Comunismo - Scintilla Rossa

Capitolo 6 La Rivoluzione d'Ottobre, Stalin, La vita e le opere, Capitoli: 6-7-8-9-10

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Kovski21
view post Posted on 23/10/2007, 20:28




Capitolo 6
La Rivoluzione d'Ottobre


Il VI Congresso del POSDR

È nel violento clima di repressione antibolscevico, che si svolge tra la fine di luglio e gli inizi d'agosto, in una situazione nuovamente di clandestinità, il VI Congresso del POSDR(b). Il partito, infatti, diede pubblico annuncio dello svolgimento del Congresso senza renderne invece note, né la data, né il luogo in cui esso si teneva. Le sedi del partito devastate da junker e cosacchi, la stampa borghese che reclamava a gran voce l'arresto dei congressisti, l'Assise di partito si aprì il 26 luglio nel quartiere operaio Vyborg, roccaforte bolscevica nella capitale, dove si tennero le prime sedute, per chiudersi il 3 agosto in una scuola nei pressi della porta di Narva.
Al VI Congresso parteciparono 285 delegati, 157 con voto deliberativo, in rappresentanza di circa 240 mila iscritti. Il Congresso ammise nelle file bolsceviche Trotzki e il suo gruppo centrista, gli interrionali, nato a Pietrogrado nel 1913 e composto essenzialmente da menscevichi trotzkisti e da alcuni ex bolscevichi che avevano lasciato il partito. Essi, ora in contrasto con i menscevichi e dichiarandosi d'accordo con la politica bolscevica, chiesero e ottennero di entrare nel POSDR (b). Molti dirigenti erano assenti perché incarcerati. Lenin, pure assente causa la persecuzione cui era sottoposto dal governo provvisorio, ebbe lo stesso un ruolo fondamentale d'elaborazione politica e l'appoggio di: Stalin, Sverdlov e Orgionikidze.
Il VI Congresso diretto da Stalin e Sverdlov deliberò sulla nuova tattica del partito in previsione dello scontro decisivo per il potere con le forze della controrivoluzione; approvò il nuovo Statuto ed elesse il Comitato centrale.
Stalin presentò i Rapporti sull'attività del Comitato centrale e sulla situazione politica.; rispose ai quesiti e ai chiarimenti richiesti dai delegati sulle principali questioni; pronunciò i discorsi di chiusura al termine del dibattito sui Rapporti e presiedette i lavori della Commissione eletta per la stesura della Risoluzione politica che Stalin stesso presentò il 3 agosto a conclusione del Congresso.
Il partito, pur in quella situazione difficile, vedeva crescere attorno a sé il consenso degli operai, dei contadini e dei soldati. I più coscienti fra loro chiedevano l'ammissione nelle sue file e molti, tra essi, erano quelli che avevano abbandonato le organizzazioni dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari. Nel proletariato e nelle masse popolari russe era ormai sempre più cosciente e diffuso il convincimento che solo i bolscevichi, soltanto la politica bolscevica, miravano al raggiungimento degli obiettivi che avevano portato all'abbattimento dello zarismo e, quindi, alla conquista del socialismo. Tanto la borghesia, che le forze conciliatrici russe avevano gettato la maschera.
Nel suo Rapporto sulla situazione politica, Stalin, in perfetta simbiosi con il pensiero di Lenin, fece un'analisi dettagliata, attenta ed esatta del momento, dando corpo alla nuova tattica bolscevica. "Due vie - precisò Stalin nel suo Rapporto - si sono aperte davanti alla Russia: o si cessa la guerra, si rompono tutti i legami finanziari con l'imperialismo, la rivoluzione va avanti, crollano le fondamenta del mondo borghese e incomincia l'era della rivoluzione operaia; oppure la seconda via, la via della continuazione della guerra e dell'offensiva al fronte, della sottomissione ai voleri del capitale alleato e dei cadetti e, per conseguenza, la soggezione completa al capitale alleato... e il trionfo della controrivoluzione. Una terza via non esiste. ...Il quadro che ci si presenta è quello della dittatura della borghesia imperialistica e dei generali controrivoluzionari. Il governo, che esteriormente lotta contro questa dittatura, di fatto esegue i suoi voleri e costituisce soltanto lo schermo che la protegge dal furore del popolo. I Soviet, resi impotenti e disonorati dalla loro politica di interminabili concessioni, non fanno che completare il quadro e se non vengono eliminati è soltanto perché sono ancora 'necessari' come paravento molto 'utile', 'indispensabile'. Pertanto la situazione è radicalmente cambiata. Anche la nostra tattica deve cambiare. Prima noi eravamo per il passaggio pacifico del potere ai soviet; si supponeva allora che bastasse che il Comitato esecutivo centrale dei soviet approvasse la decisione di prendere il potere, perché la borghesia sgombrasse pacificamente il cammino. ... Adesso non si tiene conto delle decisioni dei soviet. Adesso per prendere il potere è necessario prima abbattere la dittatura esistente. Abbattere la dittatura della borghesia imperialistica: ecco quale deve essere la parola d'ordine immediata del partito. È finito il periodo pacifico della rivoluzione. È subentrato un periodo di scontri e di esplosioni. La parola d'ordine dell'abbattimento dell'attuale dittatura può essere realizzata solo a condizione di un nuovo potente sviluppo politico in tutta la Russia. Tutto il processo di sviluppo del paese e la circostanza che nessuna delle questioni essenziali della rivoluzione è stata risolta - poiché le questioni della terra, del controllo operaio, della pace e del potere non sono state risolte - rendono inevitabile questo sviluppo. Le repressioni non fanno che rendere più tesa la situazione, poiché non risolvono nessuna delle questioni poste dalla rivoluzione. Le forze fondamentali del nuovo movimento saranno il proletariato delle città e gli strati dei contadini poveri. In caso di vittoria saranno essi a prendere il potere nelle mani...".39
La questione del potere politico in Russia era diventata centrale, così come la natura e il carattere socialista della fase rivoluzionaria che si stava sviluppando. Le problematiche che essa poneva e a cui occorreva dare risposta, erano fondamentalmente quattro: l'assunzione del potere politico da parte della classe operaia e dei contadini poveri; l'applicazione del controllo operaio sulla produzione e sulla ripartizione dei prodotti; la terra ai contadini e la fine della guerra. Il dibattito congressuale fu ampio e approfondito, in particolare attorno a due questioni di fondo: la nuova parola d'ordine del partito sull'abbattimento della dittatura della borghesia imperialistica in sostituzione della parola d'ordine "Tutto il potere ai Soviet", frutto della fine del periodo del "dualismo di potere"; e sul ruolo dei contadini poveri nello sviluppo della lotta rivoluzionaria e la loro alleanza con la classe operaia. Su questi aspetti furono formulate, da parte dei congressisti, anche delle domande.
Stalin rispose ai quesiti posti, nella seduta del 31 luglio: "Sul primo punto: 'Quali forme di organizzazione di lotta propone il relatore al posto dei soviet dei deputati operai?', rispondo che questo modo d'impostare la questione è errato. Io non mi sono espresso contro i soviet come forma di organizzazione della classe operaia; non è la forma organizzativa di un'istituzione rivoluzionaria che porta a lanciare una parola d'ordine, ma il contenuto che costituisce la carne e il sangue di questa istituzione... Adesso noi lanciamo la parola d'ordine del passaggio del potere nelle mani del proletariato e dei contadini poveri. Quindi non è della forma che si tratta, ma della classe che deve prendere il potere, si tratta della composizione dei soviet. ...Sui punti secondo e terzo - come comportarsi praticamente verso gli attuali soviet - la risposta è del tutto chiara. Per quanto riguarda il passaggio di tutto il potere al Comitato esecutivo centrale dei soviet, questa parola d'ordine è superata. E non si tratta d'altro. La questione dell'abbattimento dei soviet è una pura invenzione. Nessuno l'ha posta qui. Se noi proponiamo di abolire la parola d'ordine 'Tutto il potere ai soviet!', non ne deriva affatto che si debba dire: 'Abbasso i soviet!'. E noi, pur abbandonando questa parola d'ordine, non usciremo tuttavia dal Comitato centrale esecutivo dei soviet, malgrado tutta la miserabile funzione da esso assolta in questi ultimi tempi. I soviet locali hanno ancora una funzione da compiere, poiché dovranno opporsi alle pretese del governo provvisorio, e in questa lotta noi li appoggeremo. Ripeto dunque: l'abbandono della parola d'ordine del passaggio del potere nelle mani dei soviet non significa affatto 'Abbasso i soviet!'. Il nostro atteggiamento verso i soviet nei quali siamo in maggioranza è quello della massima simpatia. Vivano e si rafforzino questi soviet. Ma la forza non è più nei soviet. Prima il governo provvisorio emanava un decreto e il Comitato esecutivo dei soviet emanava un controdecreto, e soltanto quest'ultimo acquistava forza di legge... Adesso il governo provvisorio non tiene alcun conto del Comitato esecutivo centrale. Non per volontà propria il Comitato esecutivo centrale dei soviet decise, in un secondo tempo, di non partecipare alla commissione d'inchiesta sugli avvenimenti del 3-5 luglio, ma ne fu impedito per ordine di Kerenski. Non si tratta adesso di conquistare la maggioranza nei soviet, il che di per sé è molto importante, ma di abbattere la dittatura controrivoluzionaria. Sul quarto punto - definizione più concreta del concetto di 'contadini poveri' e indicazione delle loro forme di organizzazione - rispondo che il termine 'contadini poveri' non è un termine nuovo. Esso è stato introdotto nella letteratura marxista dal compagno Lenin fin dal 1905; ...Gli strati dei contadini poveri sono quegli strati che si trovano in disaccordo con i contadini ricchi. Il soviet dei deputati contadini 'che rappresenta' circa 80 milioni di contadini (calcolando anche le donne) è un'organizzazione di contadini ricchi. I contadini poveri conducono una lotta accanita contro la politica di questo soviet. Mentre il capo del partito socialista-rivoluzionario, Cernov, e poi Avxentiev e altri propongono ai contadini di non prendere subito la terra, ma di attendere che l'Assemblea costituente risolva in generale la questione agraria, i contadini per tutta risposta prendono la terra, la coltivano, s'impadroniscono delle scorte, ecc. ...Questo solo fatto dimostra chiaramente che la campagna è divisa in strati superiori e inferiori e che i contadini non costituiscono più un tutto unico. Gli strati superiori seguono prevalentemente i socialisti-rivoluzionari, gli inferiori non possono vivere senza la terra e nei confronti del governo provvisorio stanno all'opposizione. A questi strati appartengono i contadini con poca terra, che posseggono un solo cavallo o neppure quello, ecc. Vicino ad essi stanno gli strati che sono quasi privi di terra, i semiproletari. Sarebbe illogico, in un periodo rivoluzionario, non cercare di raggiungere una certa intesa con questi strati contadini. Ma allo stesso tempo è necessario organizzare separatamente i braccianti e raggrupparli attorno al proletariato. È difficile prevedere quale sarà la forma di organizzazione di questi strati... In generale i soviet sono la forma più adeguata di organizzazione delle masse; ma non sono le istituzioni che ci interessano, bensì il loro contenuto di classe. Dobbiamo sforzarci di ottenere che anche le masse distinguano la forma dal contenuto...".40
Il 3 agosto 1917 il VI Congresso del POSDR (b) si chiuse con l'approvazione del progetto di risoluzione politica presentato da Stalin, respingendo due emendamenti frutto di posizioni trotzkiste presentate da Preobragenski, che voleva subordinare l'attuazione della rivoluzione socialista in Russia allo scoppio della rivoluzione proletaria nell'Europa occidentale e da Bucharin, che tendeva a negare le differenziazioni di classe tra i contadini, sostenendo che essi erano uniti in un blocco con la borghesia e non avrebbero dato appoggio alcuno alla classe operaia.
Venne quindi approvato il nuovo Statuto del partito con l'adozione dei principi del centralismo democratico ed eletto il nuovo Comitato centrale. In esso vennero nominati o riconfermati tra gli altri: Lenin, Stalin, Sverdlov, Zinoviev Kamenev, Bucharin, ed eletto tra i nuovi componenti anche Trotzki.
Nel paese si era prossimi allo scontro decisivo. La borghesia scatenò l'attacco che nei suoi piani doveva risultare definitivo contro le forze rivoluzionarie: i soviet, nei quali la direzione e il controllo di menscevichi e socialisti-rivoluzionari era in un inarrestabile declino; la classe operaia; le masse dei contadini poveri e i soldati che in misura sempre maggiore aderivano al movimento rivoluzionario. Kerenski e il governo provvisorio decisero il rinvio dell'Assemblea costituente, convocando in alternativa ad essa, la Conferenza di Mosca. Stalin, sul n. 14 del "Raboci i soldat", ne smaschera prontamente lo scopo: "... Indire una conferenza - scrive - di commercianti e di industriali, di grandi proprietari fondiari e di banchieri, di membri della Duma zarista e di menscevichi e socialisti-rivoluzionari già addomesticati, proclamando 'Assemblea nazionale' questa conferenza, per ottenere che essa approvi la politica dell'imperialismo e della controrivoluzione e faccia ricadere gli oneri della guerra sulle spalle degli operai e dei contadini: ecco qual è la 'via d'uscita' della controrivoluzione. La controrivoluzione ha bisogno di un proprio parlamento, di un proprio centro, ed essa se lo crea. La controrivoluzione ha bisogno della fiducia dell''opinione pubblica', ed essa se la crea. Qui è tutta l'essenza della questione...". 41


