Comunismo - Scintilla Rossa

Per la ricostruzione del Partito Comunista, Una lettera di Marco Rizzo

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Yuri Gagarin
view post Posted on 28/9/2012, 19:54




PER LA RICOSTRUZIONE DEL PARTITO COMUNISTA



(una lettera di Marco Rizzo)



Questa affermazione può sembrare una frase retorica o un imperativo volontaristico, non lo vuole essere!

Semplicemente, dopo l’euforia del post ’89 e le teorie sulla fine della storia, nella sua ultima evoluzione il capitalismo dimostra la sua crisi irreversibile e l’incapacità di dare una prospettiva credibile ed accettabile per il genere umano. La guerra e le aggressioni imperialiste sono prepotentemente ritornate a regolare i rapporti tra gli stati. L’aggressione ai salari e ai diritti dei lavoratori, l’impoverimento e la proletarizzazione dei ceti medi, l’aggressione all’ambiente sono condizioni oramai comuni a tutte le società capitalistiche. Tendenze che nei prossimi anni proseguiranno, in assenza di alternative e di un forte ciclo di lotte dei lavoratori.

Oggi la critica al capitalismo e’ ovunque molto generalizzata, così come sono altrettanto estesi i tentativi in buona e cattiva fede di tentare (inutilmente) di riformarlo. Non esiste un capitalismo buono (quello produttivo) ed un capitalismo cattivo (quello finanziario). Così come le mafie e la criminalità organizzata non sono corpi estranei alla società; fanno parte del sistema, sono facce diverse dello stesso sistema.

Con buona pace dei Saviano e dei borghesi illuminati, se l’ obbiettivo generale e’ la ricerca del profitto, queste sono le conseguenze. Tanto più che in molti luoghi, a partire dall’Italia, i margini del cosiddetto riformismo oggi sono ridotti a zero. Fino alla caduta del “muro” di Berlino, la posizione geopolitica dell’ Italia, di frontiera con l’Est e anomala per la presenza del più grande partito comunista d’Occidente, le ha consentito una certa autonomia in politica estera ed energetica. Oggi non e’ più così. Da paese collocato nel campo della Nato, con un certo grado di benessere principalmente dovuto alle lotte e alle conquiste del movimento operaio, siamo oggi ridotti a colonia, privi anche dei margini che una sovranità limitata ci aveva consentito di disporre. Oggi l’Italia è oggetto di una vera e propria aggressione alla propria sovranità nazionale e alla propria economia da parte dei potentati economici internazionali, di cui l’Europa di Monti è l’espressione più diretta.

Socialismo o barbarie, prefigurava Karl Marx in un vaticinio che e’ oggi più che mai attuale.

Il modello di sviluppo capitalistico genera disuguaglianza, guerra e distruzione dell’ambiente. L’olocausto nucleare è tornato possibile e forse probabile, se vi fosse l’espansione del consumo procapite degli USA a tutti gli abitanti della Terra vi sarebbe il collasso del pianeta, problemi nuovi come migrazioni bibliche e desertificazione delle terre si affacciano con prepotenza. Tutto questo vuole dire che ci troviamo nella necessita’ di indicare una via, una soluzione. Questa strada non e’ altro che un cambiamento generale della società, dei suoi rapporti di produzione, del modello di sviluppo: sorge dalle contraddizioni concrete di questo capitalismo il bisogno di socialismo. A questo compito non può altro che candidarsi un partito comunista.

In Italia, ed altrove, sono stati fatti molti errori sulla scia della nostra storia. Una storia grande, la storia del Movimento Comunista Internazionale, dalla Rivoluzione d’Ottobre ad oggi.

Molti sono quelli che hanno correlato la fine dell’URSS (battuta all’interno dal revisionismo e dalla sfida produttiva e all’esterno dall’imperialismo) ad un ipotetico fallimento della più grande ideologia della storia, senza capire che si trattava di un primo esperimento che può essere certo ricostruito. Non crediamo sia utile innescare la polemica sul più recente passato, ma vorremmo almeno evitare di ripetere gli sbagli più grossolani.

