voto di un contadino che avrebbe contato tanto quanto quello di un operaio [7]; su base territoriale, come in Occidente, piuttosto che in base allo status (come durante il periodo zarista) o al posto di lavoro; e diretto: tutti i Soviet sarebbero stati eletti dai cittadini stessi, non indirettamente dai rappresentanti. (Intervista Stalin-Howard, Zhukov, "Repressii" 5-6)
Stalin disse a riguardo:

Probabilmente adotteremo la nostra nuova costituzione alla fine di quest'anno. La commissione incaricata di redigere la costituzione sta lavorando e dovrebbe finire presto i suoi lavori. Come già annunciato, secondo la nuova costituzione, il suffragio sarà universale, uguale, diretto e segreto. (Intervista a Stalin-Howard 13)

Più importante, Stalin dichiarò che tutte le elezioni sarebbero state aperte e plurali:

Lei è perplesso dal fatto che solo un partito si presenterà alle elezioni. Non le riesce possibile vedere come le elezioni possano svolgersi in queste condizioni. Evidentemente, i candidati saranno presentati non solo dal Partito Comunista, ma da tutti i tipi di organizzazioni pubbliche e non. E ne abbiamo centinaia. Non abbiamo più partiti contendenti in quanto non abbiamo una classe capitalista che lotta contro una classe operaia che è sfruttata dai capitalisti. La nostra società è costituita esclusivamente di liberi lavoratori di città e campagna: operai, contadini, intellettuali. Ciascuno di questi strati può avere i suoi interessi particolari ed esprimerli attraverso le numerose organizzazioni pubbliche esistenti. (13-14)

Le diverse organizzazioni di cittadini sarebbero state in grado di presentare i loro candidati per concorrere contro i candidati del Partito Comunista. Stalin disse a Howard che i cittadini avrebbero barrato i nomi di tutti i candidati tranne quelli che desideravano votare. Sottolineò, inoltre, l'importanza delle elezioni aperte nella lotta contro la burocrazia. Stalin:

Lei pensa che non ci sarà concorrenza elettorale. Ma ci sarà, e prevedo campagne elettorali molto vivaci. Nel nostro Paese non ci sono alcune istituzioni che funzionano male. I casi si verificano quando questo o quel ente locale non riesce a soddisfare alcune delle molteplici e crescenti esigenze dei lavoratori di città e campagna. Hai costruito una buona scuola o no? Hai migliorato le condizioni abitative? Sei un burocrate? Hai contribuito a rendere il nostro lavoro più efficace e le nostre vite più acculturate? Tali saranno i criteri con i quali milioni di elettori misureranno l'idoneità dei candidati, respingeranno gli inadatti, cancelleranno i loro nomi dalle liste dei candidati e promuoveranno e nomineranno i migliori. Sì, le campagne elettorali saranno vivaci, saranno condotte su numerosi e molto sentiti problemi, principalmente di natura pratica, di importanza primaria per la gente. Il nostro nuovo sistema elettorale rafforzerà tutte le istituzioni e le organizzazioni e li costringerà a migliorare il loro lavoro. Il suffragio universale, eguale, diretto e segreto in Unione Sovietica sarà una frusta nelle mani della popolazione contro gli organi di governo che funzionano male. A mio parere, la nostra nuova costituzione sovietica sarà la costituzione più democratica del mondo. (15)

Da questo punto in poi, Stalin e i suoi sostenitori più vicini del Politburo, Vyacheslav Molotov e Andrei Zhdanov, prenderanno sempre più le parti dello voto segreto e delle elezioni aperte, in tutte le discussioni all'interno della direzione del Partito. (Zhukov, Inoy 207-10; Intervista a Stalin-Howard) Stalin insistette anche che molti cittadini sovietici che erano stati privati del diritto di voto lo potessero nuovamente esercitare. Tra questi c'erano membri delle precedenti classi sfruttatrici come ex proprietari terrieri e coloro che avevano combattuto contro i bolscevichi durante la guerra civile del 1918-1921, come per esempio le ex-guardie bianche, così come quelli condannati per determinati crimini (come negli Stati Uniti oggi). I più importanti, e probabilmente i più numerosi, tra i lishenty "privati" [nel senso di privati dei diritti, ndt] erano due gruppi: i kulaki, i principali bersagli durante il movimento di Collettivizzazione di alcuni anni prima; e coloro che avevano violato la "legge delle tre orecchie" del 1932 [8] - che avevano rubato proprietà statali, spesso grano, a volte semplicemente per evitare la fame. (Zhukov, Inoy 187) Queste riforme elettorali non sarebbero state necessarie se la direzione di Stalin non avesse voluto cambiare il modo in cui era governata l'Unione Sovietica. Volevano togliere al partito comunista il compito di dirigere direttamente tutti gli aspetti della gestione dello Stato.

Durante la rivoluzione russa e gli anni critici che seguirono, l'Unione Sovietica era stata legalmente governata da una gerarchia elettiva di Soviet (= "consigli"), da livello locale a livello nazionale, con il Soviet Supremo come corpo legislativo nazionale, il Consiglio (= sovietico) dei Commissari del Popolo come organo esecutivo, e il Presidente di questo Consiglio come capo dello stato. Ma in realtà, a tutti i livelli, la scelta di questi funzionari era sempre stata nelle mani del partito bolscevico. Le elezioni si erano svolte, ma era anche comune la nomina diretta dei leader del Partito, chiamata "cooptazione". Anche le elezioni erano controllate dal Partito, dal momento che nessuno poteva candidarsi a meno che i leader del Partito non fossero d'accordo. Per i bolscevichi, questo aveva senso: era la forma che la dittatura del proletariato prendeva nelle specifiche condizioni storiche dell'Unione Sovietica rivoluzionaria e post-rivoluzionaria. Sotto la Nuova politica economica, o NEP, [9] erano necessari il lavoro e le competenze degli ex e attuali sfruttatori. Ma dovevano essere usati solo al servizio della dittatura della classe operaia, del socialismo. Non dovevano essere autorizzati a ricostruire relazioni capitalistiche oltre certi limiti, né a riconquistare il potere politico.

Durante gli anni '20 e gli inizi degli anni '30 il partito bolscevico reclutò molto attivamente tra la classe operaia. Alla fine degli anni '20, la maggior parte dei membri del Partito erano operai e un'alta percentuale di lavoratori era nel Partito. Questo massiccio reclutamento ed enormi tentativi di educazione politica si svolsero contemporaneamente agli enormi sconvolgimenti del primo piano quinquennale, alla massiccia industrializzazione e alla collettivizzazione in gran parte forzata delle singole fattorie in fattorie collettive (kolkhoz) o sovietiche (sovkhoz). La dirigenza bolscevica era sincera nel suo tentativo di "proletarizzare" il Partito e di avere successo nel risultato. (Rigby, 167-8; 184; 199) Stalin e i suoi sostenitori al Politburo diedero una serie di ragioni per voler democratizzare l'Unione Sovietica. Queste ragioni riflettevano la convinzione della dirigenza staliniana che si fosse raggiunto un nuovo stadio di socialismo. La maggior parte dei contadini erano nelle fattorie collettive. Con un minor numero di singole fattorie contadine private ogni mese, la dirigenza staliniana riteneva che, oggettivamente, i contadini non costituissero più una classe socioeconomica separata. I contadini erano sempre più simili agli operai anziché diversi da loro. Stalin sostenne che, con la rapida crescita dell'industria sovietica, e specialmente con la classe operaia che deteneva il potere politico attraverso il partito bolscevico, la parola "proletariato" non era più esatta. "Proletariato", sosteneva Stalin, si riferiva alla classe operaia sotto lo sfruttamento capitalista, o che lavorava sotto rapporti di produzione di tipo capitalistico, come quelli che esistevano durante la prima decina di anni dell'Unione Sovietica, specialmente sotto la NEP. Ma con lo sfruttamento diretto dei lavoratori da parte dei capitalisti ora abolito, la classe lavoratrice non avrebbe dovuto più essere chiamata il "proletariato". Secondo questa visione, gli sfruttatori non esistevano più. I lavoratori, che ora gestivano il paese nel loro stesso interesse attraverso il partito bolscevico, non erano più come il classico "proletariato". Pertanto, la "dittatura del proletariato" non era più un concetto adeguato. Queste nuove condizioni richiedevano un nuovo tipo di Stato. (Zhukov, Inoy 231; 292; Stalin, "Draft" 800-1)

La lotta contro la burocrazia

La dirigenza staliniana era anche preoccupata per il ruolo del Partito in questa nuova fase del socialismo. Stalin stesso aveva sollevato la lotta contro il "burocratismo" con grande vigore fin dal suo rapporto al 17° Congresso del Partito nel gennaio 1934. [10] Stalin, Molotov e altri definirono il nuovo sistema elettorale "un'arma contro la burocratizzazione". I dirigenti del Partito controllavano il governo sia determinando chi entrava nei Soviet, sia esercitando varie forme di supervisione o revisione su ciò che facevano i ministeri del governo. Parlando al 7° Congresso dei Soviet il 6 febbraio 1935, Molotov affermò che le elezioni a voto segreto "colpiranno con forza gli elementi burocratici e daranno loro un utile shock". Il rapporto di Yenukidze non aveva raccomandato, o addirittura menzionato, elezioni a voto segreto e l'ampliamento del diritto di voto. (Stalin, Relazione al 17 ° secolo, Zhukov, Inoy 124)

I ministri del governo e il loro personale dovevano sapere qualcosa sugli affari di cui erano responsabili, se volevano essere efficaci nella produzione. Ciò significava istruzione, di solito istruzione tecnica, nei loro campi specifici. Ma i leader del Partito spesso facevano carriera [nell’amministrazione statale, ndt] avanzando attraverso le sole posizioni dello stesso Partito. Nessuna competenza tecnica era necessaria per questo tipo di avanzamento, piuttosto, erano richiesti criteri politici. Questi funzionari del Partito esercitavano il controllo, ma a loro stessi spesso mancavano le conoscenze tecniche che in teoria potevano renderli abili nella supervisione. (Intervista a Stalin-Howard, Zhukov, Inoy 305, Zhukov, "Repressii" 6) Questo è, apparentemente, ciò che la dirigenza staliniana intendeva con il termine "burocratismo". Sebbene lo considerassero un pericolo - come, in effetti, tutti i marxisti - credevano che non fosse inevitabile. Piuttosto, pensavano che potesse essere superato cambiando il ruolo del Partito nella società socialista. Il concetto di democrazia che Stalin e i suoi sostenitori nella leadership del Partito desideravano inaugurare nell'Unione Sovietica avrebbe implicato necessariamente un cambiamento qualitativo nel ruolo sociale del partito bolscevico.

Quei documenti che erano accessibili ai ricercatori ci hanno permesso di capire. . . che già alla fine degli anni Trenta si intraprendevano determinati tentativi di separare il Partito dallo Stato e di limitare in modo sostanziale il ruolo del Partito nella vita del paese. (Zhukov, Tayny)

Stalin e i suoi sostenitori continuarono questa lotta contro l'opposizione di altri elementi nel partito bolscevico, risolutamente ma con minori probabilità di successo, finché Stalin morì nel marzo del 1953. La determinazione di Lavrentij Beria a continuare questa stessa lotta sembra essere il vero motivo per cui Krusciov e gli altri lo uccisero, attraverso un processo sommario basato su accuse inventate nel dicembre del 1953, o - come molte prove suggeriscono - attraverso l'omicidio, il giugno precedente.

L'articolo 3 della Costituzione del 1936 recita: "Nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, tutto il potere appartiene ai lavoratori della città e della campagna rappresentati dai Soviet dei deputati dei lavoratori". Il Partito Comunista è menzionato nell'articolo 126 come "l'avanguardia dei lavoratori nella loro lotta per rafforzare e sviluppare il sistema socialista ed è il nucleo principale di tutte le organizzazioni dei lavoratori, sia pubblici che statali". Cioè, il Partito doveva guidare le organizzazioni, ma non gli organi legislativi o esecutivi dello Stato. (Costituzione del 1936, Zhukov, Tayny 29-30) Stalin sembra aver creduto che, una volta che il Partito fosse stato fuori dal controllo diretto sulla società, il suo ruolo avrebbe dovuto limitarsi all'agitazione, alla propaganda e alla partecipazione alla selezione dei quadri. Cosa avrebbe significato? Forse qualcosa di simile:

Il Partito sarebbe tornato alla sua funzione essenziale di conquistare le persone agli ideali del comunismo. Ciò avrebbe significato la fine di lavori blandi e di privilegio (sinecura) e un ritorno allo stile del duro lavoro e alla dedizione altruistica che caratterizzarono i bolscevichi durante il periodo zarista, la rivoluzione e la guerra civile, il periodo della NEP e il periodo molto difficile dell'industrializzazione e della collettivizzazione. Durante questi periodi l'appartenenza al Partito, per la maggior parte, significava duro lavoro e sacrifici, spesso tra i non membri del Partito, molti dei quali erano ostili ai bolscevichi. Significava la necessità di una base reale tra le masse. (Zhukov, KP 13 novembre 02; Mukhin, Ubiystvo)

Stalin insistette sul fatto che i comunisti avrebbero dovuto essere persone laboriose e istruite, in grado di dare un reale contributo alla produzione e alla creazione di una società comunista. Stalin stesso era un instancabile "studente". [11] Per riassumere, le prove suggeriscono che Stalin si aspettava che il nuovo sistema elettorale avrebbe aiutato a raggiungere i seguenti obiettivi: assicurarsi che solo persone tecnicamente preparate avessero avuto un ruolo dirigente, nella produzione e nella società sovietica in generale; fermare la degenerazione del partito bolscevico e riportarne i membri, in particolare i leader, alla loro funzione principale: dare una guida politica e morale, con l'esempio e la persuasione, al resto della società; rafforzare il lavoro di massa del partito; conquistare il sostegno dei cittadini del paese affinché seguissero il governo; creare le basi per una società comunista senza classi.

La sconfitta di Stalin

Durante il 1935, sotto l'egida di Andrei Vyshinski, procuratore capo dell'URSS, molti cittadini che erano stati esiliati, imprigionati e - soprattutto per quel che ci interessa in questo momento - privati del diritto di voto, furono riabilitati. Centinaia di migliaia di ex kulak, agricoltori più ricchi che erano il principale bersaglio della collettivizzazione, e coloro che erano stati imprigionati o esiliati per aver resistito in qualche modo alla collettivizzazione, furono liberati. Vyshinsky criticava severamente l'NKVD (il Commissariato del popolo per gli affari interni, compresa la sicurezza interna) per "una serie di errori e di calcoli grossolani" nel deportare quasi 12.000 persone da Leningrado dopo l'assassinio di Kirov del dicembre 1934. Egli dichiarò, inoltre, che da allora in poi il NKVD non avrebbe potuto arrestare nessuno senza il consenso preliminare del pubblico ministero. La popolazione privata dei diritti era stata ampliata ad almeno centinaia di migliaia di persone che avevano motivo di ritenere che Stato e Partito li avessero trattati ingiustamente. (Thurston 6-9; Zhukov, KP 14 novembre e 19 novembre 02; Zhukov, Inoy 187; Zhukov, "Repressii" 7)

La proposta originale di Stalin per la nuova costituzione non includeva le elezioni aperte. Lo annunciò per la prima volta nella sua intervista a Roy Howard il 1 ° marzo 1936. Nel plenum del Comitato Centrale del giugno 1937, Yakovlev - uno dei membri del CC che, insieme a Stalin, lavorò più da vicino sulla bozza della nuova costituzione (cfr. Zhukov, Inoy 223) - disse che il suggerimento per le elezioni plurali venne dallo stesso Stalin. Questo suggerimento sembra aver incontrato un'opposizione diffusa, anche se tacita, da parte dei leader regionali del Partito, dei primi segretari o della "partitocrazia", come li chiama Zhukov. Dopo l'intervista a Howard non ci fu nemmeno un elogio o un sostegno nominale per la dichiarazione di Stalin sulle elezioni aperte nei giornali principali - quelli più sotto il controllo diretto del Politburo. La Pravda riportò solo un articolo, il 10 marzo, e non menzionava le elezioni aperte. Da questo Zhukov conclude:

Questo potrebbe significare solo una cosa. Non solo la 'grande dirigenza' [i primi segretari regionali], ma almeno una parte dell'apparato del Comitato Centrale, Agitprop sotto Stetskii e Tal, non accettarono l'innovazione di Stalin, non vollero approvare, neppure in modo puramente formale, le elezioni aperte, pericolose per molti, che, come ricalcavano le parole di Stalin che la Pravda sottolineò, minacciavano direttamente le posizioni e il vero potere dei primi segretari - i comitati centrali dei partiti comunisti nazionali, quelli regionali, delle provincie, città e comitati di area. (Inoy211)

I primi segretari occupavano gli uffici del Partito dai quali non potevano essere rimossi con la sconfitta in nessuna elezione ai Soviet. Ma l'immenso potere locale che detenevano derivava principalmente dal controllo del Partito su ogni aspetto dell'economia e dell'apparato statale: kolkhoz, fabbrica, istruzione, apparato militare. Il nuovo sistema elettorale avrebbe privato i primi segretari delle loro posizioni automatiche come delegati ai Soviet e della loro capacità di scegliere semplicemente gli altri delegati. La loro sconfitta o dei "loro" candidati (che erano candidati del Partito) alle elezioni per i Soviet sarebbe stato, a tutti gli effetti, un referendum sul loro operato. Un Primo Segretario, i cui candidati fossero stati sconfitti alle urne da candidati non appartenenti al Partito, sarebbe stato tacciato come qualcuno con legami deboli con le masse. Durante le elezioni, i candidati dell'opposizione avrebbero sicuramente fatto delle campagne elettorali contro ogni corruzione, autoritarismo o incompetenza osservate nei funzionari del Partito. I candidati sconfitti avrebbero mostrato gravi debolezze come comunisti, e questo probabilmente avrebbe portato alla loro sostituzione. (Zhukov KP 13 novembre 02: Inoy 226, cfr Getty, "Excess" 122-3)

I vecchi capi del Partito erano generalmente membri del Partito da molti anni, veterani dei giorni veramente pericolosi dei tempi zaristi, la Rivoluzione, la Guerra Civile e la collettivizzazione, quando essere un comunista era pieno di pericoli e difficoltà. Molti avevano poca istruzione formale. A differenza di Stalin, Kirov o Beria, sembra che la maggior parte di loro non volesse o non fosse in grado di "rimettersi in pari" da autodidatti. (Mukhin, Ubiystvo 37, Dimitrov 33-4, Stalin, Zastol'nye 235-6). Tutti questi uomini erano stati sostenitori da molto tempo delle politiche di Stalin. Avevano attuato la dura collettivizzazione dei contadini, durante la quale centinaia di migliaia erano stati deportati. Durante il 1932-33, molte persone, forse fino a tre milioni, erano morte per una carestia che in realtà fu vera piuttosto che "voluta dall'uomo", ma fu più severa per i contadini per via della collettivizzazione e dell'esproprio del grano per nutrire i lavoratori delle città, o per via delle ribellioni contadine armate (che avevano anche ucciso molti bolscevichi). Questi leader del Partito erano stati incaricati dell'industrializzazione massiccia, di nuovo in condizioni dure in alloggi poveri, con cibo e cure mediche insufficienti, con salari bassi e scarso potere d'acquisto. (Tauger, Anderson & Silver; Zhukov, KP 13 novembre 02) Ora avrebbero dovuto affrontare le elezioni con coloro che precedentemente erano stati privati dei diritti, perché erano stati dalla parte sbagliata contro le politiche sovietiche, e avrebbero improvvisamente riottenuto il diritto di voto. È probabile che temessero che molti avrebbero votato contro i loro candidati o contro qualsiasi candidato bolscevico. Se così fosse, sarebbero stati degradati, o peggio [espulsi, ndt] avrebbero in ogni caso ottenuto una qualche posizione nel Partito, o - nel peggiore dei casi - un qualche altro tipo di lavoro. La nuova Costituzione "di Stalin" garantiva a ogni cittadino sovietico un lavoro come diritto, insieme a cure mediche, pensioni, istruzione, ecc. Ma questi uomini (praticamente tutti erano uomini) erano abituati al potere e ai privilegi, e tutto questo ora sarebbe stato minacciato dalla sconfitta dei loro candidati alle urne. (Zhukov, KP, 13 novembre, 1936 Cost., Ch. X, cfr Getty, "Excess" 125, sull'importanza del sentimento religioso nel paese).

Processi, cospirazioni, repressione
I piani per la nuova costituzione e le elezioni erano stati delineati durante il Plenum del Comitato Centrale del giugno 1936. I delegati approvarono all'unanimità il progetto di Costituzione. Ma nessuno di loro parlò in favore di esso. Questa incapacità di dimostrare apprezzamento ad una proposta di Stalin indicava certamente "un'opposizione latente da parte della grande dirigenza, una mancanza di interesse a scopo dimostrativo". (Zhukov, Inoy 232, 236;" Repressii "10-11) Durante l'ottavo congresso panrusso dei Soviet riunito nel novembre-dicembre 1936, Stalin e Molotov sottolinearono nuovamente il valore dell'ampliamento del diritto di voto e delle elezioni a voto segreto e plurali. Nello spirito dell'intervista di Stalin con Howard, Molotov aveva sottolineato ancora una volta l'effetto benefico, per il Partito, di consentire ai candidati non comunisti di concorrere per i Soviet:

Questo sistema . . non può che colpire coloro che si sono burocratizzati, alienati dalle masse. . . . faciliterà la promozione di nuove forze. . . che deve venire avanti per sostituire elementi [ochinovnivshimsya] arretrati o burocratizzati. Con la nuova forma elettorale è possibile l'elezione di elementi nemici. Ma anche questo pericolo, in ultima analisi, deve servire ad aiutarci, nella misura in cui servirà da sferza a quelle organizzazioni che ne hanno bisogno, ad esempio i membri del partito e quei lavoratori adagiati sugli allori. (Zhukov, "Repressii" 15).

Stalin stesso si espresse in modo ancora più deciso:

Alcuni dicono che sia pericoloso, che elementi ostili al potere sovietico possano introdursi nei più alti uffici, alcuni degli ex bianchi, kulak, preti e così via. Ma davvero, cosa c'è da temere? 'Se hai paura dei lupi, non camminare nella foresta.' Per prima cosa, non tutti gli ex kulak, bianchi e preti sono ostili al potere sovietico. In secondo luogo, se le persone qui e là elegessero forze ostili, questo sarebbe il segnale di come il nostro lavoro di agitazione sia stato organizzato male, e che dunque avremmo pienamente meritato questa disgrazia. (Zhukov, Inoy 293, Stalin, "Bozza")

Ancora una volta i primi segretari mostrarono tacita ostilità. Il Plenum del Comitato Centrale del dicembre 1936, la cui sessione si era svolta in concomitanza con il Congresso, si riunì il 4 dicembre. Ma non ci fu praticamente alcuna discussione sul primo punto all'ordine del giorno: il progetto di Costituzione. Il rapporto di Yezhov, "Sulle organizzazioni trotzkiste e antisovietiche di destra", era molto più caldo per i membri del C.C.. ("Frammenty" 4-5; Zhukov, Inoy 310-11). Il 5 dicembre 1936 il Congresso approvò la bozza della nuova Costituzione. Ma c'era stata poca discussione vera. Invece, i delegati - i leader del partito - avevano posto maggiore attenzione alle minacce dei nemici esterni ed interni. Piuttosto che dibattere sull'approvazione della Costituzione, che era l'argomento all'ordine del giorno proposto da Stalin, Molotov, Zhdanov, Litvinov e Vyshinski, i delegati praticamente lo ignorarono. Fu istituita una commissione per ulteriori studi sul progetto di Costituzione, senza alcun riferimento alle elezioni aperte. (Zhukov, Inoy 294; 298; 309)

La situazione internazionale era davvero tesa. La vittoria del fascismo nella guerra civile spagnola era solo una questione di tempo. L'Unione Sovietica era circondata da potenze ostili. Nella seconda metà degli anni '30 tutti questi paesi erano regimi ferocemente autoritari, militaristi, anticomunisti e antisovietici. Nell'ottobre del 1936 la Finlandia aveva sparato oltre la frontiera sovietica. Quello stesso mese l'asse "Berlino-Roma" fu formato da Hitler e Mussolini e un mese dopo, il Giappone si unì alla Germania nazista e all'Italia fascista per formare il "Patto Anti-Comintern". Gli sforzi sovietici per formare alleanze militari contro la Germania nazista incontrarono il rifiuto delle capitali occidentali. (Zhukov, Inoy 285-309). Mentre il Congresso stava discutendo e approvando la nuova Costituzione, la dirigenza sovietica affrontava i primi due processi di Mosca su larga scala. Zinoviev e Kamenev erano stati processati insieme ad altri nell'agosto del 1936. Il secondo processo, nel gennaio 1937, coinvolse alcuni dei principali seguaci di Trotsky, guidati da Yuri Piatakov, fino a poco tempo prima il vice commissario dell'industria pesante.