Leale discepolo di Lenin

Dopo questa conferenza, a fine agosto, si ebbe il tentativo delle forze più reazionarie della controrivoluzione di attuare un colpo di Stato che estromettesse dal potere il governo provvisorio, per instaurare una dittatura militare, la rivolta del generale Kornilov, destinata a un totale fallimento.
Per contro, l'attività dei bolscevichi dopo il VI Congresso del partito, è tutta volta a creare le condizioni per il completo trionfo della rivoluzione proletaria. Il ruolo di Stalin in essa, contrariamente a quanto i tentativi mistificatori di controrivoluzionari e revisionisti abbiano voluto far credere, è stato fondamentale e determinante.
La riunione plenaria del Comitato centrale del POSDR (b) del 5 agosto delibera la formazione di un organismo ristretto dello stesso CC. Stalin, ne viene eletto membro. Egli, inoltre, per il periodo che va dall'agosto fino a fine ottobre, dirige l'organo centrale del partito che verrà pubblicato con le testate: "Proletari", "Raboci" e "Raboci put", partecipando anche alla redazione del "Raboci i soldat".
Su questi giornali scriverà una serie di articoli e di editoriali di rilevante importanza per l'attività del partito e l'indirizzo politico delle masse rivoluzionarie. Suo, ad esempio, è l'editoriale del n. 4 del "Raboci" dal titolo "Noi esigiamo", in cui denuncia il tentativo golpista di Kornilov, dando altresì, le indicazioni necessarie alla sua sconfitta: "Gli avvenimenti incalzano - scrive Stalin -. Dopo la Conferenza di Mosca, la resa di Riga (caduta il 21 agosto a seguito dell'offensiva tedesca sul fronte lettone, iniziata due giorni prima - NdA) e la richiesta di repressioni. Dopo il fallimento delle repressioni contro i soldati al fronte, voci provocatorie circa un 'complotto dei bolscevichi' e nuove richieste di repressioni. Dopo che le voci provocatorie sono state smascherate, l'azione aperta di Kornilov che chiede che il governo provvisorio sia rovesciato e si proclami la dittatura militare. Inoltre il partito di Miliukov, il partito della libertà del popolo, esce dal governo, come durante le giornate di luglio, appoggiando con ciò apertamente il complotto controrivoluzionario di Kornilov. Le conseguenze sono state la marcia dei reggimenti di Kornilov su Pietrogrado allo scopo di instaurare la dittatura militare, la destituzione di Kornilov da parte del governo provvisorio, la dichiarazione di Kerenski sulla crisi, l'uscita di Kisckin dal partito cadetto, implicato nel complotto, la formazione del cosiddetto Direttorio rivoluzionario. Ne consegue: È un fatto che la controrivoluzione aveva bisogno del 'complotto bolscevico' per sgombrare il cammino a Kornilov, che marcerebbe su Pietrogrado per 'domare i bolscevichi'. È un fatto che tutta la stampa borghese, ... ha appoggiato Kornilov, spargendo insistentemente, in questi giorni, voci sul 'complotto dei bolscevichi'. È un fatto che l'azione attuale di Kornilov è soltanto la continuazione dei noti intrighi dell'alto comando controrivoluzionario, che nel mese di luglio ha ceduto Tarnopol e nel mese di agosto Riga, per sfruttare i 'rovesci' al fronte onde ottenere il trionfo 'definitivo' della controrivoluzione. È un fatto che il partito cadetto si è trovato adesso, come nel mese di luglio, nello stesso campo dei traditori al fronte e dei peggiori controrivoluzionari all'interno. Il nostro partito aveva ragione di denunciare i cadetti quali ispiratori della controrivoluzione borghese. Il nostro partito aveva ragione di esigere che si combattesse risolutamente la controrivoluzione e si arrestassero le persone 'compromesse' (Kaledin, ecc.) fin dai primi di giugno... Gli operai e i soldati prenderanno tutte le misure per respingere risolutamente le bande controrivoluzionarie di Kornilov, se queste faranno la loro comparsa a Pietrogrado rivoluzionaria. Gli operai e i soldati non permetteranno che le luride mani dei nemici della rivoluzione insozzino la capitale della Russia. Essi difenderanno col proprio petto la bandiera di lotta della rivoluzione. Ma essi difenderanno la bandiera della rivoluzione non per sostituire ad una dittatura, il cui spirito è loro estraneo, un'altra dittatura ugualmente estranea, ma per aprire la strada al trionfo completo della rivoluzione russa... A tale scopo il partito bolscevico rivendica: 1) L'allontanamento immediato, all'interno e al fronte, dei generali controrivoluzionari, la loro sostituzione con generali eletti dai soldati e dagli ufficiali e, in generale, l'attuazione di una completa democratizzazione dell'esercito. 2) La ricostituzione delle organizzazioni rivoluzionarie dei soldati, le uniche capaci di stabilire la disciplina democratica nell'esercito. 3) L'annullamento dei decreti repressivi di ogni genere e in primo luogo della pena di morte. 4) Il passaggio immediato, a disposizione dei comitati contadini, di tutte le terre dei grandi proprietari fondiari, assicurando scorte ai contadini poveri. 5) L'introduzione, per legge, della giornata lavorativa di otto ore e l'organizzazione del controllo democratico sulle fabbriche, sulle officine, sulle banche, assicurando la maggioranza ai rappresentanti operai. 6) La completa democratizzazione delle finanze e in primo luogo la tassazione spietata dei capitali e delle proprietà capitalistiche e la confisca degli scandalosi profitti di guerra. 7) L'organizzazione di un giusto sistema di scambi fra città e campagna, perché la città riceva i rifornimenti necessari e la campagna le merci indispensabili. 8) La proclamazione immediata del diritto dei popoli della Russia all'autodecisione. 9) La restaurazione delle libertà, la proclamazione della repubblica democratica e la convocazione immediate dell'Assemblea costituente. 10) L'annullamento dei trattati segreti con gli alleati e l'offerta di condizioni per una pace generale democratica.
Il partito dichiara che senza l'attuazione di queste rivendicazioni è impossibile salvare la rivoluzione che da sei mesi è soffocata nella morsa della guerra e nello sfacelo generale. Il partito dichiara che l'unico mezzo per attuare queste rivendicazioni è la rottura coi capitalisti, la completa liquidazione della controrivoluzione borghese e il passaggio del potere nelle mani degli operai, dei contadini e dei soldati rivoluzionari. Questa è l'unica via d'uscita che può salvare il paese e la rivoluzione dalla catastrofe".42
Instancabile e preziosa è anche l'azione e la direzione politica esercitate da Stalin nei Soviet, che era indispensabile conquistare alla politica bolscevica e che proprio a partire dal mese di agosto ad essa aderiranno sempre più massicciamente e diffusamente, e nel partito. Il 27 agosto Stalin prepara, per conto della frazione bolscevica, la risoluzione sulla situazione politica che poi presenta la riunione del Comitato esecutivo centrale dei Soviet. Negli ultimi due giorni d'agosto partecipa alle riunioni del Comitato centrale del partito che esaminavano: la prima, i mezzi per combattere la rivolta controrivoluzionaria di Kornilov e, la seconda, la questione del potere. Qui, viene incaricato di svolgere la relazione sulla situazione politica alla sessione plenaria del Comitato centrale.
Sempre in stretto contatto con Lenin, che dal suo rifugio in Finlandia seguiva passo passo l'evolversi della situazione, Stalin è attento a dirigere il partito in perfetta sintonia politica con il pensiero e le indicazioni del leader bolscevico in esilio; rintuzzando sul nascere il tentativo di quanti, all'interno del partito, cercavano di minarne la linea e le decisioni scaturite dal Congresso. È quanto succede, e non sarà l'ultima volta, nella riunione del Comitato centrale del 15 settembre. In essa Stalin propone di sottoporre alla discussione delle organizzazioni del partito due lettere di Lenin, "I bolscevichi devono prendere il potere" e "Il marxismo e l'insurrezione", che Kamenev, contrario alle tesi leniniste, voleva venissero nascoste ai militanti e addirittura bruciate. In quegli stessi giorni, Stalin si impegnò, anche qui in pieno accordo con Lenin e in opposizione a Kamenev, Rykov e Zinoviev, per il boicottaggio da parte del POSDR(b) alle decisioni della Conferenza democratica, che si riunì il 14 settembre e che portò alla formazione del Consiglio della repubblica, il cosiddetto "preparlamento", un organismo rappresentativo di tutte le forze politiche, ma dominato dalle forze borghesi e conciliatrici, che permise a Kerenski di varare il suo ultimo governo di coalizione (menscevichi, socialisti-rivoluzionari, cadetti) per sostituire il "direttorio" da lui stesso costituito a seguito del tentato colpo di Stato di Kornilov. Il Comitato centrale bolscevico decise per il boicottaggio del Consiglio della repubblica, imponendo ai riottosi Kamenev e Teodorovic, di lasciare i seggi del "preparlamento". Stalin stesso sostenne la direttiva del boicottaggio del preparlamento nella riunione del 21 settembre della frazione bolscevica, che partecipava alla Conferenza democratica. E, sempre Stalin, fa il punto, sull'organo centrale del partito, di quanto emerso dalla Conferenza. "... A questa conferenza - scrive nell'editoriale del n.12 del "Raboci put" - sono emerse due linee sulla questione del potere. La prima linea è quella della coalizione aperta col partito cadetto. Viene predicata dai difensisti menscevichi e socialisti-rivoluzionari. È stata sostenuta alla conferenza dall'accanito conciliatore Tsereteli. La seconda linea è quella della rottura radicale col partito cadetto. Essa è propugnata dal nostro partito, dai socialisti-rivoluzionari e dai menscevichi internazionalisti. È stata sostenuta alla conferenza da Kamenev. La prima linea conduce all'instaurazione del potere della borghesia imperialistica sul popolo, poiché l'esperienza del governo di coalizione ha mostrato che la coalizione coi cadetti è il dominio del grande proprietario fondiario sul contadino, al quale non viene data la terra, il dominio del capitalista sull'operaio, che viene condannato alla disoccupazione, il dominio della minoranza sulla maggioranza, che viene gettata in preda alla guerra e allo sfacelo, alla fame e alla rovina. La seconda linea conduce all'instaurazione del potere del popolo sui grandi proprietari fondiari e sui capitalisti, poiché rompere col partito cadetto significa appunto assicurare la terra ai contadini, il controllo sulla produzione agli operai, una pace giusta alla maggioranza lavoratrice. La prima linea esprime la fiducia nel governo esistente, lasciandogli i pieni poteri. La seconda linea esprime la sfiducia nel governo e si batte per il passaggio del potere ai rappresentanti diretti dei soviet degli operai, dei contadini e dei soldati... Ma la conferenza non è l'ultima istanza. Le due linee che abbiamo sopra esposto non fanno che esprimere ciò che esiste nella realtà. Ma nella realtà non abbiamo un solo potere, ne abbiamo due: il potere ufficiale, che è il direttorio, e il potere non ufficiale, che sono i soviet e i comitati. Il tratto caratteristico del momento è la lotta fra questi due poteri, sebbene essa sia condotta ancora sordamente e inconsapevolmente. La conferenza è evidentemente destinata ad aggiungere sulla bilancia un peso decisivo affinché il potere sia conferito al direttorio. Ma sappiano i signori conciliatori, aperti e mascherati, che chi si schiera col direttorio instaura il potere della borghesia, entra inevitabilmente in conflitto con le masse degli operai e dei soldati e deve agire contro i soviet e i comitati. I signori conciliatori non possono ignorare che l'ultima parola spetta ai comitati e ai soviet rivoluzionari".43
Il 23 settembre in un'apposita riunione, il Comitato centrale approva la lista dei candidati bolscevichi all'Assemblea costituente. Tra essi vi sono Lenin e Stalin, che partecipa a quest'elezione nelle circoscrizioni elettorali di Pietrogrado, della Transcaucasia, di Iekaterinoslav e Stavropol.
Il 7 ottobre Lenin rientra clandestinamente dal suo esilio in Finlandia, trovando rifugio sicuro in una casa del quartiere operaio Vyborg, a Pietrogrado. Il giorno successivo, s'incontra con Stalin per definire le questioni inerenti l'insurrezione. Nella riunione del Comitato centrale del 10 ottobre, Lenin presenta la risoluzione sulla necessità dell'insurrezione armata. Il Comitato centrale l'approva e decide di costituire un apposito ufficio politico, composto da sette membri. Lenin è a capo dell'ufficio, e Stalin ne entra a far parte. Contro la risoluzione sull'insurrezione si schierano Kamenev e Zinoviev, mentre Trotzki presentò un emendamento, respinto dal CC, che di fatto avrebbe compromesso il buon esito della rivoluzione. Trotzki, infatti, voleva rinviare l'insurrezione a dopo l'apertura del II Congresso dei Soviet. Ciò equivaleva a temporeggiare e svelare anticipatamente la data dell'insurrezione, permettendo al governo provvisorio di potersi organizzare nel migliore dei modi per fronteggiare l'insurrezione popolare. Lo scontro con Kamenev e Zinoviev si rinnova nella sessione del Comitato centrale del 16 ottobre. È una sessione allargata ai militanti del partito con responsabilità dirigenti nei Soviet, nei sindacati, negli organismi di base delle fabbriche e dei reparti militari. Anche in questa occasione Kamenev e Zinoviev si schierano contro l'insurrezione. Zinoviev propose una seconda risoluzione in contrapposizione a quella presentata da Lenin.
Lenin invitava tutti gli operai e i soldati a mobilitare le forze e preparare in tutti gli aspetti l'insurrezione, appoggiando il "Centro del partito" nominato per l'organizzazione e la direzione concreta dell'insurrezione ed esprimendo fiducia piena nel CC e nel Soviet che indicheranno tempestivamente il momento favorevole per lanciare l'offensiva rivoluzionaria. È Stalin che in sede di CC, critica duramente Kamenev e Zinoviev. Nel suo intervento egli afferma tra l'altro: "... Si dice che bisogna attendere che il governo sferri l'attacco, ma bisogna intendere che cos'è un attacco. L'aumento del prezzo del pane, l'invio dei cosacchi nella regione del Donez, ecc., tutte queste cose sono già un attacco. Fino a quando aspettare, se non ci sarà un attacco armato? Ciò che propongono Kamenev e Zinoviev dà, oggettivamente, alla controrivoluzione la possibilità di prepararsi e di organizzarsi. Noi ci ritireremmo senza fine e porteremmo la rivoluzione alla disfatta. Perché non assicurarsi la possibilità di scegliere la data e le condizioni dell'insurrezione, in modo da non permettere alla controrivoluzione di organizzarsi? ... Due vie si presentano: o orientarsi verso la vittoria della rivoluzione e volgere lo sguardo all'Europa, o non credere nella rivoluzione e voler essere solo all'opposizione... Noi dobbiamo prendere fermamente e irrevocabilmente il cammino dell'insurrezione".44
Il Comitato centrale, al termine dei suoi lavori, approvò la risoluzione di Lenin con 20 voti a favore, 2 contrari e 3 astenuti, respinse la mozione Zinoviev e elesse il "Centro del partito" per la direzione dell'insurrezione, organismo composto da Sverdlov, Dzerzinski, Bubnov, Uritskij, con a capo Stalin. Decise il CC, anche di inviare alcuni tra i dirigenti nelle varie città e regioni del paese per coordinare l'organizzazione dell'azione insurrezionale. A tale scopo vennero nominati Dzerzinski, Frunze, Iaroslavskij, Kaganovic, Kirov, Kuibyscev, Molotov, Orgionikidze, Voroscilov e Zdanov.
Ecco come Stalin racconta le sedute del CC del partito del 10 (23) e del 16 (29) ottobre 1917 nel discorso dal titolo "Trotzkismo o leninismo?": "Prendo i verbali della seduta del CC del nostro partito del 10 (23) ottobre 1917. Sono presenti: Lenin, Zinoviev, Kamenev, Stalin, Trotzki, Sverdlov, Uritski, Dzerzinski, Kollontai, Bubnov, Sokolnikov, Lomov. Viene discussa la situazione politica e l'insurrezione. Dopo la discussione è messa ai voti la risoluzione del compagno Lenin sull'insurrezione. La risoluzione viene approvata con una maggioranza di dieci contro due. Pare che la cosa sia chiara: il CC con una maggioranza di dieci contro due ha preso la decisione di passare al lavoro pratico immediato per organizzare l'insurrezione. Il Comitato centrale elegge alla stessa seduta il centro politico per dirigere l'insurrezione, col nome di Ufficio politico e composto da Lenin, Zinoviev, Stalin, Kamenev, Trotzki, Sokolnikov e Bubnov ... Passiamo ora alla leggenda sulla funzione particolare di Trotzki nell'insurrezione d'Ottobre. I trotzkisti propalano insistentemente la voce secondo cui l'animatore e l'unico dirigente dell'insurrezione d'Ottobre sarebbe stato Trotzki. Queste voci vengono messe in giro, con particolare insistenza, da Lenzner, il cosiddetto redattore delle opere di Trotzki. Lo stesso Trotzki, ignorando sistematicamente il partito, il CC del partito e il comitato di Pietrogrado, passando sotto silenzio la funzione dirigente di questi organismi nell'insurrezione e spingendosi insistentemente avanti come figura centrale dell'insurrezione, contribuisce volontariamente o involontariamente a diffondere le dicerie su una funzione particolare da lui avuta nell'insurrezione. Sono ben lontano dal negare la parte senza dubbio importante avuta da Trotzki nell'insurrezione. Ma devo dire che Trotzki non ha avuto e non poteva avere nessuna funzione particolare nell'insurrezione d'Ottobre, e che, essendo presidente del Soviet di Pietrogrado, egli non ha fatto che eseguire la volontà delle istanze competenti di partito, che guidavano ogni suo passo...
Prendiamo i verbali della seduta successiva del CC del 16 (29) ottobre 1917. Sono presenti i membri del CC, più i rappresentanti del Comitato di Pietrogrado, più i rappresentanti dell'organizzazione militare, dei comitati delle fabbriche e officine, dei sindacati, dei ferrovieri. Oltre ai membri del CC vi sono anche Krylenko, Sciotman, Kalinin, Volodarski, Scliapnikov, Latsis e altri. In tutto 25 persone. Viene discussa l'insurrezione sotto l'aspetto puramente pratico e organizzativo. Viene approvata la risoluzione di Lenin sull'insurrezione con una maggioranza di venti contro due e tre astenuti. Viene eletto il centro pratico per la direzione organizzativa dell'insurrezione. Chi entra a far parte di questo centro? Vengono eletti cinque compagni: Sverdlov, Stalin, Dzerzinski, Bubnov, Uritski. Compiti del centro pratico: dirigere tutti gli organi pratici dell'insurrezione, conformemente alle direttive del Comitato centrale. In tal modo, a questa seduta del CC è accaduto, come vedete, qualcosa di 'orrendo', cioè nel centro pratico, chiamato a dirigere l'insurrezione, non è entrato, 'strano a dirsi', l''animatore', la 'figura principale', l''unico dirigente' dell'insurrezione, Trotzki. Come conciliare questo con l'opinione corrente sulla funzione particolare di Trotzki? Non è vero che tutto ciò è alquanto 'strano', come direbbe Sukhanov, oppure come direbbero i trotzkisti? Tuttavia in questo non vi è, in fondo, nulla di strano, poiché Trotzki, persona relativamente nuova per il nostro partito nel periodo dell'Ottobre, non ha avuto e non poteva avere nessuna funzione particolare né nel partito né nell'insurrezione dell'Ottobre. Egli, come tutti i dirigenti responsabili, non era che un esecutore della volontà del CC e dei suoi organi. Chi conosce il meccanismo di direzione del partito bolscevico, capirà senza grandi difficoltà che la cosa non avrebbe neppure potuto essere diversa: sarebbe bastato che Trotzki trasgredisse la volontà del CC perché egli perdesse ogni influenza sul corso degli avvenimenti. Le chiacchiere sulla funzione particolare di Trotzki sono una leggenda, propalata dalle servizievoli comari 'del partito'".45
La reazione, nel frattempo, rinserra le file. Si forma l'"Unione degli ufficiali" che raccoglie le forze militari controrivoluzionarie a disposizione del governo provvisorio, composte essenzialmente da reparti di cosacchi e dagli junker. Kerenski tenta anche, in un ultimo estremo tentativo di salvare il suo potere, di trasferire il governo a Mosca, consegnando Pietrogrado ai tedeschi pur di impedire l'insurrezione. Il suo progetto fallì grazie alla decisa protesta degli operai e dei soldati della guarnigione di Pietrogrado, che costrinsero il governo provvisorio a rimanere nella capitale.
Il partito bolscevico era impegnato appieno nei preparativi politici e militari dell'insurrezione. Proprio a questo scopo Stalin partecipa il 20 ottobre alla prima seduta del Comitato militare rivoluzionario del Soviet di Pietrogrado e, successivamente, a Palazzo Smolny - che sarà sede del centro operativo dell'insurrezione - intervenendo all'Assemblea dei delegati sindacali di Pietrogrado. Ancora una volta Kamenev e Zinoviev agirono contro il partito operando, questa volta, una vera e propria opera di tradimento. Il 18 ottobre, infatti, rilasciarono una dichiarazione al giornale menscevico "Novaia Gizn" dichiarando che il partito bolscevico stava preparando un'insurrezione che essi definivano un'operazione avventurista, rivelando, in tal modo, ai nemici del proletariato russo l'imminenza dell'offensiva rivoluzionaria. Lenin al Comitato centrale bolscevico, attaccò Kamenev e Zinoviev accusandoli di aver "denunciato a Rodzianko e Kerenski la decisione del CC del loro partito per l'insurrezione armata", proponendo per loro, l'espulsione dal partito.
A seguito delle dichiarazioni di Kamenev e Zinoviev ed anche della vanagloria di Trotzki, che in una seduta del Soviet di Pietrogrado rivelò la data dell'insurrezione, il governo provvisorio prese delle misure per prevenire e soffocare la rivoluzione. Alcuni reparti militari vennero ritirati dal fronte e fatti affluire nella capitale, unendosi alle truppe cosacche e agli allievi ufficiali. In una seduta segreta Kerenski, che con il governo provvisorio si era trincerato nel Palazzo d'Inverno, decide di attaccare e occupare militarmente alla vigilia dell'apertura del II Congresso dei Soviet, lo Smolny, per schiacciare il centro dirigente dell'insurrezione. Operazione resa tuttavia vana dalla decisione del Comitato centrale bolscevico di anticipare la data dell'insurrezione.
La mattina del 24 ottobre un reparto di junker attaccava la sede dell'organo centrale del partito bolscevico, il "Raboci put", sequestrando le copie del giornale e ponendo i sigilli all'ingresso piantonato dai mezzi blindati. Ma già alle dieci del mattino, su indicazione di Stalin, reparti di soldati rivoluzionari e della "Guardia rossa" (gli operai in armi), avevano ricacciato indietro gli assalitori e riaperto la redazione e la tipografia del "Raboci put", che uscì con l'editoriale di Stalin "Che cosa ci occorre?", con l'esortazione ad abbattere il governo provvisorio. "Dopo la vittoria della rivoluzione di febbraio - scrisse Stalin - il potere è rimasto nelle mani dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, dei banchieri e degli speculatori, degli accaparratori e degli incettatori: ecco in che consiste il fatale errore degli operai e dei soldati, ecco dov'è la causa delle attuali sciagure all'interno e al fronte. Bisogna immediatamente correggere questo errore; è giunto il momento in cui un ulteriore ritardo minaccerebbe di rovina tutta la causa della rivoluzione. All'attuale governo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti bisogna sostituire un nuovo governo di operai e contadini. Bisogna sostituire l'attuale governo, che si è nominato da sé, che non è stato eletto dal popolo e non è responsabile davanti al popolo, con un governo riconosciuto dal popolo, eletto dai rappresentanti degli operai, dei soldati e dei contadini e responsabile davanti a questi rappresentanti. Bisogna sostituire il governo di Kisckin-Konovalov con il governo dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Ciò che non è stato fatto a febbraio, deve esser fatto oggi. Così, e solo così, si può conquistare la pace, il pane, la terra e la libertà. Operai, contadini, soldati, cosacchi, lavoratori tutti! Volete che invece dell'attuale governo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti sia al potere un nuovo governo di operai e contadini? Volete che il nuovo governo della Russia dichiari, secondo le rivendicazioni dei contadini, l'abolizione dei diritti dei grandi proprietari fondiari sulla terra e trasferisca tutte le terre dei grandi proprietari fondiari senza riscatto ai comitati contadini? Volete che il nuovo governo della Russia renda pubblici i trattati segreti dello zar, li consideri non impegnativi ed offra a tutti i popoli in guerra una pace giusta? Volete che il nuovo governo della Russia reprima completamente coloro che ricorrono alle serrate e gli speculatori che aggravano deliberatamente la fame e la disoccupazione, lo sfacelo e il carovita? Se volete questo, raccogliete tutte le vostre forze, sollevatevi tutti insieme, come un sol uomo, e organizzate assemblee, eleggete delegazioni, esponete le vostre rivendicazioni per il loro tramite al Congresso dei Soviet, che si aprirà domani a Palazzo Smolny. Se agirete tutti unanimi e con decisione, nessuno oserà opporsi alla volontà del popolo. Il vecchio governo cederà il posto al nuovo, tanto più pacificamente quanto più fortemente, in modo organizzato e poderoso, voi agirete. E tutto il paese marcerà allora arditamente e decisamente alla conquista della pace per i popoli, della terra per i contadini, del pane e del lavoro per coloro che hanno fame. Il potere deve passare nelle mani dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini. Al potere ci deve essere un nuovo governo, eletto dai soviet, revocabile dai soviet, responsabile davanti ai soviet".46
Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre Lenin lascia il suo rifugio al quartiere Vyborg e raggiunge lo Smolny, dove subito si incontra con Stalin. Fianco a fianco i due dirigenti bolscevichi dirigono l'insurrezione. Il proletariato russo si accinge ormai a conquistare il potere: è il trionfo della Rivoluzione Socialista d'Ottobre, il cui sviluppo possente si estenderà tra l'ottobre 1917 e il febbraio 1918 a tutto il paese.
Alle 22 e 45 del 25 ottobre 1917 a Palazzo Smolny si aprì il II Congresso dei Soviet di tutta la Russia, che emanò il seguente proclama: "Forte della volontà dell'immensa maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini, forte dell'insurrezione vittoriosa degli operai e della guarnigione di Pietrogrado, il Congresso prende il potere nelle proprie mani".47
Nella notte del 26 ottobre, il II Congresso dei Soviet promulgò i suoi due primi decreti: il decreto sulla pace e il decreto sulla terra; dando vita anche al primo governo sovietico. Di esso vennero chiamati a far parte Lenin, in qualità di Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo e Stalin, in qualità di Commissario del popolo per le nazionalità.