Nel contesto italiano degli ultimi trent’anni, stare nei gruppi dirigenti comunisti ha significato godere dei privilegi della presenza istituzionale, contribuendo a “fare di tutta un’erba un fascio”, comunisti compresi.

In futuro si potrà ricoprire anche l’incarico di Presidente della Camera ma si dovrà ricevere lo stesso stipendio di un lavoratore (da Statuto), è un principio che diversi partiti comunisti nel mondo praticavano e praticano tutt’ora (basterebbe informarsi su quello che accade nei PC di Grecia e Portogallo).

L’Italia di oggi è a sovranità limitata anche nel luogo in cui la stessa la sovranità del popolo (secondo il sistema borghese) dovrebbe esprimersi: il parlamento nazionale. La stessa nascita del governo Monti evidenzia un vulnus pesante per la cosiddetta democrazia italiana, così come previsto dalla disattesissima Costituzione italiana. Il governo Monti risponde a precisi interesse di classe, le sue riforme contro il Lavoro sono addirittura peggiori di quelle dei governi Berlusconi-Lega Nord. In tal senso non si possono nascondere le enormi responsabilità della socialdemocrazia (?) italiana, a cominciare dal Presidente Napolitano e dal Partito Democratico.

Il bisogno della ricostruzione comunista nasce dal bisogno di opporsi ai vari governi di questa crisi capitalista, sia quando prendono il volto di Marchionne e della svendita del nostro patrimonio industriale agli Usa, o all’Europa neocarolingia, sia quando prendono il volto apparentemente diverso della socialdemocrazia (è di questi giorni la “benedizione” del gruppo Goldman Sachs al PD).


La lotta all’imperialismo, così come l’ha declinata e la declina il marxismo-leninismo, ritorna ad essere centrale in ogni società, sia in quelle dell’Occidente aggressore, sia in quelle aggredite dall’imperialismo. Quindi dalla Siria all’Iran, dalla Russia alla Corea del Nord, stiamo dalla parte degli stati indipendenti dall’imperialismo e non viceversa, avendo ben chiaro che difendere la sovranità di uno stato non significa difendere quel modello di società, quel modello di stato: il diritto all’autodeterminazione dei popoli è un principio non negoziabile.

Chi ci ha seguito sinora, anche se non è in totale accordo con quello che proponiamo e facciamo, non potrà non riconoscere che la nascita di Csp-Partito Comunista seppur poteva anche apparire contraddittoria (uffa’… un altro partitino!.. ), si è però posta e si pone il problema della ricostruzione del Partito. Siamo pienamente coscienti dei nostri limiti e della sproporzione che esiste tra la nostra azione e quello che invece sarebbe necessario per porre fine alla diaspora dei comunisti e per offrire alle nuove generazioni un valido strumento di lotta.

Siamo però testardi nell’affermare che vorremmo costruire in Italia un vero PARTITO COMUNISTA, siamo consapevoli della nostra parzialità ma pensiamo che sia grave innanzitutto non partire. Vorremmo, nel mondo, a partire dall’Europa, realizzare un coordinamento forte tra i partiti comunisti (e stiamo iniziando a sperimentare rapporti politici multilaterali in questa direzione).

Vorremmo che la straordinaria esperienza del movimento operaio del nostro Paese possa ritrovare il filo di ricostruzione di un sindacato di classe, partendo dalla denuncia del sindacalismo concertativo e dal tradimento dei sindacati confederali che, CGIL compresa, oggi servono esclusivamente alla sopravvivenza (materiale) dei sindacalisti e non certo dei lavoratori: essi svolgono oggettivamente il ruolo di ammortizzatori sociali, funzionali per sterilizzare il conflitto di classe che sempre più emerge nella nostra società. Non è un caso che, volutamente, abbiamo fatto una festa nazionale nel paradigmatico luogo di Pomigliano.