Il Plenum del Comitato Centrale del febbraio-marzo 1937 acuì la contraddizione all'interno della dirigenza del Partito sulla lotta contro i nemici interni e sulla necessità di prepararsi per le elezioni a voto segreto e aperte sotto la nuova Costituzione entro la fine dell'anno. La graduale scoperta di sempre più gruppi che cospiravano per rovesciare il governo sovietico richiedeva un'azione di repressione. Ma prepararsi ad elezioni veramente democratiche per il governo e migliorare la democrazia del partito interno - un tema sottolineato ripetutamente da quelli più vicini a Stalin nel Politburo - richiedeva esattamente il contrario: apertura alle critiche e autocritica, elezioni con voto segreto dei leader dai membri del partito e fine della "cooptazione" dei primi segretari. Questo Plenum del C.C., il più lungo mai tenuto nella storia dell'URSS, si trascinò per due settimane. Eppure quasi nulla si seppe a riguardo se non fino al 1992, quando l'enorme trascrizione del Plenum cominciò a essere pubblicata su Voprosy Istorii - pubblicazione che costò alla rivista quasi quattro anni di lavoro per essere completato. Il rapporto di Yezhov sulle continue indagini circa le cospirazioni all'interno del paese fu oscurato da Nikolai Bukharin, il quale, nei loquaci tentativi di confessare i misfatti del passato, si distanziava dai sodali di un tempo e garantiva a tutti la sua attuale lealtà, salvo incriminarsi ulteriormente. (Thurston, 40-42, Getty e Naumov sono d'accordo, 563)

Dopo tre giorni di tutto questo, Zhdanov parlò della necessità di una maggiore democrazia sia nel paese che nel Partito, invocando la lotta contro la burocrazia e la necessità di legami più stretti con le masse, sia di quelle del partito che non:

Il nuovo sistema elettorale darà una spinta potente verso il miglioramento del lavoro delle strutture sovietiche, la liquidazione dei corpi burocratici, la liquidazione delle carenze burocratiche e le deformazioni nel lavoro delle nostre organizzazioni sovietiche. E queste carenze, come sapete, sono molto sostanziali. Le nostre strutture di partito devono essere pronte per la lotta elettorale. Nelle elezioni dovremmo confrontarci con agitazione ostile e candidati ostili. (Zhukov, Inoy 343)

Non vi è alcun dubbio che Zhdanov, parlando per la dirigenza staliniana, abbia previsto reali contese elettorali con candidati non appartenenti al partito che si sarebbero seriamente opposti allo sviluppo dell’Unione Sovietica. Questo fatto da solo è assolutamente incompatibile con i resoconti della propaganda della Guerra Fredda e di quella kruscioviana. Zhdanov sottolineo anche, a lungo, la necessità di sviluppare norme democratiche all'interno del Partito bolscevico stesso:

Se vogliamo conquistare il rispetto dei nostri lavoratori sovietici e dei membri del partito alle nostre leggi e alle masse - alla costituzione sovietica, allora dobbiamo garantire la ristrutturazione [perestroika] del lavoro di Partito sulla base di un'indubitabile e piena attuazione dei principi di democrazia interna, che sono delineati nel regolamento del nostro partito.

Ed elencò le misure essenziali, già contenute nella bozza di risoluzione della sua relazione: l'eliminazione della cooptazione; un divieto di voto per liste; una garanzia "del diritto illimitato per i membri del Partito di mettere da parte i candidati nominati e del diritto illimitato di criticare questi candidati". (Zhukov, Inoy 345) Ma il rapporto di Zhdanov fu annegato nelle discussioni di altri punti all'ordine del giorno, principalmente discussioni sui "nemici". Un certo numero di primi segretari rispose con allarme che coloro che si sarebbero candidati con più assiduità alle elezioni sovietiche sarebbero stati gli avversari del potere sovietico: social-rivoluzionari, i preti e altri "nemici". [13] Molotov rispose con un rapporto sottolineando, ancora una volta, "lo sviluppo e il rafforzamento dell'autocritica", e si oppose direttamente alla caccia di "nemici":

Non ha senso cercare le persone da incolpare, compagni. Se preferite, tutti noi qui siamo da biasimare, cominciando dalle istituzioni centrali del partito e finendo con le organizzazioni di partito più basse.
(Zhukov, Inoy 349)

Ma quelli che seguirono Molotov sul podio ignorarono il suo rapporto e continuarono a insistere sulla necessità di "scovare i nemici", di denunciare i "sabotatori" e di lottare contro lo "smantellamento". "(352) Quando parlò di nuovo Molotov si meravigliò che non ci fosse stata quasi nessuna attenzione alla sostanza del suo rapporto, che ripeteva, dopo aver prima riassunto quello che si stava facendo contro i nemici interni. Il discorso di Stalin del 3 marzo fu parimenti esposto, ritornando alla fine sulla necessità di migliorare il lavoro del Partito e di eliminare i membri del Partito incapaci e sostituirli con nuovi. Come quello di Molotov, il rapporto di Stalin venne praticamente ignorato.

Fin dall'inizio delle discussioni, le paure di Stalin erano comprensibili. Sembrava che si fosse imbattuto in un sordo muro di incomprensione, di indisponibilità dei membri del CC, che avevano sentito nel rapporto solo quello che volevano sentire. Delle 24 persone che presero parte ai dibattiti, 15 parlarono principalmente di "nemici del popolo", cioè di trotskisti. Parlarono con convinzione, in modo aggressivo come avevano fatto dopo i rapporti di Zhdanov e Molotov. Ridussero tutti i problemi a uno: la necessità di cercare "nemici". E praticamente nessuno di loro si richiamò più al punto principale di Stalin: cioè a proposito delle carenze nel lavoro delle organizzazioni del Partito, della preparazione per le elezioni al Soviet Supremo. (Zhukov, Inoy 357)

La dirigenza staliniana intensificò l'attacco ai primi segretari. Yakovlev criticò il leader del Partito di Mosca, Krusciov, tra gli altri, per espulsioni ingiustificate di membri del Partito; Malenkov rincarò le critiche nei confronti dei segretari di Partito per la loro indifferenza nei confronti dei membri della base. Questo sembra avesse stimolato i membri dell C.C a smettere temporaneamente di parlare dei nemici, ma solo perchè dovevano iniziare a difendersi. Non c'era stata ancora alcuna risposta al rapporto di Stalin. (Zhukov, Inoy 358-60) Nel suo discorso finale del 5 marzo, il giorno conclusivo del Plenum, Stalin minimizzò la necessità di dare la caccia ai nemici, persino i trotzkisti, molti dei quali, disse, si erano riconciliati col Partito. Il suo punto principale era la necessità di rimuovere i funzionari del Partito dal gestire ogni aspetto dell'economia, combattere la burocrazia e aumentare il livello politico dei funzionari del Partito. In altre parole, Stalin alzò la posta delle critiche ai primi segretari:

Alcuni compagni tra noi pensano che se sono un Narkom (= Commissario del Popolo), allora sanno tutto, credono che il rango, di per sé, offra una conoscenza molto grande, quasi inesauribile, oppure pensano: se io sono un Membro del comitato centrale, quindi non uno a caso, allora so tutto, ma non è così. (Stalin, Zakliuchitel'noe; Zhukov, Inoy 360-1)

Più minacciosamente per tutti i funzionari del Partito, compresi i primi segretari, Stalin dichiarò che ognuno di loro avrebbe dovuto scegliere due quadri per sostituirli mentre essi avrebbero frequentato corsi di educazione politica della durata di sei mesi che sarebbero stati presto stabiliti. Con funzionari sostitutivi al loro posto, i segretari di partito avrebbero potuto temere di poter essere facilmente riassegnati durante questo periodo, spezzando così il circolo dei loro protetti (funzionari asserviti a loro), una delle principali cause della burocratizzazione. (Zhukov, Inoy 362) Thurston definisce il discorso di Stalin come "considerevolmente più mite", che sottolineava "la necessità di imparare dalle masse e prestare attenzione alle critiche dal basso". Persino la risoluzione approvata sulla base del rapporto di Stalin aveva accennato ai "nemici" solo brevemente, e si era occupata principalmente dei fallimenti nelle organizzazioni di Partito e dei loro dirigenti. Secondo Zhukov, che cita questa risoluzione non resa pubblica: nessuno dei suoi 25 punti si occupava principalmente dei "nemici". (Thurston, 48-9; Zhukov, Inoy 362-4) [14]

Dopo il Plenum i primi segretari inscenarono virtualmente una ribellione. Prima Stalin, e poi il Politburo, inviarono messaggi che ribadivano la necessità di condurre elezioni a voto segreto nel Partito, ribadivano l’opposizione alla cooptazione prediligendo le elezioni, e la necessità in generale di una maggiore democrazia all'interno del Partito. I primi segretari stavano facendo le cose alla vecchia maniera, indipendentemente dalle risoluzioni del Plenum. Nei mesi successivi Stalin e i suoi più stretti collaboratori cercarono di spostare l'attenzione lontano dalla caccia ai nemici interni - la più grande preoccupazione dei membri del CC – e tentarono di tornare a combattere la burocrazia nel Partito e a prepararsi per le elezioni sovietiche. Nel frattempo, "i leader dei partiti locali fecero tutto il possibile nei limiti della disciplina di Partito (e talvolta al di fuori di essa) per fermare o rimandare le elezioni". (Getty, "Excess" 126; Zhukov, Inoy 367-71)
L'improvvisa scoperta nell'aprile, maggio e in inizio giugno 1937 di quella che sembrava essere una cospirazione militare e di polizia su vasta scala fece sì che il governo di Stalin reagisse in preda al panico. Genrikh Yagoda, capo della polizia di sicurezza e ministro degli Interni, fu arrestato alla fine di marzo del 1937 e iniziò a confessare in aprile. A maggio e all'inizio giugno del 1937, comandanti militari di alto rango confessarono di cospirare con lo Stato Maggiore tedesco per sconfiggere l'Armata Rossa nel caso di un'invasione della Germania e dei suoi alleati, e anche di essere legati a cospirazioni orchestrate da personaggi politici, compresi molti che occupavano ancora posizioni elevate. (Getty, "Excess" 115, 135; Thurston, 70, 90, 101-2; Genrikh Iagoda) [15] Questa situazione era molto più grave di qualsiasi altra il governo sovietico avesse mai affrontato prima. Nel caso delle Processi di Mosca del 1936 e 1937, il governo si prese il tempo necessario per preparare il caso e organizzare un processo pubblico per la massima pubblicità. Ma la cospirazione militare venne gestita in modo molto diverso. Poco più di tre settimane passarono dalla data dell'arresto del maresciallo Mikhail Tukhachevsky a fine maggio, al processo e all'esecuzione sua e di altri sette comandanti militari di alto rango l'11-12 giugno. In quel periodo centinaia di comandanti militari di alto rango furono richiamati a Mosca per esporre le prove contro i loro colleghi - per la maggior parte loro superiori - e per ascoltare le analisi allarmate di Stalin e del maresciallo Voroshilov, Commissario del popolo per la difesa e la figura militare di più alto rango nel paese. Al momento del plenum febbraio-marzo né Yagoda né Tukhachevsky erano stati arrestati. Stalin e il Politburo intendevano che la Costituzione fosse il principale oggetto all'ordine del giorno, e furono posti sulla difensiva dal fatto che la maggior parte dei membri del CC ignorò questo argomento, preferendo sottolineare la battaglia contro i "nemici". Il Politburo aveva pianificato anche che le riforme costituzionali sarebbero state il tema centrale dell'agenda del Plenum successivo del giugno 1937. Ma a giugno la situazione era diversa. La scoperta dei complotti da parte del capo del NKVD e dei più importanti leader militari per rovesciare il governo e uccidere i suoi membri principali, cambiò completamente l'atmosfera politica. Stalin era sulla difensiva. Nel suo discorso del 2 giugno alla sessione ampliata del Soviet militare (che si è riunito dall'1 al 4 giugno) descrisse la serie di cospirazioni scoperte di recente [16] come limitate e ampiamente trattate con successo. Anche al Plenum di febbraio-marzo, lui e i suoi sostenitori al Politburo avevano minimizzato la grande preoccupazione dei primi segretari circa i nemici interni. Ma, come nota Zhukov, la situazione stava "lentamente, ma decisamente, andando fuori dal suo controllo [di Stalin]". (Stalin, "Vystuplenie"; Zhukov, Inoy Ch. 16, passim; 411).

Il Plenum del Comitato Centrale del giugno iniziò con le proposte di escludere, in primo luogo, sette membri e candidati del C.C. per "mancanza di affidabilità politica", poi altri 19 membri e candidati per "tradimento e attività controrivoluzionaria attiva". Questi ultimi 19 dovevano essere arrestati dal NKVD. Compresi i dieci membri espulsi con accuse simili prima del Plenum da un sondaggio dei membri del C.C. (compresi quei comandanti militari già processati, condannati e giustiziati), significa che 36 dei 120 membri e candidati del C.C. a partire dal 1 ° maggio erano stati rimossi. Yakovlev e Molotov criticarono l'incapacità dei leader del Partito di organizzarsi per elezioni sovietiche indipendenti. Molotov sottolineò la necessità di allontanare anche i provati e vecchi rivoluzionari se si fossero dimostrati impreparati a svolgere i compiti del momento. Sottolineò inoltre che i funzionari sovietici non erano "lavoratori di seconda classe", evidentemente, i dirigenti del partito li trattavano come tali. Yakovlev inoltre denunciò e criticò il fallimento dei primi segretari di tenere elezioni a voto segreto per i posti di Partito, anzichè affidarsi all'appuntamento ("cooptazione"). Sottolineò che i membri del Partito che erano stati eletti delegati ai Soviet non dovevano essere posti sotto la disciplina dei gruppi di Partito al di fuori dei Soviet e non doveva essere detto loro come votare. A loro non doveva essere detto come votare dai loro superiori, come ad esempio facevano i primi segretari, dovevano essere perciò realmente indipendenti da questi. E Yakovlev si riferiva nei termini più forti alla necessità di "reclutare dalla ricchissima riserva di nuovi quadri per sostituire quelli che erano diventati marci o burocratizzati". Tutte queste dichiarazioni costituivano un attacco esplicito ai primi segretari. (Zhukov, Inoy 424-7; Tayny, 39-40, citando dai documenti d'archivio)

La Costituzione fu finalmente messa a punto e la data delle prime elezioni fu fissata per il 12 dicembre 1937. La dirigenza staliniana di nuovo sollecitò i benefici della lotta contro la burocrazia e della costruzione dei legami con le masse. Nonostante - per ribadire - tutto questo avvenisse a seguito dell'inedita espulsione sommaria dal C.C. di 26 membri, diciannove dei quali furono direttamente accusati di tradimento e attività controrivoluzionaria. (Zhukov, Inoy 430) Forse la più rivelatrice è la seguente osservazione di Stalin, come citato da Zhukov:

Alla fine della discussione, quando il soggetto era alla ricerca di un metodo più imparziale per il conteggio dei voti, [Stalin] osservò che in Occidente, grazie a un sistema multipartitico, questo problema non esisteva. Subito dopo, improvvisamente pronunciò una frase che sembrava molto strana in un incontro di questo tipo: "Non abbiamo diversi partiti politici, ma fortunatamente o sfortunatamente abbiamo un solo partito". E poi ha proposto, ma solo come misura temporanea, di utilizzare allo scopo di controllare in modo imparziale le elezioni rappresentanti di tutte le organizzazioni sociali esistenti tranne il Partito bolscevico. . . . La sfida all'autocrazia del Partito era stata lanciata. (Zhukov, Inoy 430-1, enfasi aggiunta, Tayny 38)

Il partito bolscevico era in grave crisi, ed era impossibile aspettarsi che gli eventi si svolgessero senza intoppi. Era l'atmosfera peggiore per prepararsi all'adozione di elezioni democratiche, con voto segreto, universali e plurali. Il piano di Stalin per riformare il governo sovietico e il ruolo al suo interno del partito bolscevico era fallito. Alla fine del Plenum Robert Eikhe, Primo Segretario della Regione della Siberia Occidentale (regione della repubblica federativa socialista sovietica russa) si incontrò privatamente con Stalin. Poi molti altri primi segretari si incontrarono con lui. Probabilmente chiesero i terribili poteri che furono concessi poco dopo: l'autorità di formare "troike", o gruppi di tre funzionari, per combattere le cospirazioni diffuse contro il governo sovietico nella propria zona. [18] A queste "troike" fu dato il potere di condannare a morte senza appello, la piena discrezionalità per quelli da giustiziare e altri da imprigionare venne richiesta e concessa. Quando questi poteri furono insufficienti, i primi segretari chiesero, e ricevettero, poteri più ampi. Zhukov pensa che Eikhe potrebbe aver agito per conto di un gruppo informale di primi segretari. (Getty, "Excess" 129; Zhukov, Inoy 435)

Chi erano gli obiettivi di questi processi sommari delle troike? Zhukov crede che debbano essere stati i lishenty, la stessa gente i cui diritti di cittadinanza, incluso il diritto di voto, erano stati recentemente restaurati e il cui voto potenzialmente rappresentava il maggior pericolo per la continuazione al potere dei primi segretari. Zhukov nel complesso non da molto credito all'esistenza di cospirazioni reali. Ma i documenti d'archivio recentemente pubblicati in Russia chiariscono che, per lo meno, la dirigenza centrale riceveva costantemente rapporti di cospirazioni della polizia molto credibili, comprese le trascrizioni delle confessioni. Certamente Stalin e altri a Mosca credevano che queste cospirazioni fossero senz’altro reali. La mia ipotesi a questo punto, con buona pace di Zhukov, è che alcune, almeno, delle cospirazioni presunte, esistessero realmente, e che i primi segretari ci credessero davvero. (Zhukov, KP 13 novembre 02, Inoy, Ch. 18; "Repressii" 23; Lubianka B) Un'ulteriore ipotesi sarebbe che chiunque fosse stato in quel momento, o fosse mai stato in generale, coinvolto in qualsiasi tipo di movimento di opposizione fosse probabilmente considerato un "nemico" e soggetto ad arresto e interrogatorio da parte dell'NKVD, uno dei suoi membri faceva sempre parte della troika. Un altro gruppo erano quelli che esprimevano apertamente sfiducia o odio nei confronti del sistema sovietico nel suo insieme. Thurston cita prove che tali persone venivano spesso arrestate immediatamente. Tuttavia, coloro che semplicemente esprimevano critiche nei confronti dei leader locali del Partito, specialmente alle riunioni di critica convocate per questo scopo, non furono arrestati, mentre a volte coloro che criticavano, compresi i dirigenti del partito, lo furono. (Thurston, 94-5) Contrariamente, quindi, a coloro che sostengono che le cospirazioni erano fantasmi della mente paranoica di Stalin - o, peggio ancora, bugie inventate per rafforzare l'immagine della presa megalomane di Stalin sul potere - ci sono molte prove che esistevano reali cospirazioni. Racconti di cospiratori che sono stati in seguito in grado di uscire dall'URSS corroborano ciò. L'enorme volume di documenti di polizia relativi a queste cospirazioni, di cui solo una piccola parte è stata per adesso pubblicata, cozza fortemente contro l'idea che tutto ciò potesse essere stato inventato. Inoltre, le annotazioni di Stalin su questi documenti chiariscono che egli riteneva che fossero affidabili. (Getty, "Excess" 131-4; Lubianka B)

Getty riassume la disperata contraddizione in questo modo:

Stalin non era ancora disposto a retrocedere dall'idea delle elezioni aperte e il 2 luglio 1937 la Pravda senza dubbio deluse i segretari regionali pubblicando la prima bozza delle nuove regole elettorali, promulgando e imponendo elezioni elettorali plurali, universali e con voto segreto. Ma Stalin offrì un compromesso. Lo stesso giorno in cui fu pubblicata la legge elettorale, il Politburo approvò il lancio di un'operazione di massa contro gli elementi di cui i dirigenti locali si erano lamentati, e ore dopo Stalin inviò il suo telegramma ai leader del partito provinciale che ordinava l'operazione kulak [vs. il lishentsy - nda]. È difficile evitare la conclusione che in cambio di forzare i leader locali del partito a condurre un'elezione, Stalin scelse di concedere loro una vittoria dando loro la licenza per uccidere o deportare centinaia o migliaia di "elementi pericolosi". ("Eccessi" 126)

Al netto della storia di queste epurazioni, esecuzioni extragiudiziali e deportazioni, Stalin sembra aver creduto che si stessero creando i presupposti per le elezioni aperte. Eppure tutti questi avvenimenti non facevano che sabotare ogni possibilità di elezioni del genere. Il Politburo inizialmente cercò di limitare la campagna di repressione ordinando che fosse completata entro cinque giorni. Qualcosa li convinse, o costrinse, a permettere al NKVD di prolungare il periodo di quattro mesi, dal 5 al 15 agosto al 5-15 dicembre. Fu per via del gran numero di persone arrestate? La convinzione che il Partito si fosse trovato di fronte ad una serie di cospirazioni e dunque ad un'enorme minaccia interna? Non conosciamo i dettagli di come e perché questa repressione di massa si sia sviluppata in quel modo. In ogni caso quello fu esattamente il periodo durante il quale si sarebbe dovuta svolgere la campagna elettorale. Anche se il Politburo continuò la preparazione per le elezioni aperte, con regole su come gli elettori avrebbero dovuto indicare le loro scelte e su come i funzionari avrebbero dovuto gestire la corsa elettorale, gli stessi funzionari locali che in realtà stavano effettivamente controllando le repressioni. Avrebbero potuto facilmente determinare quale opposizione al Partito - il che significava, in gran parte, opposizione a loro stessi, nella loro località - sarebbe stata considerata "leale" e quale invece sarebbe stata passabile di repressione, detenzione o morte. (Getty, "Eccessi", passim ., Zhukov, Inoy 435)

I documenti primari mostrano che Stalin e la direzione centrale del Politburo erano convinti che i cospiratori antisovietici fossero attivi e dovevano essere fermati. Questo è ciò che i leader del Partito regionale avevano affermato durante il Plenum di febbraio-marzo. A quel tempo la direzione di Stalin aveva minimizzato questo pericolo e aveva continuato a richiamare l'attenzione sulla Costituzione, e la necessità di prepararsi per nuove elezioni e la sostituzione della vecchia dirigenza "burocratizzata" con nuovi elementi. Con il Plenum di giugno i primi segretari erano nella posizione di dire, in effetti: "ve l'avevamo detto: avevamo ragione, e voi [la dirigenza staliniana che si opponeva alla burocrazia e cercava di smorzare sulle repressioni, ndt] sbagliavate. Inoltre, abbiamo ancora ragione - i cospiratori pericolosi sono ancora attivi, pronti a usare la campagna elettorale per i loro scopi di sollevare la rivolta contro il governo sovietico". Andò realmente così? Sembra invero plausibile. Ma non possiamo esserne certi. Stalin e la dirigenza non avevano idea di quanto fossero profonde queste cospirazioni, non sapevano cosa avrebbero fatto la Germania nazista o il Giappone. Il 2 giugno Stalin disse alla riunione militare sovietica allargata che il gruppo di Tukhachevsky aveva consegnato il piano operativo dell'Armata Rossa allo Stato maggiore tedesco. Ciò significava che i giapponesi, che erano legati ad un'alleanza militare (l'Asse) e un'alleanza politica anti-comunista (il "Patto anti-Comintern" - in realtà, un patto anti-sovietico) con l'Italia fascista e la Germania nazista , senza dubbio lo avrebbero potuto conoscere. Stalin disse ai capi militari che i cospiratori volevano far diventare l'Unione Sovietica "un'altra Spagna" - si riferiva ad una quinta colonna coordinata con un esercito fascista invasore. Dato questo terribile pericolo, la dirigenza sovietica si determinò a reagire con brutale risolutezza. (Stalin, "Vystuplenie")

Allo stesso tempo molte prove suggeriscono che il centro della dirigenza (Stalin) voleva sia arginare le repressioni delle "troike" richieste dai primi segretari, sia continuare la lotta per attuare le elezioni a voto segreto ed aperte della nuova Costituzione. Dal 5 all'11 luglio la maggior parte dei primi segretari seguirono l'esempio di Eikhe inviando cifre precise di coloro che desideravano sopprimere: l'esecuzione (categoria 1) o l'imprigionamento (categoria 2). Poi...

improvvisamente il 12 luglio, il vice commissario NKVD M.P. Frinovskii inviò un urgente telegramma a tutte le agenzie di polizia locali: "Non iniziare l'operazione di repressione degli ex kulaki, ripeto, non iniziare". (Getty, "Eccessi" 127-8)

I capi NKVD locali furono richiamati a Mosca per delle conferenze, dopo di che fu emesso l'Ordine n. 00447. Questa istruzione molto lunga e dettagliata ampliò il tipo di persone soggette alla repressione (compresi i preti, coloro che in precedenza si erano opposti al potere sovietico, e criminali), e - di regola - abbassò i "limiti" o i numeri richiesti dai segretari provinciali.[19] Tutta questa incertezza ha suggerito disaccordi e lotte tra il "centro" - Stalin e la dirigenza centrale del Politburo - e i primi segretari delle aree provinciali. Stalin chiaramente non ne aveva colpa. (Ordine n. 00447; Getty, "Eccessi" 126-9) Il Plenum del Comitato Centrale dell'ottobre 1937 vide la cancellazione definitiva del piano per le elezioni aperte. Una scheda campione, con diversi candidati, era già stata redatta; molti di questi esemplari sono sopravvissuti in vari archivi.[20] Invece, le elezioni sovietiche del dicembre 1937 vennero attuate sulla base del fatto che i candidati del Partito avrebbero dovuto candidarsi contro un 20-25% di candidati non appartenenti al partito - in altre parole, una "alleanza" di soggetti, ma senza una lista di partito. Inizialmente infatti le elezioni erano programmate senza liste; il voto doveva essere solo per individui - un metodo molto più democratico. Zhukov è riuscito a rintracciare negli archivi proprio il documento che Molotov firmò, l'11 ottobre, che cancellava le elezioni aperte. Ciò rappresentava una ritirata enorme ma inevitabile per Stalin e i suoi sostenitori nel Politburo. (Zhukov, KP 19 Nov. 02; Zhukov, Tayny. 41; Inoy 443) Fu allo stesso Plenum di ottobre del C. C. che la prima protesta contro le repressioni di massa fu pronunciata dal primo segretario Peskarov di Kursk:

Loro [il NKVD? La troika? - nda] condannarono la gente per cose futili ... illegalmente, e quando noi ... ponemmo la domanda al CC, i compagni Stalin e Molotov ci sostennero con forza e inviarono una brigata di lavoratori dalla Corte Suprema e dall'ufficio del Procuratore per rivedere questi casi ... Ed è risultato nelle tre settimane di lavoro di questa brigata che il 56% delle sentenze in 16 distretti sono state accantonate come illegali dalla brigata stessa. Inoltre dal 45% delle sentenze è emerso che non c'erano prove che fosse stato commesso un crimine. (Zhukov, Tayny, 43 anni,)

Nel Plenum del gennaio del 1938, Malenkov pronunciò una severa critica contro l'enorme numero di membri del Partito espulsi e condannati, spesso senza nemmeno presentare una lista di nomi, ma presentando solo il numero condannati! Postyshev, il primo segretario di Kuybyshev, era stato rimosso come membro candidato del Politburo per aver insistito sul fatto che ci fossero "pochi uomini onesti" tra tutti i funzionari del Partito. Sembra che il NKVD fosse fuori controllo, almeno in molte aree locali. Senza dubbio anche i primi segretari lo erano. (Zhukov, KP 19 Nov. 02; Tayny, pp. 47-51; Thurston 101-2; 112) Tuttavia, la dirigenza del Politburo era ancora preoccupata per la presenza di veri e propri cospiratori che dovevano essere affrontati. La piena estensione degli abusi del NKVD non è stata riconosciuta. Come osserva Zhukov, il rapporto di Malenkov, incolpando i carrieristi all'interno del Partito per massicce espulsioni e arresti, fu seguito da Kaganovich e Zhdanov che sottolineavano la lotta contro i nemici e davano solo una leggera attenzione a "ingenuità e ignoranza" nel lavoro degli "onesti bolscevichi". La Pravda, sotto il controllo diretto della dirigenza staliniana, chiedeva ancora di rimuovere il Partito dal controllo diretto sugli affari economici e dalla necessità di promuovere i non membri in ruoli guida. (Zhukov, Tayny 51-2) Nel frattempo Nikita Khrushchev, che nel 1937 aveva chiesto il potere di giustiziare 20.000 persone, senza nomi, quando era capo del Partito a Mosca, fu trasferito in Ucraina da dove, nel giro di un mese, chiese autorità per reprimere altre 30.000 persone . (Zhukov, Tayny 64, e vedi sotto 23) Nikolai Yezhov, che aveva ereditato la guida del NKVD da Genrikh Yagoda nel 1936, sembrava aver stretto una forte alleanza con i primi segretari.[21] La repressione di massa del 1937-38 è diventata così associata al suo nome che è ancora chiamata la "Yezhovshchina." Yezhov fu convocato per le dimissioni il 23 settembre 1938 [22] e nel novembre 1938 gli succedette Lavrentii Beria. Sotto Beria molti degli ufficiali del NKVD e dei primi segretari responsabili di migliaia di esecuzioni e deportazioni furono processati e spesso giustiziati per aver giustiziato persone innocenti e usato la tortura contro gli arrestati. Sono state pubblicate le trascrizioni dei processi e di alcuni di questi poliziotti che avevano usato la tortura. Molte persone condannate e imprigionate, deportate o inviate ai campi furono liberate. Secondo quanto riferito, Beria in seguito fu chiamato a "liquidare la Yezhovshchina". Stalin disse al progettista di aerei Yakovlev che Yezhov era stato giustiziato per aver ucciso molte persone innocenti. (Lubianka B, nn. 344; 363; 375; Mukhin, Ubiystvo 637; Yakovlev)

Danni incalcolabili furono inflitti alla società sovietica, al governo sovietico e al partito bolscevico. Questo, ovviamente, è noto da tempo. Ciò che non è stato capito finora è che l'istituzione delle troike e le grandi quote per le esecuzioni e le deportazioni furono disposte su insistenza dei primi segretari, non di Stalin. Zhukov crede che lo stretto legame tra questo fatto e la minaccia di elezioni a voto segreto e aperte, e il fatto che il Comitato Centrale sia riuscito a costringere i dirigenti di Stalin ad annullare le elezioni aperte, suggerisce che liberarsi della "minaccia" delle elezioni potrebbe essere stato una delle ragioni principali degli arresti di massa e delle esecuzioni della "Yezhovshchina". [23] (Zhukov, KP) Nulla può assolvere Stalin e i suoi sostenitori, in larga parte, dalle responsabilità per le esecuzioni - evidentemente diverse centinaia di migliaia [24] - che ne conseguirono. Se queste persone fossero state imprigionate anziché giustiziate, quasi tutte sarebbero sopravvissute. Molti avrebbero avuto i loro casi rivisti e sarebbero stati rilasciati. Per quel che ci riguarda qui, tuttavia, la domanda chiave è: perché Stalin ha ceduto alle richieste dei primi segretari di vedersi assegnati i poteri delle "troike" e quelli di vita e di morte? Sebbene non ci siano scuse, c'erano sicuramente delle ragioni. Nessun governo può mai essere preparato contro il tradimento simultaneo da parte dei comandanti militari di alto rango, di figure di alto rango sia dei governi regionali e nazionali, sia del capo della polizia segreta e della polizia di frontiera. Una serie di gravi cospirazioni, che coinvolgevano sia leader attuali che ex alti dirigenti del Partito che avevano legami in tutto il vasto paese, erano appena stati scoperti. Il più onnipresente fu il coinvolgimento di figure militari ai massimi livelli, con la divulgazione di piani militari segreti al nemico fascista. I cospiratori militari avevano avuto contatti in tutta l'Unione Sovietica. La cospirazione coinvolse anche i livelli più alti del NKVD, tra cui Genrikh Yagoda, che lo aveva guidato dal 1934 al 1936 ed era stato il secondo in comando per alcuni anni prima del 1934. Semplicemente non si poteva sapere quanto fosse diffusa la cospirazione, e quante persone ne fossero coinvolte. La prudenza suggeriva di sospettare il peggio. [25] Il Politburo e lo stesso Stalin erano al vertice di due grandi gerarchie, sia del partito bolscevico che del governo sovietico. Quello che sapevano sullo stato delle cose nel paese rifletteva però ciò che i loro subordinati dicevano loro. Nel corso dei successivi dodici mesi perseguirono molti dei primi segretari, oltre la metà dei quali furono arrestati. Per la maggior parte, le accuse precise contro questi uomini, e i dossier dei loro interrogatori e processi, devono ancora essere declassificati, anche nella Russia post-sovietica, anticomunista. Ma ora abbiamo abbastanza delle prove investigative che avevano ottenuto Stalin e il Politburo per avere un'idea della situazione allarmante che si trovavano ad affrontare. (Lubianka B) Il partito bolscevico fu istituito in modo democratico e centralista. Nonostante il suo status e la sua popolarità nel paese, Stalin (come ogni leader del Partito) sarebbe potuto essere dismesso dal voto della maggioranza del Comitato Centrale. Pertanto non era nella posizione di ignorare gli appelli urgenti di gran parte dei membri del C.C. Per illustrare l'incapacità di Stalin di impedire ai Primi Segretari di eludere i principi dell'elezione democratica, Zhukov cita un episodio, la cui trascrizione è ancora inedita, del Plenum del C.C. dell'ottobre 1937:

I.A. Kravtsov, primo segretario della regione di Krasnodar [del comitato regionale - nda] fu l'unico a riconoscere, e in dettaglio, ciò che i suoi colleghi avevano fatto in sordina già da qualche settimana. Descrisse la selezione di quei candidati per il Soviet Supremo dell'URSS che si adattavano agli interessi dell '"ampia dirigenza".
"Abbiamo presentato i nostri candidati al Soviet Supremo", dichiarò Kravtsov francamente. "Chi sono questi compagni? Otto sono membri del Partito, due sono membri non appartenenti al Partito o membri del Komsomol [Organizzazione della gioventù comunista]. In questo modo abbiamo tenuto la percentuale di membri non appartenenti al partito indicati nel progetto di decisione del CC. In base alle loro cariche questi compagni sono divisi in questo modo: quattro impiegati del Partito, due impiegati sovietici, un presidente del Kolkhoz, un autista di mietitrebbie, un autista di trattore, un operaio petrolifero.
Stalin: chi altro, a parte i trebbiatori?
Kravtsov: Tra i dieci c'è Yakovlev, il primo segretario del comitato regionale, e presidente del comitato esecutivo della regione.
Stalin: chi ti ha consigliato di farlo?
Kravtsov: Devo dire, compagno Stalin, che mi hanno consigliato qui, nell'apparato del CC.
Stalin: chi?
Kravtsov: Noi abbiamo designato il nostro presidente del comitato esecutivo regionale, compagno Simochkin, e ha ottenuto l'approvazione dell'apparato C.C.
Stalin: da chi?
Kravtsov: Non posso dirlo, non lo so.
Stalin: Peccato che tu non lo dica, ti hanno informato male. (Zhukov, Inoy 486-7)

Evidentemente tutti i primi segretari stavano facendo ciò che il solo Kravtsov aveva apertamente dichiarato, ignorando il principio delle elezioni a voto segreto, un principio che essi stessi avevano votato ai precedenti Plenum, ma che chiaramente non era stato accettato. Questo segna la definitiva sconfitta di Stalin su questo tema, sulle riforme costituzionali e del sistema elettorale che lui e la sua dirigenza del centro avevano sostenuto per oltre due anni. La riforma democratica fu sconfitta. Il vecchio sistema politico rimase al suo posto. Il piano di Stalin per le elezioni plurali ed aperte era definitivamente tramontato. "Così il tentativo di Stalin e del suo gruppo di riformare il sistema politico dell'Unione Sovietica concluse con un fallimento totale". (Zhukov, Inoy 491) Zhukov crede che, se Stalin avesse rifiutato gli appelli dei primi segretari per i poteri straordinari delle "troike", lui - Stalin - sarebbe stato probabilmente eliminato, arrestato come controrivoluzionario e giustiziato. "[...] Oggi Stalin potrebbe essere annoverato tra le vittime della repressione del 1937 e il" Memoriale "e la commissione di A.N. Jakovlev avrebbe richiesto da molto tempo la sua riabilitazione". (Zhukov, KP 16 Nov. 02)

Nel novembre 1938 Lavrentii Beria sostituì efficacemente Yezhov a capo del NKVD. Le "troike" furono abolite. Le esecuzioni extragiudiziali vennero interrotte e i responsabili di molti dei terribili eccessi furono processati e giustiziati o imprigionati. [26] Ma la guerra si stava avvicinando. Il governo francese rifiutò di continuare, anche in una versione molto debole, l'alleanza franco-sovietica che avevano concordato (l'Unione Sovietica ne voleva una molto più forte). Gli alleati cedettero la Cecoslovacchia a Hitler e ai fascisti polacchi, senza opporre resistenza. La Germania nazista aveva un'alleanza militare con la Polonia fascista finalizzata a un'invasione dell'URSS. La guerra civile spagnola, alla quale i sovietici avevano partecipato [supportando la Repubblica contro il franchismo, ndt.], fu persa. L'Italia invase l'Etiopia e la Società delle Nazioni non fece nulla. Francia e Gran Bretagna stavano chiaramente incoraggiando Hitler, con la maggior parte dell'Europa orientale alle spalle, ad invadere l'Unione Sovietica. (Lubianka B, No. 365; Leibowitz) Giappone, Italia e Germania avevano stipulato un trattato di difesa reciproca e un patto "Anti-Comintern", entrambi diretti espressamente contro l'Unione Sovietica. Tutti i paesi confinanti europei - Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania - erano dittature militari di matrice fascista. Un attacco giapponese del 1938 al lago Khasan costò all'Armata Rossa circa 1.000 morti. L'anno successivo un assalto giapponese molto più duro fu respinto dall'esercito rosso a Khalkin-Gol. Le perdite sovietiche furono circa 17.000, tra cui quasi 5.500 uccisi - non proprio una piccola guerra. Come si è scoperto successivamente, questa guerra fu decisiva, e i giapponesi non provarono più ad attaccare i sovietici. Ma il governo sovietico, ovviamente, non poteva saperlo in anticipo. (Rossiia I SSSR v Voynakh)

Dopo il 1938 il governo di Stalin non tentò più di attuare il sistema elettorale democratico della Costituzione del 1936. Questo fallimento rifletteva uno stallo e un conflitto continuo tra la dirigenza di Stalin e i primi segretari al Comitato Centrale? O più probabilmente che, con la guerra che si avvicinava rapidamente, ulteriori sforzi verso la democrazia avrebbero dovuto aspettare tempi più pacifici? Le prove disponibili finora non consentono una conclusione definitiva. Tuttavia, una volta che Beria ebbe sostituito Yezhov come capo del NKVD (formalmente, nel dicembre 1938, in pratica, forse poche settimane prima), si verificò un flusso continuo di riabilitazioni. Beria liberò oltre 100.000 prigionieri dai campi e dalle prigioni. Seguiti dai processi agli uomini del NKVD accusati di tortura ed esecuzioni extragiudiziali. (Thurston 128-9)


note parte I

[1]La versione della storia sovietica di Leon Trotsky precedette quella di Kruscev, e si riallacciata con questa come una sorta di versione "sinistra" , sebbene poco accreditata al di fuori degli ambienti trotzkisti. Sia i resoconti dei kruscioviani che quelli del trotskismo ritraggono Stalin in una luce estremamente negativa; la parola "demonizzare" non costituisce un'esagerazione. Su Trotsky, vedi McNeal.
[2] L'uso diffuso del termine "terrore" per caratterizzare il periodo della storia sovietica da circa metà del 1937 al 1939-40 può essere attribuito a un'accettazione acritica dell'opera altamente tendenziosa e inaffidabile del 1973 di Robert Conquest, The Great Terror. Il termine è sia impreciso che polemico. Vedi Robert W. Thurston, "Fear and Belief in the USSR's 'Great Terror': Respose To Arrest, 1935-1939." Slavic Review 45 (1986), 213-234. Thurston ha risposto e ha criticato il tentativo di Conquest di difendere il termine in "On Desk-Bound Parochialism, Commonsense Perspectives, and Lousy Evidence: A Reply to Robert Conquest.". Slavic Review 45 (1986), 238-244. Vedi anche Thurston, "Social Dimensions of Stalinist Rule: Humor and Terror in the USSR, 1935-1941.", Journal of Social History 24, No. 3 (1991) 541-562; Life and Terror Ch. 5, 137-163.
[3] Il pensiero politico marxista-leninista rifiuta la "democrazia rappresentativa" capitalista come essenzialmente una cortina fumogena per il controllo dell'élite. Molti pensatori politici non marxisti sono d'accordo. Per un esempio, vedi Lewis H. Lapham (editore di Harper's Magazine), "Lights, Camera, Democracy! On the conventions of a make-believe republic", Harper's Magazine, agosto 1996, 33-38.
[4] Citato da Yuri Zhukov, "Zhupel Stalina", Komsomolskaia Pravda, 5 novembre 2002. Il prof. Getty mi ha confermato questo in una e-mail.
[5] Il nome del Partito fu cambiato in Partito Comunista dell'Unione Sovietica nel 1952.
[6] Yenukidze, un vecchio rivoluzionario, compatriota e amico di Stalin, aveva occupato a lungo una posizione di rilievo nel governo sovietico e non era mai stato associato a nessuno dei gruppi di opposizione degli anni '20. A quel tempo era anche responsabile della Guardia del Cremlino. Nel giro di pochi mesi fu uno dei primi ad essere denunciato come membro di piano per un "colpo di stato" contro la leadership di Stalin. Zhukov (KP 14 Nov. 02) nota che questo deve essere stato particolarmente sconvolgente per Stalin.
[7] Parte II, Capitolo 3, Articolo 9 della Costituzione sovietica del 1924, quella in vigore in questo momento, ha dato agli abitanti delle città un'influenza molto maggiore nella società - un delegato sovietico su 25.000 elettori di città e città, e un delegato su 125.000 elettori delle campagne. Ciò era conforme al grado molto più ampio di sostegno al socialismo tra i lavoratori e alla concezione marxista dello stato come dittatura del proletariato.
[8] Questa non è in realtà una legge ma una "decisione del Comitato Esecutivo Centrale e del Consiglio dei Commissari del Popolo" - vale a dire i rami legislativo ed esecutivo del governo. Il fatto che venga comunemente chiamato "legge" anche nelle nei lavori di ricerca storica dimostra semplicemente che la maggior parte di coloro che si riferiscono ad essa non l'hanno affatto letto. È stampato in Tragediia Sovetskoy Derevni. Kollektivizatsiia I Raskulachivanie. Documenty I Materialy. 1927-1939. Tom 3. Konets 1930-1933 (Mosca: ROSSPEN, 2001), n. 160, pp. 453-4, e in Sobranie zakonov i rasporiazhenii Raboche-Krest'ianskogo Pravitel'stva SSSR, chast 'I, 1932, pp. 583 -584 .. Ringraziamenti al Dr. G. Bor T. Rittersporn per questa ultima citazione.
[9] Per costruire l'economia il più rapidamente possibile dopo la devastazione della Guerra Civile e la successiva carestia, i bolscevichi permisero al capitalismo di prosperare e incoraggiarono gli uomini d'affari che cercavano un profitto, anche se sotto controllo governativo. Questa è stato chiamata: nuova politica economica.
[10] Stalin, "Report to 17th P.C.," 704, 705, 706, 716, 728, 733, 752, 753, 754, 756, 758.
[11] Questo non è molto noto, né il suo significato è compreso. La nostra visione di Stalin è stata ampiamente modellata da coloro che lo odiavano (McNeal 87). Stalin era stato uno studente eccellente nel seminario di Tblisi, in Georgia, a cui sua madre lo aveva mandato. Dedicando la sua vita dalla sua adolescenza al movimento rivoluzionario della classe operaia, non aveva mai avuto l'opportunità di ricevere un'istruzione superiore. Ma era molto intelligente e un lettore vorace il cui apprendimento andava dalla filosofia a materie tecniche come la metallurgia. Memorie contemporanee attestano la sua attenzione ai dettagli e alla conoscenza approfondita di molte aree tecniche. Uno studioso russo che ha studiato la biblioteca di Stalin dà cifre impressionanti: 20.000 volumi alla dacia di Stalin dopo la guerra; molti dei 5.500 portati all'Istituto del marxismo-leninismo dopo la sua morte sono annotati e sottolineati. (Ilizarov). Roy Medvedev, che odia Stalin, ammette a malincuore la considerevole lettura di Stalin. (Medevedev, "Lichnaia") Molte delle persone che ha scelto come suoi collaboratori più stretti riflettono questa stessa dedizione al miglioramento personale. Sergei Kirov, leader del Partito di Leningrado e stretto alleato di Stalin che fu assassinato nel 1934, fu noto per le sue vaste letture in ogni campo. (Kirilina 175). "Quando Kirov è stato ucciso, gli esperti dell'inchiesta hanno fotografato tutto ciò che poteva aiutare le indagini compresa la parte superiore del tavolo da lavoro di Kirov. A destra il manuale di ingegneria, a sinistra una pila di riviste scientifiche e tecniche, dal titolo Combustile Shale". Ampia era la sfera degli interessi di questo lavoratore di partito - come lo era Stalin ". (Mukhin Ubiystvo 625) Nel 1924 Lavrenty Beria, reduce da diversi anni di lavoro rivoluzionario sotterraneo molto pericoloso, in parte come infiltrato bolscevico in violenti gruppi nazionalisti caucasici anticomunisti, scrisse la sua autobiografia del Partito. Il suo scopo nel elencare le sue azioni - aveva ottenuto il grado di generale all'età di 20 anni - era quello di lottare, non per un lavoro tranquillo, come la maggior parte dei "vecchi bolscevichi" richiedeva e di solito otteneva, ma per poter tornare ai suoi studi di ingegneria, così da poter dare un contributo alla costruzione di una società comunista. (Beria: Konets Kar'ery, 320-325)
[12] Thurston, capitoli dal 2 al 4, è il miglior singolo compendio, a partire dai primi anni '90, delle prove riguardanti i processi di Mosca. Questo articolo non tratterà direttamente questi processi, il processo e l'esecuzione del maresciallo Tukhachevsky e di altri leader militari di alto rango nel giugno 1937, o l'interrelazione tra tutte le cospirazioni antisovietiche addotte loro. Come i documenti degli archivi sovietici chiariscono, Stalin e altri importanti leader sovietici erano convinti che esistessero le cospirazioni, e le accuse ai processi di Mosca, più quelle contro i capi militari, erano, almeno in larga parte, veritiere.
[13] Getty nota che i membri del CC rifiutarono categoricamente di rispondere al discorso di Zhdanov, mettendo il presidente, Andreev, in confusione ("Excess" 124). Zhukov pone meno enfasi su questo, come Eikhe e altri primi segretari hanno risposto alla sessione successiva, sottolineando la lotta contro i "nemici". (Inoy 345)
[14] Per la risoluzione, vedi Zhukov, Inoy 362-3; Stalin, Zakliuchitel'noe. Come la risoluzione (che rimane inedita), il discorso di Stalin tocca solo molto brevemente il tema dei "nemici", e anche in questo caso avverte il CC contro "l’accanirsi" su chiunque fosse stato un trotzkista. Stalin insiste sul fatto che ci sono "persone straordinarie" tra gli ex trotskisti, in particolare nominando Feliks Dzerzhinsky.
[15] Questo volume (Genrikh Iagoda) consiste principalmente di interrogatori degli inquirenti di Yagoda e di alcuni suoi associati, e le confessioni di Yagoda di coinvolgimento nella cospirazione per realizzare un colpo di stato contro il governo sovietico; La leadership di Trotsky nella cospirazione; e, in generale, tutto ciò che Yagoda ha confessato nel processo del 1938. Non vi è alcuna indicazione che queste confessioni fossero diverse da quelle genuine. I redattori del volume negano che tutti i fatti citati negli interrogatori siano accurati e dichiarano gli stessi interrogatori "falsificati". Ma non danno alcuna prova di questo. Jansen e Petrov, p. 226 n. 9, sebbene molto anti-Stalinisti, citano questo volume come prova e senza commenti. Inoltre, anzi ci sono buone prove del fatto che questi fossero veri in effetti - che queste cospirazioni esistevano, che le confessioni rilasciate durante i processi pubblici erano genuine piuttosto che forzate, e che le accuse maggiori contro gli imputati fossero vere. Un altro grande volume di documenti primari pubblicati nel 2004 contiene un gran numero di rapporti di NKVD su cospirazioni e testi di interrogatori (vedere Lubianka B). La spiegazione più plausibile dell'esistenza di tutte queste prove è che alcune di esse, almeno, siano vere.
[16] Chiamato il klubok, o "groviglio", dagli investigatori dell'NKVD all'epoca e dagli storici russi di oggi.
[17] Nessuna registrazione del plenum del giugno 1937 è mai stata pubblicata. Alcuni autori hanno affermato che non è stata conservata alcuna trascrizione. Tuttavia, Zhukov cita ampiamente da qualche trascrizione d'archivio non disponibile agli altri.
[18] Esiste l'ordine per l'installazione di una "troika" nella regione siberiana occidentale di Eikhe. La richiesta di Eikhe non è stata trovata, ma deve aver fatto tale richiesta, sia per iscritto che oralmente. Vedi Zhukov, "Repressii" 23, n. 60; Getty, "Eccessi" 127, n. 64.
[19] Getty, Excesses 131-134 discute alcune statistiche a riguardo. Vedere l'ordine n. 00447.
[20] Il voto campione è riprodotto in Zhukov; Inoy, sesta illustrazione.
[21] Ancora il 1 febbraio 1956, meno di quattro settimane prima del suo "Rapporto Segreto" al XX Congresso del Partito, Krusciov si riferiva ancora a Yezhov come "senza alcuna colpa, un uomo onesto". Reabilitatsia: Kak Eto Bylo. Mart 1953-Febral '1956 (Mosca, 2000), p. 308.
[22] Le sue dimissioni non furono formalmente accettate fino al 25 novembre 1938; vedere Lubianka B n. 344 e 364.
[23] Krusciov chiese "di giustiziare 20.000 persone", Zhukov, KP 3 dic. 02. Le critiche di Yakovlev alle espulsioni di Krusciov sono citate sopra. Eikhe fu arrestato nell'ottobre del 1938, processato, condannato e giustiziato nel febbraio 1940. Secondo Krusciov, Eikhe ritrattò la sua confessione, affermando di averla data dopo essere stato picchiato (cioè torturato). L'analisi di Zhukov suggerisce che la vera ragione del destino di Eikhe potrebbe essere stata il suo ruolo principale nelle esecuzioni di massa del 1937-38. Vedi Jansen e Petrov, 91-2. Il Politburo e il Plenum del gennaio 1938 iniziarono ad attaccare i segretari di partito che avevano perseguitato i membri della base del partito (Getty, Origins 187-8). Il registro completo delle indagini e del processo di Eikhe è ancora classificato. Il desiderio di distogliere l'attenzione e dare la colpa a se stesso e ai suoi colleghi primi segretari dell'epoca è una delle basi delle bugie di Krusciov nel suo "rapporto segreto".
[24] Getty ("Excess" 132) cita prove che 236.000 esecuzioni furono autorizzate da "Mosca", intendendo la leadership di Stalin, ma che oltre il 160% di quel numero, o 387.000 persone, furono di fatto giustiziate dalle autorità locali.
[25] Nel processo di Mosca del 1938 Yagoda confessò di essere coinvolto nel complotto per un colpo di stato contro il governo sovietico, negli omicidi di Maxim Gorky e suo figlio e altri crimini atroci, ma respinse con vigore l'accusa dell'accusa di essere colpevole di spionaggio. Il fatto che l'accusa di spionaggio sia stata ancora sollevata più di un anno dopo l'arresto di Yagoda dimostra, almeno, che il governo sovietico pensava che lui potesse fornire informazioni a un nemico straniero (Germania, Giappone, Polonia). Come capo del ministero dell'Interno, compresa la polizia segreta e la polizia di frontiera, Yagoda sarebbe stato in grado di fare danni incalcolabili alla sicurezza sovietica se avesse dato informazioni a governi stranieri.
[26] Thurston ha la migliore discussione in inglese di questo in Life and Terror 128ff.