Capitolo 7
Commissario politico per le nazionalità


Nasce la RSFSR

Commissario del popolo per le nazionalità. Quest'importante e delicato impegno di governo, è stato svolto da Stalin dall'indomani della vittoria rivoluzionaria, fino al 1923. A esso si è dedicato senza risparmiare energie, consapevole di cosa rappresentasse per il neonato potere sovietico, creando un processo di costruzione del nuovo Stato che, partendo dalla nascita della RSFSR (Repubblica Sovietica Federativa Socialista Russa) portò, attraverso lo sviluppo della lotta rivoluzionaria e il consolidamento dei poteri sovietici in Russia e negli altri Stati dell'ex impero zarista, e la vittoria contro l'aggressione imperialista internazionale e la controrivoluzione interna, alla costruzione dell'URSS.
La competenza, la conoscenza approfondita delle problematiche legate alla questione nazionale e del pensiero scientifico marxista-leninista: ciò ha permesso a Stalin di sviluppare, realizzare ed essere artefice vittorioso di questo glorioso processo storico.
Quella relativa alle nazionalità è stata, nella vita e nella storia politico-sociale della Russia, una questione d'importanza primaria sia prima, sia dopo la Rivoluzione d'Ottobre. L'impero zarista fu non metaforicamente, ma in una concretezza crudele e spietata, una vera e propria "prigione dei popoli" che oppresse, saccheggiò e colonizzò popoli e nazioni in Europa, nel Caucaso e in Asia. Bielorussi, finlandesi, estoni, lettoni, lituani, moldavi, polacchi, ucraini e poi baskiri, calmucchi, ceceni, circassi, ciuvasci, kazaki, tartari, udmurti e ancora armeni, georgiani azerbaigiani, ecc.: tutti popoli assoggettati all'imperio e al dominio dello sciovinismo "grande russo", di una nazionalità che, oltretutto, non rappresentava nemmeno la maggioranza della popolazione, ma solo la più numerosa, il 43% degli abitanti dell'impero.
Per secoli l'autocrazia zarista ha conquistato, occupato e represso militarmente popoli e nazioni; vilipeso diritti e dignità di essi; impedito l'uso della lingua, degli usi e dei costumi nazionali; lasciato nell'analfabetismo pressoché totale le genti; depredate le risorse economiche e imposto forti tassazioni e una soffocante burocrazia amministrativa. Per questo la lotta per l'abbattimento dello zarismo e della borghesia, così come la costruzione della nuova società socialista, non potevano in alcun modo prescindere dalla "questione nazionale".
Il partito bolscevico ha sempre ritenuto questa, una questione fondamentale ed attribuito grande importanza alla sua soluzione. Lenin e Stalin sono stati gli artefici principali di questa soluzione, perché accomunati da un comune sentire e da una sostanziale identità di pensiero politico su questo problema. Lenin ha condiviso e apprezzato, indicandolo a modello per tutto il partito, l'operato pratico e organizzativo di Stalin, fin dal 1904, nella costruzione dell'organizzazione socialdemocratica in Caucaso. Un'organizzazione in lotta contro ogni nazionalismo e ogni forma di divisione nazionalistica, che unisse tutti i proletari sulla base dell'interesse di classe e, proprio per questo, in grado di sviluppare una corretta ed efficace lotta in difesa dei diritti delle nazionalità e delle minoranze nazionali.
Lenin ha altresì sostenuto e stimolato Stalin all'approfondimento teorico della "questione nazionale", convinto del grande contributo che, anche su questo piano, egli avrebbe potuto dare, così come in effetti ha dato con l'opera "Il marxismo e la questione nazionale e coloniale".
Scrivendo a M. Gorkij nel febbraio 1913, Lenin così si esprime: "...Riguardo al nazionalismo sono pienamente d'accordo con voi che bisogna occuparcene un po' più seriamente. Da noi ci si è messo un magnifico georgiano, e ora sta scrivendo per il Prosvestcenie un lungo articolo, dopo aver raccolto tutti i materiali austriaci e d'altra provenienza. Daremo sotto a questo lavoro...".48 Nell'articolo "Il programma nazionale del POSDR" così Lenin parla dello scritto di Stalin: "... Nella letteratura marxista teorica [..] i principi del programma nazionale socialdemocratico sono già stati lumeggiati [..] (in primo luogo dall'articolo di Stalin...)".49
In questa sua opera Stalin definisce innanzi tutto, attraverso l'analisi di condizioni e caratteristiche specifiche, il concetto di nazione: "... La nazione è una comunità stabile, storicamente formatasi, che ha la sua origine nella comunità di lingua, di territorio, di vita economica e di conformazione psichica, che si manifesta nella comune cultura. Con ciò è evidente che la nazione, come ogni altro fenomeno storico, sottostà alla legge del mutamento, ha la propria storia, il proprio principio e la propria fine. È necessario sottolineare che nessuna delle caratteristiche indicate, presa isolatamente, è sufficiente a definire la nazione. Anzi, basta che manchi una sola di queste caratteristiche, perché la nazione cessi di essere tale...".50 "La nazione - osserva poi Stalin - non è soltanto una categoria storica, ma una categoria storica di un'epoca determinata, l'epoca del capitalismo ascendente. Il processo di liquidazione del feudalesimo e di sviluppo del capitalismo è al tempo stesso un processo di unificazione delle popolazioni in nazione. Così, per esempio, sono andate le cose nell'Europa occidentale. Gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli italiani e altri si sono fusi in nazione durante l'ascesa vittoriosa del capitalismo, che trionfava sul frazionamento feudale... In maniera piuttosto diversa sono andate le cose nell'Europa orientale. Mentre in Occidente le nazioni si sviluppavano in stati, in Oriente si formavano stati plurinazionali, stati composti di parecchie nazionalità. Tali l'Austria-Ungheria e la Russia... In Russia, il compito di unificare le nazionalità fu assunto dai grandi-russi, che avevano alla loro testa una burocrazia militare aristocratica, forte e organizzata, formatasi storicamente...".51 "...Le condizioni economiche, politiche e culturali, nelle quali si trova una data nazione, sono l'unica chiave per decidere come precisamente essa debba organizzarsi, quali forme debba assumere la sua futura costituzione. È possibile , quindi, che per ogni nazione occorra dare al problema una particolare soluzione. Se c'è un caso nel quale sia necessario impostare dialetticamente un problema, questo caso è proprio quello della questione nazionale...".52 "...la lotta nazionale, nel quadro del capitalismo ascendente, è una lotta delle classi borghesi fra loro. Talvolta la borghesia riesce ad attirare il proletariato nel movimento nazionale, ed allora la lotta nazionale assume, esteriormente, un carattere 'popolare', ma solo esteriormente. Nella sua essenza, la lotta resta sempre borghese, vantaggiosa e utile soprattutto per la borghesia. Ma da ciò non consegue affatto che il proletariato non debba lottare contro la politica di oppressione nazionale. Le limitazioni alla libertà di trasferirsi da un luogo all'altro, la privazione del diritto di voto, le limitazioni all'uso della lingua, la soppressione di scuole ed altre persecuzioni colpiscono gli operai altrettanto, se non più, della borghesia. Una situazione simile non può che ritardare il processo di libero sviluppo delle forze spirituali nel proletariato delle nazioni oppresse. Non si può parlare seriamente di pieno sviluppo delle facoltà spirituali dell'operaio tartaro o ebreo, quando non gli si dà la possibilità di usare la lingua materna nelle adunanze e nelle conferenze, quando gli si chiudono le scuole. Ma la politica delle persecuzioni nazionalistiche è pericolosa per la causa del proletariato anche da un altro punto di vista. Essa distoglie l'attenzione di larghi strati della popolazione dai problemi sociali, dai problemi della lotta di classe, per dirigerla verso i problemi nazionali, verso i problemi 'comuni' al proletariato e alla borghesia. E ciò crea un terreno favorevole alla falsa predicazione della 'armonia d'interessi', favorisce la tendenza a mettere in ombra gli interessi di classe del proletariato, l'asservimento spirituale degli operai. Così si crea un ostacolo serio alla causa dell'unione dei proletari di tutte le nazionalità... Ma la politica di repressione non si limita a questo. Dal 'sistema' dell'oppressione, passa non di rado al 'sistema' dell'istigazione all'odio tre le nazioni, al 'sistema' dei massacri e dei pogrom...".53
Da questo punto di vista a nulla valgono la richiesta dell'autonomia nazionale e la richiesta di "istituzioni" ad hoc per garantire i diritti della minoranza nazionale e il suo sviluppo culturale.
"... Il problema - sottolinea Stalin - non sta evidentemente nelle 'istituzioni', ma negli ordinamenti generali del paese. Se nel paese non c'è democrazia, non c'è neppure garanzia di 'piena libertà di sviluppo culturale' delle nazionalità. Si può dire con sicurezza che quanto più un paese è democratico, tanto minori sono gli 'attentati' alla 'libertà delle nazionalità' e tanto maggiori le garanzie contro tali 'attentati'...".54Attraverso la critica argomentata delle teorie "austromarxiste" di Springer e Bauer, del Bund russo e del menscevismo del Caucaso, concretatosi nelle forme politiche dell'autonomia nazionale e del federalismo, forme che riconducono al nazionalismo borghese e che hanno frantumato e spaccato l'unità politico-organizzativa e finanche l'azione sindacale degli operai delle varie nazionalità tanto nell'impero austro-ungarico che in quello zarista, Stalin ha riaffermato la validità della teoria leninista del diritto delle nazioni all'autodecisione.
Scrive Stalin: "... Diritto all'autodecisione, cioè: solo la nazione stessa ha il diritto di decidere il proprio destino, nessuno ha il diritto di intromettersi a forza nella vita di una nazione, di distruggere le scuole e altre istituzioni, di abolirne le usanze e i costumi, di vietarne la lingua, di menomarne i diritti. Questo non significa certo che la socialdemocrazia sosterrà indistintamente tutte le usanze e le istituzioni di una nazione. Lottando contro la violenza esercitata ai danni di una nazione, essa difenderà solo il diritto della nazione a decidere del proprio destino e condurrà nel tempo stesso un'agitazione contro le usanze e le istituzioni dannose di questa nazione, affinché i lavoratori possano liberarsene. Diritto all'autodecisione significa che la nazione può organizzarsi secondo il proprio desiderio. Essa ha il diritto di organizzare la sua esistenza secondo i principi dell'autonomia. Essa ha il diritto di stabilire rapporti federativi con altre nazioni o di separarsi completamente da esse. La nazione è sovrana e tutte le nazioni hanno eguali diritti... I doveri della socialdemocrazia, che difende gli interessi del proletariato, e i diritti della nazione, che è composta di diverse classi, sono due cose diverse. Pur lottando per il diritto delle nazioni all'autodecisione, la socialdemocrazia si prefigge di metter fine alla politica di oppressione delle nazioni, di renderla impossibile, e con ciò di evitare la lotta fra le nazioni, di attenuarla, di ridurla al minimo. È sostanzialmente questo che distingue la politica del proletariato cosciente da quella della borghesia, che cerca di approfondire e di estendere la lotta nazionale, di protrarre e di acuire il movimento nazionale...".55
Ribadendo la convinzione e la fedeltà dei bolscevichi russi al diritto delle nazioni all'autodecisione, Stalin elabora ulteriormente la teoria marxista-leninista sulla questione nazionale, affrontando un'altra delle problematiche ad essa connessa.
"...Come regolarsi con le nazioni che per una ragione o per l'altra preferiranno restare entro uno stato unico? ...L'unica soluzione giusta - sostiene Stalin - è l'autonomia regionale, l'autonomia di determinate unità, come la Polonia, la Lituania, l'Ucraina, il Caucaso, ecc. La superiorità dell'autonomia regionale sta innanzi tutto nel fatto che, grazie ad essa, non si ha a che fare con un'entità fittizia, senza territorio, ma con una popolazione determinata che vive in un determinato territorio. Inoltre, essa non divide la popolazione per nazioni, non consolida barriere nazionali; al contrario, spezza queste barriere ed unisce la popolazione per aprire la strada ad un raggruppamento di altro genere, al raggruppamento di classe. Infine, offre la possibilità di utilizzare nel modo migliore le ricchezze naturali della regione e di sviluppare le forze produttive senza attendere le decisioni del centro comune, funzioni, tutte queste, estranee all'autonomia culturale-nazionale. Dunque: autonomia regionale, come elemento necessario per la soluzione della questione nazionale. È fuor di dubbio che nessuna regione costituisce un'unità nazionale compatta, perché in ogni regione esistono delle minoranze nazionali. Tali gli ebrei in Polonia, i lettoni in Lituania, i russi nel Caucaso, i polacchi in Ucraina, ecc. Si può temere perciò, che le minoranze vengano oppresse dalle maggioranze nazionali. Ma i timori hanno un fondamento solo nel caso in cui il paese conservi i vecchi ordinamenti. Date al paese una democrazia completa e i timori perderanno ogni ragion d'essere... Dunque, uguaglianza nazionale di diritti in tutti i suoi aspetti (lingua, scuola, ecc.) come elemento necessario per la soluzione della questione nazionale. Occorre una legge generale dello stato, emanata sulla base di una completa democratizzazione del paese, che proibisca senza eccezione tutte le forme di privilegi nazionali e qualsiasi oppressione o limitazione dei diritti delle minoranze nazionali. In questo, e solo in questo, può consistere la garanzia effettiva, e non sulla carta, dei diritti delle minoranze. Si può contestare o non contestare l'esistenza di un legame logico tra il federalismo organizzativo e l'autonomia culturale nazionale. Ma non si può contestare in fatto che quest'ultima crei un'atmosfera propizia per un federalismo sfrenato, che si trasformi in rottura completa, in separatismo... Non è un caso che l'autonomia nazionale e la federazione organizzativa vadano a braccetto. È anzi naturale. L'una e l'altra rivendicano un raggruppamento sulla base della nazionalità. L'analogia è fuori dubbio... Sappiamo a che cosa conduce il raggruppamento degli operai per nazionalità: distruzione del partito operaio unico, scissione dei sindacati in base alle nazionalità, acutizzazione degli attriti nazionali, crumiraggio nazionale, demoralizzazione completa nelle file della socialdemocrazia: questi sono i risultati del federalismo organizzativo. La storia della socialdemocrazia in Austria e l'attività del Bund in Russia lo dimostrano eloquentemente. L'unico mezzo per evitare tutto questo è l'organizzazione secondo i principi dell'internazionalismo. Unificare sul posto gli operai di tutte le nazionalità della Russia in collettività uniche e compatte, unificare queste collettività in un unico partito: questo è il compito. Va da sé che una tale organizzazione di partito non esclude ma presuppone una larga autonomia regionale all'interno del partito unico. L'esperienza del Caucaso dimostra quanto sia conveniente una organizzazione di questo genere. Se i caucasiani sono riusciti a superare gli attriti nazionali tra gli operai armeni e tartari, se sono riusciti a proteggere la popolazione da eventuali massacri e sparatoria, se oggi, a Bakù, in questo caleidoscopio di gruppi nazionali, non sono più possibili conflitti nazionali, se vi si è riusciti a convogliare gli operai nell'alveo unico di un movimento potente, in tutto questo ha avuto una parte non indifferente l'organizzazione internazionale della socialdemocrazia del Caucaso... Abbiamo così davanti a noi due tipi di organizzazione differenti in linea di principio: il tipo della unità internazionale e il tipo della 'separazione' organizzativa degli operai secondo le nazionalità. Finora, i tentativi di conciliare questi due tipi non hanno avuto successo... Non c'è via di mezzo: i principi vincono, ma non 'si conciliano'. Dunque: il principio dell'unione internazionale degli operai, come elemento indispensabile per la soluzione della questione nazionale".56
La costruzione dell'Urss
La politica sulla "questione nazionale" elaborata da Lenin e Stalin, ha dunque costituito un aspetto fondamentale e imprescindibile allo sviluppo della lotta rivoluzionaria in Russia e al successo dell'Ottobre; ma, al tempo stesso, è stata un fattore decisivo anche per l'azione del governo sovietico nella realizzazione dell'uguaglianza delle nazionalità, nell'affermazione dei loro diritti e nella creazione dell'URSS che ha rappresentato una grande e storica vittoria, sul piano mondiale, del potere sovietico, del partito bolscevico e del marxismo-leninismo.
In questo storico processo Stalin è stato in prima linea: indiscutibilmente artefice e dirigente decisivo. Base di questo processo e guida nella realizzazione dei futuri rapporti tra i popoli e le nazionalità, è la "Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia", firmata da Lenin e Stalin e promulgata il 2 novembre 1917. In questa "Dichiarazione", scritta da Stalin, erano affermati i principi fondanti dei futuri rapporti tra i popoli e le nazionalità della Russia: diritto alla libera autodecisione fino alla separazione e alla formazione di uno Stato indipendente, diritto alla sovranità, all'uguaglianza, abolizione dei privilegi e delle restrizioni, sviluppo completo (politico, economico, sociale e culturale) delle minoranze nazionali e delle etnie presenti sul territorio russo.
Fu il III Congresso dei Soviet della Russia, svoltosi dal 10 al 18 gennaio 1918, a sancire la nascita della RSFSR (Repubblica Socialista Federativa Sovietica della Russia) approvando il progetto di risoluzione sugli organismi federali della Repubblica della Russia, presentato da Stalin. Questi i cinque punti del progetto di risoluzione:
"1) La Repubblica socialista sovietica della Russia è fondata sulla unione volontaria dei popoli della Russia, come Federazione delle Repubbliche sovietiche di questi popoli.
2) Supremo organo del potere entro i confini della Federazione è il Congresso dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini di tutta la Russia, convocato almeno ogni tre mesi.
3) Il Congresso dei soviet dei deputati operai, soldati e contadini di tutta la Russia elegge il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia. Negli intervalli tra un congresso e l'altro, organo supremo è il Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia.
4) Il governo della Federazione, il Consiglio dei Commissari del popolo, viene eletto e sostituito totalmente o parzialmente dal Congresso dei soviet di tutta la Russia o dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia.
5) La forma con cui le Repubbliche sovietiche delle singole regioni e le regioni che si distinguono per particolarità di costumi e per composizione etnica partecipano al governo federale, così come la delimitazione delle sfere d'azione delle istituzioni federali e regionali della Repubblica della Russia vengono stabilite immediatamente dopo la costituzione delle repubbliche regionali sovietiche dal Comitato esecutivo centrale di tutta la Russia e dai Comitati esecutivi centrali di queste repubbliche".57
Il 20 novembre Stalin sottopone all'approvazione del Consiglio dei Commissari del popolo l'appello del governo sovietico "A tutti i musulmani lavoratori della Russia e dell'Oriente". In esso si dichiaravano liberi e inviolabili i diritti alla fede religiosa, ai costumi, alle istituzioni nazionali e culturali; si denunciavano tutti gli accordi segreti stipulati dal governo zarista e tacitamente confermati dal governo provvisorio dopo la Rivoluzione di febbraio, in merito alla presa di Costantinopoli, alla divisione della Persia e della Turchia; si impegnava il governo sovietico alla restituzione delle reliquie religiose e nazionali sottratte a questi popoli dal regime oppressore zarista, tra cui il "Sacro Corano di Osman" sottratto a Samarcanda e portato nella biblioteca imperiale; si invitavano, infine, i popoli dell'Oriente a prendere in mano con decisione il loro destino, sviluppando l'organizzazione della classe operaia e degli strati poveri dei contadini e la loro unità sul terreno della lotta di classe.
Fedeli a questi principi e a questa politica, il Commissariato del popolo alle nazionalità e il Governo sovietico accettarono tutte le richieste che, nelle forme diverse - autonomia, federazione, indipendenza -, vennero presentate dalle varie nazionalità; non facendo tuttavia mancare appoggio alcuno alla lotta rivoluzionaria che i popoli e i Soviet delle varie regioni dell'ex impero zarista svilupparono contro le rispettive borghesie e contro l'imperialismo. Su questo fronte Stalin si è impegnato in prima persona, svolgendo un ruolo attivo e dirigente nella lotta per la creazione di diverse repubbliche sovietiche: da quella Ucraina alla Bielorussa a quelle delle regioni della Transcaucasia e dell'Asia centrale.
Il governo sovietico legiferò sull'indipendenza degli ex protettorati di Bukharà e Khivà; fu il primo governo a riconoscere il pieno diritto della Polonia all'autodecisione e ad esistere come Stato indipendente. Riconobbe, il 4 dicembre 1917, l'indipendenza dell'Ucraina e successivamente quella della Bielorussia e delle Repubbliche di Lituania, Lettonia ed Estonia. Contemporaneamente in queste regioni si sviluppò l'appoggio internazionalista a sostegno delle rispettive lotte rivoluzionarie per l'affermazione del potere sovietico. E più tardi, nel fuoco della lotta contro l'aggressione imperialista e la controrivoluzione interna, vi fu il primo importantissimo accordo tra la RSFSR e le Repubbliche sovietiche di Ucraina, Bielorussia e del Baltico, che portò all'unione militare e alla creazione del comando unico dell'Armata Rossa.
Il decreto "Dell'Unificazione delle repubbliche sovietiche della Russia, dell'Ucraina, della Lettonia, della Lituania e della Bielorussia per combattere l'imperialismo mondiale" fu approvato il 1 giugno 1919 dal CEC (Comitato esecutivo centrale dei Soviet) della Russia e dai rappresentanti dei governi sovietici Ucraini, Bielorussi e degli Stati baltici. Con esso si unificarono i Consigli economici e i Commissariati delle finanze, del lavoro e dei trasporti. Fu stabilito un unico comando militare e un unico esercito, la gloriosa Armata Rossa, di cui le forze ucraine andarono a formare la 12ª e 14ª armata, quelle lettoni la 15ª e quelle della Bielorussia e della Lituania la 16ª armata. Tutto ciò costituì un fattore decisivo nella sconfitta militare dell'aggressione imperialista e delle guardie bianche, così come nello sviluppo vittorioso della lotta rivoluzionaria nelle restanti regioni dell'ex impero zarista.
Uno sviluppo diverso ebbe la situazione in Finlandia. Qui era presente un partito socialdemocratico forte e organizzato, ma con una maggioranza orientata su posizioni conciliatrici. Alle elezioni per la formazione della Dieta, svoltesi nel maggio 1917, i socialdemocratici ottennero la maggioranza assoluta. A giugno la Dieta finlandese aveva proclamato la propria sovranità, ma fu sciolta e chiusa d'autorità dal governo provvisorio di Pietrogrado. Le successive elezioni del parlamento furono invece vinte, sebbene con un risicato margine di voti, dai partiti borghesi che trovarono tuttavia una situazione nuova, rispetto alla richiesta d'indipendenza, dato che, nel frattempo, in Russia si era affermata la Rivoluzione d'Ottobre. Fu in questa situazione che, nel novembre 1917, si svolse a Helsinki il Congresso del Partito Operaio Socialdemocratico finlandese. In rappresentanza dei bolscevichi russi e del nuovo governo sovietico, partecipò al Congresso, Stalin.
In quella sede, il 14 novembre, egli pronunciò un importante intervento, il suo primo discorso pubblico in qualità di Commissario del popolo per le nazionalità. Così si espresse: "Compagni! Sono stato delegato a venire da voi per portarvi un saluto a nome della rivoluzione operaia russa, che ha scosso dalle fondamenta le basi del regime capitalistico. Sono venuto per salutare il vostro congresso a nome del governo degli operai e dei contadini della Russia, a nome del Consiglio dei Commissari del popolo, sorto nel fuoco di questa rivoluzione. Ma non sono venuto soltanto per salutarvi. Vorrei, anzitutto, darvi il lieto annuncio delle vittorie della rivoluzione russa, della disorganizzazione dei suoi nemici, vorrei dirvi che in questa atmosfera, in cui la guerra imperialistica sta agonizzando, le possibilità di vittoria per la rivoluzione vanno aumentando di giorno in giorno... Hanno tentato infine di intimidirci con la minaccia dello smembramento della Russia, del suo frazionamento in numerosi stati indipendenti; a questo proposito hanno detto che la proclamazione da parte del Consiglio dei Commissari del popolo del diritto delle nazioni all'autodecisione era un 'fatale errore'. Ma io debbo dichiarare nella maniera più categorica che non saremmo democratici (non dico poi socialisti!) se non riconoscessimo ai popoli della Russia il diritto alla libera autodecisione. E sostengo che tradiremmo il socialismo se non prendessimo tutte le misure atte a stabilire una fiducia fraterna tra gli operai della Finlandia e quelli della Russia. Ma ciascuno sa che se non si riconosce decisamente al popolo finnico il diritto alla libera autodecisione non si può pensare di stabilire una tale fiducia. Importa a questo punto riconoscere non solo a parole, anche se in forma ufficiale, questo diritto. Importa dire che questo riconoscimento verrà confermato coi fatti dal Consiglio dei Commissari del popolo, il quale lo tradurrà in atto senza esitazioni. Il tempo delle parole è infatti passato. È giunto il momento in cui l'antica direttiva: 'Proletari di tutti i paesi, unitevi!', deve essere attuata. Completa libertà di organizzare la propria vita per il popolo finlandese, come per gli altri popoli della Russia! Volontaria e sincera unione del popolo finlandese con il popolo russo! Nessuna tutela, nessun controllo sul popolo finlandese! Questi sono i principi ai quali si ispira la politica del Consiglio dei Commissari del popolo... Compagni! Ci son giunte notizie secondo le quali il vostro paese sta attraversando press'a poco la stessa crisi di governo che attraversò la Russia alla vigilia della Rivoluzione d'Ottobre. Ci son giunte notizie secondo le quali si tenta d'impaurire anche voi con la fame, il sabotaggio, ecc. Permettetemi di dirvi, sulla base dell'esperienza derivante dalla pratica del movimento rivoluzionario in Russia, che se anche questi pericoli fossero reali, non è affatto vero che non possono essere superati. Questi pericoli possono essere superati se si agisce con decisione e senza esitazioni. In un'atmosfera di guerra e di sfacelo, in un'atmosfera in cui il movimento rivoluzionario divampa in Occidente e le vittorie della rivoluzione operaia in Russia si moltiplicano, non esistono pericoli e difficoltà che possano fermare il vostro impeto. In quest'atmosfera può mantenersi e vincere un solo potere, il potere socialista. In quest'atmosfera una sola tattica è adatta, la tattica di Danton: audacia, audacia e ancora audacia! E se vi occorrerà il nostro aiuto, noi ve lo daremo, tendendovi la mano con spirito fraterno. Di ciò potete essere sicuri".58
Come si vede, in questo discorso Stalin ha tracciato alcuni principi che sono stati e rimangono un cardine fondamentale del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario. In primo luogo l'impossibilità per un governo rivoluzionario, quindi autenticamente democratico e socialista, di venire meno all'impegno di garantire la piena applicazione del principio dell'autodecisione per i popoli e le nazioni che ad esso hanno diritto. In secondo luogo che il destino di un popolo deve essere frutto della volontà di quello stesso popolo e non coartato o imposto ad esso. In terzo luogo, la necessità di sviluppare appieno l'appoggio e l'aiuto internazionalista proletario alla lotta rivoluzionaria della classe operaia e delle masse oppresse di ogni paese.
Il 18 dicembre 1917 Lenin e Stalin firmarono il decreto che riconobbe l'indipendenza della Finlandia. Alla seduta del CEC della Russia del 22 dicembre, Stalin svolse la relazione sull'indipendenza della Finlandia nella quale affermò: "Alcuni giorni fa i rappresentanti della Finlandia si sono rivolti a noi chiedendo l'immediato riconoscimento della completa indipendenza della Finlandia e la ratifica della sua separazione dalla Russia. In risposta il Consiglio dei Commissari del popolo ha deciso di accogliere questa richiesta e di emanare un decreto sulla completa indipendenza della Finlandia... Evidentemente il Consiglio dei Commissari del popolo non poteva comportarsi altrimenti, perché se un popolo, per mezzo dei suoi rappresentanti, chiede il riconoscimento della sua indipendenza, un governo proletario che si basi sul principio della concessione ai popoli del diritto all'autodecisione, deve acconsentire. La stampa borghese asserisce che noi abbiamo condotto il paese alla completa rovina, che abbiamo perduto tutta una serie di paesi, tra i quali la Finlandia. Ebbene, compagni, noi non potevamo perderla, perché di fatto essa non è mai stata nostra. Se avessimo trattenuto la Finlandia con la violenza, ciò non avrebbe affatto voluto dire che sarebbe stata nostra... I principi della socialdemocrazia, le sue parole d'ordine e le sue aspirazioni consistono nella creazione di quell'atmosfera di mutua fiducia tra i popoli da tanto tempo auspicata, e solo su questo piano realizzeremo la parola d'ordine: 'Proletari di tutti i paesi, unitevi!'. Tutto ciò è a tutti noto da lunga data. Se noi esaminiamo con maggiore attenzione il modo con cui la Finlandia ha ottenuto la sua indipendenza vediamo che di fatto il Consiglio dei Commissari del popolo ha dato, suo malgrado, la libertà non al popolo, non ai rappresentanti del proletariato finlandese, ma alla borghesia finlandese, la quale per uno strano concorso di circostanze si è impadronita del potere ed ha ricevuto l'indipendenza dalle mani dei socialisti della Russia. Gli operai ed i socialdemocratici finlandesi si sono trovati nella condizione di dover ricevere la libertà non direttamente dalle mani dei socialisti russi, ma per mezzo della borghesia finlandese. Pur ravvisando in questo fatto una tragedia del proletariato finlandese, non possiamo fare a meno di rilevare che i socialdemocratici finlandesi solo a causa della loro irresolutezza e della loro incomprensibile viltà non hanno compiuto con decisione i passi necessari per prendere essi stessi il potere e strappare la loro indipendenza dalle mani della borghesia. Si può biasimare il Consiglio dei Commissari del popolo, gli si possono rivolgere critiche, ma nessuno potrebbe asserire che il Consiglio dei Commissari del popolo non mantiene le promesse fatte, dato che non esiste al mondo una forza tale da poter costringere il Consiglio dei Commissari del popolo a non tener fede ai suoi impegni. L'abbiamo dimostrato quando, con perfetta imparzialità, abbiamo preso in considerazione le richieste presentante dalla borghesia finlandese circa la concessione dell'indipendenza alla Finlandia e abbiamo immediatamente proceduto alla promulgazione del decreto che sancisce questa indipendenza. Possa l'indipendenza della Finlandia facilitare la causa della liberazione degli operai e dei contadini di quel paese e creare una solida base per l'amicizia fra i nostri popoli!".59
Quello che è stato l'impegno di Stalin come Commissario del popolo per le nazionalità e le concrete realizzazioni frutto di quest'impegno, sono sintetizzate in un articolo che Stalin scrisse per la "Pravda". La radice di queste realizzazioni è nell'attuazione dei principi che Stalin aveva esposti nell'opera "Il marxismo e la questione nazionale" e, di essi costituiscono, al tempo stesso, il naturale e progressivo sviluppo storico. Scrive Stalin nell'articolo "La politica del potere sovietico nella questione nazionale in Russia" pubblicato il 10 ottobre 1920 sul n. 226 della "Pravda": "Tre anni di rivoluzione e di guerra civile in Russia hanno mostrato che senza il mutuo appoggio della Russia centrale e delle sue regioni periferiche la vittoria della rivoluzione è impossibile, ed è impossibile la liberazione della Russia dagli artigli dell'imperialismo... Tanto maggiore è l'importanza che acquista la garanzia di una solida unione tra il centro e le regioni periferiche della Russia. Di qui la necessità di stabilire determinati rapporti, determinati legami tra il centro e le regioni periferiche della Russia, tali da garantire una stretta, indissolubile unione tra di loro. Di che genere debbono essere questi rapporti, quali forme debbono assumere? In altri termini, in che cosa consiste la politica del potere sovietico circa la questione nazionale in Russia?... Mentre divampa una lotta mortale tra la Russia proletaria e l'Intesa imperialistica per le regioni periferiche si prospettano soltanto due vie d'uscita: o insieme alla Russia, e si ha allora la liberazione delle masse lavoratrici delle regioni periferiche dal gioco imperialistico; o insieme all'Intesa, e si ha allora l'inevitabile giogo capitalistico... Naturalmente le regioni periferiche della Russia, le nazioni e le stirpi che popolano queste regioni, come, in generale, tutte le altre nazioni, hanno l'imprescrittibile diritto di separarsi dalla Russia, e se una qualsiasi di queste nazioni decidesse nella sua maggioranza di separarsi dalla Russia, come fece la Finlandia del 1917, la Russia probabilmente prenderebbe nota del fatto e sancirebbe la separazione. Ma non si tratta qui dei diritti delle nazioni, che sono incontestabili, bensì sulla volontà delle masse popolari sia del centro che delle regioni periferiche, si tratta del carattere, determinato di questi interessi, dell'agitazione che il nostro partito deve condurre se non vuole rinnegare se stesso, se vuole esercitare un'influenza sulla volontà delle masse lavoratrici delle varie nazionalità e dare a questa volontà un determinato orientamento. Ebbene, gli interessi delle masse popolari indicano che la richiesta di separazione delle regioni periferiche nell'attuale stadio della rivoluzione è profondamente controrivoluzionaria. Allo stesso modo deve essere esclusa la cosiddetta autonomia culturale nazionale come forma di unione tra il centro e le regioni periferiche della Russia. L'esperienza dell'Austria-Ungheria (patria dell'autonomia culturale nazionale) negli ultimi dieci anni ha mostrato quanto questo tipo di autonomia, come forma di unione tra le masse lavoratrici di varie nazionalità di uno stato plurinazionale, sia effimero e privo di vitalità... Rimane l'autonomia regionale delle zone periferiche che si distinguono per particolarità di costumi e per composizione etnica, come l'unica forma razionale di unione tra il centro e le regioni periferiche, autonomia che deve unire le regioni periferiche della Russia al centro con i legami dell'unione federativa. Cioè proprio quella autonomia sovietica che il potere sovietico ha proclamato fin dai primi giorni della sua esistenza e che viene adesso attuata nelle regioni periferiche sotto forma di comuni amministrative e di repubbliche sovietiche autonome. L'autonomia sovietica non è qualcosa di cristalizzato e di fissato una volta per sempre; essa ammette le più svariate forme e i più svariati gradi di sviluppo... Tre anni di politica sovietica intesa a risolvere la questione nazionale in Russia hanno mostrato che, realizzando l'autonomia sovietica nelle sue svariate forme, il potere sovietico si trova sulla giusta strada, perché solo grazie a questa politica è riuscito a penetrare nei più remoti meandri delle regioni periferiche della Russia, a elevare a una vita politica le masse più arretrate e diverse per nazionalità, a collegare queste masse con il centro per mezzo dei più svariati canali, compito che nessun governo al mondo non solo non ha risolto, ma non si è neppure posto (si aveva paura di farlo!). La suddivisione amministrativa della Russia, fondata sull'autonomia sovietica, non è ancora ultimata... Attuando la suddivisione amministrativa fondata sull'autonomia regionale, la Russia ha fatto un grandissimo passo in avanti sulla strada del raggruppamento delle regioni periferiche attorno al centro proletario, sulla strada dell'avvicinamento del governo alle larghe masse popolari di queste regioni... Per rafforzare tale unione occorre, innanzitutto liquidare quel particolarismo delle regioni e quello spirito campanilistico, quel carattere patriarcale e quella mancanza di cultura, quella sfiducia verso il centro che sono rimasti nelle regioni periferiche, come eredità della feroce politica dello zarismo... Per consolidare l'unione tra la Russia centrale e le regioni periferiche bisogna che questa sfiducia sparisca, bisogna creare una atmosfera di mutua comprensione e di fraterna fiducia. Ma per far sparire la sfiducia bisogna anzitutto aiutare le masse popolari delle regioni periferiche a liberarsi dei resti del giogo patriarcale feudale, bisogna eliminare, eliminare di fatto e non soltanto a parole, tutti i privilegi dei colonizzatori, bisogna che le masse popolari sentano i benefici materiali della rivoluzione. In breve: bisogna dimostrare alle masse che la Russia centrale proletaria difende i loro, e soltanto i loro interessi, e dimostrarlo non solo con misure repressive contro i colonizzatori e i nazionalisti borghesi, misure che spesso le masse assolutamente non comprendono, ma innanzitutto, con una conseguente e ponderata politica economica... I comunisti delle regioni periferiche... debbono istituire in queste regioni l'istruzione generale, se vogliono liquidare l'ignoranza del popolo, se vogliono avvicinare spiritualmente il centro e le regioni periferiche della Russia. Ma per far ciò occorre sviluppare una scuola nazionale locale, un teatro nazionale, istituzioni culturali nazionali, elevare il livello culturale delle masse popolari delle regioni periferiche, perché non occorre dimostrare che l'ignoranza e la mancanza di cultura sono il nemico più pericoloso del potere sovietico... Il potere sovietico non può essere considerato un potere staccato dal popolo; al contrario esso è un potere unico nel suo genere, espresso dalle masse popolari russe e loro familiare, è vicino... Ma per divenire familiare, il potere sovietico deve anzitutto divenire comprensibile. Occorre che tutti gli organismi sovietici nelle regioni periferiche, i tribunale, gli organismi amministrativi, quelli economici, gli immediati organi del potere (ed anche gli organismi del partito), siano composti per quanto è possibile di persone del posto, che conoscano i costumi, il carattere, gli usi, la lingua della popolazione locale; che in queste istituzioni si faccia entrare tutti i migliori uomini appartenenti alle masse popolari del luogo; che le masse lavoratrici locali vengano fatte partecipare in tutti i campi al lavoro di direzione del paese, compreso il lavoro per le formazioni militari; che le masse vedano che il potere sovietico e i suoi organi sono opera dei loro stessi sforzi, personificazione delle loro speranze... solo in questo modo si può rendere il potere sovietico comprensibile e vicino alle masse lavoratrici delle regioni periferiche.
Alcuni compagni vedono nelle repubbliche autonome della Russia, e in genere nell'autonomia sovietica, un male temporaneo ma necessario, che non poteva essere evitato a causa di certe circostanze, ma contro il quale è necessario lottare in modo che col tempo possa essere eliminato. Non occorre dimostrare che questa opinione è assolutamente errata e, in ogni caso, non ha niente a che vedere con la politica del potere sovietico nei confronti della questione nazionale...Uno dei più seri ostacoli che si oppongono alla realizzazione dell'autonomia sovietica è la grande deficienza di intellettuali locali nelle regioni periferiche, la mancanza di istruttori per tutti, assolutamente tutti, i settori del lavoro sovietico e di partito. Tale mancanza non può non ostacolare sia il lavoro educativo che quello rivoluzionario costruttivo nelle regioni periferiche. Ma proprio per questo sarebbe insensato, dannoso, allontanare i gruppi, già così poco numerosi, di intellettuali del posto, i quali probabilmente vorrebbero mettersi al servizio delle masse popolari, ma non lo possono fare forse perché, non essendo comunisti, ritengono di essere circondati da un'atmosfera di sfiducia e temono possibili repressioni. Verso questi gruppi può essere applicata con successo una politica che miri a farli partecipare al lavoro sovietico, una politica tendente ad inserirli nel lavoro dell'industria, dell'agricoltura, dell'approvvigionamento e d'altro genere, per ottenere la loro graduale sovietizzazione... Ma anche se si utilizzano i gruppi di intellettuali del posto si è ancora ben lontani dal poter soddisfare il bisogno che si ha di istruttori. Nel medesimo tempo è necessario sviluppare una ricca rete di corsi e di scuole nelle regioni periferiche, per tutti i rami dell'amministrazione, al fine di creare, con la gente del posto, quadri di istruttori. Poiché è chiaro che se non vi sono tali quadri l'organizzazione della scuola, dei tribunali, degli organi amministrativi e delle altre istituzioni, in cui venga adottata la lingua nazionale, sarà resa estremamente difficile. Un ostacolo non meno serio per la realizzazione dell'autonomia sovietica è la fretta, che spesso si trasforma in grossolana mancanza di tatto, mostrata da alcuni compagni nella sovietizzazione delle regioni periferiche. Quando questi compagni, in regioni che sono rimaste indietro per un intero periodo storico rispetto alla Russia centrale, in regioni nelle quali non è stato ancora del tutto liquidato l'ordinamento medievale, decidono di addossarsi l''eroico sforzo' di attuare il 'comunismo puro', si può dire con certezza che da tale impresa cavalleresca, da tale 'comunismo' non uscirà niente di buono. A questi compagni noi vorremmo ricordare un noto punto del nostro programma secondo il quale: 'Il PC della Russia si attiene al punto di vista storico-classista, e tiene conto del grado di sviluppo storico raggiunto da una determinata nazione; se si trova sulla strada dal medioevo alla democrazia borghese o su quella dalla democrazia borghese alla democrazia sovietica o proletaria, ecc.'... In breve: dalle imprese cavalleresche per l''immediata comunistizzazione' delle masse popolari arretrate bisogna passare ad una politica cauta e ponderata che incanali gradatamente queste masse nell'alveo generale dello sviluppo sovietico.
Tali sono in generale le condizioni pratiche per realizzare l'autonomia sovietica, la cui attuazione assicurerà l'avvicinamento spirituale ed una salda unione rivoluzionaria del centro e delle regioni periferiche della Russia. La Russia sovietica sta compiendo un esperimento mai visto fino ad ora al mondo, quello di organizzare la collaborazione fra un'intera serie di nazioni e di stirpi nell'ambito di uno stato proletario unitario, collaborazione fondata sui principi della fiducia reciproca, sui principi dell'intesa volontaria, fraterna. Tre anni di rivoluzione hanno mostrato che questo tentativo ha tutte le possibilità di riuscita".60
Questo esperimento senza precedenti nel mondo si concretizzerà nella creazione di un unico, nuovo Stato nazionale. Si realizzerà attraverso l'adesione volontaria ad esso della RSFSR, della Repubblica sovietica dell'Ucraina, di quella Bielorussa e della Federazione della Transcaucasia, comprendente le Repubbliche sovietiche di Georgia, Armenia e Azerbaijan. Sarà ufficialmente sancito il 30 dicembre 1922 con la nascita dell'URSS decretata dal I Congresso dei Soviet dell'Unione.
Questa grande e storica conquista del socialismo è stata realizzata grazie al contributo determinante che ad essa ha dato Stalin. Essa rappresenta un merito storico di Stalin!