Mettiamo a disposizione totalmente questa nostra esperienza. Non pensiamo a improbabili ritorni nelle istituzioni subordinando a questo bisogno il nostro progetto politico, la nostra visione internazionale, la nostra collocazione di classe. Non siamo pregiudizialmente contrari ad una presenza anche nelle istituzioni borghesi, ma non consideriamo questo nè lo scopo nè la ragione per la ricostruzione del Partito.

La stessa vicenda della disponibilità a rinunciare al simbolo della “falce e martello” in competizioni elettorali (praticata nel 2008 con l’Arcobaleno e nuovamente ipotizzata oggi) è un segnale tangibile della rinuncia all’indipendenza dei comunisti ed è, a nostro modesto avviso, inaccettabile.
Perché se “molli” sulla “bandiera”, non sei più credibile neanche sui “contenuti”. I simboli sono l’ultima cosa che si abbandona, quando si è disponibili a rinunciare alla falce e martello significa che il resto, tutto il resto, lo si è già svenduto.
Certo dobbiamo riflettere, e molto, sul “soggetto incaricato di offrire un’alternativa al capitalismo”, praticamente di quello di cui spesso ci si è disinteressati.
In questi anni abbiamo visto emergere una concezione sempre più mediatica dell’organizzazione politica, anche di quella che si definiva comunista. Questo ha costruito nuove oligarchie politiche difficili da controllare e anche da contrastare. Il leaderismo si è sviluppato nella peggiore delle accezioni, quella del puro consenso mediatico senza protagonismo, senza partecipazione: dal segretario politico si aspetta il “colpo di teatro” che risolve la situazione. Serve invece , e tanto più oggi in Italia, un’elaborazione collegiale, con un protagonismo ed una discussione che coinvolga quello che diventerà l’intero partito.
Si eviterà, come è stato negli ultimi vent’anni di affermare tutto e il suo contrario, seguendo mode, tendenze e fenomeni squisitamente congiunturali. Si è demolito quel poco che poteva esser un embrione di partito cancellando i “polverosi musei dell’agire politico novecentesco”, per poi sorprendersi che il partito non c’era più. Serve scegliere la meta e pensare al mezzo di trasporto più efficace.


Con la recente e attuale esperienza di Csp-Partito Comunista siamo disponibili a metter a disposizione tutta la nostra breve storia, nonché la struttura organizzativa e l’organigramma dei gruppi dirigenti, a partire dal sottoscritto, per compiere quel salto di qualità nella costruzione del PARTITO COMUNISTA in Italia. Sappiamo che di comuniste e comunisti, in Italia, ve ne sono tanti, dentro ad alcuni partiti e sindacati, e fuori da essi.


Compagne e compagni, è ora, facciamo appello a tutti Voi, ma solo a Voi comunisti, per questa grande impresa. Non ci devono, non ci possono interessare le sinistre di varia natura e di incerto colore politico ed ideale, che tanti danni hanno fatto nell’ultimo periodo. Non serve il caso Lazio per sapere quanto è corrotta l‘attuale politica istituzionale. Si può tentare di combattere le ingiustizie, si può addirittura partecipare ad una rivolta, il capitalismo però è stato battuto solo da partiti comunisti di matrice leninista, quei partiti che hanno posto correttamente la questione del potere. Da Marx, Lenin, Stalin, Gramsci e tanti altri dirigenti del movimento comunista vengono grandi insegnamenti.

Non vi chiediamo firme da esporre, né manifesti da firmare, Vi chiediamo innanzitutto di riflettere.
A questa grande e modernissima storia ci rifacciamo, dedicando tutta la nostra determinazione ed il nostro impegno. Iniziamo il processo per ricostruire il PARTITO COMUNISTA. Dal mese di gennaio 2013 iniziamo assieme questo percorso con calma e determinazione, organizzando iniziative di confronto, avviando una vera e propria fase di costituente comunista che parta dalle fondamenta e non dalla fine, e cioè i gruppi dirigenti. Parta dalla ricostruzione di una teoria e un progetto politico che possa consegnare alle nuove generazioni lo strumento di lotta, di emancipazione e di rivoluzione: il PARTITO COMUNISTA!