Parte II



Durante la guerra

Verso la fine della seconda guerra mondiale Stalin e i suoi sostenitori al Politburo fecero un ulteriore tentativo di allontanare il partito bolscevico dal controllo diretto sul governo sovietico. Ecco come Yuri Zhukov lo descrive:

Nel gennaio del 1944. . . per la prima volta durante la guerra ci fu una convocazione congiunta sia del Plenum [Comitato Centrale] sia di una sessione del Soviet Supremo dell'URSS. Molotov e Malenkov prepararono una bozza di un decreto del Comitato Centrale secondo cui il Partito sarebbe giuridicamente distaccato dal potere di governo. Avrebbe mantenuto solo agitazione e propaganda; nessuno lo avrebbe privato di queste normali questioni di partito e della partecipazione alla selezione dei quadri, che era anche del tutto naturale. Ma semplicemente proibiva al Partito di interferire con l'economia e il funzionamento degli organi dello stato. Stalin lesse la bozza, cambiò sei parole e infine scrisse "Concordato". Quello che è successo dopo rimane un mistero. . . .
.
. . Si trattava di un nuovo tentativo di condurre il Partito entro il recinto dello Stato, conservando per esso solo le funzioni che realmente aveva adempiuto durante la guerra. La bozza ha cinque firme: Molotov, Malenkov, Stalin, Chruscev, Andreev. Non c'è traccia stenografica e possiamo solo immaginare come ebbero votato gli altri. Ahimè, persino l'onnipotente Comitato di Stato per la Difesa, con tutti e quattro i membri del Politburo del Comitato Centrale, non riuscì a distruggere il vecchio ordine delle cose. Ciò dimostra ancora una volta che Stalin non ha mai avuto il potere che sia gli anti-stalinisti che gli stalinisti gli attribuiscono. (Zhukov, Kul'tovaia, corsivo aggiunto) [1] Non sappiamo come sarebbe stato effettuato questo "distanziamento" del Partito dall'economia e dallo Stato. Presumibilmente, però, sarebbe stato previsto un altro metodo per l’assunzione del personale degli organi dello stato. Questo avrebbe significato un ritorno alle elezioni come specificato nella Costituzione del 1936? Qualunque siano le risposte a queste domande, sembra probabile che il Comitato Centrale, composto in gran parte da primi segretari di Partito, abbia nuovamente respinto i piani della dirigenza staliniana per un cambiamento sostanziale nel sistema sovietico. Nel suo "Rapporto Segreto" Krusciov negò che un tale Plenum avesse mai avuto luogo! Poiché la maggior parte dei membri del C.C. che lo ascoltavano dovevano sapere che questa era una menzogna, potrebbe essere che lo scopo di questa fosse tacitamente far capire loro che questa pericolosa mossa contro il loro potere [cioè il tentativo di riforme staliniane, ndt] era ora formalmente "sepolta".

Dopo la guerra

Come abbiamo visto, Stalin riteneva che un problema importante sia per l'URSS che per il partito bolscevico fosse la situazione del "doppio potere". Il partito, non il governo, governava davvero la società. Sempre più spesso, i funzionari del partito avevano esercitato il controllo tramite la sorveglianza, o la supervisione, piuttosto che come responsabili della produzione. Portare il Partito fuori dal controllo diretto dello Stato sarebbe servito a diversi scopi:

a) avrebbe attuato totalmente la Costituzione del 1936 e rafforzato i legami tra la popolazione sovietica e lo Stato sovietico.
b) avrebbe riportato la gestione delle istituzioni statali a coloro che erano veramente qualificati.
c) avrebbe salvato il Partito dalla degenerazione - nei suoi livelli superiori - in una casta di carrieristi parassiti e corrotti.

Fino a quando c'era la guerra il Politburo si era incontrato almeno due volte a settimana. Nel maggio del 1941 Stalin divenne il capo ufficiale dello Stato sovietico, sostituendo Molotov come presidente del Consiglio dei commissari del popolo, o Sovnarkom, l'organo esecutivo ufficiale del governo dell'URSS. Ma durante la guerra l'URSS non era in realtà diretta né da questo corpo né dal Partito, ma dal Comitato di Stato per la difesa composto da Stalin e da tre dei suoi più stretti collaboratori. Durante la guerra il Comitato Centrale ha tenuto un solo Plenum, mentre non solo durante la guerra, ma anche dopo di essa, il Politburo si era incontrato raramente. Secondo Pyzhikov, "il Politburo, per tutti gli scopi pratici, non funzionava". Il dissidente sovietico Zhores Medvedev ritiene che il Politburo si sia incontrato solo 6 volte nel 1950, 5 volte nel 1951 e 4 volte nel 1952. [2] Intendendo che Stalin avrebbe tolto al Politburo la gestione dello Stato (Pyzhikov, 100; Medvedev, Sekretnyi). Stalin sembra aver trascurato il suo ruolo di capo del Partito. I plenum del CC divennero rari, nessun congresso del partito fu tenuto per i tredici anni tra il 1939 e il 1952. Dopo la guerra Stalin firmò le decisioni congiunte del Partito e del governo semplicemente come presidente del Consiglio dei ministri (come era stato ribattezzato il consiglio dei commissari del popolo), lasciando agli altri segretari di partito, Zhdanov o Malenkov, il compito di firmare a nome del Partito (Pyzhikov 100) L'autorità del Partito rimase alta. Ma forse lo era solo perché Stalin era ancora segretario generale. Era l'unico leader alleato ad essere rimasto in carica dopo la guerra: Roosevelt era morto, e Churchill è stato rimosso dal suo ufficio nel 1945. Non è esagerato affermare che, tra i lavoratori, Stalin era la figura più celebre e rispettata al mondo, il movimento comunista da lui diretto era la speranza di centinaia di milioni di persone e si era allargato tremendamente a causa della vittoria sul fascismo. Il grande prestigio di Stalin come capo di Stato conferì autorità all'apparato del Partito (Mukhin, Ubiystvo 622, 13 passim). Le azioni di Stalin suggeriscono che stava ancora cercando di rimuovere il Partito dal dominio diretto sullo Stato, s così fosse egli, tuttavia, cercò di agire con cautela. Forse possiamo provare a dedurre alcune ragioni per questa cautela:

a) Mostrare una ingiustificata mancanza di fiducia nei confronti del Partito sarebbe stato un cattivo esempio per gli altri paesi del mondo, dove i partiti comunisti non avevano ancora preso il potere.
b) Il Comitato Centrale e la nomenklatura si sarebbero opposti, come avevano fatto prima della guerra.

Pertanto, questo processo avrebbe dovuto svolgersi in silenzio, con il minor numero possibile di spaccature. (Mukhin, Ubyistvo 611)

La bozza del programma del Partito del 1947

C'era probabilmente molto di più nei piani di democratizzazione della dirigenza staliniana di quanto sappiamo oggi. Aleksandr Pyzhikov, uno storico molto anticomunista e avverso a Stalin, ha citato delle proposte interessanti di una bozza del 1947 di un programma del Partito per promuovere un'ulteriore democrazia ed egualitarismo nell'URSS. Questo piano affascinante, e finora completamente sconosciuto, non è mai stato pubblicato e, evidentemente, non è ancora disponibile per altri ricercatori. Ecco la sezione citata alla lettera da Pyzhikov:

Lo sviluppo della democrazia socialista sulla base del completamento della costruzione di una società socialista senza classi convertirà sempre più la dittatura del proletariato nella dittatura del popolo sovietico. Man mano che ogni membro dell'intera popolazione viene gradualmente assorbito nella gestione quotidiana degli affari di Stato, la crescita della coscienza e della cultura comuniste della popolazione e lo sviluppo della democrazia socialista porteranno alla progressiva estinzione delle forme di costrizione nella dittatura del popolo sovietico, e alla progressiva sostituzione delle misure di coercizione con l'influenza dell'opinione pubblica, a un progressivo restringimento delle funzioni politiche dello Stato, e alla conversione dello Stato, nel complesso, in un organo di gestione della vita economica della società.

Pyzhikov riassume altre sezioni di questo documento non pubblicato come segue:

In particolare [la bozza] riguardava lo sviluppo della democratizzazione dell'ordinamento sovietico. Questo piano riconosceva come essenziale un processo universale per attirare i lavoratori nella gestione dello Stato, nello stato attivo quotidiano e nell'attività sociale sulla base di un costante sviluppo del livello culturale delle masse e una semplificazione massimale delle funzioni di gestione dello Stato. Proponeva in pratica di procedere all'unificazione del lavoro produttivo con la partecipazione alla gestione degli affari di Stato, con il passaggio al successivo svolgimento delle funzioni di gestione dello Stato da parte di tutti i lavoratori. Si è anche soffermata sull'idea d'introduzione un'attività legislativa diretta da parte del popolo, per la quale sono stati considerati essenziali:

a) attuare il voto universale per il processo decisionale sulla maggior parte delle questioni più importanti della vita pubblica sia in ambito sociale che economico, nonché in merito alle condizioni di vita e allo sviluppo culturale;
b) sviluppare ampiamente l'iniziativa legislativa dal basso, concedendo alle organizzazioni sociali i diritti di sottoporre nuove proposte legislative direttamente al Soviet Supremo;
c) confermare il diritto dei cittadini e delle organizzazioni sociali di presentare direttamente proposte al Soviet Supremo sulle questioni più importanti della politica internazionale e interna.

Né il principio dell'elezione dei dirigenti era stato ignorato. Il piano del programma del Partito sollevava la questione della realizzazione, secondo le fasi di sviluppo verso il comunismo, della selezione di tutti i membri responsabili dell'apparato statale mediante l'elezione, del cambiamento nel funzionamento di una serie di organi statali nella direzione di convertirli sempre più in istituzioni incaricate della contabilità e della supervisione dell'economia nel suo insieme. Per questo il massimo sviluppo possibile delle organizzazioni volontarie indipendenti era considerato importante. L'attenzione era stata rivolta al rafforzamento del significato dell'opinione pubblica nella realizzazione della trasformazione comunista della coscienza della popolazione, dello sviluppo, sulla base della democrazia socialista tra le vaste masse popolari, della "cittadinanza socialista", "l'eroismo di lavoro "e" valore dell'Armata Rossa ".


Sempre secondo Pyzhikov, Zhdanov riferì del lavoro della commissione di pianificazione al Plenum del Comitato Centrale del febbraio 1947. Propose di convocare il 19 ° Congresso del Partito alla fine del 1947 o del 1948. Presentò anche un piano per un ordine semplificato di convocazioni di conferenze di Partito una volta all'anno, con "rinnovo obbligatorio" di non meno di un sesto dei membri del Comitato Centrale all'anno. Se messo in atto, e se "rinnovo" effettivamente si fosse tradotto in un turnover maggiore dei membri del C.C., ciò avrebbe significato che i primi segretari e gli altri dirigenti del partito nel C.C. sarebbe stati meno radicati nelle loro posizioni, lasciando spazio a nuova linfa nel corpo dirigente del Partito, e facilitando pertanto le critiche della base ai dirigenti del Partito (Pyzhikov 96). Questo audace piano riecheggia molte delle idee del "estinguersi dello stato" previste nel fondamentale scritto di Lenin, "Stato e Rivoluzione", che a sua volta sviluppa idee che Lenin ha trovato in Marx ed Engels. Proponendo partecipazione democratica e diretta a tutte le decisioni vitali dello Stato da parte del popolo sovietico e delle loro organizzazioni popolari, e il "rinnovo" - con almeno la possibilità di sostituzione - di non meno di 1/6 del Comitato Centrale ogni anno attraverso una conferenza del Partito, questo piano prevedeva lo sviluppo della democrazia dal basso sia nello Stato che nel Partito stesso. Ma questo piano si tradusse in un nulla di fatto, come con le precedenti proposte di democratizzazione dello Stato sovietico e del partito, precedentemente descritte, non conosciamo i dettagli di come questo fallimento sia occorso. Probabilmente fu respinto al Plenum del Comitato Centrale. Il 19 ° Congresso del Partito fu posticipato al 1952, ancora non sappiamo il perché. La natura del progetto del nuovo piano del Partito suggerisce che l'opposizione del CC - i primi segretari - potrebbe essere stata responsabile di questo naufragio. [3]

Il diciannovesimo congresso del Partito

Sembra che la dirigenza di Stalin abbia compiuto un ultimo sforzo per separare il Partito dal controllo diretto sullo Stato al 19° Congresso del Partito nel 1952 e poi successivamente al Plenum del Comitato Centrale immediatamente seguente. A partire da Krusciov, la nomenklatura del Partito tentò di distruggere ogni ricordo di questo Congresso, e si mosse immediatamente per sradicare ciò che era stato fatto. Sotto Brezhnev furono pubblicate le trascrizioni di tutti i Congressi del Partito fino al XVIII. Quello del 19° Congresso non fu mai pubblicato fino ad oggi. Stalin fece solo un breve discorso al Congresso - il quale è stato pubblicato. Tuttavia tenne un altro discorso, di 90 minuti, al Plenum del Comitato Centrale. Quel discorso non è mai stato pubblicato, ad eccezione di estratti molto brevi, per nessuno dei quali è mostra la trascrizione. [4] Stalin s'indirizzò al Congresso per cambiare lo status del Partito e la sua struttura organizzativa. Tra questi cambiamenti:

a) Il nome del Partito fu ufficialmente cambiato da "Partito comunista (bolscevico) di tutta l'Unione" a " Partito Comunista dell'Unione Sovietica ". Questo rispecchiava i nomi di molti altri partiti comunisti nel mondo, e legavano il Partito allo Stato. [5]
b) Un "Presidium" sostituì il Politburo del Comitato Centrale. Questo nome indicava i rappresentanti di un altro organo rappresentativo (il C.C.) - come, per esempio, il Presidium del Soviet Supremo. Ottenne anche il suo ruolo "politico" dal nome, del resto l'intero partito era "politico" non solo il suo organo guida.

Indubbiamente era meglio che il nome suggerisse un organismo che regolasse solo il Partito, non sia il Partito e che lo Stato. Il Politburo era stato un gruppo di membri misti. Aveva incluso il presidente del Consiglio dei ministri (il capo dell'organo esecutivo dello Stato - cioè il capo dello Stato); il presidente del Presidium del Soviet supremo (capo del corpo legislativo); il segretario generale del Partito (Stalin); uno o due altri segretari di partito; e uno o due ministri del governo. Le decisioni del Politburo erano effettivi sia per il governo che per il Partito. [4] Pertanto, rispetto alla posizione virtualmente suprema del Politburo nel paese, il ruolo del Presidium era stato notevolmente ridotto. Dal momento che il capo dello Stato e il capo del Soviet supremo non avevano posti riservati in esso, il Presidium doveva essere l'organo principale del solo Partito comunista. Furono apportate altre modifiche:

a) La carica di segretario generale - il posto di Stalin - fu abolita. Ora Stalin era solo uno dei 10 segretari di Partito, [6] i quali erano tutti presenti nel nuovo Presidium, che adesso conteneva 25 membri e 11 membri candidati. Pertanto questo era molto più grande di 9-11 membri dell'ex Politburo. Le sue grandi dimensioni lo avrebbero reso più un corpo deliberativo e provvisorio, piuttosto che uno in cui molte decisioni esecutive fossero prese in modo sistematico e rapido.
b) La maggior parte di questi membri del Presidium sembra essere stata formata funzionari governativi, non leader del Partito. Krusciov e Malenkov in seguito si interrogarono su come Stalin potesse persino aver sentito parlare delle persone che aveva suggerito per il primo Presidium, dal momento che non erano ben noti leader del Partito (cioè non i primi segretari). Presumibilmente, Stalin li aveva nominati a causa delle loro posizioni alla guida Stato - al contrario che in quella del Partito. [7]

Stalin avanzò le proprie dimissioni da Segretario Generale del Partito, durante il 19° Congresso, con la sua proposta, al CC Plenum subito dopo, di dimettersi dal Comitato Centrale del tutto, rimanendo solo come capo dello Stato (Presidente del Consiglio dei ministri). Se Stalin non fosse stato nel Comitato Centrale, ma fosse rimasto solo Capo dello Stato, i funzionari governativi non si sarebbero più sentiti in dovere di riferire al Presidium, il corpo più alto del Partito. L'atto di Stalin avrebbe indebolito l'autorità dei funzionari di Partito, il cui ruolo di "supervisione" nello Stato non era necessario, in termini di produzione. Senza Stalin come capo del Partito, la dirigenza, la nomenklatura, avrebbe goduto di meno prestigio. I membri della base del Partito non si sarebbero più sentiti costretti ad "eleggere" - cioè a confermare semplicemente - i candidati raccomandati dai primi segretari e dal Comitato Centrale. Viste in questa luce le dimissioni di Stalin dal Comitato Centrale sarebbero potuto essere un disastro per la nomenklatura. Essi, i dirigenti, dovevano sentirsi protetti dalle critiche spietate da parte della base comunista solo grazie all'ombra dell'autorevolezza di Stalin. Tutto ciò avrebbe, inoltre, significato che in futuro solo le persone intelligenti e capaci sarebbero sopravvissute nella nomenklatura del Partito, sia nell'apparato Statale (Mukhin, Ubiystvo 618-23). La mancanza di una trascrizione pubblicata suggerisce che delle cose siano successe in questo Plenum, e che Stalin ha detto cose nel suo discorso che la nomenklatura non ha voluto rendere pubbliche. Dimostra anche - ed è importante sottolinearlo - che Stalin non era "onnipotente". Ad esempio, la seria critica di Stalin a Molotov e Mikoian a questo Plenum non fu pubblicata fino a molto tempo dopo la sua morte.[8] Il famoso scrittore sovietico Konstantin Simonov era presente come membro del C.C. Ricordava la reazione scioccata e in preda al panico di Malenkov quando Stalin propose un voto per liberarlo dall'incarico di segretario del Comitato Centrale. (Simonov, 244-5) Di fronte a un'opposizione rumorosa, Stalin non insistette. [9]

Non appena fu possibile farlo, la direzione del Partito prese provvedimenti per annullare le decisioni del 19° Congresso. Nel suo incontro del 2 marzo, con Stalin ancora vivo sebbene privo di sensi, un Presidium ristretto - essenzialmente i vecchi membri del Politburo - si incontrò nella dacia di Stalin. Lì presero la decisione di ridurre il Presidium a 10 membri, invece di 25. Questo era, fondamentalmente, il vecchio Politburo. Il numero dei segretari di Partito fu ridotto ancora una volta a cinque. Krusciov fu nominato "coordinatore" della segreteria e, cinque mesi dopo, "primo segretario" del Partito. Infine nel 1966 il nome Presidium fu ricambiato in Politburo. Durante il resto della storia dell'URSS il Partito continuò a governare la società sovietica, i suoi ranghi superiori divennero uno strato corrotto, auto-selezionato e auto-arricchito di elitisti privilegiati. Sotto Gorbaciov questo gruppo dirigente abolì l'Unione Sovietica, procurandosi la ricchezza economica e la dirigenza politica della nuova società capitalista. Allo stesso tempo distrusse il risparmio e rubò i benefici sociali della classe operaia e dei contadini sovietici, il cui lavoro aveva costruito tutto, mentre si appropriava dell'immensa ricchezza pubblicamente creata dell'URSS. Questa stessa ex nomenklatura continua a dirigere gli stati post-sovietici oggi.

Lavrentij Beria [10]

Beria è la figura più calunniata nella storia sovietica. Quindi la revisione del giudizio storico sulla carriera di Beria che è iniziata bruscamente dopo la fine dell'Unione Sovietica è stata ancora più drammatica della rivalutazione accademica del ruolo di Stalin che è l'argomento principale di questi articoli. I "cento giorni" di Beria - in realtà, 112 giorni, dalla morte di Stalin il 5 marzo 1953 alla rimozione di Beria il 26 giugno - sono stati testimoni di un gran numero di riforme drammatiche. Se la direzione sovietica avesse permesso che queste riforme si fossero sviluppate pienamente, la storia dell'Unione Sovietica, del movimento comunista internazionale, della Guerra Fredda - in breve, della seconda metà del XX secolo - sarebbe stata incredibilmente diversa. Le iniziative di riforma di Beria includevano almeno le seguenti, tutte meritevoli, e alcune delle quali stanno ora ricevendo uno studio specifico, mentre il governo russo mantiene le principali fonti primarie su di esse chiuse anche a ricercatori di fiducia:

a) La riunificazione della Germania come Stato non socialista e neutrale, un passo che sarebbe stato incredibilmente popolare tra i tedeschi, e uno chiaramente sgradito agli alleati della NATO, inclusi gli Stati Uniti.
b) Normalizzazione delle relazioni con la Jugoslavia, che aveva promesso di ritirarsi dalla sua tacita alleanza con l'Occidente contro il Cominform.
c) Una politica delle nazionalità che si opponeva alla "russificazione" nelle aree dell'Ucraina occidentale e degli Stati baltici, recentemente annessi, insieme all'obiettivo di raggiungere almeno alcuni gruppi nazionalisti emigrati. Una politica riformata delle nazionalità in altre aree non russe, tra cui la Georgia e la Bielorussia.
d) Riabilitazioni e risarcimenti per chi era stato ingiustamente condannato da organi giudiziari speciali (troike e NKVD "Commissioni speciali") negli anni '30 e '40.

Sotto Beria questo processo sarebbe stato fatto in modo molto diverso da come è stato in seguito portato avanti sotto Krusciov, che ha "riabilitato" molti che erano indiscutibilmente colpevoli. Alcune delle altre riforme di Beria furono in gran parte realizzate, tra cui:

a) Amnistia per un milione di quelli imprigionati per crimini contro lo Stato.
b) La fine delle indagini sul "complotto dei medici"; unitamente all'ammissione che le accuse erano state ingiuste e che sarebbero seguite punizioni verso i funzionari del NKVD coinvolti, inclusa la rimozione di Kruglov, ex capo NKVD, dal Comitato Centrale. [11]
c) Frenare l'autorità della "Commissione speciale" del NKVD di condannare a morte le persone o a lunghe pene detentive.
d) In una mossa lottare non solo contro il "culto di Stalin", ma contro "culto dei leader" in generale, si vietava l'esposizione di ritratti dei leader durante i raduni per le feste. Questa misura fu revocata dalla direzione del Partito poco dopo la rimozione di Beria.

I passi di Beria verso le riforme democratiche

Ufficialmente Beria fu arrestato dai suoi colleghi membri del Politburo, più alcuni generali, il 26 giugno 1953. Ma i dettagli di questo presunto arresto sono torbidi e esistono versioni contraddittorie [12]. In ogni caso, durante il Plenum del luglio 1953 dedicato ad accusare Beria di vari crimini, Mikoyan disse:

Quando [Beria] ha fatto la sua comparsa sulla Piazza Rossa sopra la tomba del compagno Stalin, dopo il suo discorso gli ho detto: "Nel tuo discorso c'è un passaggio nel quale garantisci a ciascun cittadino i diritti e le libertà previsti dalla Costituzione. Anche nel discorso di un semplice oratore che non esprime parole vuote, e nel discorso di un ministro degli affari interni - che è invece un programma d'azione, è necessario che esso si traduca in pratica". Mi ha risposto: 'E io lo farò'. (Beria 308-9; Mukhin 178)

Beria aveva detto qualcosa che aveva allarmato Mikoyan. Apparentemente fu il fatto che, in questo passaggio cruciale nel suo discorso sulla Piazza Rossa e in riferimento alla Costituzione, Beria omise qualsiasi riferimento al partito comunista e parlò solo di governo sovietico. Beria parlo per secondo, dopo Malenkov, un segnale pubblico che ora era la persona di secondo rango nello stato sovietico. Egli disse:

Gli operai, i contadini kolchoziani, l'intellighenzia del nostro paese possono lavorare pacificamente e con sicurezza, sapendo che il governo sovietico garantirà diligentemente e instancabilmente i loro diritti come scritto nella Costituzione di Stalin. . . . E d'ora in poi la politica estera del governo sovietico sarà quella della politica leninista-stalinista della conservazione e del rafforzamento della pace. . . (Beria, discorso).