Capitolo 8
Lenin e Stalin stretti compagni d'armi nella difesa e nella edificazione del primo stato socialista



Lenin e Stalin fianco a fianco a dirigere l'insurrezione rivoluzionaria d'Ottobre e, successivamente a dare vita al grande capolavoro storico della costruzione del primo Stato socialista. È un'immagine non retorica dovuta al ruolo di artefici che questi due grandi maestri del proletariato internazionale hanno avuto in questa titanica impresa, ma che emerge dalla realtà concreta dell'impegno quotidiano dei due dirigenti bolscevichi, da tanti vissuta o semplicemente vista e che, qualcuno, ha anche descritto. È il caso di Pestovsky, bolscevico di origine polacca, funzionario del Commissariato del popolo per le nazionalità, che con Stalin divideva l'ufficio a palazzo Smolny, quasi attiguo a quello di Lenin. "Lenin non poteva fare a meno di Stalin neppure per un solo giorno - scrisse Pestkovski -. Durante la giornata lo chiamava un numero infinito di volte oppure compariva nell'ufficio mio e di Stalin e se lo portava via. Stalin passava la maggior parte delle ore con Lenin nello studio di quest'ultimo".61
È questa una delle tante, semplici testimonianze che rendono però viva e palpabile l'affinità del pensiero, l'impegno comune nell'analizzare e nell'affrontare le diverse situazioni e nel condurre il partito a vincere le più dure, difficili e decisive battaglie politiche. Una delle prime che il partito affrontò all'indomani della vittoria della Rivoluzione d'Ottobre, fu la battaglia per la pace.


Brest-Litovsk

Immediatamente dopo la promulgazione da parte del Congresso dei Soviet del "Decreto sulla pace" il governo sovietico, attraverso la nota ufficiale dell'8 novembre, propose a tutti i governi degli Stati belligeranti di intavolare negoziati di pace, accludendo ad essa il testo del Decreto dei Soviet. Seguirono poi altri atti volti a raggiungere l'obiettivo. Uno fu trasmesso ai paesi neutrali: Svezia, Danimarca, Norvegia ecc., nel quale si chiedeva di favorire, con un loro intervento, l'inizio di negoziati. Successivamente, il 28 novembre, il 6 dicembre e ancora il 30 gennaio 1918, altri appelli furono rivolti direttamente ai governi di Stati Uniti, Francia e Inghilterra. A questi atti ufficiali e note non venne mai data risposta.
Visto che i governi dell'Intesa rifiutarono sprezzantemente, lasciandola cadere nel silenzio, la proposta sovietica di negoziare una pace giusta e democratica, il governo sovietico decise, su mandato dei Soviet, di impegnarsi in trattative con Germania e Austria, per raggiungere un armistizio. Gli incontri iniziarono il 2 dicembre a Brest-Litovsk e portarono, il 15 dicembre 1917, alla firma dell'armistizio tra la Russia sovietica e la coalizione austro-tedesca. In base a quest'accordo l'esercito tedesco rimaneva attestato su tutto il territorio russo che in quel momento occupava, ma, e queste erano le clausole irrinunciabili che aveva posto il governo sovietico, l'Austria e la Germania non potevano trasferire truppe sul fronte occidentale, sfruttando l'armistizio per rafforzare la loro posizione militare nei confronti dell'Intesa e, inoltre, non dovevano ostacolare la politica sovietica di "fraternizzazione al fronte" che, attraverso materiale di propaganda e contatti organizzati fra le truppe, puntava allo sviluppo e al rafforzamento di relazioni amichevoli tra i popoli. L'armistizio aveva una durata di 28 giorni e si intendeva tacitamente rinnovato, se non in presenza di un avviso di ripresa delle ostilità comunicato con un anticipo di almeno sette giorni da parte di chi intendesse riaccendere il conflitto. Durante l'armistizio poteva essere avviato il negoziato per giungere alla stipula di un trattato di pace. Negoziato che in effetti si aprì il 22 dicembre 1917. La delegazione sovietica propose il suo progetto volto a concludere una pace giusta e democratica senza annessioni, né riparazioni. Ma la delegazione della "Quadruplice Alleanza" (Germania, Austria-Ungheria, Bulgaria e Turchia) guidata dal ministro degli esteri tedesco Kuhlmann, il 18 gennaio 1918 presentò in termini pressoché ultimativi un piano che prevedeva la perdita per la Russia di circa 150 mila kmq. di territorio comprendente l'Ucraina, parte dei paesi baltici e della Bielorussia. Trotzki, capodelegazione sovietico, chiese a quel punto una sospensione di dieci giorni del negoziato per tornare a Pietrogrado, consultare il suo governo e riceverne le dovute istruzioni.
La situazione in cui, in quel periodo, si trovava la giovane Repubblica sovietica era di drammatica durezza sia sul piano economico e sociale, che su quello militare e delle condizioni materiali di vita della popolazione. Il potere operaio e contadino non era ancora saldamente consolidato, né stabilmente avviato era il processo di costruzione del nuovo ordinamento economico e sociale. Il vecchio esercito era in completa dissoluzione e vi era la necessità di avviare in breve tempo l'opera di costruzione dell'Esercito rosso.
Per ottemperare a questi compiti era necessario finire la guerra. Finché la Russia continuava ad essere in guerra contro l'Austria e la Germania, in quel momento la più rapace e pericolosa coalizione imperialista, non sarebbe stato possibile affrontare e risolvere quelle che erano le necessità improcrastinabili e vitali per la classe operaia e i contadini poveri della Russia: consolidare il potere sovietico e il processo di trasformazione socialista del paese e di costruzione del nuovo esercito rosso.
Il negoziato di Brest-Litovsk aveva reso evidente che l'imperialismo tedesco voleva per sé una parte cospicua dei territori dell'ex impero zarista ed asservire alla Germania la Polonia, l'Ucraina e le regioni del Baltico proseguendo nella sua politica predatoria e di rapina. L'altro fronte imperialistico, costituito dai paesi dell'Intesa, voleva a sua volta che la Russia continuasse la guerra sia per lasciare aperto il fronte orientale nel conflitto che li vedeva impegnati contro i paesi dell'Impero centrale, sia per indebolire il nuovo Stato socialista e annientarne il potere sovietico utilizzando a questo fine le armate tedesche e unificando e organizzando tutte le forze controrivoluzionarie all'interno del paese.
Il giovane Stato sovietico affrontò allora la sua prima, profonda crisi e l'aspra battaglia politica che essa scatenò. Una battaglia che il partito bolscevico sostenne e vinse dopo un durissimo scontro con la borghesia, i proprietari fondiari e la vecchia casta burocratico-militare; contro i partiti menscevico, socialista-rivoluzionario di destra e di sinistra (quest'ultimo entrato in un primo momento a far parte del governo sovietico). Tutti questi controrivoluzionari scatenarono una forsennata agitazione per impedire la firma del trattato di pace, trovando, in questa loro azione, degli alleati anche all'interno del partito. Bucharin in particolare, assieme a Radek e Piatakov, aveva infatti formato una frazione interna all'organizzazione bolscevica: i cosiddetti "comunisti di sinistra". Questo gruppo, mascherandosi dietro una fraseologia pseudorivoluzionaria, lanciò la parola d'ordine della "guerra rivoluzionaria" e, in alleanza con Trotzki, si scagliò contro Lenin nel tentativo di isolarlo all'interno del Comitato centrale e imporre così la continuazione della guerra. Lenin, rispetto all'evolvere della situazione interna ed internazionale, aveva preparato le "Tesi sulla conclusione immediata di una pace separata e annessionistica" nelle quali analizzava dettagliatamente i motivi che imponevano la firma del trattato imposto dai tedeschi, chiedendo al partito di non tergiversare oltre e criticando con forza e lungimiranza la politica e l'azione svolta da Trotzki e Bucharin.
"Il marxismo - scrive Lenin nel Poscritto alle "Tesi sulla conclusione immediata di una pace separata e annessionistica" - esige che si tenga conto delle condizioni obiettive e del loro mutamento, bisogna porre la questione in modo concreto, in funzione di queste condizioni, e il mutamento radicale consiste ora nella creazione della Repubblica dei soviet di Russia: al di sopra di tutto, sia per noi che dal punto di vista del socialismo internazionale, vi è la salvaguardia di questa repubblica, della rivoluzione socialista già iniziata, in questo momento la parola d'ordine della guerra rivoluzionaria da parte della Russia significherebbe o una frase vuota e un inutile gesto dimostrativo, o equivarrebbe obiettivamente a cadere in una trappola tesaci dagli imperialisti che vogliono trascinarci nella continuazione della guerra imperialistica come una particella ancora debole, e schiacciare, pagando il minimo prezzo, la giovane Repubblica dei soviet".62
Nella riunione del 24 gennaio il Comitato centrale bolscevico, grazie alla chiara e ferma azione politica in esso condotta da Lenin e Stalin sostenuta, tra gli altri, da Sverdlov responsabile dell'organizzazione del partito, respinse le posizioni sostenute da trotzkisti e "comunisti di sinistra", dando mandato alla delegazione sovietica a Brest-Litovsk di protrarre quanto più possibile la trattativa ma, quando ciò non fosse più stato possibile, di firmare la pace. Trotzki, infrangendo a tradimento e in modo irresponsabile le decisioni del CC del partito e il preciso mandato del governo sovietico, ribadite in un telegramma che Lenin e Stalin inviarono alla delegazione da lui diretta, ruppe, il 10 febbraio 1918, le trattative rifiutandosi di firmare la pace alle condizioni poste dalla Germania dichiarando ai rappresentanti della coalizione austro-tedesca, che la Russia non avrebbe continuato la guerra né avrebbe interrotto la smobilitazione dell'esercito.
Fu un atto inqualificabile, che arrecò un danno gravissimo alla Repubblica sovietica e che avrebbe perfino potuto comprometterne l'esistenza.
Il 18 febbraio in sleale violazione dell'armistizio, le armate austro-tedesche attaccarono la Russia sovietica, sviluppando l'offensiva principale sulla capitale Pietrogrado e conquistando in un breve lasso di tempo, una parte considerevole di territorio sovietico, di equipaggiamenti, materiale bellico e munizioni.
Trotzkisti e buchariniani avevano esposto la Russia sovietica a un pericolo mortale.
Lenin richiese il 19 febbraio la convocazione urgente del Consiglio dei Commissari del popolo. Il CCP inviò un radiogramma al governo tedesco annunciando la disponibilità sovietica alla firma del trattato di pace sulla base delle condizioni poste a Brest-Litovsk, ma non ottenne alcuna risposta, mentre l'esercito tedesco continuava nella sua avanzata. Il 21 febbraio Lenin e Stalin danno direttiva alle organizzazioni di partito di Pietrogrado di organizzare la resistenza contro gli invasori tedeschi. La stessa direttiva Stalin dà ai bolscevichi di Kiev. Il 22 febbraio il Consiglio dei Commissari del popolo lanciò l'appello al popolo sovietico per la mobilitazione generale. Il giorno successivo gli operai e la popolazione di Pietrogrado in armi si schierarono a fianco dei reparti rivoluzionari ancora operativi del vecchio esercito respingendo nei pressi di Pskov e Narva, nell'immediata periferia della capitale, l'assalto dell'esercito tedesco. Fu grazie a questa eroica resistenza di popolo, che verrà ricordata anche come l'atto di nascita dell'Armata Rossa, che l'avanzata delle armate tedesche fu bloccata. Il governo tedesco inviò il suo ultimatum chiamando i sovietici a Brest-Litovsk per la firma del trattato di pace.
Nello stesso giorno, il 23 febbraio, si riunì il CC bolscevico. A maggioranza il massimo organo dirigente del partito approvò la linea leninista favorevole alla conclusione del trattato di pace con la Germania. Trattato che venne infine siglato a Brest-Litovsk il 3 marzo 1918.
Ma anche in questa riunione trotzkisti e "comunisti di sinistra" non mancarono di attaccare in modo aperto Lenin e, con lui, il partito bolscevico. Il loro intento ormai era chiaro: dividere i militanti e i dirigenti dell'organizzazione, lacerare il tessuto unitario del partito per favorire una scissione e provocare la disgregazione del partito. Ciò emerse in modo evidente quando, dopo la conclusione del CC, si riunì il Comitato di partito di Mosca di cui si erano provvisoriamente impadroniti i "comunisti di sinistra". Quella riunione approvò una risoluzione con annesso un testo esplicativo nei quali, tra l'altro, si leggeva testualmente: "...il Comitato della regione di Mosca del POSDR(b) esprime la sua sfiducia nel CC, a causa della sua linea politica e delle persone che ne fanno parte... non si ritiene obbligato a sottomettersi comunque a quelle decisioni del CC che saranno connesse all'applicazione delle condizioni del trattato di pace con la Germania e l'Austria". E, ancora: "Il Comitato della regione di Mosca ritiene difficilmente evitabile una scissione nel prossimo futuro... Nell'interesse della rivoluzione internazionale riteniamo oppurtuno ammettere la possibilità di perdere il potere sovietico, che sta diventando ora puramente formale". Lenin marchiò a fuoco quella ignobile risoluzione, bollandola come un atto "strano e mostruoso".