FONTE
http://www.comunistisinistrapopolare.com/2...di-marco-rizzo/
 
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Calexis
view post Posted on 29/9/2012, 10:49




Lettera aperta ai Comunisti per una Sinistra Popolare, Roma, 22 luglio 2009.
Vorrei partire dall’analisi della sconfitta politica dell’Arcobaleno prima, e di quella delle europee e
amministrative poi.
A questo proposito è utile distinguere il fallimento politico in senso rappresentativo (soglia minima
di consenso sempre conseguito) da quello di effettiva rappresentatività degli interessi di classe (in
senso lato del concetto).
Ora, se facciamo questa distinzione vediamo che la sconfitta politica della rappresentatività degli
interessi di classe non coincide con quella del “consenso minimo sempre raggiunto” che chiamo
consenso rappresentativo, perché la prima avviene molto prima e già all’atto di nascita. La forma
del consenso rappresentativo non ha rappresentato la sostanza della rappresentanza degli interessi di
classe per una serie di ragioni che hanno sempre dilaniato la socialdemocrazia da Kautsky fino a
Berlinguer, e che non poteva sciogliersi se non con una riformulazione di tutta l’ortodossia marxista
che ha permeato e logorato le energie del comunismo, che avrebbe dovuto portare alla transizione
dal socialismo verso il comunismo. Il crollo del comunismo storico del novecento (1917-1991) non
è avvenuto per opera dello spirito santo ( papa Giovanni Paolo II ), ma più prosaicamente sulle
contraddizioni conosciute e volutamente taciute da una elite comunista ortodossa ( la corsa a chi è
più comunista è lo sport preferito dei falsi comunisti e ne ho conosciuti molti morti di infarto
agonistico-politico).
Il problema non è quindi dichiararsi comunista e neppure quello di spostare il discorso politico sul
personale ( anche se, per quanto mi riguarda, il personale è politico) per il semplice motivo che
questa pratica è stata da tutti abusata e ha pagato in riciclaggio politico (per fare un esempio,
Alessio D’Amato, comunista doc, vero compagno, segretario di federazione, consigliere alla
Regione Lazio, fondatore del progetto Rosso-Verde che gli è servito per un posto al PD), e che,
quindi, ci porterebbe nella poltiglia politica e non ci farebbe avanzare nel progetto dell’analisi e
delle risposte.
Il problema oggi è quello di come essere “attuazionisti”, ovvero di come rendere reale un’esigenza
di classe che, al momento, è solo percepita vagamente e quindi non compresa. Si tratta di sapere
qual è il soggetto rivoluzionario oggi, dopo che si è constatato non essere la classe operaia ( anche
se Marx non ha mai detto che la classe operaia fosse il soggetto capace di rivoluzionare i rapporti di
forza ma semplicemente (per modo di dire) il lavoratore collettivo cooperativo associato
dall’ingegnere all’ultimo manovale insieme al general intellect , inteso come potenza del sapere
tecnico) e neppure, come aveva giustamente intuito Lenin, il partito politico organizzato.
Per questo non è sufficiente spingere sullo scontento della gente perché si trovano scontenti in tutte
le classi sociali ( e vediamo che molti comunisti scontenti preferiscono votare la Lega).
Fintanto che il comunismo rimane una dottrina esposta interamente a parole si risolverà sempre in
un tradimento di classe (una falsa rappresentanza parlamentare se va bene, altrimenti nell’ennesimo
riciclaggio).
Fino a quando non cominceremo a pensare noi stessi come padroni del nostro destino (ovvero come
produttori e non come semplici consumatori) non faremo nessun avanzamento concettuale e sociale
e saremo condannati a vivere più per gli altri che per noi stessi.
La falsa contrapposizione (falsa coscienza) tra Io e NON-IO si deve risolvere tra la piena identità di
soggetto e oggetto (il produttore è anche padrone della sua produzione).