Mukhin suggerisce la seguente plausibile spiegazione di questo passaggio:

La gente semplice capiva a malapena il significato di ciò che diceva Beria, ma per la nomenklatura del Partito questo fu un duro colpo. Beria intendeva guidare il paese senza il Partito, cioè senza di loro; promise alla gente di proteggere i loro diritti, che non sono stati dati loro dal Partito, ma dalla Costituzione! (Mukhin, 179)

A questo stesso Plenum del giugno 1953, Kruscev disse:

Ricordo, allora Rakosi [leader comunista ungherese] disse: vorrei sapere cosa si è deciso nel Consiglio dei ministri e cosa in seno al Comitato Centrale, che tipo di divisione dovrebbe esserci. . . . Beria allora disse con noncuranza: quale Comitato Centrale? Lascia decidere il Consiglio dei ministri e lascia che il Comitato Centrale si preoccupi dei quadri e della propaganda. (Beria 91)

Più tardi in questo stesso Plenum Lazar Kaganovich aggiunse al punto di Kruscev:

Il Partito per noi è la cosa più alta. A nessuno è permesso di parlare come quel mascalzone [Beria] che ha detto: il Comitato Centrale [è per] quadri e propaganda, non per la leadership politica, non per la guida di tutta la vita come noi, i bolscevichi, riconosciamo. (Beria 138)

Questi uomini sembrano aver creduto che Beria intendesse far uscire il Partito dal processo di gestione diretta del paese. Questo era molto simile a ciò per cui Stalin e i suoi più vicini collaboratori avevano lottato durante le discussioni costituzionali del 1935-37. Si può scorgere, di nuovo, il programma di Partito del 1947, della ristrutturazione di Stalin del partito bolscevico durante il 19° Congresso del partito e il successivo Plenum del Comitato Centrale solo pochi mesi prima. Il figlio di Beria, Sergo, afferma che suo padre e Stalin erano d'accordo sulla necessità di far uscire il Partito dalla gestione diretta della società sovietica:

I rapporti di mio padre con gli organi del Partito erano complicati. . . . [lui] non ha mai nascosto questi suoi rapporti con l'apparato del Partito. Ad esempio, ha detto direttamente a Kruscev e Malenkov che l'apparato del Partito corrompe le persone. Era necessario per le epoche precedenti, quando lo Stato sovietico si era appena formato. Ma, mio padre chiese loro, chi ha bisogno di questi controllori oggi?

Aveva lo stesso tipo di franchi colloqui con i direttori di industrie e fabbriche che, naturalmente, non si curavano affatto dei "parolai" del Comitato Centrale.

Mio padre era sincero con Stalin. Joseph Vissarionovich era d'accordo sul fatto che l'apparato del Partito si fosse sottratto alla responsabilità per questioni concrete e non avesse altro da fare che parlare. So che un anno prima della sua morte, quando Stalin presentò la nuova composizione del Presidium del Comitato Centrale, tenne un discorso in cui il punto principale era che era necessario trovare nuove forme di gestione del paese, che i vecchi modi non erano i migliori. A quel tempo si svolse una seria discussione sull'attività del Partito. (Sergo Beria, Moy Otets Lavrentii Beria)

La prevista ristrutturazione della relazione tra Stato e Partito da parte di Beria sarebbe probabilmente stata molto popolare tra i comunisti della base, per non parlare della maggioranza dei cittadini sovietici non appartenenti al Partito. Ma per la nomenklatura tutto ciò era molto minaccioso. Mukhin si esprime così in merito:

Beria non si è trattenuto nel mettere in testa alla gente l'idea che il Paese avrebbe dovuto essere governato, nel centro e nelle periferie, dai Soviet, come previsto dalla Costituzione, e il Partito avrebbe dovuto essere un organo ideologico che, attraverso la propaganda, avrebbe garantito che i deputati dei Soviet, a tutti i livelli, sarebbero stati comunisti (conquistati alla causa, ndt). Beria ha proposto di far risorgere il funzionamento della Costituzione in senso pieno, il suo slogan era: "Tutto il potere ai Soviet!". Beria operava esclusivamente nella sfera ideologica e questo doveva essere stato spiacevole per la nomenklatura, ma difficilmente fu preoccupante dal momento che avevano il potere, avrebbero selezionato i delegati al Soviet Supremo e li avrebbero istruiti in modo tale che le idee di Beria non sarebbero potute essere messe in atto. Ma, se Beria non avesse permesso ai segretari e al Comitato Centrale di dirigere le elezioni e la sessione del Soviet Supremo, allora che tipo di decisioni avrebbero raggiunto i deputati? (Ubiystvo 363-4)

Logicamente ciò avrebbe seriamente alienato Beria dalla maggior parte della Nomenklatura del Partito. (Ubiystvo 380) Krusciov guidava e rappresentava gli interessi di questo gruppo o, per lo meno, di una parte importante e attiva di esso. E Kruscev aveva un concetto abbastanza diverso di "democrazia". Il famoso regista Mikhail Romm ha registrato le parole di Krusciov in un incontro con gli intellettuali:

Naturalmente tutti noi qui vi abbiamo ascoltato, parlato con voi. Ma chi deciderà? Nel nostro paese la gente deve decidere. E le persone - chi sono? Queste sono il Partito. E chi è il Partito? il Partito siamo noi. Noi siamo il Partito. Ciò significa che decideremo noi. Io deciderò. Capite? (Alikhanov)

Come dice Mukhin: "Il Partito, come organizzazione di milioni di comunisti, era alla fine. Il gruppo di persone al suo vertice divenne il Partito". (Mukhin, Ubiystvo 494)

Le morti di Stalin e Beria. . . e gli altri?

Oltre alle misteriose circostanze della morte di Beria ci sono prove considerevoli che Stalin venne lasciato morire sul pavimento dell'ufficio nella sua dacia dopo aver subito un ictus o, forse, che fosse stato avvelenato. Non abbiamo tempo o spazio per riassumere queste speculazioni qui e in ogni caso, per i nostri scopi attuali non è necessario. L'ampia diffusione e credibilità di queste storie tra i russi di tutti i campi politici dimostra che molti russi ritengono che le morti di Stalin e di Beria siano state troppo convenienti per la nomenklatura. La prova che Beria, come Stalin, voleva una "perestroika comunista" - una "ristrutturazione", sebbene di potere politico, non economico, invece del super-sfruttamento capitalista e della spoliazione del paese che si produsse sotto quel nome dalla fine degli anni '80 - è del tutto indipendente da qualsiasi evidenza che possano essere stati assassinati. Il risultato immediato dei fallimenti di Stalin e di Beria nella democratizzazione fu di lasciare l'Unione Sovietica nelle mani della direzione del Partito. Nessuna democrazia operaia si è prodotta nell'Unione Sovietica. I massimi dirigenti del Partito continuarono a monopolizzare tutte le posizioni importanti, comprese quelle nello Stato e nell'economia, e si trasformarono in uno strato totalmente sfruttatore e parassitario con forti somiglianze con le loro controparti nei paesi francamente capitalisti.

Allo stato dei fatti, questo strato è ancora al potere oggi. Gorbaciov, Eltsin, Putin e gli altri leader della Russia e degli stati post-sovietici sono tutti ex membri della direzione del Partito. Hanno lungamente munto i cittadini dell'Unione Sovietica come funzionari super-privilegiati. Quindi, sotto la guida di Gorbachev, presiedettero alla privatizzazione di tutte le proprietà delle produzioni collettive appartenenti alla classe operaia dell'URSS, impoverendo non solo gli operai, ma nel processo anche l'ampia classe media. Questo è stato definito il più grande esproprio nella storia del mondo.[13] La nomenklatura del partito ha distrutto l'Unione Sovietica. (Bivens & Bernstein; O'Meara; Williamson) Per coprire i loro ruoli nelle massicce esecuzioni degli anni '30, e il loro successo nel frenare i tentativi di democratizzazione di Stalin, il loro rifiuto di attuare le riforme di Stalin e di Beria - in breve, di coprire il loro rifiuto di democratizzare l'Unione Sovietica - Krusciov e gli alti dirigenti del Partito accusarono Stalin di tutto, mentendo sull'esistenza di serie cospirazioni nell'URSS negli anni '30 e coprendo i loro ruoli nelle esecuzioni di massa che ne seguirono. Il "rapporto segreto" di Kruscev del 1956 fu il più grande colpo al movimento comunista mondiale nella storia. Ha incoraggiato gli anti-comunisti di tutto il mondo, i quali decisero che per una volta qui c'era un leader comunista in cui potevano credere. I documenti rilasciati dalla fine dell'URSS chiariscono che praticamente ogni accusa che Khrushchev aveva mosso a Stalin in questo rapporto era una menzogna. Questa consapevolezza, a sua volta, ci costringe a indagare sulle vere ragioni di Krusciov per attaccare Stalin nel modo in cui lo ha fatto. I ricercatori russi hanno già dimostrato che le accuse "ufficiali" contro Beria citate da Krusciov e i suoi sodali nella dirigenza sovietica sono false, o completamente prive di prove. Beria è stato giudicato e assassinato per ragioni che i suoi assassini non hanno mai rivelato. La "cortina di menzogne" che circonda entrambi questi eventi ci obbliga a chiederci: che cosa stava realmente accadendo? Il presente saggio prova a suggerire una risposta.

Conclusioni e ricerche future

Assodato che Stalin esplicitamente escluse i partiti politici dalla competizione nel suo piano per le elezioni aperte, è giusto chiedersi: quanto "democratico" sarebbe stato il risultato, se Stalin avesse seguito la sua strada? Le risposte alle domande sulla democrazia devono iniziare con un'altra domanda: "Cosa s'intende con 'democrazia'?" Nel mondo del capitalismo industriale significa un sistema in cui i partiti politici competono nelle elezioni, ma nel quale tutti i partiti politici sono controllati da persone e gruppi di élite, estremamente ricchi e altamente autoritari. Né "democrazia" significa che il capitalismo stesso potrebbe mai essere "cacciato" dal potere tramite votazioni. Questa "democrazia" è una forma e una tecnica del dominio della classe capitalista - in breve, "mancanza di democrazia". Le elezioni aperte tra cittadini e gruppi di cittadini, nei limiti dell'accettazione delle regole della classe operaia, avrebbero funzionato nell'URSS? Potrebbero funzionare in qualche futura società socialista? Qual è il ruolo della "democrazia rappresentativa", cioè delle elezioni, in una società che mira ad essere senza classi? Poiché queste disposizioni della Costituzione del 1936 non furono mai attuate nell'URSS, non potremmo mai sapere quali sarebbero stati i punti di forza e di debolezza di questa proposta. Marx ed Engels fecero importanti deduzioni sulla natura della democrazia proletaria basandosi nel loro studio della pratica della Comune di Parigi. È tragico pertanto che non abbiamo un'esperienza parallela di elezioni aperte in Unione Sovietica ai tempi di Stalin. Senza dubbio ci sarebbero stati sia punti di forza che punti deboli, dai quali avremmo potuto imparare molto. Gli studiosi motivati dall'anti-comunismo politico continueranno a dar adito al vecchio e falso, ma non ancora sufficientemente screditato, paradigma "anti-Stalin" dei kruscioviani e della Guerra Fredda. Ma il processo di reinterpretazione della storia dell'Unione Sovietica alla luce della grande mole di documenti sovietici precedentemente classificati è da tempo iniziato in Russia. Presto si diffonderà altrove. Uno degli scopi principali di questo saggio è quello di introdurre gli altri studiosi a questi nuovi sviluppi.

Un punto colpirà quasi tutti i lettori immediatamente. Secondo il paradigma del "culto della personalità", dell'adulazione che circondava Stalin, siamo stati condizionati a pensare a Stalin come a un "dittatore onnipotente". Questa falsità fondante del paradigma storico della guerra fredda e kruscioviano, demolita dalla ricerca qui riportata, ha fatalmente distorto la nostra comprensione della storia sovietica. In realtà, Stalin non è mai stato "onnipotente". È stato ostacolato dagli sforzi congiunti di altri leader del Partito. Non è mai riuscito a raggiungere il suo obiettivo di riforme costituzionali. Né fu in grado di controllare i primi segretari e il NKVD locale. Il "culto" ha mascherato queste lotte politiche. Le trascrizioni dei Plenum del Comitato Centrale dimostrano che, sebbene a volte i leader bolscevichi fossero in disaccordo con Stalin, ciò si manifestava raramente. Le dispute politiche non potevano essere portate allo scoperto e risolte, invece sono state affrontate in altri luoghi; alcuni di questi luoghi erano informali, come evidentemente nel caso dei primi segretari nel luglio 1937; alcuni erano trattati con metodi di polizia, il disaccordo politico veniva interpretato come opposizione ostile. Qualunque fosse il meccanismo, l'effetto del "culto" era autoritario e profondamente antidemocratico. Stalin sembra essere uno dei pochi dirigenti sovietici ad averlo capito fino ad un certo punto. Durante tutta la sua vita ha condannato il "culto" molte volte. [15] Chiaramente, però, non si era pienamente resoconto di quanto sarebbe stato inevitabilmente dannoso. Le conclusioni raggiunte qui, quasi interamente sulla base della ricerca di altri, suggeriscono alcune aree importanti per ulteriori indagini:

a) Quale forma può assumere la "democrazia" in una società socialista con l'obiettivo di svilupparsi verso una società senza classi? L'attuazione della Costituzione del 1936 prevista da Stalin avrebbe funzionato, sia per democratizzare l'Unione Sovietica, sia per ripristinare il ruolo del partito bolscevico al suo compito originario, in quanto organizzazione di devoti rivoluzionari il cui compito principale era condurre il paese verso il comunismo? Oppure questo modello incorporava già tanti aspetti dei concetti di democrazia capitalista borghese che avrebbe potuto affrettare, piuttosto che ostacolare, l'evoluzione dell'URSS verso il capitalismo?
b) Qual è il ruolo proprio di un partito comunista in una società del genere? Quali sono le forme specifiche di dirigenza politica che sono compatibili con l'emancipazione democratica della classe lavoratrice? Quali forme di leadership politica (ed economica) sono in contraddizione con questi obiettivi?

Una volta messa in discussione l'idea che le elezioni e il governo "rappresentativo" siano sufficienti per far sì che lo Stato esprima gli interessi degli operai e dei contadini, ne consegue che la Costituzione del 1936, anche se attuata, non sin può aver certezza che avrebbe garantito questi interessi. Questo potrebbe suggerire che la "soluzione" non sia quella di rendere lo Stato più forte e il Partito più debole - come sembravano pensare Stalin e Beria. I marxisti credono che lo Stato sarà governato o da una classe o un'altra, quindi se una nuova classe dominante sorge dallo strato superiore del Partito, o da qualsiasi altra parte della società, governerà e cambierà lo Stato per far sì che governi più efficacemente [per i propri interessi di classe, ndt]. Ciò a sua volta suggerisce che la distinzione Partito - Stato è artificiale e ingannevole e dovrebbe essere eliminata:

a) Il termine "burocratismo" - "burocrazia", mentre indica un tipo di problema, ne nasconde degli altri. Ritengo che le due domande sopra - la democrazia e il ruolo del partito - indichino modi più fruttuosi e più materialisti di pensare al problema del rapporto tra la parte organizzata, politicamente consapevole della popolazione di una società socialista o comunista, e la maggioranza meno organizzata e meno politicamente consapevole, ma ancora economicamente produttiva.
b) I bolscevichi in generale e Stalin in particolare, facevano una grossa distinzione tra politica, abilità tecnica o istruzione. Ma non affrontarono mai adeguatamente la contraddizione tra "rosso" ed "esperto", sappiamo che questo dilemma era stato definito durante la Rivoluzione Culturale cinese. L'idea condivisa da praticamente tutti i socialisti secondo cui il "controllo" o "supervisione" politica poteva essere separata dalla conoscenza tecnica e dalla produzione rifletteva, in parte, l'errata idea che la "tecnica" - la scienza - fosse politicamente neutrale e che se fatta in modo efficiente la stessa produzione economica era politicamente di "sinistra" o "comunista". Il dilemma della contraddizione tra Stato e Partito seguì da cui.
c) Cosa significa "democrazia interna al Partito" nel contesto di un partito comunista? Nell'URSS, molte delle forze di opposizione le cui opinioni furono sconfitte alle Conferenze e ai Congressi del Partito degli anni '20 si trasformarono in agenti cospiratori, con l'obiettivo finale di assassinare la dirigenza del Partito, organizzare un colpo di stato e arrivando addirittura a collaborare e a fare spionaggio per i poteri capitalisti ostili. Allo stesso tempo, i dirigenti locali del Partito svilupparono abitudini dittatoriali, che li alienarono dai membri della base (e naturalmente dalla più numerosa popolazione non comunista), e ciò per garantirsi privilegi materiali.

I benefici materiali degli alti funzionari del Partito devono aver giocato un ruolo importante, persino decisivo, nello sviluppo dello strato chiamato nomenklatura. Allo stesso modo, l'evidente obiettivo di Stalin di rimuovere il Partito dal governo diretto dello Stato e restituirlo a "agitazione e propaganda" potrebbe suggerire una certa consapevolezza di questa contraddizione di Stalin stesso, e forse anche di altri. Fino a che punto erano importanti i differenziali retributivi essenziali per stimolare l'industrializzazione nell'URSS? Se fossero stati essenziali, sarebbe stato un errore permettere ai membri del Partito di accedere a privilegi materiali: salari alti, alloggi migliori, negozi speciali, ecc.? Il contesto politico in cui sono state prese queste decisioni, tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30, deve essere indagato più a fondo. Le discussioni, ancora non disponibili, sulla fine del salario "massimo per il partito" nei primi anni '30, devono essere scoperte e studiate. Zhukov e Mukhin sembrano credere che la tattica che deducono, e attribuiscono a Stalin e Beria - quella di far uscire i dirigenti del Partito dalla gestione dello Stato - era in effetti la strada migliore per impedire al Partito di degenerare. Come sottolineo sopra, forse la vera causa della degenerazione è la difesa dei propri privilegi, piuttosto che la contraddizione "rosso contro esperto" in sé. Certo, gli incentivi materiali erano stati ritenuti necessari, in primo luogo, per reclutare intellettuali esperti, ma borghesi, anticomunisti e anti-operai, per aiutare a costruire la base industriale dell'URSS. Da lì si potrebbe sostenere che una maggiore retribuzione era necessaria per incoraggiare le persone tecnicamente qualificate (inclusi i lavoratori qualificati) ad aderire al Partito bolscevico; invece di lavorare duramente in condizioni di vita e di lavoro avverse, spesso a rischio per la propria salute e al costo di sacrificare la propria vita familiare. Da lì tutto il campionario delle disuguaglianze capitalistiche potrebbe essere, e forse lo era, giustificato. Forse Stalin e Beria credevano che restituire il Partito ad una funzione "puramente politica" avrebbe potuto prevenirne la sua degenerazione. Poiché questo piano - se era il loro - non è mai stato messo in atto, non possiamo giudicare. Ma sospetto che la questione degli "incentivi materiali", cioè la disuguaglianza economica, sia quella fondamentale. Nelle conversazioni con Felix Chuev, il vecchio Molotov meditava sulla necessità di una sempre maggiore "equità" e si preoccupava del futuro del socialismo nell'URSS, vedendo aumentare l'ineguaglianza. Molotov non rintracciò le radici di questo sviluppo nei giorni di Stalin o di Lenin. In realtà, Molotov, come Stalin, non fu in grado di esaminare criticamente l'eredità di Lenin, sebbene la necessità di preservare ed allargare le disuguaglianze per stimolare la produzione potesse essere rintracciata almeno fino a Lenin, se non addirittura al Marx della "Critica del programma di Gotha".

Le domande che si pongono inevitabilmente riflettono ed espongono delle preoccupazioni politiche, e le mie non fanno eccezione. Credo che la storia del partito bolscevico durante gli anni di Stalin - una storia offuscata dalle bugie anticomuniste e ancora da scrivere - abbia molto da insegnare alle generazioni future. Gli attivisti politici che guardano al passato come guida e studiosi politicamente consapevoli che credono che i loro più grandi contributi verso un mondo migliore possano concretizzarsi attraverso lo studio di tali lotte del passato, hanno molto da imparare dall'eredità dell'Unione Sovietica. Come i marinai medievali le cui mappe erano più immaginarie che fattuali, siamo stati tratti in inganno dalle storie "ufficiali" dell'URSS che sono fondamentalmente false. Il processo di scoperta della vera storia del primo esperimento socialista al mondo è appena iniziato. Come ogni lettore di questo saggio si renderà conto, ritengo che questo sia di immensa importanza per il nostro futuro.

note Parte II

[1] Il testo integrale della risoluzione è in Zhukov, Stalin. Vedi anche il precedente di Zhukov in Tayny 270-276, dove viene anche riprodotto il testo.
[2] Un'altra lettura degli archivi suggerisce che i numeri potrebbero essere 6, 6 e 5. Vedi Khlevniuk O., et al. eds, Politburo TsK VKP (b) i Sovet Ministrov SSSR 1945-1953. Mosca: ROSSPEN, 2002, 428-431.
[3] Pyzhikov attribuisce questa tensione democratica ai Leningraders, in particolare a Voznesensky. (Vedi anche il suo articolo "N.A. Voznesenski" su <http://www.akdi.ru/id/new/ek5.htm>). Ciò implicherebbe anche il sostegno di Zhdanov anche se la sponsorizzazione di Zhdanov non "si adatta" alla teoria di Pyzhikov sulle forze più filocapitaliste - Voznesenskii e i suoi compagni "Leningraders" - essendo la più "democratica". Né, dal momento che il "Leningraders" è rimasto forte fino al 1947, spiega perché il progetto non è stato adottato. Né indica, né tanto meno dimostra, alcuna connessione necessaria tra l'orientamento pro-capitalista e "beni di consumo" per cui Voznesensky era famoso e la democrazia politica. Infine, certamente non indica che Stalin non l'abbia sostenuto.
[4] Secondo Zhores Medvedev, l'archivio personale di Stalin fu distrutto immediatamente dopo la sua morte (Medvedev, Sekretnyi). Se è così, è ragionevole supporre, come Mukhin (Ubiystvo 612) che alcune delle sue idee debbano essere state ritenute molto pericolose, e tra queste, le idee espresse in questi due incontri. La mia analisi qui e in basso segue principalmente Mukhin, cap. 13 e Medvedev, op. cit.
[5] Era sicuramente inteso come misura unificante. Ciascuna delle Repubbliche costituenti dell'URSS conservava il proprio Partito: il Partito Comunista dell'Ucraina, della Georgia, ecc. Ciò aveva portato alcuni dirigenti del Partito a pensare che la Russia, la più grande delle Repubbliche, ma quella che non aveva Partito "proprio" fosse in svantaggio. Apparentemente una delle accuse più gravi contro i capi del Partito, processati e giustiziati nel "caso Leningrado" nel dopoguerra, era che stavano progettando di istituire un partito russo e spostare la capitale della Repubblica russa (non l'URSS stessa) a Leningrado. Probabilmente questo avrebbe potuto rendere la Russia ancora più potente ed esacerbata dallo sciovinismo grande-russo, quando ciò che era necessario era cementare le varie nazionalità sovietiche più vicine. Vedi David Brandenberger, "Stalin, l'affare di Leningrado e i limiti del russocentrismo del dopoguerra", Rivista russa 63 (2004), 241-255.
[6] L'incarico di "Primo segretario" fu creato solo dopo la morte di Stalin, per Krusciov.
[7] Citato in Mukhin, Ubiystvo 617.
[8] La prima pubblicazione che ho trovato è sul giornale di sinistra Sovetskaia Rossiia del 13 gennaio 2000, all'indirizzo <http://www.kprf.ru/analytics/10828.shtml>; in inglese, su <http://www.northstarcompass.org/nsc0004/stal1952.htm>.
[9] Mukhin ritiene che questo sia stato un errore fatale. Sostiene che era nell'interesse del Nomenklatura del Partito che Stalin morisse pur essendo tuttora segretario del Comitato Centrale (anche se non era più "Segretario Generale") e Capo dello Stato - in altre parole, mentre era ancora unito, in una persona, capo del Partito e capo dell'intero paese. Quindi il suo successore come segretario del C.C. molto probabilmente sarebbe stato accettato dal paese e dal governo come capo di stato. Se ciò fosse accaduto, il movimento per far uscire la Nomenklatura del Partito dalla gestione del paese sarebbe giunto alla fine (Mukhin, Ubiystvo, 604 e 13 passim).
[10] Ho delineato i tratti più generali delle riforme di Beria, sia quelle effettuate sia quelle che propose, in Kokurin e Pozhalov, Starkov, Knight, e Mukhin, Ubiystvo. Tutti i recenti libri su Beria citati nella bibliografia ne trattano parimenti.
[11] Nel suo "Rapporto Segreto" Krusciov denunciò anche il "complotto dei medici" come una montatura. Ma ebbe la sfrontatezza di dare la colpa a Berija, che in realtà aveva liquidato l'inchiesta, mentre lodava Kruglov, il capo dell'NKVD responsabile di questa montatura, e che Krusciov aveva riabilitato come membro del C.C. e che era seduto tra il pubblico mentre parlava Krusciov.
[12] Ci sono molte prove che suggeriscono che Beria sia stata effettivamente ucciso il giorno del suo arresto. Suo figlio Sergo Beria, nelle sue memorie, afferma che gli ufficiali del "processo" dissero che suo padre non era presente. Mukhin dice che Baybakov, l'ultimo membro vivente di quel C.C nel 1953, gli disse che Beria era già morto al momento del Plenum del luglio 1953, ma i membri non lo sapevano all'epoca (Sergo Beria, Mukhin, Ubiystvo 375). Amy Knight, p. 220, riferisce che lo stesso Krusciov due volte dichiarò che Beria era stata ucciso il 26 giugno 1953, ma in seguito cambiò la sua versione. Nel frattempo, i documenti del processo Beria sono stati "rubati" dal loro archivio, quindi nemmeno la loro esistenza può essere verificata (Khinshtein 2003). Tuttavia alcuni ricercatori, come Andrei Sukhomlinov (pp. 61-2), continuano a trovare le prove dell'omicidio di Beria poco convincente.
[13] Questo termine, "il più grande furto della storia", è ampiamente usato per descrivere la "privatizzazione" delle proprietà statali collettivamente create e, precedentemente, di proprietà collettiva dell'URSS. Per alcuni esempi, vedi "The Russian Oligarchy: Welcome to the Real World", The Russian Journal, 17 marzo 2003, su <http://www.russiajournal.com/news/cnews-article.shtml?nd=36013> ; Raymond Baker, Centre for International Policy, "A Clear and Present Danger," Australian Broadcasting Corp, 2003, all'indirizzo <http://www.abc.net.au/4corners/stories/s296563.htm>.
[14] Per il novembre 2005 sto preparando un articolo che documenta le bugie di Khrushchev nel "Rapporto Segreto", con la pubblicazione prevista per febbraio 2006, il 50 ° anniversario del discorso di Krusciov.
[15] Roy Medvedev, Let History Judge: The Origins and Consequences of Stalinism, cita alcuni passaggi in cui Stalin fa questo. Vedi pp. 150, 507, 512, 538, 547 dell'edizione Knopf del 1971. Altri ancora sono venuti alla luce dalla fine dell'URSS. Per un esempio, vedi The Diary of Georgi Dimitrov 1933-1949, ed. & intro. Ivo Banac (New Haven, CT: Yale University Press, 2003), 66-67.