Al servizio del Partito e dello Stato sovietico

La battaglia che, in questa occasione, Lenin, Stalin e Sverdlov sostennero e vinsero contro Trotzki e Bucharin, fu una delle più accanite lotte in cui venne trascinato il Comitato centrale e l'intero partito.
Per risolvere definitivamente questa e altre questioni importanti, venne convocato il VII Congresso del POSDR(b) che svolse i suoi lavori dal 6 all'8 marzo 1918. Il Congresso approvò con una mozione la conclusione della pace di Brest-Litovsk, sottolineando inoltre l'inevitabilità di nuovi attacchi alla Repubblica dei soviet da parte degli Stati imperialisti, mobilitando tutto il partito ad assolvere nel migliore dei modi agli impegni di rinsaldare la disciplina al suo interno e fra le masse operaie e contadine; a preparare la difesa della patria socialista; a dare un'istruzione militare generale al popolo e ad organizzare l'Esercito Rosso.
Stalin sottolineò la giustezza di questa scelta politica: "La conclusione della pace di Brest-Litovsk - scrisse nella Storia del Partito comunista (bolscevico) dell'URSS - permise al partito di guadagnare tempo per consolidare il potere sovietico, per riordinare l'economia del paese. La conclusione della pace permise di valersi dei conflitti nel campo dell'imperialismo (la guerra che continuava tra il blocco austro-tedesco e l'Intesa), di disgregare le forze dell'avversario, di organizzare l'economia sovietica, di creare l'Esercito Rosso. La conclusione della pace permise al proletariato di conservare l'appoggio dei contadini e di raccogliere le forze per battere i generali bianchi, durante la guerra civile. Nel periodo della Rivoluzione d'Ottobre Lenin aveva insegnato al partito bolscevico l'arte di attaccare arditamente e risolutamente quando esistono le condizioni necessarie. Nel periodo di Brest-Litovsk Lenin insegnò al partito anche l'arte di ripiegare in buon ordine quando le forze dell'avversario sono evidentemente superiori alle nostre, per potere, con la massima energia, preparare una nuova offensiva contro il nemico".63
Il VII Congresso modificò il nome del partito che venne denominato Partito Comunista (bolscevico) di Russia - P.C.(b) R. - e deliberò anche di formulare il nuovo programma del partito sulla base di un progetto preparato da Lenin. L'8 marzo il VII Congresso elesse Stalin membro della Commissione per l'elaborazione del programma del partito, riconfermandolo anche nel nuovo Comitato centrale.
Il 10 marzo il Soviet di Pietrogrado elesse Stalin delegato al IV Congresso straordinario dei Soviet di tutta la Russia. Lo stesso giorno Stalin, con tutti i membri del governo, lasciò Pietrogrado per Mosca, nuova capitale della RSFSR.
Il 16 marzo il IV Congresso straordinario dei Soviet ratificò ufficialmente il trattato di pace di Brest-Litovsk e nominò il suo nuovo Comitato Esecutivo Centrale (CEC), di cui Stalin venne eletto membro.

Capitolo 9
L'aggressione imperialista e la controrivoluzione interna


L'uscita dalla guerra e il breve periodo di tregua conquistato dalla Repubblica sovietica al duro prezzo di una "pace disgraziata", come Lenin definì il trattato firmato a Brest-Litovsk, fu decisivo per il governo, la classe operaia e i contadini rivoluzionari della Russia per avviare e sviluppare tutte le iniziative e le attività necessarie a consolidare la dittatura del proletariato, il grande processo di trasformazione socialista del paese, la sua capacità di difesa sia politica sia militare dall'aggressione controrivoluzionaria che di lì a poco la borghesia russa e l'imperialismo mondiale avrebbero scatenato per annientare il primo Stato socialista.
Possiamo brevemente sintetizzare queste iniziative e queste attività che hanno permesso il consolidamento del potere sovietico in Russia e la riorganizzazione del sistema sociale ed economico su base socialista e che hanno avuto il loro massimo impulso proprio nel periodo successivo alla conclusione della pace con la Germania. Il controllo e la nazionalizzazione della Banca di Stato e delle banche private introdotti dai decreti del Consiglio dei Commissari del popolo sull'annullamento dei prestiti interni ed esteri contratti dal governo zarista e dal governo provvisorio, sulla trasformazione dell'organizzazione bancaria in monopolio di Stato con la confluenza delle banche private in quella statale e la creazione della Banca popolare unificata della Repubblica russa.
L'avvio del programma di nazionalizzazione dell'industria, a partire dalle grandi fabbriche e dagli stabilimenti minerari, metallurgici, tessili, ecc., fino a coprire la totalità dei settori produttivi.
Il complesso e difficile avvio del lavoro nelle aziende nazionalizzate e l'incremento della produttività sulla base dell'organizzazione del lavoro socialista, del rafforzamento della nuova disciplina, della preparazione di quadri operai in grado di dirigere le fabbriche, i settori produttivi e l'economia.
Tutto ciò assieme alla definizione del programma di sviluppo dell'industria pesante, per garantire la vittoria del settore socialista su tutti gli altri settori dell'economia del paese. Il controllo sulle principali branche del commercio. La creazione presso il Consiglio superiore dell'economia nazionale di una speciale commissione per lo studio delle fonti d'energia della Russia e l'avvio del processo d'elettrificazione con la costruzione delle prime grandi centrali elettriche del paese.
L'impegno deciso a risolvere tra i compiti principali la questione agricola e delle campagne sia sotto il profilo economico e della produzione - aspetto indissolubilmente legato alla lotta per il pane -, che dal punto di vista politico con il rafforzamento della dittatura del proletariato nelle campagne da realizzarsi mediante l'unione dei contadini poveri e del loro legame rivoluzionario e di classe con gli operai; l'appoggio dei contadini medi alla politica sovietica; l'isolamento dei kulak e la repressione dell'attività controrivoluzionaria da loro avviata contro il potere sovietico.
Sul piano della sicurezza interna lo smantellamento del vecchio apparato e la formazione dei nuovi organismi della "dittatura del proletariato" portò alla creazione della "milizia operaia", la nuova polizia, alle dirette dipendenze dei Soviet. Il 7 dicembre 1917 il governo istituì la "Commissione straordinaria" (Cekà) in funzione della prevenzione e della lotta contro il sabotaggio e i tentativi controrivoluzionari e dell'arresto e della consegna dei responsabili di questi atti ai "tribunali rivoluzionari".
Infine il nuovo sistema giudiziario, introdotto con il "Decreto n. 1 sui tribunali" del 22 novembre 1917. Il nuovo ordinamento, i cui organi emanati e controllati dai Soviet, erano elettivi, istituì i "Tribunali del Popolo" per il giudizio sui reati comuni e i "Tribunali Rivoluzionari" per quello riguardante la lotta alla controrivoluzione.


Vincere la battaglia per l'approvvigionamento

Pur tra mille difficoltà, il nuovo Stato sovietico si sviluppava e si stabilizzava forte dell'appoggio della classe operaia e dei contadini poveri, molto deciso e sempre più preparato a respingere e schiacciare ogni tentativo teso a cancellarne l'esistenza.
A partire dalla seconda metà del dicembre 1917 i governi degli Stati imperialisti dell'Intesa, avviarono segretamente i loro piani per rovesciare il governo sovietico e riportare la borghesia al potere.
Stati Uniti, Francia e Inghilterra inviarono osservatori, istruttori militari e delegazioni di vario genere ai confini meridionali, orientali e settentrionali della Russia. Il loro compito era: coordinare, unificare e finanziare, attraverso la creazione di conti bancari di parecchi milioni, i gruppi e le attività controrivoluzionarie dei generali del vecchio regime, i vari Kaledin, Krasnov, Kornilov, Denikin, Judenic, ecc., oltre ai movimenti nazionalisti dell'Ucraina e delle regioni del Caucaso.
Il 9 marzo 1918 un primo contingente di truppe inglesi sbarcò a Murmansk, rafforzato in seguito da altri reparti militari britannici, americani e francesi. Ai primi d'aprile fu Vladivostok, in estremo oriente, ad essere occupata dai giapponesi e dagli inglesi; e, a fine maggio, vi fu la rivolta del "corpo di spedizione cecoslovacco". Si trattava di militari cechi e slovacchi (circa duecentomila uomini) ex soldati dell'esercito austroungarico fatti prigionieri durante la guerra, a cui il governo sovietico aveva permesso, attraverso la Transiberiana, di giungere a Vladivostok, per trasferirsi poi in Europa. I paesi dell'Intesa, si servirono di parte di questi soldati, circa cinquantamila uomini, a cui si aggregarono contingenti di "guardie bianche", per organizzare un'azione militare controrivoluzionaria. Queste truppe furono schierate lungo la linea che va da Penza a Vladivostok, occupando alcune città in cui fu restaurato il controllo borghese e i vecchi ordinamenti istituzionali.
Era l'inizio dell'aggressione imperialistica e della controrivoluzione interna.
Una guerra civile e d'aggressione efferata e cruenta che impegnò il governo e il popolo sovietici in un'eroica lotta in difesa della patria socialista per tre lunghi e difficili anni, fino al 1920.
Gli aggressori imperialisti e la controrivoluzione interna si scatenarono in un'escalation d'efferatezze e crimini contro il popolo e i comunisti sovietici. Villaggi interi furono bruciati e rasi al suolo, la popolazione civile massacrata. Gli interventisti e le "guardie bianche" allestirono campi di concentramento in ogni zona da essi controllata. Tristemente famosi quello nell'isola di Muding e il campo Ikanga nella penisola di Kola, dove alle umiliazioni e alle torture a cui erano sottoposti i prigionieri sovietici, faceva seguito la morte per fame e freddo. O quelli della Siberia dove furono internati più di ottantamila tra operai, contadini e intellettuali sovietici, la metà dei quali non riconquistò più la libertà, ma morì in quei campi barbaramente trucidata tra sevizie e torture, o assassinata a freddo. E ancora l'efferato massacro perpetrato dagli inglesi dei ventisei "Commissari di Bakù", la cittadella rossa del Caucaso, e i numerosi attentati terroristici compiuti dai socialisti-rivoluzionari contro gli esponenti bolscevichi in cui furono uccisi Volodarskij, Uritzkij e gravemente ferito il 30 agosto 1918 a Mosca, Lenin, colpito da due proiettili sparati dalla sua attentatrice, la terrorista Fanny Kaplan.
La Rivoluzione d'Ottobre si compì senza larghi spargimenti di sangue, così come all'indomani di essa non ci fu nessun accanimento da parte del potere sovietico contro i suoi nemici. Chi credette che questo atteggiamento fosse non il segno di una precisa scelta e volontà politica, ma il frutto di una sostanziale debolezza del potere sovietico, fu costretto a ricredersi. Attaccata nel più ignobile dei modi, la rivoluzione sovietica seppe rispondere con estrema decisione e durezza. Ripristinata il 21 giugno 1918 la pena di morte, abolita all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre, il potere sovietico scatenò la sua risposta mostrandosi in grado di rintuzzare con decisione ogni tentativo di attacco ad esso, alle istituzioni del suo Stato e al suo popolo.
Fu definito il periodo del "terrore rosso". Grida di sdegno si levarono da chi aveva le mani grondanti sangue: i controrivoluzionari russi e gli imperialisti. Note di protesta furono inviate dai governi dei paesi aggressori, al governo di Mosca. "Davanti al proletariato di tutto il mondo - affermò in una delle sue note diplomatiche il nuovo Commissario del popolo agli esteri, Cicerin - dichiariamo che nessuna protesta o richiesta farisaica tratterrà la mano decisa a punire coloro che levano le armi contro gli operai e i contadini poveri della Russia, che vogliono farli morire di fame o trascinarli in una nuova guerra nel nome del capitale".
Fu una lotta durissima e una resistenza vinta grazie alla tenacia, all'abnegazione, allo spirito di sacrificio e all'eroismo con cui la classe operaia e i contadini poveri si sollevarono esortati e diretti dal PC(b)R e, con esso, combatterono e vinsero la guerra contro l'invasione straniera e la reazione delle "guardie bianche", della borghesia e dei proprietari fondiari.
Anche in questo frangente Stalin dedicò tutto se stesso alla causa del popolo e della rivoluzione, dimostrando oltre alle sue straordinarie doti politiche, anche quelle strategiche e militari. Con la sua radicata e inflessibile coscienza proletaria, con il suo esempio personale e con la sua ferrea volontà, seppe riorganizzare, rincuorare, unire i lavoratori e le masse popolari, facendo rinascere in essi, nei momenti più duri e difficili, la fiducia e l'entusiasmo. Così come fu inflessibile e determinato nella lotta contro i nemici interni ed esterni, gli speculatori, i sabotatori e quanti avessero commesso crimini contro il popolo e lo Stato sovietici, fu instancabile e scrupoloso nel suo lavoro e nelle sue inchieste, pronto ad ascoltare tutti i suggerimenti e le proposte attorno ai più svariati problemi, attento nel vagliare errori e responsabilità.
Alcune tra le più eroiche pagine di lotta del popolo e le più gloriose vittorie della Armata Rossa nella guerra contro l'intervento imperialistico e la controrivoluzione interna sono legate al nome di Stalin.
Il 29 maggio 1918 il Consiglio dei Commissari del popolo incaricò Stalin di dirigere tutto il settore dell'approvvigionamento nella Russia meridionale, conferendogli poteri straordinari per ottemperare al meglio a questo compito. Quello dell'approvvigionamento era ormai diventato uno dei problemi principali per il governo sovietico, dalla cui soluzione dipendeva la vita stessa della popolazione delle città. La recente uscita del paese dal conflitto imperialista e l'avvio dei nuovi piani di sviluppo economici e sociali, non potevano certo avere risolto la drammatica crisi in cui il regime zarista prima e il governo provvisorio poi, avevano precipitato la Russia. L'adesione alla guerra mondiale aveva provocato la quasi totale distruzione del tessuto economico e produttivo. La guerra civile aveva isolato molte città dai villaggi e dai centri periferici, mentre i kulak si organizzavano nella loro attività antisovietica rifiutandosi di commerciare il grano che doveva servire all'approvvigionamento delle zone urbane. Il governo sovietico per far fronte a questa situazione e alle necessità del popolo e dell'esercito, adottò la politica detta del "comunismo di guerra" imperniata sulla prestazione obbligatoria del lavoro, sull'abolizione del commercio e sul prelevamento delle eccedenze di grano.
La Repubblica sovietica era stretta d'assedio. I territori occupati dai nemici costituivano le fonti primarie della ricchezza del paese: fornivano il 90% del carbone e grossa parte delle materie prime per l'industria. La fame colpiva il paese privato delle produzioni di grano della Siberia e dell'Ucraina. Le razioni di pane per gli operai di Pietrogrado e di Mosca, ad esempio, erano ormai ridotte a 50 grammi al giorno. L'unica fonte di produzione di grano rimaneva la regione di sud-est che si estendeva tra il Caucaso e il bacino del Volga, e la strada principale per accedervi passava per Zarizyn, divenuta Stalingrado nel 1925 e Volgograd nel 1962.
Questa regione del paese era seriamente minacciata dall'azione congiunta delle "guardie bianche volontarie" di Denikin nel Caucaso del nord e dei cosacchi di Krasnov che premevano su Zarizyn e Voronez. Zarizyn andava difesa ad ogni costo. La sua caduta avrebbe significato la perdita per la Repubblica russa delle sue ultime risorse di grano e del petrolio di Bakù e, sul piano militare, la saldatura delle armate controrivoluzionarie dei "volontari" di Denikin e dei cosacchi bianchi di Krasnov con i cosacchi del Don guidati da Kolciac e con il corpo di spedizione cecoslovacco attestato a nord, che avrebbero così potuto costituire un unico fronte d'attacco con obiettivo Mosca.
Stalin giunse a Zarizyn il 6 giugno 1918, a capo di un distaccamento di operai, con i pieni poteri conferitigli dal governo per l'approvvigionamento. La situazione che vi trovò era allarmante e caotica. La disorganizzazione, il palleggiamento di responsabilità, la sovrapposizione di competenze, la mancanza di disciplina e una diffusa corruzione è il quadro che emerse dall'immediata e approfondita inchiesta che svolse per capire quali erano i problemi e quali le misure da adottare per poterli affrontare e risolvere. Con mano ferma ed estrema decisione prese in pugno la situazione. Introdusse il monopolio del pane e i prezzi fissi per arginare la speculazione. Nominò commissari speciali per riorganizzare il settore dei trasporti ferroviari e fluviali. Rimise sotto controllo tutto il ciclo dell'approvvigionamento: dalla mietitura del grano, alla consegna delle eccedenze; dallo stoccaggio dei generi alimentari da inviare nelle città, al loro trasporto nei luoghi di destinazione. Emise gli ordini d'arresto per i funzionari corrotti colpevoli di appropriazione indebita e per quanti avevano fatto incetta di merci appartenenti allo Stato. Chiese al Consiglio dei Commissari del popolo e al Comitato Esecutivo Centrale di richiamare i Soviet locali al rispetto dei compiti e dei programmi economici approvati.
Quando, nel luglio 1918, i socialisti-rivoluzionari gettarono la maschera mostrando la loro natura controrivoluzionaria di fautori e difensori degli interessi della borghesia e dei kulak, si impegnò a fondo per impedire, nella regione, il dispiegarsi della loro azione terroristica. A Lenin che il 7 luglio lo informò della ribellione che questi incalliti mistificatori e falsi rivoluzionari avevano messo in atto a Mosca, dicendogli: "È necessario soffocare ovunque e inesorabilmente questi miserabili e isterici avventurieri che sono divenuti uno strumento nelle mani dei controrivoluzionari... Siate dunque implacabili contro i socialisti-rivoluzionari di sinistra e teneteci costantemente informati". Stalin rispose lo stesso giorno in questi termini: "... si farà di tutto per prevenire le possibili sorprese. Siate certo che la mano non ci tremerà".64
Il V Congresso dei Soviet che proprio in quei giorni (4-10 luglio) si svolgeva a Mosca, decretò l'esclusione dei socialisti-rivoluzionari dai Soviet stessi per la loro partecipazione alle sommosse antisovietiche.