Com’è possibile che il PDCI, Rifondazione e Socialismo 2000 si siano alleati con i Consumatori
Uniti? Non credo che sia solo una questione di puro interesse (per me l’interesse è un concetto
nobile e un’arma da non sottovalutare in mano allo sfruttato) elettorale ma vi sia una ragione più
profonda che è quella di aver introiettato la propria subalternità alla produzione, una rivendicazione
passiva verso i proprietari dei mezzi di produzione e di non concepirsi come produttori.
Si è definitivamente realizzata la coscienza del consumatore, che non può che essere coscienza
supina incapace di azione concreta, ovvero di attuazione della propria libertà dal bisogno indotto e
mercificato.Fenomenologia della decenza. Nascita delle comunità del dissenso ai margini dei partiti.
È necessario riportare la misura delle cose entro i confini del decente. Per operare in questo senso
bisogna, prima di tutto, fare chiarezza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Ciò che si dice è troppo; ciò
che si fa è niente. Le forze politiche che si richiamano in vario modo al pensiero rivoluzionario
comunista, al marxismo, al solo pensiero di Marx, al comunismo e basta (cioè in tutte le salse),
all’altermondismo, al movimentismo, all’ecologismo degli affari dipinto di centrosocialismo ecc.,
hanno esaurito la loro eredità di consenso che veniva da ciò che altri hanno pensato e soprattutto
fatto.
La falce e martello è un simbolo talmente nobile che appassisce subito piantato in un partito. Il
ricordo non alimenta il presente.
Detto questo, bisogna passare ad esaminare i problemi connessi a questo preambolo.
La questione del rapporto tra determinanti e determinati.
La questione tra oralità e scrittura (intesa come rapporto tra teoria e pratica).
La questione dell’autorevolezza (intesa come conquista sul campo e non per ceto, casta o
esposizione mediatica).
La questione tra determinanti e determinati verrà analizzata sotto l’aspetto del razionalismo, da cui
discendono l’assolutismo, la sovranità popolare, il diritto naturale.
Le forme partito, nate dopo la chiusura dell’esperienza del Partito Comunista Italiano, hanno
adottato un sistema misto per la gestione della cosa pubblica.
Sono stati, adottando la formula di Aristotele e Cicerone, aristocratici, oligarchici e democratici.
Aristocratici nella scelta di coloro che dovevano rappresentare il popolo, oligarchici nella gestione
del partito e democratici per tutto quello che rappresentava la manovalanza.
Queste tre forme miste hanno generato un rapporto con il militante prima, e nell’elettore dopo, che
non ammetteva vie di uscita alla determinazione e, quindi, escludeva qualsiasi forma di
razionalismo. Per trovare un senso a questa forma parossistica e tautologica si venivano formando
comunità spontanee che non avevano nessun legame con i partiti. Le comunità del dissenso
venivano viste come un bacino elettorale comunque di riferimento. Le cose non stavano proprio in
questi termini ed oggi, che sappiamo come sono andate le cose, ne abbiamo la prova.
Le comunità del dissenso che vivevano ai margini dei partiti, pur non facendo parte degli stessi, ne
vivevano comunque l’esperienza e alimentavano e si alimentavano della politica di riferimento.
Erano comunque un corpo vivo ai margini di un corpo morto. La differenza tra chi stava dentro e
chi stava fuori la faceva la coerenza e la dignità. La coerenza in quanto non si poteva sostenere una
questione morale che all’interno dei partiti era carta straccia e una questione di dignità per la
soppressione di qualsiasi considerazione individuale.
I vertici dei partiti, alle continue disaffezioni da parte dei militanti, non prestarono più di tanto peso
in quanto si andava elaborando una idea del partito leggero consistente nel ragionamento che meno
fastidi si ricevano dall’interno meglio era: tanto ciò che contava era il numero dei voti degli elettori.