Note aggiuntive

Nota sul lavoro di Yuri Zhukov:

Ad oggi c'è stato un esteso attacco scientifico alla tesi di Zhukov - quella della prof. Irina V. Pavlova, "1937: Vybory kak mistifikatsiia, terror kak real'nost", "Voprosy Istorii 10, 2003 19-36. Pavlova è una feroce anticomunista della scuola del "totalitarismo", la cui ostilità ideologica al comunismo mina la sua ricerca storica. Ad esempio, ha mentito sulla ricerca di Getty per cercare di screditarlo. Pavlova sta scrivendo propaganda, non storia. Pavlova si riferisce solo agli articoli di Zhukov in KP; lei lo scrisse prima della pubblicazione di Inoy Stalin. Le critiche di Pavlova si basano sul presupposto che i processi di Mosca e quello di Tukhachevskii etc. sono stati montati ad arte, e l'intera campagna costituzionale ed elettorale è stata una deliberata "copertura" per questa repressione. Pavlova afferma anche che, poiché il Soviet Supremo non aveva un vero potere politico nel 1936, le elezioni aperte non gli avrebbero dato alcun potere. Se per "potere" Pavlova significa la capacità di spodestare il partito bolscevico dalla sua posizione dominante nell'URSS e di annullare il socialismo, ha indubbiamente ragione: sicuramente Stalin non aveva intenzione di permettere una controrivoluzione attraverso i mezzi costituzionali. Né è permesso in nessun paese democratico borghese. Ma se lei intende "potere" per influenzare le politiche statali ed esercitare pressioni, entro certi limiti, sulle specifiche politiche sociali e sul Partito bolscevico stesso - cioè il tipo di potere determinato dalle elezioni nelle democrazie borghesi - allora non può avere ragione.

Nota su Iuri Mukhin, “Ubiystvo Stalina i Beria”:

Questo libro di Mukhin è spesso respinto da coloro che non sono vicini alle sue conclusioni sulla base del fatto che ha fatto osservazioni che possono essere interpretate come antisemitiche. Va notato che Mukhin fa osservazioni contro l'antisemitismo in questo stesso libro. Questo documento non attinge a nessuno dei passaggi in cui possono essere addotte affermazioni antisemite. Mukhin ha anche preso posizioni eccentriche su alcuni argomenti non trattati in questo libro. Non attingo neanche nessuna di quelle opere. La stessa cosa potrebbe e dovrebbe essere detta quando gli studiosi anti-comunisti sono citati - il fatto dei loro pregiudizi anti-comunisti non significa che non possano, a volte, avere alcune preziose intuizioni. E, naturalmente, l'anti-comunismo è normalmente strettamente allineato all'antisemitismo. Né comunista né ebreo, Mukhin mostra ostilità ad entrambi, ma non è né un anticomunista convenzionale né un antisemita convenzionale. L'analisi di Mukhin sulle fonti primarie e secondarie è spesso molto netta, e io uso, e cito, dove trovo utile. Naturalmente, la citazione di quelle delle analisi di Mukhin che l'autore ritiene utili non implica l'accordo su parti della sua analisi che non sono citate. Né Mukhin è responsabile per alcun uso che ho fatto della sua ricerca. Ho controllato ogni riferimento fatto da Mukhin e da tutti gli altri studiosi citati qui, tranne nel caso di fonti primarie disponibili solo per coloro che lavorano negli archivi.




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- - - , "Stalin ne nuzhdalsia v partii vlasti," Politicheskiy Zhurnal, Arkhiv No 15 (18) 26 April 2004. At <http://www.politjournal.ru/index.php?action=Articles&dirid=50&tek=1114&issue=31>.
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- - -, Tayny Kremlia: Stalin, Molotov, Beria, Malenkov. Moscow: Terra-Knizhnyy Klub, 2000.
- - -, "Zhupel Stalina", Komsomolskaya Pravda, November 5, 6, 12, 13, 14, 15, 19, 20, 2002. Also widely available on the Internet, e.g. at <http://www.x-libri.ru/elib/smi__958/>.

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Grover Furr è senz’ombra di dubbio un grande storico che va apprezzato moltissimo per il suo lavoro di ricerca sull’Unione Sovietica. Tuttavia egli ha anche alcuni limiti, come peraltro lo stesso Jurij Zhukhov (cui Furr si ispira). Questo articolo è una piena dimostrazione dei suddetti limiti, giacché in esso è possibile ritrovare idee e concezioni che non stanno né in cielo né in terra e che non hanno nulla a che vedere né con Stalin né col marxismo-leninismo.
Affermare che Stalin, Berija, Molotov, Malenkov e gli altri genuini marxisti-leninisti si batterono per trasferire il potere ai Soviet elettivi, significa implicitamente affermare anche che in Unione Sovietica i Soviet non ebbero mai realmente il potere decisionale e che, quindi, Trotskij avesse pienamente ragione nel dire che dopo la morte di Lenin i Soviet persero tutto il loro potere. Sostenere simili teorie quindi significa strizzare incoscientemente l’occhio a Trotskij e ai suoi seguaci. Come invece la Storia ha pienamente dimostrato, i Soviet non persero mai realmente il loro potere decisionale, e basta leggere i discorsi e le opere di Stalin e degli altri dirigenti sovietici dell’epoca per rendersene conto. Certamente, durante il periodo staliniano esistettero alcune tendenze burocratiche in seno agli apparati statali, tuttavia simili tendenze non furono mai la maggioranza assoluta (come affermano Jurij Zhukhov e Furr), e furono sempre efficacemente ed energicamente combattute dalla direzione del Partito e dello Stato: “Dobbiamo superare il pericoloso preconcetto, nutrito da alcuni quadri di Partito e dei Soviet, che possiamo conquistare facilmente la fiducia del popolo e dormire sonni tranquilli, in attesa che ci vengano offerti incarichi a casa loro tra applausi scroscianti, per i servizi resi in precedenza. Con lo scrutinio segreto non sarà possibile dare per scontata la fiducia del popolo... Molti quadri di Partito e dei Soviet, pensano che il loro compito sia finito quando vengono eletti nei Soviet. Questo è testimoniato dal gran numero di quadri che non partecipano alle sedute dei Soviet, che non adempiono alle funzioni di base... molti dei nostri quadri nei Soviet tendono ad acquisire caratteristiche burocratiche e hanno molti punti deboli nel loro lavoro; sono pronti a rispondere per il loro lavoro 10 volte davanti all’ambiente “familiare” del Partito, piuttosto che presentarsi a una seduta del plenum sovietico ed esporsi a una critica o autocritica. Credo ne siate a conoscenza come lo sono io” (Andrej Zdanov, Problemi Organizzativi del Partito Comunista, pag. 9).
Lo stesso Stalin peraltro fu sempre pienamente cosciente del ruolo che i Soviet avrebbero dovuto ricoprire nella società socialista sovietica: “I Soviet sono l'organizzazione di massa di tutti i lavoratori della città e della campagna. Non sono un'organizzazione di Partito. I Soviet sono l'espressione diretta della dittatura del proletariato. Attraverso i Soviet passano tutte le misure di ogni genere che sono destinate al consolidamento della dittatura e all'edificazione del Socialismo. Attraverso i Soviet si realizza la direzione statale dei contadini da parte del proletariato. I Soviet uniscono le masse di milioni di lavoratori all'avanguardia del proletariato” (Stalin, Questioni del leninismo). Nessun dirigente di Partito ha mai contraddetto queste giuste affermazioni, ed anzi questa particolare opera di Stalin fu fra le più stampate, riprodotte e lette all’epoca. Per cui mi sembra alquanto fantasioso asserire che i Soviet non avessero alcun tipo di potere e che la burocrazia avesse segretamente preso in mano la direzione dello Stato sovietico. Fra l’altro, se Stalin avesse voluto realmente attuare delle riforme democratiche al fine di consegnare il potere ai Soviet (che quindi non ce l’avevano), ciò implicherebbe che lo stesso Stalin fosse a conoscenza di questa “presa di potere” da parte della burocrazia. Perché allora in nessuna sua opera e in nessun suo discorso si trova alcuna traccia di ciò? E per quale motivo questa presunta “burocrazia al potere” non liquidò mai Stalin, che secondo questa teoria sarebbe stato colui che appunto avrebbe voluto restituire il potere ai Soviet? Se questa fantomatica “burocrazia al potere” non riuscì mai a liquidare fisicamente Stalin e i presunti fautori della “democratizzazione del governo sovietico”, evidentemente significa che essa non era poi così influente all’interno del Paese, che essa, pur esistendo, non era la maggioranza e che Stalin e i suoi “fedelissimi” non erano affatto una minoranza.
Nessuno mette in discussione il fatto che durante l’epoca di Stalin, in particolar modo durante il tardo periodo staliniano, vi siano stati molti scontri fra i genuini marxisti-leninisti capeggiati appunto da Stalin e i fautori delle tendenze burocratiche all’interno del Partito. Sarebbe anzi strano se simili scontri non fossero mai avvenuti, dato che la società socialista è caratterizzata da una spietata lotta fra il vecchio ed il nuovo, fra i fautori della linea rivoluzionaria e quelli della linea controrivoluzionaria. Altra cosa però è dire (come si fa in questo scritto) che Stalin e i suoi sostenitori all’interno del PCUS intendessero rimuovere il Partito dalle cariche direzionali dello Stato e trasformarlo in un organismo dedito solo all'agitazione e alla propaganda. Simili fantasiose interpretazioni derivano da una forte misconoscenza dei principi marxisti-leninisti. Secondo i principi del leninismo, infatti, il Partito comunista è l’avanguardia cosciente e organizzata della classe operaia, è composto dagli elementi più coscienti e avanzati della classe operaia e delle altre classi disagiate ed ha il compito di guidare ideologicamente le masse popolari, in modo che esse assimilino la concezione comunista del mondo e che riescano, ad un certo punto, a governarsi da sole senza l’ausilio del Partito stesso. Per far ciò, il Partito durante la fase del Socialismo quindi deve avere il controllo degli organi culturali e deve altresì avere una forte influenza sulla società civile, poiché altrimenti sarebbe impossibile guidare le masse popolari e aiutarle ad assimilare la concezione proletaria del mondo. Lo stesso Stalin ribadì in numerose occasioni questo principio leninista, tant’è che una delle critiche che i comunisti sovietici mossero al Partito Comunista di Jugoslavia consistette precisamente nell’assenza di controllo, da parte di quest’ultimo, sulla società civile jugoslava e sugli apparati dello Stato: ”Caratteristico è il fatto che il Segretario dell'Organizzazione del Comitato Centrale del Partito jugoslavo sia il Ministro della Sicurezza dello Stato. In altre parole, i quadri del Partito sono di fatto soggetti alla sorveglianza del Ministro della Sicurezza. Secondo la teoria marxista, il Partito deve controllare tutti gli organi dello Stato, compreso anche il Ministero della Sicurezza, mentre in Jugoslavia avviene il contrario, essendo il Partito controllato di fatto dal Ministero della Sicurezza dello Stato. Come si può vedere, ciò spiega perché l'iniziativa delle masse in Jugoslavia non sia al livello richiesto. Resta inteso che non si può considerare marxista-leninista e bolscevica una tale forma di organizzazione del Partito comunista” (Lettera del Comitato Centrale del Partito Comunista (bolscevico) dell'Unione Sovietica al Comitato Centrale del Partito Comunista di Jugoslavia).
L’idea secondo cui il Partito debba essere solo un organo di agitazione e di propaganda e che esso non debba immischiarsi in questioni politiche ed economiche è propria dei revisionisti, in special modo dei titoisti jugoslavi, degli eurocomunisti e dei “comunisti di sinistra”. Non ha nulla a che vedere con Stalin e coi principi del marxismo-leninismo, come ha ben rilevato il compagno Enver Hoxha: “I revisionisti jugoslavi mantengono un’atteggiamento antimarxista anche nei confronti del ruolo guida del Partito comunista nell’edificazione del Socialismo. Secondo la “teoria” di Kardelj, il Partito non può dirigere nessuna attività economica o amministrativa, esso può e deve solamente esercitare la propria influenza attraverso il lavoro educativo presso gli operai, affinché questi siano in grado di comprendere correttamente il sistema socialista. La negazione del ruolo del Partito comunista nella costruzione del Socialismo e la riduzione di tale ruolo ad un “fattore ideologico” e “orientativo” sono in aperto contrasto con il marxismo-leninismo. I nemici del Socialismo scientifico “argomentano” questa tesi, sostenendo che la direzione del Partito è incompatibile con il ruolo determinante che debbono svolgere le masse di produttori, le quali, secondo loro, sono chiamate ad esercitare la loro influenza politica direttamente e non per il tramite del Partito comunista poiché una tal cosa rischierebbe di provocare il “dispotismo burocratico”! Contrariamente a queste tesi antiscientifiche dei nemici del Comunismo, l’esperienza storica ha dimostrato che il ruolo guida ed esclusivo del Partito rivoluzionario della classe operaia è indispensabile nella lotta per il Socialismo e il Comunismo. Si sa che il ruolo dirigente del Partito è una questione di vitale importanza per le sorti della rivoluzione e della dittatura del proletariato, questione che riflette una legge generale della rivoluzione socialista. Lenin dice che «la dittatura del proletariato può essere realizzata solo attraverso il Partito comunista» (V. I. Lenin. Opere, vol. 32, p. 226)” (Enver Hoxha, Autogestione jugoslava: teoria e pratica capitaliste). Stalin, certamente, si batté per rendere ancor più democratici il Partito e lo Stato rispetto a quanto già lo fossero all’epoca, ma non pensò mai di togliere al Partito Bolscevico il ruolo dirigente all’interno del Paese, poiché ciò sarebbe stato contrario ai principi del leninismo. Le interpretazioni di Furr poc’anzi analizzate derivano quindi da una totale assenza di discernimento dialettico, dall’incapacità di comprendere il ruolo complementare che nella società sovietica avevano i Soviet, il Partito e lo Stato e da una forte misconoscenza dei principi del marxismo e del leninismo.
 
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Premessi limiti e i soggettivismi dell'articolo, che ci sono, ed è vero anche perchè si tratta di una interpretazione storiografica, credo che l'interesse sia non tanto nell'avvalorarne semplicemente i contenuti (discutibili talvolta, Zhukov è pur sempre uno storico borghese per quanto non anti-staliniano) quanto piuttosto nello spunto di riflessione sulle origini effettive del revisionismo in seno al PCUS. Furr stesso non nega quanto affermi: cioè che Stalin e la dirigenza riuscirono efficacemente ad arginare certe tendenze nocive di alcuni elementi burocratici, semmai che questi tentativi di arginamento non furono portati fino in fondo, anche per la sopraggiunta morte di Stalin (e di Zdanov stesso prima ancora), tanto da impedire quello che poi fu il termidoro Kruscioviano. Infatti mi sembra storicamente scorretto quanto affermi:

CITAZIONE
E per quale motivo questa presunta “burocrazia al potere” non liquidò mai Stalin

non lo liquidò in vita, ma post-mortem, e liquidando Stalin col XX Congresso, liquidarono anche il marxismo-leninismo in URSS. Del resto la dura lotta contro la burocrazia che vide il compagno Stalin in prima fila non avrebbe avuto senso se questa lotta interna (riflesso della lotta di classe fuori dal partito fra vecchi e nuovi elementi della società) non avesse avuto motivo di essere o fosse stata solo un problema di piccola portata. E di conseguenza il revisionismo sarebbe l'atto di una singola figura (Krusciov) che dal nulla e da solo avrebbe rovesciato le sorti della storia, insomma una lettura totalmente idealistica.
Poi sui singoli aspetti della narrazione ci sono anche in questo scritto probabilmente delle estensioni e forzature, ma, ripeto, è solo un spunto di riflessione interessante non da prendere per oro colato.
 
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CITAZIONE
Furr stesso non nega quanto affermi: cioè che Stalin e la dirigenza riuscirono efficacemente ad arginare certe tendenze nocive di alcuni elementi burocratici, semmai che questi tentativi di arginamento non furono portati fino in fondo, anche per la sopraggiunta morte di Stalin (e di Zdanov stesso prima ancora), tanto da impedire quello che poi fu il termidoro Kruscioviano. Infatti mi sembra storicamente scorretto quanto affermi:

E questo è vero, non si riuscì a portare la lotta contro la burocrazia fino in fondo, anche per via della sopraggiunta morte di Stalin. Tuttavia affermare (come fanno Furr e Zhukhov) che questa burocrazia costituisse una maggioranza, e che furono solo in pochi (Stalin, Berija, Malenkov, Molotov) a lottare contro di essa mi sembra totalmente scorretto,. Così come è totalmente scorretto affermare che Stalin e i suoi sostenitori all’interno del Partito intendessero restituire il potere ai Soviet e rimuovere il Partito stesso dalle leve della dirigenza dello Stato socialista. È scorretto, perché affermando che Stalin intendesse restituire il potere ai Soviet è implicita l’affermazione che i Soviet non avessero realmente il potere, di contro a quanto lo stesso Stalin affermò in numerose occasioni in polemica coi trotskisti all’estero, i quali appunto affermavano che nell’URSS i Soviet non contassero più nulla e che fosse tutto diretto dall'alto. Quanto al Partito, il leninismo afferma che esso deve avere la dirigenza degli organi statali, per cui affermare che Stalin e i suoi sostenitori intendessero rimuoverlo dalle cariche dirigenziali è totalmente errato.

CITAZIONE
non lo liquidò in vita, ma post-mortem, e liquidando Stalin col XX Congresso, liquidarono anche il marxismo-leninismo in URSS. Del resto la dura lotta contro la burocrazia che vide il compagno Stalin in prima fila non avrebbe avuto senso se questa lotta interna (riflesso della lotta di classe fuori dal partito fra vecchi e nuovi elementi della società) non avesse avuto motivo di essere o fosse stata solo un problema di piccola portata. E di conseguenza il revisionismo sarebbe l'atto di una singola figura (Krusciov) che dal nulla e da solo avrebbe rovesciato le sorti della storia, insomma una lettura totalmente idealistica.

Il problema del burocratismo certamente non era di poca rilevanza, ma non era neanche di portata immane come lo dipingono Zhukhov e Furr. Era uno fra i tanti problemi che l’Unione Sovietica doveva quotidianamente affrontare e che per quanto possibile venne arginato. Furr invece sostiene che la lotta di Stalin contro la burocrazia fosse paragonabile a quella di Davide contro Golia, in uno scenario che vede la burocrazia al comando dello Stato e uno Stalin isolato che combatte contro i mulini a vento, cercando di fermare questa situazione di potere burocratico. È contro questa teoria che era rivolta la mia affermazione, perché in un simile scenario sarebbe del tutto incomprensibile il perché Stalin non venne fatto fuori dall’onnipotente burocrazia. Quanto all’ascesa del revisionismo sono d’accordo.
 
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Lo stesso burocratismo è la conseguenza politica di qualcosa di molto più profondo, ovvero il costituirsi - nella sfera della produzione - di una nuova borghesia a partire dagli elementi ancora capitalistici nei rapporti di produzione. E questo non è un problemino tra gli altri, ma un problema centrale, il più importante probabilmente, dato che da questo dipendono le sorti della rivoluzione.

Che Stalin abbia combattuto le derive burocratiche è fuori di dubbio. Ma che Stalin abbia sottovalutato(cosa che ha determinato/aiutato la controrivoluzione futura) l'origine di classe di quel burocratismo, è altrettanto sotto l'occhio di tutti e ne abbiamo discusso moltissimo io e il compagno Nikos nella discussione su Hoxha.

Le controrivoluzioni avvengono se c'è una classe disposta a farle e questa classe nuovoborghese(composta di dirigenti di imprese, tecnici, manager minori etc) esisteva ed era ben viva e vegeta. Krusciov e compagnia non furono che il sintomo di influenze nuovoborghesi consolidate nel Partito, talmente consolidate da riuscire ad isolare - infine - la sinistra staliniana.

Quindi non si tratta di onnipotenza della burocrazia, ma di presa del potere da parte di una classe sociale ben precisa che pian piano si è fatta strada nel Partito fino a realizzare il proprio Termidoro. Come al solito la questione sta nel ragionare dialetticamente e non in modo meccanico/fisso.
 
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A dire il vero io, pur sostenendo l’operato del Presidente Mao e pur professandomi maoista, sono più vicino alle posizioni sovietiche circa l’esistenza della borghesia nel Socialismo. Non condivido quindi la teoria della nuova borghesia, o per meglio dire, pur condividendone la sostanza, non condivido l’utilizzo del termine “borghesia” in riferimento ai controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato. Concordo coi cinesi nell’affermare che la società socialista sia caratterizzata da una spietata lotta fra il vecchio ed il nuovo, fra la via capitalista e quella socialista, ma non concordo con essi nell’affermare che nel Socialismo si crei una vera e propria borghesia (intesa in senso leninista), giacché nel Socialismo, pur esistendo ancora elementi capitalistici in economia, viene liquidata la proprietà privata dei mezzi di produzione e non possono perciò esistere proprietari privati dei mezzi di produzione che sfruttano il lavoro salariato (cioè i borghesi, appunto).
 
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Lo stesso burocratismo è la conseguenza politica di qualcosa di molto più profondo, ovvero il costituirsi - nella sfera della produzione - di una nuova borghesia a partire dagli elementi ancora capitalistici nei rapporti di produzione. E questo non è un problemino tra gli altri, ma un problema centrale, il più importante probabilmente, dato che da questo dipendono le sorti della rivoluzione.

Ruhan ha sottolineato perfettamente il punto, Sputnik, la questione della lotta a queste tendenze - che non furono affatto marginali o "problemi quotidiani", tanto è vero che ne scaturì una profonda lotta che si inseriva nel contesto delle grandi lotte che furono il periodo delle cosiddette purghe; non a caso molti sabotatori erano anche a capo di organi dirigenti dello stato dal ministero degli interni o addirittura nelle prime segreterie dei partiti nazionali e regionali - è centrale.
 
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controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato

E questo è il punto. Non si tratta di controrivoluzionari annidati nello Stato o nel Partito, ma di dirigenti di impresa, manager su vari livelli, tecnici etc. i quali si costituiscono come classe(con precisi interessi di classe) per via degli elementi ancora capitalistici entro i rapporti di produzione. Con "nuova borghesia" si intende questa cosa qui, e non i controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato che sono il riflesso politico di una penetrazione di una classe che sta alle radici.

CITAZIONE
viene liquidata la proprietà privata dei mezzi di produzione e non possono perciò esistere proprietari privati dei mezzi di produzione che sfruttano il lavoro salariato (cioè i borghesi, appunto)

Questo non basta assolutamente. È un vecchio gioco di prestigio quello di presentare l'abolizione giuridica della proprietà privata come abolizione sostanziale del possesso privato dei mezzi di produzione. L'abolizione della proprietà privata è un passo preventivo necessario(ma non sufficiente) per stabilire un reale possesso dei mezzi produttivi da parte della collettività dei produttori. Ma questo - lo ripeto - non è assolutamente sufficiente. Una classe si configura per il ruolo che gioca nel modo di produzione e per i rapporti di cui è semplice elemento, non certo per il tipo di proprietà giuridica di cui gode, la quale - al contrario - è sempre e solo il riflesso, il sancimento giuridico di un rapporto che nasce nella produzione. Inutile stupirsi che quel rapporto non fosse ancora sancito anche giuridicamente, dato che con l'ondata controrivoluzionaria questo sporco lavoro poi venne tranquillamente fatto, fino alle estreme conseguenze del '91.

Inoltre non basta la proprietà statale giuridica ad eliminare rapporti di produzione basati sullo sfruttamento e sul sostanziale possesso minoritario dei mezzi di produzione. Esiste proprietà statale anche nel capitalismo monopolistico, il quale se ne serve per ridurre le spinte distruttive della concorrenza in particolari momenti o in particolari settori. E nondimeno esiste sfruttamento del lavoro salariato.

Si abolisce la proprietà dei mezzi di produzione per poter poi(in un secondo momento "logico") abolire la proprietà sui prodotti. Non si può però pensare che abolita la prima sia abolita necessariamente la seconda. E infatti in URSS - pur con proprietà statale - si videro fenomeni(poi divenuti la regola da Krusciov in poi) di dirigenti e tecnici di imprese che assorbivano parte del valore legato alle detrazioni socialiste - quella parte che viene detratta anche in socialismo, ma che dovrebbe in vari modi ritornare al produttore - alzandosi gli stipendi etc.