Stratega militare

Il problema dell'approvvigionamento era intrinsecamente connesso con quello militare. La liberazione dei territori occupati e delle vie di collegamento tra le varie regioni erano, ovviamente, vitali tanto alla produzione che allo smistamento e alla consegna delle merci. La situazione militare sul fronte meridionale della Russia era, come già accennato, per niente buona. In quel momento la formazione dell'Armata Rossa era stata appena avviata. Il primo decreto sull'arruolamento obbligatorio degli operai e dei contadini poveri era stato emanato dal Consiglio dei Commissari del popolo il 29 maggio.
Trotzki, comandante dell'Armata Rossa, aveva integrato nell'esercito in qualità di "specialisti" ed affidato il comando dei reparti a molti ufficiali del vecchio esercito zarista senza valutarne appieno non solo le loro attitudini e capacità, ma, soprattutto, la loro convinzione nell'appoggio al nuovo potere sovietico e la loro lealtà verso di esso.
Ben presto Stalin dovette rendersi conto che la difficile situazione militare presente sul fronte meridionale aveva una delle sue maggiori cause proprio nella inaffidabilità, quando non nell'aperto tradimento, di molti di questi elementi. Il 7 luglio in una lettera a Lenin, Stalin così si esprimeva: "Mi affretto verso il fronte. Scrivo solo di ciò che riguarda il lavoro... Se i nostri 'specialisti' militari (ciabattini!) non dormissero e non fossero dei fannulloni, la linea del fronte non sarebbe stata spezzata, e se la linea sarà ristabilita lo sarà non grazie ai militari, ma loro malgrado... Nel Turkestan le cose vanno male; l'Inghilterra agisce attraverso l'Afganistan. Date a qualcuno (o a me) uno speciale mandato (di carattere militare) per la zona della Russia meridionale perché si possano prendere urgenti misure finché si è ancora in tempo...".65
E ancora il 10 luglio: "Poche parole. 1) Se Trotzki continuerà a distribuire deleghe a destra e a sinistra, senza pensarci, a Trifonov (regione del Don), ad Avtonomov (regione del Kuban), a Koppe (Stavropol), ai membri della missione francese (che meritano di essere arrestati), ecc., si può dire con certezza che tra un mese nel Caucaso settentrionale tutto crollerà e perderemo definitivamente questa regione... Ficcategli bene in testa che se non si conoscono le persone del posto non si debbono dare incarichi, perché altrimenti ne verrà fuori uno scandalo per il potere sovietico. 2) Se non ci darete aeroplani con aviatori, autoblinde, pezzi da sei pollici, il fronte di Tsaritsyn non reggerà, e perderemo per lungo tempo la ferrovia. 3) Nel sud c'è molto grano, ma per poterlo prendere bisogna avere un apparato bene organizzato,... È inoltre necessario che i militari aiutino coloro che sono incaricati di raccogliere viveri. La questione degli approvvigionamenti alimentari è naturalmente connessa con quella militare. Per condurre favorevolmente a termine la faccenda, mi occorrono i pieni poteri militari. Ho già scritto a questo proposito, ma non ho avuto risposta. Molto bene. In tal caso destituirò da solo, senza formalità, quei commissari e comandanti d'armata che compromettono il nostro lavoro. Così mi suggerisce di fare l'interesse della causa, e, naturalmente, non sarà la mancanza di carte firmate da Trotzki a trattenermi".66
Tutto il lavoro di riorganizzazione impostato e diretto da Stalin, cominciò a mostrare i suoi effetti concreti. Tra il 12 e il 16 luglio cinque convogli ferroviari carichi di generi alimentari, partirono per Mosca.
Il 19 luglio, il Consiglio rivoluzionario della Repubblica dispose la costituzione di un Consiglio militare del Caucaso settentrionale con alla testa Stalin. L'incarico era di ristabilire l'ordine, trasformare i distaccamenti isolati in unità regolari e creare un comando proprio, far rispettare la disciplina socialista ed esautorare chi non fosse all'altezza dei compiti affidati e quanti non rispettassero gli ordini. Era, in pratica, ciò che Stalin aveva chiesto. Il decreto non portava la firma di Trotzki, ma nel telegramma di nomina a capo del Consiglio militare del Caucaso settentrionale era testualmente precisato: "Il presente telegramma è inviato con l'approvazione di Lenin".
La riorganizzazione dell'apparato militare e di un fronte lungo 600 km; il completamento della formazione della X armata al comando di Voroscilov con l'arruolamento degli operai di Zarizyn, dei minatori del Donets e dei contadini ucraini; il rafforzamento delle difese; l'adozione di un piano militare unico che prevedeva l'utilizzo e il coordinamento di tutti i reparti dell'Armata Rossa presenti nella regione permise dapprima di respingere per due volte gli assalti dei "bianchi" a Zarizyn e quindi di sviluppare un'offensiva che ricacciò le truppe nemiche oltre il Don. Il 6 settembre Stalin inviò al Consiglio dei Commissari del popolo, questo telegramma: "L'offensiva delle truppe sovietiche della regione di Tsaritsyn è stata coronata da successo: a nord è stata presa la stazione di Ilovlia; a occidente sono stati presi Kalac, Liapicev, il ponte sul Don; a sud, Lascki, Nemkovski, Demkin. Il nemico è stato sbaragliato e ricacciato oltre il Don. A Tsaritsyn abbiamo in pugno la situazione. L'offensiva continua".67
Rientrato a Mosca dalla missione a Zarizyn, Stalin fu nominato da Lenin membro del Consiglio rivoluzionario della guerra e il 30 novembre del 1918 entrò a far parte anche del Consiglio della difesa operaia e contadina di cui divenne vicepresidente.
Tra la fine del 1918 e l'inizio del 1919 la situazione internazionale visse un sostanziale mutamento e, con essa, anche la posizione della RSFSR. Sul fronte della guerra imperialistica ad un rafforzamento del blocco dell'Intesa, corrispose un costante esaurimento delle risorse di Austria e Germania, paesi ormai spossati e a un passo dalla sconfitta. Per sostenere la guerra questi Stati avevano imposto ai rispettivi popoli condizioni di vita ormai insostenibili, provocando un crescente malcontento e un diffuso sentimento di ribellione.
Questo stato d'animo riceveva un impulso straordinario anche dall'esempio della Russia sovietica, dalla sua strenua lotta per la pace e per strappare il suo popolo alla guerra; mentre, al fronte, la fraternizzazione dei soldati sovietici aveva lasciato un segno indelebile, così come un segno altrettanto indelebile aveva lasciato la firma della pace e la fine della guerra con la Russia sovietica.
Nel novembre 1918, in Germania scoppiò una rivoluzione che rovesciò il Kaiser Guglielmo e instaurò la Repubblica. L'Impero Centrale era sgretolato e ormai vinto. Chiese l'armistizio e la pace all'Intesa. Anche in Austria si sviluppava il movimento rivoluzionario, mentre in Ungheria fu instaurata, seppure per un breve periodo, una repubblica sovietica.
La rivoluzione in Germania rimase una rivoluzione democratico borghese e non socialista. Purtuttavia il movimento operaio tedesco si era messo in movimento, aveva anch'esso creato i suoi soviet, si era cioè posto la questione della conquista del potere politico; anche se, egemonizzato da socialdemocratici in tutto simili ai menscevichi russi, imbelli e inerti perfino dinanzi al criminale assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, fu relegato e impastoiato nel parlamentarismo borghese. Sulla spinta di questa ondata rivoluzionaria si formarono in Europa i partiti comunisti e, su iniziativa di Lenin e dei bolscevichi, nel marzo 1919 fu fondata l'Internazionale Comunista, la Terza Internazionale.
Tutti questi avvenimenti ebbero un valore positivo per la Russia sovietica. Il governo di Mosca fu in condizione di annullare "la pace disgraziata" di Brest-Litovsk, interrompere il pagamento delle indennità di guerra e sviluppare in modo aperto e diretto la sua azione politica e militare per liberare dal dominio e dall'occupazione tedesca l'Ucraina, la Bielorussia, gli Stati baltici e la Transcaucasia che, in effetti, iniziarono di lì il loro cammino di liberazione e di unità militare, economica e politica con la Russia sovietica.
Ma accanto a questi aspetti positivi, la nuova situazione presentava, per la RSFSR, anche fattori negativi alla sua stabilizzazione e al suo consolidamento interno e internazionale. Gli Stati dell'Intesa, infatti, usciti vincitori dal conflitto imperialista, acquisirono un ruolo dominante in Europa come in Asia e si impegnarono con rinnovata forza nell'aggressione armata contro la Repubblica sovietica. Il loro primo intento fu quello di dare una maggiore organizzazione e una più efficace coordinazione all'azione della controrivoluzione.
Stati Uniti, Francia e Inghilterra spinsero al massimo per unificare le forze d'opposizione antisovietiche, nominando l'ex ammiraglio della marina militare zarista, Kolciak, "reggente supremo della Russia". Kolciak nel novembre 1918 aveva effettuato, con l'aiuto dei rappresentanti dell'Intesa, un colpo di stato a Omsk, spodestando il regime controrivoluzionario di menscevichi e socialisti-rivoluzionari ritenuto ormai inefficace, e instaurato in Siberia e nel territorio degli Urali e dell'Estremo oriente una feroce dittatura militare e costruito un esercito forte di duecentocinquantamila uomini.
Anche nelle zone del Caucaso settentrionale e del Don l'Intesa riunì le forze controrivoluzionarie ancora attive sotto il comando di Denikin, mentre ad Arcangelo, sul Mar Bianco, fu il generale "bianco" Miller ad assumere i poteri dittatoriali. Era il preludio alla campagna di primavera che secondo gli imperialisti americani e anglo-francesi, doveva annientare lo Stato sovietico.
Nel quadro dei preparativi di questa campagna, parte delle divisioni di Kolciak sferrarono un attacco nella zona settentrionale del fronte orientale conquistando, nella notte del 25 dicembre, dopo aver sopraffatto la resistenza della III armata sovietica, la città di Perm. Il fronte orientale, diventava il fronte principale della guerra. Il 30 dicembre il CC del P.C.(b)R. decise, su proposta di Lenin, di mandare Stalin sul fronte orientale e il 1° gennaio 1919 lo stesso CC unitamente al Consiglio di difesa nominarono una Commissione d'inchiesta, composta da Stalin e dal responsabile della Cekà Dzerzinski, per appurare i motivi della capitolazione di Perm e riorganizzare l'attività del partito, del soviet e delle forze militari costituite dalla II e III armate dell'Esercito rosso.
Stalin e Dzerzinski svolsero la loro missione ispettiva tra Viatka e Glazov, dove risiedeva lo stato maggiore della III armata, compiendo un'approfondita indagine e avviando una profonda riorganizzazione dei settori civili e militari. In particolare furono presi provvedimenti per il rafforzamento e il buon funzionamento delle retrovie; per migliorare le reti delle comunicazioni della III armata e per decongestionare il nodo ferroviario di Viatka; per la mobilitazione dei comunisti della regione per il fronte; per il miglioramento dell'organizzazione militare, del coordinamento fra i reparti, della capacità di comando e del rafforzamento della disciplina.
Stalin, intervenendo il 19 gennaio alla seduta comune delle organizzazioni di partito e sovietiche degli Urali e di Viatka, sottolineò la necessità inderogabile di costituire il Comitato militare rivoluzionario, un organismo ristretto e agile, organo supremo del potere sovietico nel governatorato. Questo, allo scopo di rafforzare e di rendere sicure le retrovie e di dirigere l'attività di coordinamento di tutte le organizzazioni sovietiche e di partito del governatorato di Viatka, chiamate ad intensificare e migliorare il loro lavoro.
Il 20 gennaio Stalin comunicava a Lenin che la situazione sul fronte orientale era migliorata. Infatti, l'avanzata nemica era stata arrestata e Viatka liberata dalla minaccia di una caduta che sembrava imminente. La III armata decimata e allo sbando dopo la caduta di Perm, fu riorganizzata e messa in grado di costituire, con la II armata, un solido baluardo difensivo del settore settentrionale del fronte orientale e seppe capovolgere la situazione e passare alla controffensiva quando, in aprile, il P.C.(b)R. chiamò alla mobilitazione per fermare l'avanzata di Kolciak. Avanzata che era iniziata ai primi di marzo contro tutto il fronte orientale, lungo quasi 2.000 km.
La controffensiva sovietica sbaragliò completamente le truppe di Kolciak ricacciandole oltre gli Urali, dopo che il CC del P.C.(b)R. bloccò un tentativo di Trotzki di fermare l'inseguimento prima degli Urali, al fiume Belaja. Se ciò fosse avvenuto, Kolciak sarebbe stato in grado in breve tempo di riunire le sue truppe e tornare ad essere una pericolosa minaccia. Tra giugno e luglio l'Armata Rossa riconquistò i principali centri degli Urali, liberando Perm, Ekaterinburg e Slatoust.
Stalin rientrò a Mosca dalla missione sul fronte orientale il 31 gennaio 1919. In marzo partecipò all'VIII Congresso del P.C.(b)R. che svolse i suoi lavori dal 18 al 23 di quel mese. Il Congresso fu segnato da un grave lutto. Due giorni prima della sua apertura, il 16 marzo 1919, causa una malattia era scomparso, a soli 34 anni, Jakov Michajlovic Sverdlov eminente figura di dirigente bolscevico, responsabile organizzativo del P.C.(b)R. e presidente del Comitato Esecutivo Centrale dei Soviet di tutta la Russia. Alla sua memoria Lenin rese un commosso omaggio in apertura dell'Assise.
Nel Congresso Stalin fu eletto membro della Commissione incaricata della redazione definitiva del Programma del Partito, dando il suo pieno appoggio a Lenin nella critica alle posizioni espresse da Bucharin e Pjatakov contro il diritto delle nazioni all'autodecisione e il non riconoscimento della funzione del contadino medio nel processo di costruzione del nuovo ordine economico e politico. Intervenne poi, sulla questione inerente l'organizzazione dell'Esercito Rosso. Era una questione assai delicata che poneva una serie di problemi all'interno del partito e la cui soluzione era assolutamente necessaria per reggere l'urto e sconfiggere l'aggressione degli imperialisti e dei controrivoluzionari.
Sulla "questione militare" vi erano nel partito opinioni diverse e un diffuso malcontento nei confronti della direzione dell'esercito da parte di Trotzki, soprattutto per quanto riguardava il ruolo primario che egli aveva affidato agli "specialisti militari", ufficiali del vecchio esercito zarista, molto spesso dimostratisi non all'altezza dei compiti, inaffidabili e, in casi non rari, addirittura dei traditori; e, per contro, l'atteggiamento ostile e quasi di disprezzo verso i militanti bolscevichi nell'esercito.
All'VIII Congresso si presentò l'"opposizione militare" di cui facevano parte un certo numero di ex "comunisti di sinistra" che erano apertamente contrari alla creazione di un esercito regolare, all'utilizzo degli "specialisti militari" e contro la necessità di una ferrea disciplina nei reparti. Lenin e Stalin si batterono contro questa visione, evitando che le divergenze e i malumori di molti militanti, sopra accennate, potessero confluire a rafforzare l'"opposizione militare".
Stalin, anche in considerazione delle esperienze vissute sui fronti meridionale e orientale, mostrò l'essenza della questione nel suo solito modo: diretto, efficace, semplice e chiaro. "Tutte le questioni che qui si sono toccate - disse nel suo intervento al Congresso - si riducono ad una sola: deve o non deve esserci in Russia un esercito regolare con una rigida disciplina? Sei mesi fa, dopo la rovina del vecchio esercito zarista, ne avevamo uno nuovo, un esercito di volontari, male organizzato, con un comando collettivo, un esercito che non sempre obbediva agli ordini. Era il periodo in cui si delineava l'offensiva dell'Intesa... A causa della mancanza di disciplina in questo esercito di volontari, a causa del fatto che gli ordini non sempre venivano eseguiti, a causa della disorganizzazione nel comando dell'esercito, noi subimmo delle sconfitte... I fatti mostrano che un esercito di volontari non risponde allo scopo, che non sapremo difendere la nostra Repubblica se non costituiremo un altro esercito, un esercito regolare, che abbia vivo lo spirito di disciplina, con una sezione politica ben organizzata, un esercito che sappia e possa al primo ordine balzare in piedi e marciare contro il nemico... Così sta la questione... O creeremo un vero esercito regolare operaio e contadino con una rigida disciplina, e difenderemo la Repubblica, oppure non lo faremo, e allora la nostra causa sarà perduta...".68
Il Congresso elesse Stalin nella Commissione incaricata di redigere la risoluzione su problemi militari e, al termine dei suoi lavori, lo riconfermò membro del Comitato Centrale. Il 25 marzo la seduta plenaria del CC del P.C.(b)R. riconfermò Stalin membro dell'Ufficio Politico e dell'Ufficio Organizzativo del CC. Il 30 marzo una disposizione del Comitato Esecutivo Centrale dei Soviet di tutta la Russia confermò Stalin Commissario del popolo per il controllo statale.
Nel maggio 1919 le "armate bianche" del generale Judenic sfondarono il fronte difeso dalla VII armata sovietica. Su ordine del governo di Londra la flotta inglese nel Baltico si mosse a sostegno di Judenic. 12 incrociatori, 12 sommergibili, 20 torpediniere e alcune navi appoggio agli ordini dell'ammiraglio Cohen, violarono le acque territoriali russe. L'attacco aveva come obiettivo Pietrogrado. Spie straniere e sabotatori si erano infiltrati svolgendo la loro attività cospirativa nei reparti della VII armata, nella flotta rossa del Baltico, a Kronstadt e nella stessa Pietrogrado dove, nei quartieri borghesi, capitalisti , ex latifondisti e ufficiali bianchi attendevano armati l'ordine di insorgere. L'azione degli agenti imperialisti aveva provocato la ribellione nei forti di "Krasnaja Gorka" e "Seraja Losciad" che difendevano l'accesso a Pietrogrado. L'attacco di Judenic nella regione di nordovest, effettuato per costringere l'Armata Rossa a bloccare la controffensiva sul fronte orientale contro Kolciak, era ormai ad un passo dalla conquista di Pietrogrado. Per far fronte a questo incombente pericolo il 17 maggio il CC del partito e il Consiglio di difesa decisero di inviare Stalin a Pietrogrado. Stalin giunse nell'ex capitale il 19 maggio. La sua missione si protrasse fino alla fine di giugno.
Stalin operò come era solito fare, partendo da un'approfondita inchiesta per avere un quadro veritiero e completo in tutti i suoi aspetti della situazione, per agire con efficacia e stabilire le decisioni giuste da prendere e gli strumenti utili alla loro realizzazione. È un'inchiesta che non si limita alla sola Pietrogrado, ma a tutto il fronte interessato, tenendo anche presente la situazione generale inerente la difesa del paese. A questo proposito relazionando a Lenin, Stalin affermò: "... Kolciak è il nemico più serio... Perciò non bisogna in nessun caso prendere dal fronte orientale, per trasferirle sul fronte di Pietrogrado, una quantità tale di truppe da imporci di arrestare l'offensiva sul fronte orientale...".69
Dopo l'inchiesta Stalin adottò le sue misure. Mobilitazione di tutti i comunisti, i membri dei sindacati e degli operai del governatorato di Pietrogrado e di quelli limitrofi nella difesa della città e nell'intensificazione della produzione. Riorganizzazione dei reparti militari, nuove disposizioni operative e centralizzazione del comando. Il 25 maggio informò Lenin che: "... né il Comandante generale né il suo Capo di stato maggiore conoscono le unità inviate a Pietrogrado... Mi hanno oggi fatto vedere la proposta del Comandante generale per la riduzione della flotta a causa della crisi dei combustibili. Ho avuto su questo argomento una riunione con tutti i nostri esperti navali e mi sono convinto che la proposta del Comandante generale è completamente errata. I motivi: in primo luogo, le grosse unità, se saranno ridotte a zattere galleggianti, perderanno la possibilità di far azionare i cannoni...; in secondo luogo, non è vero che noi non abbiamo grosse granate...; in terzo luogo, la crisi dei combustibili finirà perché già siamo riusciti ad accumulare quattrocentoventimila pud di carbone, senza contare la nafta pesante, e riceviamo quotidianamente del carbone per ferrovia; in quarto luogo, mi sono convinto che la nostra flotta si trasformerà in una vera flotta, con marinai disciplinati, pronti a difendere Pietrogrado con tutte le loro forze... io e tutti i compagni di Pietrogrado insistiamo perché venga respinta la proposta del Comandante generale...".70
Stalin, inoltre, condusse un'approfondita indagine sulle attività dei gruppi controrivoluzionari che portò all'arresto dei responsabili di complotti e azioni antisovietiche. A Pietrogrado nella notte del 14 giugno, reparti di operai e marinai eseguirono una serie di perquisizioni in tutte le case della borghesia, di ex militari zaristi e esponenti di partiti antisovietici, sequestrando centinaia di pistole, bombe e mitragliatrici, migliaia di fucili e centinaia di migliaia di munizioni. Nello stesso periodo venne sventato un complotto a Kronstadt.
Stalin ne dette notizia a Lenin alle tre del mattino del 18 giugno: "...Nella zona di Kronstadt è stato scoperto un esteso complotto. Vi sono implicati i comandanti di batteria di tutti i forti della zona fortificata di Kronstadt. Scopo del complotto è di impadronirsi della fortezza, di sottomettere la flotta, di aprire il fuoco alle spalle delle nostre truppe e sgombrare a Rodzianko la strada per Pietrogrado. I documenti che comprovano tutto ciò sono in nostra mano... Evidentemente tutto il giuoco di Rodzianko e di Iudenic (nelle cui mani convergono tutte le fila del complotto, finanziato dall'Inghilterra attraverso l'ambasciata italo-svizzero-danese) si basava sulla favorevole riuscita del complotto che, come spero, è stato da noi soffocato sul nascere (tutti coloro che vi erano implicati sono stati arrestati, le indagini proseguono). Vi rivolgo una preghiera: nessuna indulgenza per gli arrestati che appartengono al personale delle ambasciate, severo regime fino al momento in cui terminerà l'istruttoria che ha scoperto nuove importanti fila...".71
Il 13 giugno Stalin ordinò l'attacco, con l'utilizzo di due unità della flotta rossa del Baltico in appoggio alle forze di terra, per la riconquista delle fortificazioni a difesa di Pietrogrado cadute in mano ai ribelli controrivoluzionari. Questo attacco fu condotto sulla base dei nuovi piani preparati e ordinati contro il parere degli "specialisti militari". "Dopo Krasnaia Gorka - telegrafa Stalin a Lenin il 16 giugno - è stato liquidato Seraia Losciad. I cannoni che vi si trovavano sono in perfetto stato. Si procede rapidamente al controllo di tutti i forti e di tutte le fortezze. Gli specialisti della flotta assicurano che la presa di Krasnaia Gorka dal mare capovolge tutti i principi della scienza navale. Non mi resta che piangere sulla cosiddetta scienza. La rapida occupazione di Gorka si spiega con il fatto che io, e i civili in generale, siamo intervenuti nel modo più brutale nelle operazioni, giungendo sino ad annullare gli ordini per le operazioni di terra e di mare e ad imporre i nostri. Mi sento in dovere di dichiarare che anche in avvenire agirò in questo modo, nonostante tutta la venerazione che nutro per la scienza".72
Infine il contrattacco generale per mare, dove la flotta sovietica inferse duri colpi alle unità navali della marina inglese e, per terra, con l'avanzata nella seconda metà di giugno, dell'Armata Rossa che sconfisse i reparti di Judenic ricacciandoli in Estonia.
Liberata Pietrogrado da ogni possibile minaccia, Stalin il 3 luglio rientra a Mosca, da dove parte immediatamente per il fronte occidentale di cui era stato nominato membro del Consiglio militare rivoluzionario. Fino alla fine di settembre, spostandosi da Smolensk a Minsk, coordinò e diresse tutta l'azione di riorganizzazione della XVI armata che porterà alla liberazione di Pskov e alla controffensiva sovietica nella zona di Dvinsk.
Il 27 settembre Stalin venne nominato membro del Consiglio militare rivoluzionario del fronte meridionale, che dall'estate 1919 era diventato il principale e più pericoloso fronte di guerra. Un fronte controllato dalle armate di Denikin, quelle che Churchill chiamava "il mio esercito". Denikin il 3 luglio aveva lanciato la "direttiva Mosca", l'attacco alla capitale attraverso la direttrice di marcia Karkov, Orel, Tula, Mosca; alla quale il CC del P.C.(b)R. aveva risposto con un appello scritto da Lenin rivolto a tutte le organizzazioni del partito "Tutti contro Denikin".
Il 3 ottobre Stalin è sul fronte meridionale. L'11 ottobre giunse a Serpukhov sede dello Stato maggiore del fronte meridionale. Qui, entrò in contrasto con il comando generale rispetto ai piani di azione militare contro Denikin, chiedendo l'approvazione, che ottenne, di un nuovo piano che impose con estrema fermezza. Eccone il dettaglio attraverso la lettera che scrisse il 15 ottobre a Lenin. "Compagno Lenin! Circa due mesi fa il Comando supremo non si opponeva in linea di principio a che l'attacco principale fosse sferrato da occidente verso oriente, attraverso il bacino del Donez... Ma ora la situazione e, di conseguenza, la disposizione delle forze sono sostanzialmente cambiate... Che cosa obbliga dunque il Comando supremo (il quartier generale) a difendere il vecchio piano? Evidentemente solo la testardaggine, o, se volete, la faziosità, la faziosità più ottusa e più pericolosa per la Repubblica, alimentata al Comando supremo dallo 'stratega' fanfarone Gusev. Giorni fa il Comando supremo dette a Sciorin l'ordine di spostarsi dalla regione di Tsaritsyn verso Novorossisk attraverso le steppe del Don... Non occorre dimostrare che questa marcia pazzesca (che ci si propone) attraverso un paese a noi ostile, assolutamente sprovvisto di strade, fa pesare su di noi la minaccia di una disfatta... Appunto per questo è necessario immediatamente, senza perdere tempo, cambiare il vecchio piano già distrutto dalla pratica, sostituendolo con il piano di un attacco principale su Rostov dalla regione di Voronez, attraverso Kharkov e il bacino del Donez. Innanzitutto avremo qui un ambiente che non ci è ostile, ma che anzi simpatizza con noi, il che faciliterà la nostra avanzata. In secondo luogo, avremo nelle nostre mani un'importantissima rete ferroviaria (quella del Donez) e l'arteria principale che alimenta l'armata di Denikin, la linea Voronez-Rostov... In terzo luogo, questa avanzata taglierà l'armata di Denikin in due parti... In quarto luogo, avremo la possibilità di gettar la discordia fra i cosacchi e Denikin, che, nel caso di una nostra avanzata vittoriosa, cercherà di spostare verso ovest le unità cosacche, cosa che la maggior parte dei cosacchi non accetterà, se, naturalmente, nel frattempo noi porremo ai cosacchi il problema della pace, delle trattative di pace, ecc. In quinto luogo, noi otterremo il carbone mentre Denikin ne rimarrà privo. Non si può rimandare l'accettazione di questo piano, dato che il piano del Comando supremo per il trasporto e il dislocamento dei reggimenti minaccia di annullare i nostri ultimi successi sul fronte meridionale. Non parlo poi del fatto che l'ultima decisione del CC e del governo, 'tutto per il fronte meridionale', viene ignorata dal quartier generale e in pratica è stata da esso già annullata. In breve: il vecchio piano, già distrutto dalla vita stessa, non deve in nessun caso essere risuscitato, ciò sarebbe pericoloso per la Repubblica, e senza dubbio migliorerebbe la situazione di Denikin. Bisogna sostituirlo con un altro piano. Le circostanze e le condizioni non solo sono mature per farlo, ma ci dettano imperiosamente questa sostituzione. Allora anche la distribuzione dei reggimenti procederà in modo nuovo. Senza di ciò, il mio lavoro sul fronte meridionale diviene privo di senso, criminoso, inutile, il che mi dà diritto o, meglio, mi obbliga ad andermene in un qualsiasi posto, anche al diavolo, pur di non rimanere sul fronte meridionale. Vostro Stalin".73
L'attuazione del piano ideato e diretto da Stalin permise all'Armata Rossa, splendidamente aiutata dalla lotta degli operai, dei contadini e dei lavoratori guidati dai comunisti, di sbaragliare l'esercito di Denikin riconquistando, tra l'ottobre 1919 e l'aprile 1920, tutte le zone occupate e, inseguendo il nemico in ritirata, liberare il Donbass, Rostov e il Caucaso settentrionale. Nell'aprile 1920 insorsero, con la direzione dei comunisti, gli operai di Bakù e, con essi, il popolo dell'Azerbaijan che abbatté il governo dei nazionalisti borghesi ristabilendo nel paese il potere sovietico. Denikin riuscì a fuggire su una torpediniera inglese.
Nella prima metà del 1920 Stalin sarà incaricato dal partito di far fronte all'attacco, organizzato dagli imperialisti, della Polonia, retta da un regime agrario-borghese, e, sul fronte sud-occidentale al colpo di coda di quanto restava dell'esercito di Denikin, riorganizzati in Crimea dal generale Wranghel che porterà anche alla liberazione di Kiev e dell'intera Ucraina.
Stalin, come si è visto, dette un contributo enorme alla lotta contro l'intervento imperialista e la controrivoluzione interna evidenziando doti e qualità strategiche e militari dimostratesi decisive sia per la costruzione dell'Armata Rossa che per la vittoria nella guerra civile. Tutto questo avendo come punto di riferimento, e Stalin lo ha dimostrato nella pratica, il marxismo, la fedeltà ad esso, l'applicazione dialettica dei suoi principi alla realtà esistente; appoggiandosi risolutamente e con fiducia alla classe operaia e ai suoi alleati nella costruzione e nella difesa del socialismo; mantenendo il partito un corpo unico con esse e, per questo, vera avanguardia dirigente riconosciuta e appoggiata dal popolo lavoratore. Per Lenin, Stalin fu il compagno insostituibile a sostegno della sua opera di organizzazione e di direzione nella difesa della Patria sovietica. Per il Partito, fu il compagno fidato su cui poter contare nei momenti più duri, pericolosi e decisivi della lotta politica e della guerra.
La costruzione dell'Armata Rossa e alcune tra le sue più gloriose vittorie, sono legate al nome di Stalin. Per i servizi resi da Stalin sui diversi fronti della guerra civile, per i meriti acquisiti e per lo spirito di abnegazione dimostrato, il presidium del Comitato Esecutivo Centrale dei Soviet di tutta la Russia decretò, il 27 novembre 1919, che Stalin venisse decorato con l'Ordine della Bandiera Rossa.