Nel frattempo si ingrossavano le fila delle comunità del dissenso.
La questione dell’assolutismo.
La questione dell’assolutismo vive in forma ortodossa all’interno dei partiti eredi del PCI, ed in
forma eterodossa nelle comunità del dissenso.
All’interno dei partiti vi è la concezione che tra il popolo e il partito vi è un patto, o meglio
un’alleanza stretta davanti alla Grande Rivoluzione, da cui tutto nasce ed evidentemente deve
morire. È un patto teologico ereditario che non può essere infranto. Ed infatti non viene infranto
neppure davanti alla storia.
Nelle comunità del dissenso vi è un ragionamento che nasce dalla constatazione che la Grande
Rivoluzione è qualcosa che non può essere espressione delle masse ma soltanto delle potenze
nazionali: qui si trovano teorie che vanno dalla giustificazione degli eccidi da parte delle nazioni
che si oppongono all’imperialismo USA, a variopinti movimenti altermondisti a guida di
moltitudini desideranti. L’assolutismo può essere evidentemente destrutturato e ricomposto apiacimento. Vi sono, al contrario posizioni che vedono nella comunità insorgente la nascita del
soggetto portatore di libertà.
Da questa situazione nascono le guerre confessionali e la questione della sovranità popolare.
La sovranità popolare per i partiti politici è semplicemente la forza dei numeri: sono votato e quindi
ho ragione, oppure anche se non si è votati si trovano le ragioni per avere ragione: il partito, il
rilancio delle alleanze, ecc.
Per le comunità del dissenso la sovranità popolare non può più essere appannaggio dei partiti ed è
condizionata dalla strategia antimperialista: vi è sovranità se coincide con la mia visione altrimenti è
pura farsa.
Vi è anche una posizione più articolata che fa coincidere la sovranità popolare con l’Impero senza
imperialismo affidandola alle moltitudini
Quella che a mio parere sembra più pertinente è quella che la fa nascere dalla comunità per
l’attuazione del comunismo anche perché dà pari dignità a tutti coloro che lottano e sono disposti a
morire per la libertà.
La questione del diritto naturale all’interno dei partiti non esiste perché non esistono gli individui.
Non esistendo un soggetto portatore di diritti la questione non si pone. Nelle comunità del dissenso
il diritto naturale anche se viene in qualche modo riconosciuto è almeno problematizzato e in un
certo modo subordinato al diritto storico che decide caso per caso. Quindi non vi è un vero e proprio
diritto naturale ma semplicemente artificiale. Questo perché, anche all’interno delle comunità del
dissenso l’individuo è qualcosa che dà fastidio e che impedisce alla Verità di palesarsi in tutta la sua
regalità siano essi l’antimperialismo, la decrescita, la lotta degli oppressi ecc.
L’individuo che vive nella comunità del dissenso corre il rischio di non dissentire più
concretamente, perdendo quella prospettiva dell’agire comunicativo capace di raccogliere intorno a
sè gli elementi costitutivi che fanno della teoria la vera e propria prassi umana.
È qui che l’accordo tra oralità e scrittura prefigura la comunità per l’attuazione del comunismo
inserita in una prospettiva comunitaria e il terreno sul quale si può e si deve trovare il concetto di
autorevolezza.
Nel suo Platone e i fondamenti della metafisica (1982), Kramer scrive: < La pretesa di validità
della filosofia sistemica di Platone deve essere considerata operando una serie di distinzioni.
Difficilmente vi era collegata la pretesa di non aver bisogno di alcuna revisione; questo si può
ricavare dal concetto dinamico di filo-sofia (inteso in seno forte), così come dalla divergenza degli
scolari, sia nei confronti di Platone sia degli uni nei confronti degli altri tollerata nell’Accademia.
Anche la pretesa di esaurire la totalità dei contenuti filosofici probabilmente non vi era collegata; il