E non sempre gli operai sottoposti detenevano un reale controllo dei mezzi di produzione, sottostando di fatto a ritmi che originavano da quel rapporto di sudditanza rispetto alle dirigenze di impresa, le quali - entro quello stesso rapporto - imponevano i propri ritmi legati ai propri interessi di classe(incastrandoli abilmente entro gli obiettivi dei piani posti dal Partito).

È quindi errato pensare che una semplice misura giuridica(abolizione solo giuridica della proprietà e non esistenza giuridica di proprietari) corrisponda ad una reale scomparsa del possesso dei prodotti da parte di una classe minoritaria e ad una reale scomparsa di effettivi possessori/padroni. Una misura sovrastrutturale rimane quello che è: una misura sovrastrutturale. Quelli che contano sono i reali e strutturali rapporti di forza entro la sfera della produzione.

Il tuo discorso è esattamente quello che faceva Stalin e che portò infine al Termidoro kruscioviano.

CITAZIONE
ma non concordo con essi nell’affermare che nel Socialismo si crei una vera e propria borghesia (intesa in senso leninista)

In senso marxista e leninista(e quindi anche maoista) una classe è un semplice attore sociale che gioca una certa parte entro dati rapporti di forza nella sfera della produzione. È un semplice "momento" della produzione messo in soggetto storico. Questa è una classe. Non è certo un qualcosa che origini dal tipo di proprietà giuridica esistente.
Marxisticamente e leninisticamente parlando non si può mutare la struttura attraverso misure giuridiche - come pensano i borghesi e i socialdemocratici - ma solo ed unicamente cambiando i rapporti di forza entro la produzione. Poi si sancisce giuridicamente il cambiamento avvenuto a livello strutturale per poter avere strumenti politico-giuridici per arginare - con la coercizione - eventuali disordini e tentativi di cambiare - a favore della classe nemica - i rapporti di forza faticosamente imposti.
Questo è. Non puoi ribaltare i termini o basterebbe - come pensano alcuni rossobruni - nazionalizzare per avere il socialismo. Conta quali rapporti si instaurino entro quella nazionalizzazione, non la nazionalizzazione in sé che è solo un momento necessario, ma non sufficiente.

CITAZIONE
Concordo coi cinesi nell’affermare che la società socialista sia caratterizzata da una spietata lotta fra il vecchio ed il nuovo, fra la via capitalista e quella socialista,

Eh. E questo "vecchio" e "nuovo", questa "via socialista" e questa "via capitalista" sono termini astratti e che aleggiano nell'aria(come la "ignoranza" di cui parlano i borghesi) o - come impone il rigore marxista - sono semplicemente le tendenze(secondo i loro propri interessi) di precise classi?

Edited by Ruhan - 10/10/2020, 18:27
 
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Non condivido quindi la teoria della nuova borghesia, o per meglio dire, pur condividendone la sostanza, non condivido l’utilizzo del termine “borghesia” in riferimento ai controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato.

ma è una questione puramente semantica, e quindi più o meno ininfluente, o sostanziale?
perchè se la ritieni sostanziale, mi piacerebbe capire allora come possa esistere la lotta di classe in regime socialista, con quale classe lotta il proletariato in regime socialista, se la "borghesia" non esiste più?
mi piacerebbe capire come può un sistema socialista regredire a sistema capitalista, se non è presente una classe interessata ad attuare questa regressione.
mi piacerebbe capire in che modo inquadri quelle fasce sociali che vengono espropriate in caso di rivoluzione ed edificazione socialista, cosa fanno spariscono nel nulla? li consideriamo proletari solo perchè li obblighiamo al lavoro? facciamo finta che queste classi sociali non siano il principale motore di qualsiasi movimento controrivoluzionario in un paese socialista, e lo rimangono per decenni?
 
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CITAZIONE (Kollontaj @ 10/10/2020, 18:00) 
CITAZIONE
Non condivido quindi la teoria della nuova borghesia, o per meglio dire, pur condividendone la sostanza, non condivido l’utilizzo del termine “borghesia” in riferimento ai controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato.

ma è una questione puramente semantica, e quindi più o meno ininfluente, o sostanziale?
perchè se la ritieni sostanziale, mi piacerebbe capire allora come possa esistere la lotta di classe in regime socialista, con quale classe lotta il proletariato in regime socialista, se la "borghesia" non esiste più?
mi piacerebbe capire come può un sistema socialista regredire a sistema capitalista, se non è presente una classe interessata ad attuare questa regressione.
mi piacerebbe capire in che modo inquadri quelle fasce sociali che vengono espropriate in caso di rivoluzione ed edificazione socialista, cosa fanno spariscono nel nulla? li consideriamo proletari solo perchè li obblighiamo al lavoro? facciamo finta che queste classi sociali non siano il principale motore di qualsiasi movimento controrivoluzionario in un paese socialista, e lo rimangono per decenni?

Concordo.

E concordo anche con Khleb.
 
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Chiedo anticipatamente scusa ai compagni, ma questa sarà la mia prima ed ultima risposta. Non perché non abbia voglia di discutere con voi, bensì perché, avendo alcuni problemi alla vista, risulta per me molto complicato scrivere risposte assai lunghe e dettagliate (infatti per elaborare la prima risposta che ho scritto all’articolo di Furr ci ho impiegato un’ora e mezza e ne sono uscito visivamente molto stanco).

CITAZIONE
E questo è il punto. Non si tratta di controrivoluzionari annidati nello Stato o nel Partito, ma di dirigenti di impresa, manager su vari livelli, tecnici etc. i quali si costituiscono come classe(con precisi interessi di classe) per via degli elementi ancora capitalistici entro i rapporti di produzione. Con "nuova borghesia" si intende questa cosa qui, e non i controrivoluzionari annidati nel Partito e nello Stato che sono il riflesso politico di una penetrazione di una classe che sta alle radici.

I dirigenti d’impresa, però, nei Paesi socialisti non hanno un reale potere, non possono assumere e licenziare manodopera e devono attenersi completamente alle direttive statali. Il loro compito è quello di coordinare il lavoro complessivo dell’impresa di cui sono dirigenti, allo stesso modo in cui il Partito dirige e coordina le associazioni di massa del proletariato. Sono anch’essi lavoratori, poiché percepiscono un regolare stipendio (pagato dallo Stato) esattamente come i loro colleghi operai. Come fanno quindi ad essere una classe differente da quella lavoratrice? Anzi, è semmai l’esatto contrario, visto e considerato che i dirigenti e i tecnici non sono nient’altro che operai maggiormente qualificati rispetto agli altri operai. Non si tratta quindi di gente caduta dal cielo, di alieni venuti da un altro pianeta. Dando per buona la tua impostazione si dovrebbe giungere alla conclusione che i dirigenti, per il solo fatto di essere dirigenti siano capitalisti e borghesi, e si dovrebbe peraltro concludere che Capitalismo e Socialismo siano in fondo la stessa cosa, dato che in entrambi sussistono la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo sfruttamento del lavoro salariato. Ovviamente, nessuno nega che in Unione Sovietica e negli altri Paesi socialisti siano esistiti molti dirigenti e funzionari corrotti, che si proclamavano fedeli alla linea del Partito e regolari esecutori delle direttive statali ma che al contempo facevano i loro porci comodi intascandosi una parte del valore prodotto dalla propria impresa. Da ciò però non ne consegue minimamente che essi fossero una classe a sé stante, poiché intascarsi una parte del valore prodotto da un’impresa per alzarsi lo stipendio non significa possedere privatamente i mezzi di produzione di quella particolare impresa. Se una cassiera del supermercato ruba i soldi dalla cassa, significa forse che il supermercato sia di sua proprietà? No.
Da come la stai mettendo tu, sembra che i dirigenti e i tecnici, per il solo fatto di essere tali, siano naturalmente portati alla controrivoluzione e a violare la proprietà socialista delle imprese. Non basta dire che i dirigenti sfruttassero il lavoro salariato e fossero proprietari dei mezzi di produzione, bisogna portare esempi concreti di ciò, altrimenti tali asserzioni equivalgono ad aria fritta. Ovviamente, il fatto che la proprietà privata dei mezzi di produzione fosse stata giuridicamente abolita non costituisce di per sé un’indicazione del fatto che fosse stata realmente abolita a tutti i livelli, tuttavia non mi risulta che in alcun Paese socialista sia mai esistito lo sfruttamento del lavoro salariato. Tu stesso infatti affermi che: “Marxisticamente e leninisticamente parlando non si può mutare la struttura attraverso misure giuridiche - come pensano i borghesi e i socialdemocratici - ma solo ed unicamente cambiando i rapporti di forza entro la produzione. Poi si sancisce giuridicamente il cambiamento avvenuto a livello strutturale per poter avere strumenti politico-giuridici per arginare - con la coercizione - eventuali disordini e tentativi di cambiare - a favore della classe nemica - i rapporti di forza faticosamente imposti”. Se quindi prima avvengono le misure strutturali e poi quelle sovrastrutturali, cioè, se prima avviene il cambiamento nella struttura e poi si sancisce giuridicamente questo cambiamento anche nella sovrastruttura, evidentemente ciò significa che in Unione Sovietica e negli altri Paesi socialisti la proprietà privata dei mezzi di produzione venne abolita de facto e non solo de iure, dato che, appunto, essa era giuridicamente assente. Fra l’altro andrebbe rilevato che i sovietici affermarono di aver raggiunto il Socialismo integrale e la liquidazione delle classi sfruttatrici solo nel 1936, non già nel 1917. E ciò è in pieno accordo con quanto abbiamo or ora affermato, giacché nella Costituzione del 1936 si sancì legalmente e giuridicamente l’assenza della proprietà privata entro le frontiere dello Stato sovietico.

CITAZIONE
Il tuo discorso è esattamente quello che faceva Stalin e che portò infine al Termidoro kruscioviano.

Il termidoro kruscioviano è avvenuto per ragioni sovrastrutturali, non strutturali.
Il revisionismo esiste in ogni Paese socialista, è un fenomeno la cui esistenza non è determinata dalla struttura e dai rapporti di produzione, bensì dal ritardo della coscienza sull’essere, la quale fa sì che determinati gruppi di persone, nonostante la loro appartenenza al movimento comunista, continuino ad essere influenzate dall’ideologia borghese e a voler tornare indietro, a voler fermare la marcia verso il Comunismo e arretrare gradualmente restaurando il Capitalismo. Spetta ai comunisti saper trovare una giusta linea che consenta di sconfiggere il revisionismo, e se Krusciov e la destra del Partito trionfarono ciò si deve solo ed unicamente al fatto che la sinistra staliniana non seppe elaborare una linea scientifica che le consentisse di fermare la deriva del revisionismo. Gli esponenti della sinistra del Partito non riuscirono a mobilitare le masse in difesa del Socialismo, si limitarono a difendere l’operato di Stalin e i principi del marxismo-leninismo, aspettando che le masse insorgessero da sé e spodestassero i revisionisti. Non seppero insomma muoversi correttamente e scientificamente. Situazione che andò a tutto vantaggio della destra e che consentì l’ascesa dei kruscioviani e la loro presa del potere.

CITAZIONE
Eh. E questo "vecchio" e "nuovo", questa "via socialista" e questa "via capitalista" sono termini astratti e che aleggiano nell'aria(come la "ignoranza" di cui parlano i borghesi) o - come impone il rigore marxista - sono semplicemente le tendenze(secondo i loro propri interessi) di precise classi?

La lotta fra il vecchio ed il nuovo, fra gli esponenti della linea rivoluzionaria e quelli della linea controrivoluzionaria consiste precisamente nella lotta fra coloro che hanno assimilato la concezione comunista del mondo e coloro che, irretiti ancora dall’ideologia borghese a causa del ritardo della coscienza sull’essere (che esiste in qualunque contesto), vogliono fermare la marcia verso il Comunismo e restaurare gradualmente il Capitalismo. Né più né meno.

CITAZIONE
perchè se la ritieni sostanziale, mi piacerebbe capire allora come possa esistere la lotta di classe in regime socialista, con quale classe lotta il proletariato in regime socialista, se la "borghesia" non esiste più?

La lotta di classe in regime socialista si esprime mediante tre forme: la lotta contro gli elementi superstiti delle classi sfruttatrici già rovesciate (che non detengono più la proprietà privata dei mezzi di produzione ma che vorrebbero riconquistarla), la lotta contro coloro che sono irretiti dall’ideologia borghese e mirano perciò a restaurare il Capitalismo perché pensano che sia migliore rispetto al Socialismo, e la lotta contro le attività sovversive degli elementi nemici che vengono dall’esterno .

CITAZIONE
mi piacerebbe capire come può un sistema socialista regredire a sistema capitalista, se non è presente una classe interessata ad attuare questa regressione

Nei Paesi socialisti esistono persone interessate alla restaurazione del Capitalismo. Semplicemente non si tratta di una vera e propria classe (nel senso leninista del termine), bensì dei vecchi esponenti della borghesia spodestata che ormai non detengono più i mezzi di produzione (ma che vorrebbero riconquistarne la proprietà abbattendo il Socialismo) e di persone irretite dall’ideologia borghese nonostante la loro origine sociale non borghese.

CITAZIONE
mi piacerebbe capire in che modo inquadri quelle fasce sociali che vengono espropriate in caso di rivoluzione ed edificazione socialista, cosa fanno spariscono nel nulla? li consideriamo proletari solo perchè li obblighiamo al lavoro? facciamo finta che queste classi sociali non siano il principale motore di qualsiasi movimento controrivoluzionario in un paese socialista, e lo rimangono per decenni?

Lenin mi pare sia stato molto chiaro su questo punto: «Si chiamano classi quei gruppi di persone che si differenziano per il posto che occupano nel sistema storicamente determinato della produzione sociale, per i loro rapporti (per lo più sanzionati o fissati da leggi) con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell’organizzazione sociale del lavoro, e quindi, per il modo e la misura in cui godono della parte della ricchezza sociale di cui dispongono» (V. I. Lenin, La grande iniziativa, in Opere scelte, Edizioni Progress, Mosca, p. 499). È chiaro, quindi, che laddove vi sia assenza di proprietà privata dei mezzi di produzione non possa esistere alcuna borghesia in quanto classe. Nella società socialista tutti, controrivoluzionari inclusi, sono lavoratori, giacché non detengono in forma privata i mezzi di produzione. Altra cosa però è determinare chi intende appropriarsi della proprietà dei mezzi di produzione restaurando il Capitalismo, e chi invece intende procedere senza riserve nella marcia verso il Comunismo. È su queste basi dunque che si dirama la lotta di classe in regime socialista.
 
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view post Posted on 11/10/2020, 01:45
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CITAZIONE
Il termidoro kruscioviano è avvenuto per ragioni sovrastrutturali, non strutturali.

Con questa frase butti letteralmente nella pattumiera Marx, Engels e Lenin(e anche Stalin).

CITAZIONE
continuino ad essere influenzate dall’ideologia borghese e a voler tornare indietro, a voler fermare la marcia verso il Comunismo e arretrare gradualmente restaurando il Capitalismo

Quindi il revisionismo sarebbe determinato da una non precisata nostalgia romantica verso il passato. :D

Dici che continuano ad essere influenzati dall'ideologia borghese. Ohibò. Ideologia borghese che influenza il Partito senza nessun soggetto borghese portatore di quella ideologia per interessi precisi di classe.
L'influenza ideologica borghese, ma senza borghesia. Misteri dell'idealismo!

Tu stai semplicemente facendo una grande confusione, probabilmente influenzato dagli errori teorici dei nordcoreani.
L'influenza ideologica borghese non è determinata da un generico ritardo della coscienza rispetto all'essere. Questo ritardo esiste in precisi campi come la questione femminile, ad esempio, o per questioni legate agli intellettuali o per questioni legate ai costumi, ma non si può scomodare il ritardo della coscienza per spiegare la tendenza a ripristinare gli elementi capitalistici precedentemente cancellati o a rallentare la costruzione del socialismo. Abbi pazienza.

Queste tendenze sono state - storicamente - incarnate da precisi gruppi sociali isolabili scientificamente, non da generiche masse in ritardo o da generici intellettuali ritardatari. E questi precisi gruppi sociali sono legati a precisi rapporti di produzione ed essendo ad essi legati, ritardarono in ogni modo il loro rivoluzionamento, tentando infine di invertire la rotta.
Questo accade storicamente.

Le controrivoluzioni non avvengono per via di errori ideologici e per ritardatari dello spirito. Le controrivoluzioni vengono attuate da classi che hanno interesse ad attuarle. Il Termidoro francese non lo hanno compiuto persone in errore o nostalgici, ma classi che avevano interesse a compierlo..

Tu stai isolando il revisionismo ideologico staccandolo dalla sua base strutturale, la quale genera il revisionismo ideologico e politico come suo proprio riflesso sovrastrutturale. Stai così tornando dritto dritto verso l'idealismo.

CITAZIONE
Spetta ai comunisti saper trovare una giusta linea che consenta di sconfiggere il revisionismo, e se Krusciov e la destra del Partito trionfarono ciò si deve solo ed unicamente al fatto che la sinistra staliniana non seppe elaborare una linea scientifica che le consentisse di fermare la deriva del revisionismo. Gli esponenti della sinistra del Partito non riuscirono a mobilitare le masse in difesa del Socialismo, si limitarono a difendere l’operato di Stalin e i principi del marxismo-leninismo, aspettando che le masse insorgessero da sé e spodestassero i revisionisti. Non seppero insomma muoversi correttamente e scientificamente. Situazione che andò a tutto vantaggio della destra e che consentì l’ascesa dei kruscioviani e la loro presa del potere.

E questa destra nasceva sugli alberi o era il riflesso ideologico e politico di una influenza borghese sul Partito? Tu vuoi dare fuoco ai rami e ti rifiuti di riconoscere che esistono anche delle radici strutturali.

CITAZIONE
La lotta fra il vecchio ed il nuovo, fra gli esponenti della linea rivoluzionaria e quelli della linea controrivoluzionaria consiste precisamente nella lotta fra coloro che hanno assimilato la concezione comunista del mondo e coloro che, irretiti ancora dall’ideologia borghese a causa del ritardo della coscienza sull’essere (che esiste in qualunque contesto), vogliono fermare la marcia verso il Comunismo e restaurare gradualmente il Capitalismo. Né più né meno.

E perché sono "irretiti"? Perché vogliono fermare la marcia? Per qualche guizzo dello spirito, per qualche nostalgia romantica o perché la borghesia continua ad esistere anche dopo la rivoluzione(sia quella vecchia che quella nuova, sia quella interna che quella esterna) e - se non opportunamente fermata - ad agire grazie ai suoi contatti?

Questa tesi della coscienza e l'essere è un gioco di prestigio che funzionerebbe se e solo se il socialismo fosse il comunismo maturo, privo di ogni elemento capitalistico, privo della legge del valore etc. etc.
Ma così non è. E non bisogna scomodare nessun fantasioso ritardo per capire che in una fase di transizione esistono due elementi(strutturali) in lotta che si riflettono anche nelle sfere sovrastrutturali. Tu ragioni a-dialetticamente, come se il fatto che il socialismo sia una fase di transizione non significhi nulla in termini strutturali. Come se la lotta tra nuovo e vecchio si svolgesse tutta nella sfera delle idee e il socialismo fosse la transizione - non da un modo di produzione ad un altro - ma una transizione spirituale da un certo gruppo di idee ad un altro gruppo di idee. Come se la lotta avvenisse tutta tra le nuvole e non vi fosse nessuna contraddizione tra elementi capitalistici e socialisti nella struttura stessa.

CITAZIONE
La lotta di classe in regime socialista si esprime mediante tre forme: la lotta contro gli elementi superstiti delle classi sfruttatrici già rovesciate (che non detengono più la proprietà privata dei mezzi di produzione ma che vorrebbero riconquistarla), la lotta contro coloro che sono irretiti dall’ideologia borghese e mirano perciò a restaurare il Capitalismo perché pensano che sia migliore rispetto al Socialismo, e la lotta contro le attività sovversive degli elementi nemici che vengono dall’esterno .

Logica formale la tua. Queste tre forme non vanno prese isolatamente, ma collegate tra loro dialetticamente e poste in una precisa e materialistica gerarchia. O tanto vale buttar via il marxismo e darsi alla geopolitica borghese.

CITAZIONE
Lenin mi pare sia stato molto chiaro su questo punto: «Si chiamano classi quei gruppi di persone che si differenziano per il posto che occupano nel sistema storicamente determinato della produzione sociale, per i loro rapporti (per lo più sanzionati o fissati da leggi) con i mezzi di produzione, per la loro funzione nell’organizzazione sociale del lavoro, e quindi, per il modo e la misura in cui godono della parte della ricchezza sociale di cui dispongono» (V. I. Lenin, La grande iniziativa, in Opere scelte, Edizioni Progress, Mosca, p. 499). È chiaro, quindi, che laddove vi sia assenza di proprietà privata dei mezzi di produzione non possa esistere alcuna borghesia in quanto classe. Nella società socialista tutti, controrivoluzionari inclusi, sono lavoratori, giacché non detengono in forma privata i mezzi di produzione. Altra cosa però è determinare chi intende appropriarsi della proprietà dei mezzi di produzione restaurando il Capitalismo, e chi invece intende procedere senza riserve nella marcia verso il Comunismo. È su queste basi dunque che si dirama la lotta di classe in regime socialista.

Prova a meditare meglio quello che citi. Lenin scrive a chiare lettere:

《 per i loro rapporti (per lo più sanzionati o fissati da leggi) con i mezzi di produzione



Lo scrive a chiare lettere. I rapporti sono SANZIONATI, FISSATI tramite leggi e non le leggi fissate tramite i rapporti. Prima vengono i rapporti e poi tali rapporti vengono fissati, sanciti tramite la legge. Lo scrive a chiarissime lettere. Tu hai citato(convinto di farti un favore) una frase che conferma perfettamente la tesi di noialtri e ti ringrazio, ci hai risparmiato la fatica. :D

La tua inversione di senso è priva di riscontro teorico. Tu dici esattamente il contrario, ovvero che le leggi si fissano in rapporti: che l'abolizione giuridica della proprietà privata si fissa in abolizione sostanziale e liquidazione sostanziale di ogni elemento borghese vecchio e nuovo. Ciò che scrivi è socialdemocrazia pura: fare la rivoluzione per legge.

E Marx è chiarissimo su questo punto. Ad esempio in "Per la critica dell'economia politica" scrive:

《 a un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. 》



I rapporti di proprietà sono solo l'espressione giuridica dei rapporti di produzione! Non puoi semplicemente cambiare quell'espressione giuridica e aspettarti che muti(o che non possa mai più tornare) ciò che quei rapporti di proprietà esprimevano!

Tu inverti completamente i termini: cambi i rapporti di proprietà et voilà, il socialismo è bell'e che avviato, tutti sono lavoratori per legge! Il tuo socialismo è il socialismo di un avvocato, non di Marx o di Lenin.

CITAZIONE
I dirigenti d’impresa, però, nei Paesi socialisti non hanno un reale potere, non possono assumere e licenziare manodopera e devono attenersi completamente alle direttive statali.

Ascolta Sputnik, non prendiamoci per il culo. Sappiamo tutti benissimo che nella pratica era benissimo possibile aggirare i controlli, corrompere i dirigenti di partito locali etc.

Inoltre: cosa c'entra il poter assumere o licenziare con la distribuzione del prodotto? Cosa c'entrano le direttive statali(aggirabili se mutavano i rapporti di forza) con l'assorbimento del plusvalore detratto? Le direttive statali potevano anche essere seguite trovando eventuali cavilli per poter agire pur nel rispetto formale della legge. Dunque?

CITAZIONE
Il loro compito è quello di coordinare il lavoro complessivo dell’impresa di cui sono dirigenti, allo stesso modo in cui il Partito dirige e coordina le associazioni di massa del proletariato

E credi che non utilizzassero questa posizione di potere per poter girare i rapporti di forza(entro le singole imprese) a favore dei propri interessi di classe?

CITAZIONE
Sono anch’essi lavoratori, poiché percepiscono un regolare stipendio (pagato dallo Stato) esattamente come i loro colleghi operai. Come fanno quindi ad essere una classe differente da quella lavoratrice?

Anche un manager(con tutte le debite differenze) di un'azienda di stato borghese percepisce uno stipendio fisso pagato dallo stato ed è regolarmente assunto come tutti gli altri suoi colleghi. È anch'egli appartenente alla classe lavoratrice?

Il tuo è giochino retorico facilmente smontabile. Stai giocando al prestigiatore. Il fatto che siano stipendiati non significa che non possano avere interessi di classe distinti da quelli dei loro sottoposti. Ciò che fa la classe non è il tipo di contratto che ti lega ad una impresa, ma i reali rapporti di produzione, di scambio e di distribuzione e se tali rapporti(com'è ovvio in una fase di transizione) sono ancora inficiati da elementi capitalistici, va da sé che - volente o nolente - c'è il rischio che venga a costituirsi una classe distinta dalla massa dei lavoratori che rallenti o inverta il processo di trasformazione in senso socialista di tali rapporti.

La classe è semplicemente quel soggetto sociale che sorge da precisi rapporti produttivi e distributivi, quel soggetto sociale che "recita" la parte di uno dei momenti ed elementi di tali rapporti produttivi. Per dirla ancora più semplice: i dirigenti e tecnici andarono a costituire una nuova borghesia per il semplice fatto che beneficiavano di quegli elementi ancora capitalistici che il Partito voleva limitare o addirittura eliminare. Tutto qua. Non c'entra nulla la forma di "contratto" o non contratto: non puoi derivare la posizione sociale di un gruppo a partire da un fatto giuridico. La derivi dalla concreta posizione che gioca nel modo produttivo e dai concreti interessi che nutre..