Capitolo 10
Consolidare il potere sovietico


Il X Congresso del P.C.(b)R.

Nel marzo 1921 si svolse il X Congresso del P.C.(b)R., un momento cruciale della vita sociale del paese e del processo di edificazione economico-politico della società socialista. La guerra civile era alle spalle, gli operai e i contadini sovietici avevano vittoriosamente respinto l'attacco controrivoluzionario condotto, organizzato e diretto dagli Stati imperialisti; le regioni periferiche della Russia e le nazioni dell'ex impero zarista si stavano definitivamente sbarazzando dei regimi fantoccio imposti dall'imperialismo, avviandosi con decisione sulla strada della formazione della grande Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Era dunque necessario per il potere dei soviet intraprendere il cammino dell'edificazione economica dei tempi di pace. E, soprattutto, era necessario farlo avendo ben presente la disastrata situazione economica e le dure e drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli operai e i contadini. Sette anni di guerra pressoché ininterrotta avevano stremato il paese, ridotto ormai in condizioni socioeconomiche veramente tremende. L'agricoltura, il settore prevalente dell'economia era al collasso; l'industria, nelle sue diverse componenti, quasi totalmente distrutta; così come la rete dei trasporti e il settore estrattivo e di trasformazione delle materie prime. Assolutamente carente era poi la produzione di energia elettrica. A tutto ciò va aggiunta una pesante crisi finanziaria che aveva portato a un generale aumento del costo della vita. E ad aggravare questa realtà già così critica, anche alcune situazioni contingenti quali ad esempio la smobilitazione dell'esercito che fece emergere un serio problema di disoccupazione e la gravissima carestia che si abbatterà di lì a poco, tra la primavera e l'estate del 1921, su un ampio territorio tra il Volga e l'Ural, il Caucaso settentrionale, parte dell'Ucraina e della Crimea. Essa, scrisse Lenin, fu una conseguenza "della arretratezza della Russia e di sette anni di guerra". Per circa trenta milioni di persone fu la fame più nera e più di tre milioni furono le vittime. Furono questi aspetti che concorsero al crescere di tensioni sociali soprattutto nelle campagne, dove si ebbero forti manifestazioni di protesta e in qualche caso delle rivolte di contadini, mentre in altre zone, gruppi di sbandati si dedicavano ad azioni di brigantaggio. Questa la situazione in Russia alla fine della guerra civile. Questa la situazione del paese di fronte ai delegati del X Congresso del P.C.(b)R., riunitosi dall'8 al 16 marzo per decidere come affrontare e risolvere questa situazione e il dramma del popolo sovietico.
Il comunismo di guerra con il suo impianto politico ed economico era stato necessario per affrontare la situazione generata dalla guerra civile e dall'aggressione imperialista. Lo Stato sovietico si fondava sull'alleanza tra la classe operaia e i contadini poveri e medi. La politica adottata dal governo all'indomani della vittoria rivoluzionaria di ripartizione della terra, aveva notevolmente sviluppato il ceto dei contadini medi che era diventato il più numeroso all'interno delle campagne. I contadini medi nel corso della guerra civile avevano sostenuto il governo sovietico, perché riconoscevano che era stato quel governo ad aver dato loro la terra. Era però indubbio che la politica del comunismo di guerra, con la requisizione forzata delle eccedenze dei prodotti agricoli e il divieto di commercio, aveva colpito pesantemente anche questi contadini, oltre che, naturalmente, il ceto ricco delle campagne.
"Dopo aver subito la rovinosa guerra imperialistica, - disse Lenin nel suo Rapporto al X Congresso - seguita da una prova quale una guerra civile di parecchi anni, il paese naturalmente non poteva continuare a esistere altrimenti che dedicando tutte le proprie forze al fronte. E, naturalmente, essendo rovinato, esso non poteva far altro che togliere ai contadini le loro eccedenze, persino senza dare loro nulla in cambio. Ciò era indispensabile per salvare il paese, l'esercito e il potere operaio e contadino. Noi dicevamo ai contadini: 'Certo, voi date il vostro grano in prestito allo Stato operaio e contadino, ma questo è l'unico modo per salvare il vostro Stato dai grandi proprietari fondiari e dai capitalisti'. Non potevamo comportarci diversamente nelle condizioni che c'imponevano gli imperialisti e i capitalisti con la loro guerra. Non avevamo altra scelta. Ma queste circostanze ci portarono a un punto tale che l'economia contadina, dopo una guerra così lunga, era divenuta così debole che si ebbe un cattivo raccolto a causa sia della diminuzione delle semine che del deterioramento dei mezzi di produzione, della diminuita produttività, della mancanza di mano d'opera, ecc. Il raccolto fu disastroso, e l'ammasso delle eccedenze alimentari, nonostante tutto migliore del previsto, fu accompagnato da un tale inasprimento della crisi, che forse ci riserva nei prossimi mesi difficoltà e calamità ancora maggiori. Dobbiamo riflettere attentamente su questa circostanza nell'analisi politica dell'anno che abbiamo vissuto e nella valutazione dei compiti politici per il nuovo anno. L'anno testé trascorso ha lasciato in eredità a quello seguente gli stessi compiti improrogabili".74
Il comunismo di guerra, quindi, era giustificato e, di fatto, accettato nel periodo della guerra civile. Ma, se mantenuto una volta sconfitta la controrivoluzione ed avviato il processo di costruzione pacifico, avrebbe certamente incontrato l'opposizione della classe dei contadini medi, rotto la loro alleanza con la classe operaia, privato la Stato sovietico della sua base sociale mettendone in serio pericolo la sua stessa esistenza. Lenin e Stalin si impegnarono quindi nel partito e nel governo a sviluppare una politica che mirasse coerentemente alla costruzione del socialismo partendo dalla reale condizione del paese. Una politica senza precedenti storici a cui fare riferimento e attingere esperienze, in grado di costruire uno Stato basato su un'economia e su rapporti sociali completamente nuovi, contando principalmente sulle proprie forze e capacità. Una politica, inoltre, che nella sua impostazione non desse per scontato l'estendersi della rivoluzione proletaria in Europa. La Russia sovietica e il partito bolscevico auspicavano fortemente che la rivoluzione socialista potesse trionfare in uno o più paesi dell'Europa occidentale. Tuttavia questa prospettiva non si delineò per l'immediato futuro, né per tempi relativamente brevi. Lenin nel suo Rapporto al X Congresso così si espresse in proposito: "Durante la riunione di questa mattina ho fatto notare che uno dei fattori più importanti del periodo trascorso - anche quest'argomento è strettamente legato all'attività del Comitato centrale - è dato dall'organizzazione del II Congresso dell'Internazionale comunista... Certo, l'Internazionale comunista che al tempo del congresso dell'anno scorso esisteva soltanto sotto forma di manifesti, ha cominciato ora a esistere come partito indipendente in ogni paese, e non solo come partito d'avanguardia: il comunismo è diventato il problema centrale di tutto il movimento operaio nel suo insieme... Questa è una nostra conquista e nessuno ce la può togliere! Ciò dimostra che la rivoluzione internazionale sta maturando e che, parallelamente, si inasprisce la crisi economica in Europa. Comunque, se da questi indizi deducessimo che in generale tra breve da quei paesi giungerà l'aiuto sotto forma di una rivoluzione proletaria duratura, saremmo semplicemente dei pazzi, e io sono convinto che, in questa sala, di pazzi non ce ne sono. In tre anni abbiamo imparato a capire che puntare sulla rivoluzione internazionale non vuol dire fare assegnamento su una data precisa e che il ritmo di sviluppo, sempre più rapido, potrebbe portare la rivoluzione per questa primavera, ma potrebbe anche non portarla. Dobbiamo quindi saper conformare la nostra attività con i rapporti di classe all'interno del nostro paese e degli altri paesi, in modo da essere in grado di mantenere la dittatura del proletariato per lungo tempo e, sia pure gradatamente, porre rimedio a tutte le calamità e le crisi che la colpiscono. Soltanto questa impostazione del problema sarà giusta e realistica".75
Impostando il lavoro che nell'immediato futuro avrebbe impegnato il CC del partito, Lenin pose all'attenzione dei delegati congressuali e del partito, problematiche e compiti relativi alla politica economica: "Nei rapporti tra il proletariato e i piccoli coltivatori esistono dei problemi ben difficili, dei problemi che non abbiamo ancora risolto. Parlo dei rapporti tra il proletariato vittorioso e i piccoli proprietari quando la rivoluzione proletaria si sviluppa in un paese dove il proletariato è in minoranza, dove la maggioranza è composta da elementi piccolo borghesi. La funzione del proletariato in tale paese consiste nel dirigere il passaggio di questi piccoli proprietari al lavoro socializzato, collettivo, comune. È teoricamente indiscutibile. Abbiamo trattato quest'argomento in tutta una serie di atti legislativi, ma sappiamo che non si tratta solo di legiferare, bensì di tradurre le leggi nella pratica, e sappiamo che ciò si ottiene quando si dispone di una grande industria molto forte, capace di offrire al piccolo produttore benefici tali da fargli vedere in pratica la superiorità della grande economia... Noi abbiamo non soltanto una minoranza, ma una piccola minoranza di proletariato e un'enorme maggioranza di contadini. E le condizioni nelle quali abbiamo dovuto difendere la rivoluzione hanno fatto sì che la soluzione dei nostri problemi risultasse terribilmente difficile. Non potevamo dimostrare in pratica tutti i vantaggi della grande produzione poiché tale produzione è stata distrutta e costretta a condurre un'esistenza quanto mai grama e la si può rimettere in piedi soltanto imponendo sacrifici a quegli stessi piccoli coltivatori... Quando noi concentriamo tutta la nostra attenzione sulla ricostruzione economica, dobbiamo sapere che di fronte a noi sta il piccolo coltivatore, il piccolo proprietario, il piccolo produttore, il quale lavora per il mercato fino alla completa vittoria della grande produzione, fino alla sua ricostruzione, e questa ricostruzione non può avvenire sulla vecchia base: si tratta di un lavoro di molti anni, di non meno di un decennio, probabilmente anche di più, data la situazione disastrosa in cui ci troviamo. Fino a quel momento dovremo avere a che fare, per lunghi anni, con questo piccolo produttore in quanto tale, e la parola d'ordine della libertà di commercio sarà inevitabile. Il pericolo che questa parola d'ordine rappresenta non sta nel fatto che essa serve a mascherare le aspirazioni delle guardie bianche e dei menscevichi, bensì nel fatto che essa può diffondersi, nonostante l'odio di quella stessa massa contadina per le guardie bianche. Essa si diffonderà proprio perché risponde alle condizioni economiche di esistenza del piccolo produttore. Ed è muovendo da queste considerazioni che il CC ha preso la sua decisione e ha aperto la discussione sul problema della sostituzione del sistema dei prelevamenti con un'imposta; oggi ha posto direttamente questo problema al congresso, e voi l'avete approvato con la vostra risoluzione odierna... D'altro canto, il prelevamento delle eccedenze era una misura resa assolutamente necessaria dallo stato di guerra, ma che non corrisponde alle condizioni dell'economia contadina in tempo di pace più o meno sicura. Il contadino deve avere la certezza che egli darà un tanto e potrà disporre di tanto per il commercio locale. Tutta la nostra economia, sia nel suo insieme sia nelle sue singole parti, era condizionata da cima a fondo dallo stato di guerra. Tenendo conto di queste condizioni fummo costretti a raccogliere una determinata quantità di viveri, senza tenere in alcun conto le conseguenze che ciò avrebbe avuto nella circolazione sociale. Ora, quando dai problemi della guerra passiamo a quelli della pace, cominciamo a considerare diversamente l'imposta in natura: la consideriamo non soltanto dal punto di vista degli interessi dello Stato, ma anche da quello degli interessi delle piccole aziende contadine. Dobbiamo comprendere le forme economiche della rivolta dei piccoli coltivatori nei confronti del proletariato che si sono manifestate e che vengono acuite dalla presente crisi. Dobbiamo cercare di fare il massimo possibile a questo riguardo. Questo è per noi il problema più importante... Finora ci siamo conformati ai compiti che la guerra ci imponeva.
Ora dobbiamo conformarci alle condizioni dei tempi di pace... D'altro canto, durante questo periodo di transizione, in un paese dove predominano i contadini, dobbiamo saper prendere misure che diano ai contadini la sicurezza economica, il massimo numero di misure atte a migliorare la loro situazione economica. Finché non avremo cambiato i contadini, finché la grande produzione meccanizzata non li avrà trasformati, bisogna garantire loro la possibilità di fare liberamente i loro affari. La situazione in cui ci troviamo è fluida, la nostra rivoluzione è accerchiata da paesi capitalistici. E finché ci troviamo in questa situazione, dobbiamo cercare forme di rapporti molto complesse. Schiacciati dalla guerra, non abbiamo potuto concentrare la nostra attenzione sul modo come impostare i rapporti economici e trovare forme di convivenza tra il potere statale proletario - che ha nelle sue mani una grande industria incredibilmente rovinata - e i piccoli coltivatori, i quali, finché rimangono tali, non possono vivere se alle loro piccole aziende non viene garantito un determinato sistema di scambio. Ritengo che attualmente questo sia il problema economico e politico più importante per il potere sovietico... Noi guardiamo a questi fenomeni dal punto di vista della lotta di classe e non abbiamo mai nutrito dubbi sul fatto che i rapporti tra il proletariato e la piccola borghesia costituiscono un problema difficile, che esige, per la vittoria del potere del proletariato, misure complesse o, più precisamente, tutto un insieme di complesse misure di transizione... Quando il passaggio alla pace avviene mentre si attraversa una crisi economica, bisogna ricordare che è più facile edificare uno Stato proletario in un paese di grande industria che non in un paese nel quale predomina la piccola produzione... Non dimentichiamo che esistono diverse classi, che la controrivoluzione piccolo-borghese anarchica costituisce una fase politica che porta al dominio delle guardie bianche. Dobbiamo avere in merito una visione chiara, realistica, tenendo presente che qui è necessaria, da un lato, la massima compattezza, fermezza e disciplina all'interno del partito del proletariato, mentre, dall'altro lato, è necessaria tutta una serie di misure economiche che non abbiamo potuto per ora realizzare a causa della congiuntura militare. Dobbiamo riconoscere che sono necessarie le concessioni, l'acquisto di macchine e attrezzi per i bisogni dell'agricoltura, affinché scambiandoli col grano, si possano ristabilire tra il proletariato e i contadini rapporti tali che garantiscano la loro esistenza nelle condizioni dei tempi di pace.76


La Nep

Lenin indicò con estrema chiarezza la necessità della svolta con il passaggio dal comunismo di guerra alla nuova politica economica (Nep).
La Nep si sviluppò attraverso l'adozione di una serie di misure in campo economico, di iniziative legislative e di provvedimenti finanziari sviluppatisi, e questo è l'aspetto centrale e fondamentale, attraverso una politica di rafforzamento del potere della dittatura del proletariato; dell'alleanza tra la classe operaia e i contadini poveri e medi; di una grande battaglia ideologica di massa tesa a rafforzare la coscienza socialista; del grande impegno per la crescita culturale e delle conoscenze tecniche e scientifiche degli operai e dei contadini per fare emergere da queste classi i nuovi quadri dirigenti dell'economia e dello Stato e, al tempo stesso, poter affrontare lo scontro di classe con la borghesia che la Nep avrebbe alimentato nel paese.
Era infatti quello della Nep un sistema di economia mista di mercato e di piano dove si confrontavano da un lato forme privatistiche di produzione mercantile e l'esistenza di un libero commercio che inevitabilmente mantenevano in vita elementi capitalistici nell'economia nazionale; e, dall'altro, i cardini dell'economia: grande industria, trasporti, energia, sistema bancario in mano allo Stato sovietico. Lo scopo primario era quello di creare le condizioni per uno scambio regolare di prodotti dell'industria con quelli dell'agricoltura per affrontare e risolvere i problemi sociali e di sviluppo sia delle città sia delle campagne.
Il primo provvedimento adottato con il varo della Nep fu l'abolizione del prelevamento delle eccedenze agricole e la sua sostituzione con l'imposta in natura, calcolata proporzionalmente sulla base del raccolto e del tipo di azienda contadina (maggiore per i contadini ricchi, inferiore per quelli medi, bassa e in alcune zone nulla per i contadini poveri). Assolto il pagamento dell'imposta, il resto del prodotto rimaneva nella disponibilità del contadino che poteva commerciarlo liberamente. La liberalizzazione del commercio al dettaglio fu attuata con un decreto governativo del marzo 1921. Altri provvedimenti nel quadro della Nep furono la revoca, nel maggio 1921, del decreto sulla nazionalizzazione della piccola industria; un nuovo assetto per le grandi imprese, che furono raggruppate in trust con gestione autonoma dei bilanci; lo sviluppo di forme cooperativistiche di produzione, di vendita e di consumo. Furono anche presi provvedimenti tesi a stabilizzare la moneta e incidere in modo positivo sui problemi legati all'inflazione e all'alto deficit del bilancio statale, stimato dal governo russo nel 1920 attorno ai settecento miliardi di rubli. Venne istituita una imposta straordinaria sulla ricchezza. Introdotta, per un periodo limitato di tempo, una nuova unità monetaria, il cervonec, e adottate altre iniziative sia dal Gosbank (Banca di Stato), che dal Narkomfin (Commissariato del popolo alle finanze) che riportarono il bilancio statale in pareggio nell'esercizio finanziario 1923-1924.
In perfetta sintonia e in stretta unità d'azione con Lenin, Stalin al X Congresso definì i compiti immediati del partito nella questione nazionale per dare concreta attuazione a tutte le "misure dirette a favorire il progresso economico, politico e culturale delle masse lavoratrici delle nazioni e popolazioni arretrate e dare loro la possibilità di raggiungere la Russia centrale proletaria più progredita".77


L'unità del partito

Il X Congresso affrontò anche il tema importantissimo dell'unità del partito. Certo non era la prima volta nella sua storia. Ma adesso la situazione era assai diversa. Ora in Russia si era instaurata la dittatura del proletariato, e la classe operaia attraverso la sua avanguardia politica organizzata esercitava direttamente il potere. Tutto il processo di costruzione del socialismo e l'esercizio del potere della dittatura del proletariato non potevano certo esaurirsi nei soli atti amministrativi e di governo. Esso implicava una lotta a fondo in tutta la società per rendere la classe operaia, tutti gli operai e non solo quelli comunisti, e i contadini suoi alleati, partecipi e coscienti della vita sociale, economica e politica del paese; artefici diretti della formazione e della gestione del nuovo Stato. Tutto questo sta a significare la grande importanza sia delle politiche da adottare in ordine a qualsiasi problematica, che del modo, del metodo attraverso cui queste politiche sono concretamente attuate. Illuminante a questo proposito, fu la forte discussione che si sviluppò nei mesi immediatamente precedenti il X Congresso del partito attorno alla questione sindacale, al ruolo dei sindacati nella società sovietica, ai metodi di lavoro in essi, ecc. Una discussione assai importante, perché strettamente connessa alla svolta di politica economica a cui si stava preparando il paese. L'obiettivo principale cui mirava la nuova politica economica era la ripresa dell'industria. La realizzazione di questo obiettivo era possibile solo attraverso il sostegno convinto della classe operaia e dei suoi sindacati. Per questo, gli operai dovevano essere pienamente consapevoli del pericolo rappresentato dallo sfacelo economico, un pericolo certo meno appariscente e tangibile rispetto all'aggressione armata imperialista e alla guerra civile, ma altrettanto pericoloso per la Repubblica sovietica. La maggioranza del partito e del CC era consapevole di questo e sosteneva fermamente la politica leninista, ma vi era anche chi, tra militanti e dirigenti, non era d'accordo; chi, rispetto ai nuovi compiti di edificazione pacifica, appariva disorientato, soprattutto fra quanti erano da poco approdati nel partito bolscevico o provenivano da altre organizzazioni dalle non certo salde radici marxiste, pronti anziché a porre e chiarire le questioni nel rispetto del centralismo democratico, a creare divisioni, a formare gruppi, a perdersi in lunghe ed inutili diatribe, a creare confusione. Per costoro lo scopo non era discutere o chiarire una questione, ma attaccare la linea del partito, il CC e Lenin. Ed anche in merito alla questione sindacale vi fu chi agì in questo modo. A porre la questione fu Trotzki con la pubblicazione di un opuscolo intitolato "Funzione e compiti dei sindacati" che Lenin definì sorprendente per "il numero di errori teorici e di palesi inesattezze ivi concentrate"; e l'intervento che lo stesso Trotzki fece alla Quinta Conferenza dei sindacati di Russia, nel quale lanciò una serie di parole d'ordine quali "statizzazione dei sindacati", "stringere le viti", "scuotere i sindacati", tendenti in buona sostanza a bloccare lo sviluppo della democrazia nelle organizzazioni sindacali, e ad imporre in essi "metodi militari". Sulla questione, Stalin intervenne con un importante articolo, pubblicato dalla Pravda il 19 gennaio 1921 dal titolo "I nostri dissensi". "I nostri dissensi vertono sulla questione dei modi con i quali rafforzare la disciplina del lavoro nella classe operaia, sui metodi di rivolgersi alle masse operaie che sono state attratte nella attività diretta a far rinascere l'industria, sulle vie da seguire per trasformare i sindacati, attualmente deboli, in sindacati potenti, effettivamente di produzione, capaci di far risorgere la nostra industria. Esistono due metodi: il metodo della coercizione (metodo militare) e il metodo della persuasione (metodo sindacale)... Un gruppo di militanti del partito, diretto da Trotzki, inebriato dai successi ottenuti con l'impiego dei metodi militari nell'esercito, ritiene possibile e necessario trapiantare questi metodi nell'ambiente operaio, nei sindacati, per raggiungere i medesimi successi nell'azione intesa a rafforzare i sindacati e nella rinascita dell'industria... All'opposto dell'esercito, la classe operaia rappresenta un ambiente sociale omogeneo, che è predisposto, per la sua situazione economica, al socialismo, è facilmente accessibile all'agitazione comunista, si organizza volontariamente nei sindacati e costituisce, per tutti questi motivi, il fondamento, l'essenza dello Stato sovietico. Nessuna meraviglia quindi che l'impiego prevalente dei metodi della persuasione sia stato alla base del lavoro pratico dei nostri sindacati di produzione. Di qui sono sorti metodi d'azione puramente sindacali, quali la chiarificazione, la propaganda di massa, lo sviluppo dell'iniziativa e dell'attività creatrice delle masse operaie, l'elettività, ecc. Trotzki sbaglia, perché misconosce la differenza che esiste fra l'esercito e la classe operaia, pone sullo stesso piano le organizzazioni militari e i sindacati, cerca, probabilmente per inerzia, di trasferire i metodi militari dall'esercito ai sindacati, alla classe operaia...
Appare evidente che Trotzki non ha capito la differenza che passa fra organizzazione operaia e organizzazione militare, non ha capito che la contrapposizione dei metodi militari a quelli democratici (sindacali) è necessaria e inevitabile nel momento della fine della guerra e della rinascita dell'industria, che perciò è errato e nocivo trasferire i metodi militari nei sindacati... Questa incomprensione è la fonte degli errori di Trotzki... Alcuni pensano che le discussioni sulla democrazia nei sindacati siano vuote declamazioni... Altri ritengono che la democrazia nei sindacati sia, in sostanza, una concessione, ...che si tratti di un accorgimento diplomatico piuttosto che di un vero e proprio principio da seguire. È superfluo dire che sia gli uni che gli altri compagni errano profondamente. La democrazia nei sindacati, vale a dire quello che è d'uso chiamare 'metodi normali di democrazia proletaria all'interno dei sindacati', è una democrazia cosciente, propria delle organizzazioni operaie di massa, che presuppone la coscienza della necessità e dell'utilità dell'impiego sistematico dei metodi della persuasione verso le masse di milioni di operai organizzati nei sindacati. Senza questa coscienza la democrazia diventa una parola senza senso. Finché c'era la guerra e il pericolo era alle porte, gli appelli delle nostre organizzazioni 'per aiutare il fronte' incontravano la viva adesione degli operai, giacché il pericolo del disastro era troppo tangibile,... Allora non era difficile sollevare le masse. Ma adesso che il pericolo militare è eliminato e il nuovo pericolo, il pericolo economico (lo sfacelo economico), è ben lontano dall'essere altrettanto tangibile per le masse, è impossibile sollevare le grandi masse semplicemente con degli appelli... Per mettere in movimento milioni di operai contro lo sfacelo economico è necessario stimolare lo spirito di iniziativa, la coscienza, l'attività delle larghe masse, è necessario persuaderle, sulla base dei fatti concreti, che lo sfacelo economico costituisce un pericolo altrettanto reale e mortale del pericolo militare di ieri; è necessario far partecipare, attraverso sindacati organizzati in modo democratico, milioni di operai al lavoro per far rinascere la produzione. Soltanto così è possibile trasformare la lotta degli organi economici contro lo sfacelo economico in un compito che stia a cuore a tutta la classe operaia. Senza di questo è impossibile vincere sul fronte economico. In breve: la democrazia cosciente, il metodo della democrazia proletaria all'interno dei sindacati è l'unico metodo giusto dei sindacati di produzione... Nel suo discorso conclusivo, alla discussione svoltasi nell'assemblea del gruppo comunista al Congresso dei Soviet, Trotzki ha protestato contro l'introduzione dell'elemento politico nelle discussioni sui sindacati, sostenendo che la politica non vi ha nulla a che vedere. Bisogna dichiarare che Trotzki ha completamente torto. Non credo sia necessario dimostrare che nello stato operaio e contadino non può essere attuata nessuna decisione importante, che abbia un valore generale per lo Stato, soprattutto se riguarda direttamente la classe operaia, se questa decisione non riflette, in un modo o nell'altro, la situazione politica del paese. E, in generale, non è serio, è ridicolo, separare la politica dalla economia. Ma appunto perciò è necessario che ogni decisione del genere venga valutata in via preliminare anche dal punto di vista politico... La Repubblica socialista federativa sovietica della Russia e le repubbliche con lei federate contano adesso circa 140 milioni di abitanti. L'ottanta per cento di essi è costituito da contadini. Per dirigere questo paese è necessario che il potere sovietico abbia dalla sua parte la incrollabile fiducia della classe operaia, giacché soltanto per mezzo della classe operaia e con le forze della classe operaia è possibile dirigere questo paese. Ma per conservare e rafforzare la fiducia della maggioranza degli operai, è necessario sviluppare sistematicamente la coscienza, la attività, l'iniziativa della classe operaia, è necessario educare sistematicamente la classe operaia nello spirito del comunismo, organizzandola nei sindacati, facendola partecipare all'opera di edificazione dell'economia comunista. È evidentemente impossibile assolvere questo compito con i metodi della coercizione e 'scuotendo' i sindacati dall'alto, giacché questi metodi scindono la classe operaia... Oltre a ciò è facile comprendere come, in linea di massima, sia inconcepibile sviluppare con metodi coercitivi la coscienza delle masse e accrescere la loro fiducia nel potere sovietico. È evidente che soltanto 'con i metodi normali della democrazia proletaria all'interno dei sindacati', soltanto con i metodi della persuasione, sarà possibile assolvere il compito di rendere compatta la classe operaia, di aumentare la sua iniziativa e rafforzare la sua fiducia nel potere sovietico, fiducia che è tanto necessaria adesso per sollevare il paese alla lotta contro lo sfacelo economico. Come vedete, anche la politica parla a favore dei metodi della persuasione".78
Dietro a Trotzki, si mossero altri gruppi che si organizzarono in frazioni. Il gruppo denominatosi del "centralismo democratico" guidato tra gli altri da Sapronov, Ossinski e Smirnov, che rivendicava la piena libertà per le frazioni. L'"opposizione operaia" guidata da Scliapnikov e dalla Kollontai, che voleva affidare la gestione dell'economia nazionale al "congresso panrusso dei produttori", annullando la funzione dirigente del partito e il suo ruolo di avanguardia cosciente e organizzata della classe operaia. Funzione e ruolo che essi, nella loro visione anarco-sindacalista, affidavano e identificavano non nel partito comunista, ma nei sindacati. Nel CC vi furono poi alcuni dirigenti, Bucharin, Preobragenski, Sokolnikov, Serebriakov, che cercarono di coprire l'azione frazionistica dei trotzkisti, schierandosi di fatto a difesa di quanti agivano contro il partito, per dividerlo e lacerarlo. L'operato di costoro venne definito da Lenin "il colmo del decadimento ideologico". Lenin alla testa del CC condusse nel X Congresso una battaglia politica tenace e aperta per l'unità del partito, contro le tesi sostenute dai frazionisti, in primo luogo quella anarco-sindacalista del gruppo dell'"opposizione operaia" , chiarendo che il partito non avrebbe lasciato spazio alcuno a quanti, con il pretesto della libertà di critica, agivano per dividere e disgregare il partito. Lenin scrisse e presentò al Congresso due Risoluzioni, entrambe approvate, sulla deviazione sindacalista e anarchica e sull'Unità del partito.
"Da qualche mese - si legge nella prima di queste Risoluzioni - nelle file del partito si è nettamente rivelata una deviazione sindacalista e anarchica che rende necessari la lotta ideologica più decisa, l'epurazione e il risanamento del partito. Questa deviazione è parzialmente dovuta all'entrata nelle file del partito di ex menscevichi e di operai e contadini che non hanno ancora completamente assimilato l'ideologia comunista; ma è soprattutto dovuta all'influenza esercitata sul proletariato e sul PCR dall'elemento piccolo-borghese, che è particolarmente forte nel nostro paese, il che inevitabilmente genera delle oscillazioni verso l'anarchismo... L'espressione di questa deviazione... sono le tesi e le altre pubblicazioni del cosiddetto gruppo dell''opposizione operaia'. Abbastanza significativa è, per esempio, la tesi seguente: 'Il compito di organizzare la gestione dell'economia nazionale spetta al congresso dei produttori di tutta la Russia, riuniti in sindacati di produzione, che eleggono un organo centrale che diriga tutta l'economia nazionale della repubblica' ...In primo luogo, nel concetto di 'produttori' sono compresi il proletario, il semiproletario, il piccolo produttore di merci; ci si scosta quindi radicalmente dal concetto fondamentale della lotta di classe e dall'esigenza fondamentale di distinguere nettamente le classi. In secondo luogo, puntare sulle masse senza partito o civettare con esse, come fa la tesi citata, costituisce una deviazione non meno radicale del marxismo. Il marxismo insegna... che soltanto il partito politico della classe operaia, cioè il partito comunista, è in grado di raggruppare, di educare, di organizzare l'avanguardia del proletariato e di tutte le masse lavoratrici, unica capace di resistere alle oscillazioni piccolo-borghesi di queste masse, alle inevitabili tradizioni o recidività di grettezza o di pregiudizi corporativi che si riscontrano tra il proletariato e di dirigere l'azione unificata di tutto il proletariato, cioè di dirigere politicamente il proletariato e, per il suo tramite, tutte le masse lavoratrici. Senza di ciò la dittatura del proletariato è irrealizzabile. La concezione sbagliata della funzione del partito comunista nei suoi rapporti col proletariato senza partito e, per quanto riguarda il primo e il secondo fattore, con tutta la massa lavoratrice, costituisce un radicale allontanamento teorico dal comunismo e una deviazione verso il sindacalismo e l'anarchismo della quale è permeata tutta l'ideologia dell''opposizione operaia'...".79
Lenin peraltro chiarisce con acutezza cosa si deve intendere per "deviazione", evidenziando la precisa volontà e la cura che devono ispirare il partito nel recuperare a sé, quanti vogliono e possono rimanere un tutt'uno con il partito. "Dicendo 'deviazioni' - precisa Lenin, - sottolineiamo che non vi scorgiamo ancora nulla di definitivamente costituito, nulla di assoluto e di completamente definito, ma soltanto l'inizio di un orientamento politico che il partito non può fare a meno di giudicare... La deviazione non è ancora una corrente definita; è una cosa che si può correggere. Della gente si è un po' allontanata dalla giusta via o incomincia ad allontanarsene, ma è ancora possibile correggerla. È questo, a mio parere, ciò che esprime la parola russa 'deviazione'. Essa sottolinea che non c'è ancora nulla di definitivo, che è una cosa facile da correggere, esprime il desiderio di mettere in guardia e di porre il problema in tutta la sua pienezza, sul piano dei principi.80
Nella Risoluzione sull'Unità del partito, infine, Lenin evidenzia la necessità di combattere energicamente per estirpare dal partito il bubbone del frazionismo. Ecco, in sintesi, i sette punti della Risoluzione.
"1) Il congresso richiama l'attenzione di tutti i membri del partito sul fatto che l'unità e la compattezza della sue file, la garanzia di una completa fiducia reciproca tra i membri del partito e di un vero affiatamento nel lavoro, che incarni effettivamente l'unità d'intenti dell'avanguardia proletaria, sono assolutamente necessarie in questo momento in cui un complesso di circostanze accentua i tentennamenti tra gli strati piccolo-borghesi della popolazione. 2) Tuttavia, ancor prima della discussione generale sui sindacati, nel partito si sono manifestati alcuni sintomi di frazionismo, sono cioè apparsi gruppi con una piattaforma propria e con una certa tendenza a isolarsi e a creare una propria disciplina di gruppo. Tali sintomi di frazionismo si sono avuti... sia nel gruppo della cosiddetta 'opposizione operaia', sia, parzialmente, nel gruppo del cosiddetto 'centralismo democratico'. È necessario che tutti gli operai coscienti comprendano chiaramente quanto dannoso e inammissibile sia ogni genere di frazionismo, in quanto, anche se i rappresentanti dei singoli gruppi desiderano salvaguardare l'unità del partito, esso porta inevitabilmente a indebolire l'affiatamento nel lavoro e a intensificare i reiterati tentativi dei nemici che si sono infiltrati nel partito al governo di approfondire la scissione e di utilizzarla a vantaggio della controrivoluzione. La sommossa di Kronstadt è stata forse l'esempio più lampante del modo in cui i nemici del proletariato sfruttano ogni deviazione dalla linea comunista rigorosamente conseguente... Questi fatti dimostrano chiaramente che le guardie bianche cercano, e vi riescono, di travestirsi da comunisti e persino da comunisti di estrema sinistra, pur di indebolire e di abbattere il baluardo della rivoluzione proletaria in Russia... 3) Nella propaganda su questo argomento si deve spiegare particolareggiatamente, da un lato, come il frazionismo danneggi e metta in pericolo l'unità del partito e l'attuazione dell'unità di intenti dell'avanguardia proletaria, condizione principale per il successo della dittatura del proletariato e, dall'altro lato, il carattere originale dei nuovi metodi tattici seguiti dai nemici del potere sovietico... Questi nemici fanno adesso ogni sforzo per aggrapparsi alle divergenze in seno al Partito comunista russo e per far progredire in un modo o nell'altro la controrivoluzione trasferendo il potere alla tendenza politica apparentemente più vicina al potere sovietico... 4) Nella lotta pratica contro il frazionismo è necessario che ogni organizzazione di partito vigili con molto rigore affinché non sia tollerata nessuna azione frazionistica. La critica, assolutamente necessaria, dei difetti del partito deve essere fatta in modo che ogni proposta pratica sia inviata subito, senza ritardo, nella forma più chiara possibile, agli organi dirigenti, locali e centrali, del partito perché la discutano e decidano. Chi formula una critica deve inoltre tener presente, per la forma in cui esprimerla, la situazione del partito, accerchiato da nemici, mentre il contenuto deve, con la sua partecipazione diretta al lavoro dei soviet e del partito, verificare in pratica come correggere gli errori del partito o di singoli suoi membri. Ogni analisi della linea generale del partito, o la valutazione della sua esperienza pratica, il controllo dell'adempimento delle sue decisioni, o lo studio dei modi atti a correggere gli errori, ecc., non debbono in nessun caso essere discussi preventivamente da gruppi costituiti attorno ad una 'piattaforma', ecc., ma debbono essere esclusivamente sottoposti alla discussione immediata di tutti i membri del partito... 5) ... Il partito continuerà instancabilmente, sperimentando metodi nuovi, a lottare con tutti i mezzi contro il burocratismo, per estendere la democrazia e lo spirito d'iniziativa, per scoprire, smascherare ed espellere gli intrusi insinuatisi nel partito, ecc. 6) Perciò il congresso dichiara sciolti e ordina di sciogliere immediatamente, senza eccezioni, tutti i gruppi formatisi attorno a qualsiasi piattaforma (come, ad esempio, il gruppo dell''opposizione operaia', quello del 'centralismo democratico', ecc.). L'inadempienza di questa decisione del congresso deve avere, assolutamente e immediatamente, come conseguenza l'espulsione dal partito. 7) Per ottenere una severa disciplina in seno al partito e in tutta l'attività dei soviet, e per raggiungere la massima unità, eliminando qualsiasi frazionismo, il congresso dà pieni poteri al Comitato centrale di applicare, nei casi di violazione della disciplina o di ricostituzione o di tolleranza delle frazioni, tutte le sanzioni del partito, compresa l'espulsione, e per i membri del Comitato centrale la retrocessione a candidati e persino, come misura estrema, l'espulsione dal partito...".81
La Risoluzione sull'unità del partito, approvata dal X Congresso, rimarrà un atto fondamentale a difesa del partito e del potere operaio e contadino in URSS.
 
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