CITAZIONE
Anzi, è semmai l’esatto contrario, visto e considerato che i dirigenti e i tecnici non sono nient’altro che operai maggiormente qualificati rispetto agli altri operai. Non si tratta quindi di gente caduta dal cielo, di alieni venuti da un altro pianeta.

Veramente chi sembrerebbe pensare che vengano dal cielo(e che ci rimangano) sei proprio tu, dato che nessuno qua sta dicendo che quei dirigenti fossero malvagi nel loro cuoricino dalla nascita. Questo semmai potresti pensarlo tu che trasformi il revisionismo in fatto di coscienza.

Qui si sta dicendo una cosa ovvia a livello marxista e leninista: tu ti trovi entro rapporti che non dipendono dalla tua volontà e se da quei rapporti ci guadagni, mentre dal loro smantellamento(dallo smantellamento di certi elementi ancora capitalistici) ci perdi, va da sé che ti girano le scatole e tenterai di ritardare il processo o di invertirlo. E questo non perché tu sia cattivo, ma perché - senza manco saperlo - reciti la parte di un momento della produzione, di un elemento dei rapporti sociali nella produzione; rapporti sociali che pur essendo già rivoluzionati in senso socialista, mantengono elementi che si trascinano dalla vecchia società(ad esempio la legge del valore) e sia che tu lo voglia, sia che tu non lo voglia, tu sei parte di quei rapporti produttivi e non di altri ubicati nel cielo.
E da quegli elementi ancora capitalistici vengono a formarsi interessi non-socialisti di chi ne trae beneficio e pian piano viene a formarsi un vero e proprio attore sociale con interessi contrari rispetto a quelli dei sottoposti e con un godimento(tramite infiltrazione nel Partito e nello Stato) sempre più spinto della propria posizione privilegiata.

È un processo di lenta corruzione delle strutture del Partito e dello Stato. Non avviene dall'oggi al domani. Quello che sulla carta(controllo statale degli obiettivi, stipendi ben fissati etc) sembra essere rispettato, tramite infiltrazione, corruzione etc. viene tranquillamente aggirato e pian piano la penetrazione nella burocrazia economica e poi politica si trasforma in qualcosa di molto più grande, fino alla eventuale conquista del Quartier Generale. E tale penetrazione e corruzione te la puoi permettere se dati elementi strutturali ti privilegiano nei rapporti di forza.

CITAZIONE
Dando per buona la tua impostazione si dovrebbe giungere alla conclusione che i dirigenti, per il solo fatto di essere dirigenti siano capitalisti e borghesi, e si dovrebbe peraltro concludere che Capitalismo e Socialismo siano in fondo la stessa cosa, dato che in entrambi sussistono la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo sfruttamento del lavoro salariato

A queste conclusioni giungi tu perché non hai una visione dialettica dei processi controrivoluzionari. Ti ho già risposto poco fa. Non sono borghesi perché sono dirigenti, ma divengono una classe per via dell'azione degli elementi ancora capitalistici entro la struttura. Questo processo è possibile evitarlo tramite azioni che controbilancino l'azione di tali elementi strutturali e tramite il perenne smantellamento di tali elementi(di modo che non si dia mai il tempo di formarsi come effettiva classe e di ribaltare i rapporti di forza nel tempo).
Sono processi che si distendono nel tempo. Tu ragioni in modo logico-formale e a-dialettico, ovvero: se divengono "borghesi", allora devono esserlo dal principio e sempre. Io non ho mai detto questo. Ho sempre parlato di un processo di rigenerazione della borghesia(intesa come classe che gioca un ruolo del tutto simile a quello giocato dalla vecchia borghesia) a partire dagli elementi ancora capitalistici entro la produzione.

Perché sì, caro Sputnik, il Socialismo è una fase di transizione e in quanto tale è una lotta dialettica tra due elementi strutturali. E in quanto tale il Socialismo non è che sia uguale al Capitalismo, ma si porta ancora appresso elementi del vecchio modo di produzione e quindi il processo di transizione è invertibile in senso controrivoluzionario se gli elementi capitalistici guadagnano forza convertendosi infine in elemento principale della contraddizione.
Non è che nel Socialismo esista sfruttamento e proprietà; semplicemente nel Socialismo possono guadagnare forza elementi capitalistici i quali di fatto ripristinano - lentamente - forme di possesso minoritario(di mezzi e prodotti) e dunque rapporti sempre più tendenti verso forme di sfruttamento(assorbimento del plusvalore detratto da parte dei dirigenti) fino al salto qualitativo controrivoluzionario in cui queste forme di possesso e sfruttamento divengono sistema.
Come prima: ragioni in modo a-dialettico. Per te un processo controrivoluzionario o esiste bell'e che fatto già dall'inizio, appena si mette piede nel socialismo, o non esiste..

CITAZIONE
Ovviamente, nessuno nega che in Unione Sovietica e negli altri Paesi socialisti siano esistiti molti dirigenti e funzionari corrotti, che si proclamavano fedeli alla linea del Partito e regolari esecutori delle direttive statali ma che al contempo facevano i loro porci comodi intascandosi una parte del valore prodotto dalla propria impresa.

Meno male che non lo neghi.

CITAZIONE
Da ciò però non ne consegue minimamente che essi fossero una classe a sé stante, poiché intascarsi una parte del valore prodotto da un’impresa per alzarsi lo stipendio non significa possedere privatamente i mezzi di produzione di quella particolare impresa. Se una cassiera del supermercato ruba i soldi dalla cassa, significa forse che il supermercato sia di sua proprietà? No.

L'ultima domanda retorica tenta di portare questioni propriamente scientifiche e teoriche sul piano del senso comune. E fallisci nell'intento, ragazzo mio, dato che ti è sfuggito un piccolo particolare: i rapporti di produzione.

Non basta intascare denaro per diventare borghese. Suvvia. L'intascare denaro è la manifestazione superficiale di un rapporto di produzione sbilanciato a livello strutturale e profondo!

Tu, come al solito, scambi i termini e così la parodia del marxismo è bell'e che fatta: la cassiera è una borghese! E giù le risate di tutto il pubblico. La ruberia eretta a causa della formazione di una classe..

Il discorso è ben diverso. Certo che non basta la ruberia a fare la classe, nessuno lo ha mai sostenuto. Io ho detto qualcosa di molto diverso: non è la ruberia a fare la classe, ma precisi rapporti di produzione e di scambio(i famosi elementi ancora capitalistici) a permettere quel tipo di ruberia all'elemento(una classe quindi) che di quegli elementi capitalistici beneficia in termini di rapporti di forza nell'impresa!

Quegli elementi capitalistici entro i rapporti di produzione permettono il lento ripristino di rapporti di forza sbilanciati che portano ad un possesso effettivo dei mezzi produttivi da parte delle dirigenze e ad una scarsissima partecipazione della base. Da qui poi si giunge - grazie a quei rapporti di forza ormai sbilanciati - al famoso parziale assorbimento del plusvalore "detratto"(le famose detrazioni di cui parla Marx) da parte delle dirigenze. Assorbimento che diventa sempre più sistematico(anche suscitando rialzi legali degli stipendi) fino ad essere sancito dallo stato stesso dopo l'eventuale controrivoluzione.

Non si tratta di una semplice ruberia qua e là, ma di un processo ben preciso e sistematico causato da precisissimi elementi strutturali che lo permettono, non da mele marce qua e là..

O forse gli elementi capitalistici agiscono solo in alcuni casi e in altri no? O forse i rapporti sociali possono esser vinti da virtù cardinali particolari? Se la risposta è sì, allora che il Signore vi benedica tutti, fratelli.

Se la risposta - come dovrebbe essere per chiunque abbia una visione marxista - è no, allora va da sé che quegli elementi capitalistici generano 1) attori sociali che ricoprono una precisa funzione legata a quegli elementi e che hanno interesse a mantenerli in quanto ne traggono beneficio e 2) processi di sbilanciamento dei rapporti di forza.
Questo è. E si può certamente tentare di porre soluzione e di impedire che questo avvenga, ma bisogna sapere che quella cosa accade inevitabilmente per poter porre una soluzione. Le tue posizioni - invece - ignorando questo processo inevitabile con giochi di parole e da avvocato, sono il semplice suicidio della rivoluzione.

CITAZIONE
Da come la stai mettendo tu, sembra che i dirigenti e i tecnici, per il solo fatto di essere tali, siano naturalmente portati alla controrivoluzione e a violare la proprietà socialista delle imprese.

Ti ho già risposto. Non è l'essere dirigenti o tecnici, ma l'essere dirigenti o tecnici(uniti poi alla burocrazia economica) entro rapporti di produzione, sì socialisti, ma - come in ogni fase di transizione - ancora inficiati da elementi del vecchio modo di produzione.

Stai semplicemente fraintendendo(senza saperlo o volutamente a fini retorici) ciò che ho scritto a chiarissime lettere.

CITAZIONE
Non basta dire che i dirigenti sfruttassero il lavoro salariato e fossero proprietari dei mezzi di produzione, bisogna portare esempi concreti di ciò, altrimenti tali asserzioni equivalgono ad aria fritta.

Stai abbastanza delirando, amico mio. Non siamo in una accademia. È una semplice discussione tra compagni circa un dato argomento. Questa ridicola richiesta di esempi concreti come se stessimo scrivendo una tesi di storia mostra quanto tu sia in difficoltà nel muoverti tra gli elementi teorici.

Perché sì, amico mio, tu fai continui e grossolani errori di teoria e ribalti continuamente la derivazione dei termini(ad esempio con i rapporti giuridici di proprietà e i rapporti di produzione).
Questo è il punto. Non la mancanza di esempi storici concreti, ma la tua incapacità teorica di interpretare marxisticamente il fenomeno del revisionismo.

Ti ho già spiegato cosa si intenda quando si parla di possesso dei mezzi e prodotti da parte della dirigenza e relativo sfruttamento e come il tutto sia legato alla marginalizzazione della partecipazione della base nelle decisioni interne, nell'effettivo possesso dei mezzi.

Ma dato che sei dubbioso, eccoti un estratto dal nostro forum(basta scartabellare e trovi di tutto qua dentro):
https://scintillarossa.forumcommunity.net/?t=49872694

Il 28 marzo del '53 viene comminata una amnistia per alcuni reati legati a corruzione, concussione, ruberie. È credibile che tale amnistia venga fatta per caso? O piuttosto è l'espressione giuridica di una situazione di fatto sistematica e di dati rapporti di forza ormai avviati? E questi rapporti di forza erano a favore della base? La base poteva permettersi di rubare impunemente, di corrompere impunemente etc? No di certo. Ma le dirigenze e burocrazie economiche sì. E se i rapporti di forza erano così sbilanciati, che razza di rapporti sociali ti aspetti che vi fossero nella sfera della distribuzione dei prodotti? Il Paradiso di Nostro Signore?

È un caso che tecnici agronomici etc. abbiano beneficiato della maggiore autonomia locale e mercantile nella produzione agricola? O piuttosto è il sancimento giuridico di rapporti di forza già consolidati?

Il riconoscimento giuridico di qualcosa è l'espressione giuridica di un rapporto di forza consolidato. È il suo semplice sancimento.
Tu ribalti i termini della questione finendo nell'idealismo.

CITAZIONE
Se quindi prima avvengono le misure strutturali e poi quelle sovrastrutturali, cioè, se prima avviene il cambiamento nella struttura e poi si sancisce giuridicamente questo cambiamento anche nella sovrastruttura, evidentemente ciò significa che in Unione Sovietica e negli altri Paesi socialisti la proprietà privata dei mezzi di produzione venne abolita de facto e non solo de iure, dato che, appunto, essa era giuridicamente assente.

E qua finalmente hai mostrato il fatto che ragioni effettivamente in modo meccanicistico e formale. In modo non dialettico. È ovvio che l'URSS quando abolisce la proprietà privata lo fa perché ha imposto nella struttura - tramite una rivoluzione, mica patatine - dati rapporti di forza. Ma ti ho spiegato(e spero di essere stato più chiaro in questo mio intervento) come non si tratti del Socialismo in sé, ma di un processo di lenta restaurazione che parte da quegli elementi capitalistici che ancora inficiano i rapporti sociali di produzione nella fase di transizione. Questo processo fa sì che il possesso da parte dei lavoratori venga lentamente perso a favore delle dirigenze e che - infine - la proprietà(prima in forme miste o nascoste, come da Krusciov in poi, e poi in forme plateali come nel '91) venga lentamente ristabilita anche nella sfera giuridica.

Nessuna contraddizione, quindi. I cambiamenti avvengono sempre a livello di rapporti di forza strutturali/sociali e poi si riflettono più o meno lentamente a livello politico e giuridico.

Inoltre, permettimi una domanda: ma se anche per te prima viene - in ultima istanza - la struttura e poi la sovrastruttura, come mai spieghi il revisionismo su basi sovrastrutturali e non strutturali? Ti stai contraddicendo.
CITAZIONE
Fra l’altro andrebbe rilevato che i sovietici affermarono di aver raggiunto il Socialismo integrale e la liquidazione delle classi sfruttatrici solo nel 1936, non già nel 1917. E ciò è in pieno accordo con quanto abbiamo or ora affermato, giacché nella Costituzione del 1936 si sancì legalmente e giuridicamente l’assenza della proprietà privata entro le frontiere dello Stato sovietico.

Con elementi capitalistici si intende elementi strutturali, rapporti sociali e di scambio ancora inficiati da funzionamenti capitalistici come la legge del valore e la forte distinzione tra dirigenza e base, tra lavoro qualificato e non qualificato etc etc
Non si intende con elementi capitalistici le classi che da questi elementi sorgono come maschere sociali di tali rapporti strutturali.
E di tali elementi persino Stalin ammette l'esistenza in "Problemi economici del socialismo nell'URSS" che è del '52.

Per quanto riguarda le classi sfruttatrici, quello dei sovietici nel '36(e di Stalin stesso) fu un enorme abbaglio e purtroppo Stalin questa posizione non la mutò mai del tutto sottovalutando quella stessa classe che poco dopo la sua morte di farà strada per avviare definitivamente il processo di restaurazione/controrivoluzione.

Quindi è abbastanza inutile che la sventoli come una gran vittoria retorica, perché Stalin era in errore come mostrarono gli eventi successivi(ne abbiamo discusso parecchio sul forum). Perché lo ripeto: una controrivoluzione non esiste senza una classe disposta a farla.

CITAZIONE
Altra cosa però è determinare chi intende appropriarsi della proprietà dei mezzi di produzione restaurando il Capitalismo, e chi invece intende procedere senza riserve nella marcia verso il Comunismo. È su queste basi dunque che si dirama la lotta di classe in regime socialista.

Chi? :D
Ciao sono Pippo e così, a caso, senza che ne abbia alcun interesse e senza che appartenga a nessuna classe, ecco il mio grande sogno: VOGLIO RESTAURARE IL CAPITALISMO!

Il capitalismo lo vuole restaurare quel soggetto sociale che beneficerebbe di tale restaurazione perché già adesso beneficia di dati rapporti sociali sbilanciati a causa degli elementi capitalistici ancora presenti. Non qualche bricconcello nostalgico in cerca di marachelle. E quel soggetto sociale è una classe. Puoi chiamarla come ti pare, ma rimane una classe.






CITAZIONE
Chiedo anticipatamente scusa ai compagni, ma questa sarà la mia prima ed ultima risposta. Non perché non abbia voglia di discutere con voi, bensì perché, avendo alcuni problemi alla vista, risulta per me molto complicato scrivere risposte assai lunghe e dettagliate (infatti per elaborare la prima risposta che ho scritto all’articolo di Furr ci ho impiegato un’ora e mezza e ne sono uscito visivamente molto stanco).

Non preoccuparti assolutamente, compagno.

Edited by Ruhan - 11/10/2020, 03:21
 
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Compagno Ruhan, la tua è un'analisi eccellente ed impeccabile, se non fosse per questa tua considerazione:
CITAZIONE
Per quanto riguarda le classi sfruttatrici, quello dei sovietici nel '36(e di Stalin stesso) fu un enorme abbaglio e purtroppo Stalin questa posizione non la mutò mai del tutto sottovalutando quella stessa classe che poco dopo la sua morte di farà strada per avviare definitivamente il processo di restaurazione/controrivoluzione.

Quindi è abbastanza inutile che la sventoli come una gran vittoria retorica, perché Stalin era in errore come mostrarono gli eventi successivi(ne abbiamo discusso parecchio sul forum). Perché lo ripeto: una controrivoluzione non esiste senza una classe disposta a farla.

Qui è spiegata come si deve la vera posizione di Stalin
www.piattaformacomunista.com/PRESUNTO_ERRORE.pdf
 
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CITAZIONE (Nikos Zachariadis @ 11/10/2020, 05:44) 
Compagno Ruhan, la tua è un'analisi eccellente ed impeccabile, se non fosse per questa tua considerazione:
CITAZIONE
Per quanto riguarda le classi sfruttatrici, quello dei sovietici nel '36(e di Stalin stesso) fu un enorme abbaglio e purtroppo Stalin questa posizione non la mutò mai del tutto sottovalutando quella stessa classe che poco dopo la sua morte di farà strada per avviare definitivamente il processo di restaurazione/controrivoluzione.

Quindi è abbastanza inutile che la sventoli come una gran vittoria retorica, perché Stalin era in errore come mostrarono gli eventi successivi(ne abbiamo discusso parecchio sul forum). Perché lo ripeto: una controrivoluzione non esiste senza una classe disposta a farla.

Qui è spiegata come si deve la vera posizione di Stalin
www.piattaformacomunista.com/PRESUNTO_ERRORE.pdf

Nikos ti ringrazio e ho letto il pdf, ma non capisco che cosa tu stia cercando di contestare di quella mia considerazione(che riscriverei ancora allo stesso modo). Credo tu abbia frainteso quando da me scritto: con classi sfruttatrici Stalin intendeva quelle vecchie e marginalizzate, e giustamente le pone fuori dai rapporti sociali predominanti. Io - come ho sostenuto in tutto il mio intervento - contesto questa convinzione non perché pensi che quelle classi non fossero marginali, ma perché sostengo che vi fosse una nuova classe borghese venutasi a formare dagli elementi strutturali ancora capitalistici entro i rapporti sociali di produzione e di scambio. Questa classe non era affatto marginalizzata e anzi ricopriva ruoli di comando. Perciò ho parlato di abbaglio. Si guardava dalla parte sbagliata e si proclamava(in modo errato): gli sfruttatori sono stati marginalizzati. Certo: i vecchi. I nuovi no.

La tesi centrale del pdf è che Stalin distingue bene tra residui di classi antagoniste nel paese e classi antagoniste nella società, intesa come insieme dei rapporti sociali predominanti. Non mi pare di aver scritto che Stalin sostenesse che nel '36 o nel '52 tutti i residui delle vecchie classi antagoniste fossero scomparsi. Ho scritto tutt'altro e citerò quanto ti avevo già scritto nella nostra più famosa discussione:

<< Queste posizioni teoriche vennero poi corrette in parte in "Problemi economici del socialismo nell'URSS" seppur in maniera non ancora sufficiente.
Questa cecità forse fu determinata da influenze borghesi nel partito. Influenze che solo una volta visibili furono poi occasione di ripensamento da parte di Stalin.
Stalin in "Problemi economici del socialismo in Urss"(1952) non coglie fino in fondo il problema. Si accorge che tale adeguamento tra rapporti di produzione e grado di sviluppo e carattere delle forze produttive non è meccanico, ma continua a concepire(come nella costituzione del '36) tale contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione come non legata alla lotta di classe. Scrive:

《Come bisogna quindi intendere le parole "piena corrispondenza"? Bisogna intenderle nel senso che nel socialismo di solito non si giunge sino a un conflitto tra i rapporti di produzione e le forze produttive, nel senso che la società ha la possibilità di rendere tempestivamente conformi al carattere delle forze produttive i rapporti di produzione in ritardo. La società socialista ha la possibilità di fare questo, perché non ha nel suo seno classi sorpassate, capaci di organizzare una resistenza. Naturalmente, anche nel socialismo vi saranno forze inerti e arretrate, che non comprenderanno la necessità di modificare i rapporti di produzione ma, naturalmente, non sarà difficile superarle, senza giungere sino a un conflitto.》

Come potrai renderti conto tu stesso, Stalin non vede l'esistenza di una nuova classe che organizzava giorno per giorno una resistenza e che nel '56 sancirà il processo con un colpo di stato. Non vedeva che vi era già un conflitto in corso tra forze produttive e rapporti di produzione che veniva incarnato da due classi in lotta.
Stalin, dunque, riduce la questione a semplici elementi isolati arretrati. Purtroppo la controrivoluzione del '56 lo smentì ampiamente. >>




Perché ad essere falsa è esattamente questa tesi citata nel pdf e giustamente attribuita a Stalin:

《 in quanto non
esisteva sostanzialmente più la proprietà privata dei mezzi di produzione, non esisteva più alcun "gruppo di persone" che potesse "appropriarsi il lavoro dell'altro", non esisteva più lo sfruttamento dei
lavoratori. 》



È esattamente la tesi del compagno Sputnik contro cui ho scritto. Kollontaj argomentava riguardo i residui borghesi. A me invece interessa in particolare quella nuova borghesia che viene a crearsi a partire da determinati elementi - ancora capitalistici - strutturali presenti nei rapporti sociali nella produzione e dello scambio. E mi sono limitato a dire: anche Stalin sosteneva che non vi fosse alcuna classe che sorgeva da tali elementi ed avesse un ruolo tutt'altro che marginale nei rapporti sociali predominanti, e si limitava ad identificare le classi antagoniste in quelle spodestate e ormai marginali rispetto all'assetto sociale. Ed errava. Questa la mia tesi. Dunque non capisco - ripeto - dove avrei travisato la posizione di Stalin.

Ho sempre precisato che ciò che contesto(seguendo Mao) di Stalin, non è certo il non aver visto che esistevano ancora residui arretrati di classe. Ho sempre precisato come Stalin parlasse dei rapporti sociali predominanti e di come io contestassi proprio questa tesi, ovvero che la semplice predominanza degli elementi socialisti basti a non permettere la rigenerazione(a partire dagli elementi capitalistici, seppur non ancora predominanti, ma tuttavia rimanenti) di una classe antagonista nella sfera della produzione.

E in quel passo da te citato ripetevo esattamente questo, senza travisare di una virgola Stalin: mi limitavo a dire sempre la stessa cosa, ovvero che il non aver visto una classe antagonista nuova(diversa da quelle spodestate residuali) - che montava a partire dagli elementi ancora capitalistici dei rapporti sociali di produzione e di scambio - è stato il più grande abbaglio di Stalin e della dirigenza sovietica di quegli anni. Tutto qui.
Non ho mai sostenuto che Stalin abbia sottovalutato - invece - l'inasprimento della lotta di classe con i residui arretrati delle vecchie classi sfruttatrici. Fu anzi asprissimo con esse, giustamente. Ma purtroppo vi era un nemico interno e nuovo che Stalin non aveva visto fino in fondo e che, dalla morte di Stalin fino al '56, venne in soccorso di quei vecchi residui. Fu un po' come bastonare per anni un bandito e non accorgersi che in casa si aveva un suo complice(la nuova borghesia) pronto ad accoltellare.
Forse(leggendo Kollontaj che parlava di residui di classi sfruttatrici) hai frainteso quella mia considerazione, ma io mi riferivo alla nuova borghesia, che è l'unica di cui abbia effettivamente parlato(ho citato pochissime volte i residui arretrati chiamandoli "vecchia borghesia"). Il senso della frase era(lo ripeto ancora per chiarirlo ancora meglio ed eliminare ogni dubbio): quanto alle classi sfruttatrici, Stalin dice che non ci sono perché si riferisce a quelle vecchie ormai marginalizzate, ma ve ne era una nuova che sorgeva dagli elementi capitalistici dei rapporti di produzione. E questo - concludevo - è stato un grande abbaglio.
Spero di essermi spiegato meglio. :)

P.s. scusa le ripetizioni, ma dato che sono stato frainteso(mi ero mantenuto sul vago perché queste cose ormai le davo per assodate dato che le ho scritte fino alla nausea; male, sempre meglio precisare perché non è detto che tutti stiate dentro la mia testa :D) ho voluto ripetere 100 volte il giusto senso di quella considerazione perché fosse chiaro e cristallino.

Per il resto, io e te su queste cose abbiamo già discusso fino alla noia. :D

Edited by Ruhan - 11/10/2020, 07:54
 
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view post Posted on 11/10/2020, 08:09
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Piccola aggiunta.

Nella parte da te contestata scrivevo che Stalin sottovalutò:

《 quella stessa classe che poco dopo la sua morte di farà strada per avviare definitivamente il processo di restaurazione/controrivoluzione. 》



E nel mio primo intervento scrivevo:

《 Le controrivoluzioni avvengono se c'è una classe disposta a farle e questa classe nuovoborghese(composta di dirigenti di imprese, tecnici, manager minori etc) esisteva ed era ben viva e vegeta. Krusciov e compagnia non furono che il sintomo di influenze nuovoborghesi consolidate nel Partito, talmente consolidate da riuscire ad isolare - infine - la sinistra staliniana. 》



Come vedi mi sono sempre riferito alla classe nuovoborghese(non efficacemente individuata da Stalin) come soggetto principale della controrivoluzione e alla nuova borghesia mi riferivo anche nella considerazione da te contestata, che appare come un ricalco - seppur meno approfondito - di quel mio primo intervento.

Non mi riferivo alle vecchie classi sfruttatrici, dunque, ma al non aver visto quel nuovo nemico mortale, tanto da proclamare(erratamente): non vi sono più classi antagoniste nei rapporti sociali predominanti.

Spero che questa aggiunta ci aiuti ancor meglio a non fraintenderci :)
 
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