progetto era mantenuto piuttosto elastico e flessibile ed era fondamentalmente aperto ad
ampliamenti sia nel suo insieme sia nei suoi particolari. Si può pertanto parlare di una istanza non
dogmatica ma euristica e rimasta in alcuni particolari addirittura a livello di abbozzo, e quindi di un
sistema aperto; non, però, certamente di un antisistema di frammenti di teorie senza precise
connessioni. Invece è da tenere sicuramente in conto la tendenza alla totalizzazione e ad un progetto
generale e coerente e consistente. Questo è comprovato dalla teoria dei Principi, dalla elaborazione
di concetti generali di funzioni e di relazioni, e altresì dall’accordo di tutti i discepoli nelle precise
intenzioni di costruire un sistema. Perciò nella valutazione di queste questioni sono da tenere ben
distinti i punti di vista del grado di coerenza della dottrina dal grado di validità della medesima>.
Con il crollo dei regimi del cosiddetto socialismo reale prima e il rimpasto di PCI poi, lo stupore è
nel constatare che non ha lasciato niente dietro di sé, non ha operato nessuna trasformazione degli
stili di vita, della forma dei rapporti umani. La presunta e presuntuosa diversità di essere comunisti
si infrangeva in un meschino riciclo e un ridicolo sostegno a regimi “resistenti”.
Fare i conti con il passato serve più che altro a non commettere gli stessi errori e orrori.
Si è fatto questo rendiconto? Si, se si guarda a piccole nicchie importanti per contenuto e dibattito;
no, se si guarda in generale.
Il punto centrale della questione è il rapporto che si deve instaurare tra un pensiero
onnicomprensivo e gli uomini in carne ed ossa ai quali quel pensiero è rivolto. Il desiderio di libertànon può calpestare altre libertà legittime in nome di un nostro giustificato disegno, proprio perché
l’uomo non è mai mezzo ma sempre fine, quel desiderio di libertà non si deve trasformare in
egoistico “nostro” disegno di libertà.
Guardo per questo con preoccupazione alle “fantasie onnipotenti” che descrivono, in nome di un
marxismo revisionato, morti necessarie in vista di un progetto multicentrico, come se il desiderio di
libertà di quelle popolazioni non avesse lo stesso diritto del nostro.
È ora di mettere in crisi questo paradigma. Bisogna cominciare da un principio di elezione come
guida per la lotta di libertà ovunque venga sentita e non ovunque si pensi necessaria. La differenza
deve essere sempre difesa ovunque. L’esportazione della democrazia è omicida allo stesso modo
che calpestare i morti che insorgono contro regimi che pensiamo siano utili al nostro disegno
geostrategico. L’esportazione della democrazia e l’esportazione geostrategica per il multicentrismo
sono allo stesso modo due forme della sostanza aberrante.
Non sarà certo una massa totalmente alienata che farà fare il salto della trasparenza assoluta, ma
solo la ridefinizione dei confini del comune che legano ogni essere umano alla sua disposizione
libertà e all’insorgenza contro ogni forma che lo voglia privare e, dunque, privatizzare. È chiaro che
se vengo privato di un bene necessario quel bene mi sarà concesso solo sotto forma di merce
privata. Questo desiderio di messa in comune è una forma nuova che insorge, come rottura tra ciò
che non ha mai avuto e ciò che gli è stato tolto: l’essenza stessa dell’essere umano che è la sua
dignità. In questo senso si può parlare di una istanza non dogmatica ma euristica e sempre rimasta
confinata negli scantinati della storia. Essa è un sistema aperto e non certo sotto forma di
antisistema di frammenti di teorie senza precise connessioni. Questo è il principio di elezione senza
il quale ogni desiderio di libertà si trasforma in una rivoluzione che è una involuzione.
In questo senso la dialettica della soggettività e dell’oggettività che aspira ad una forma di comunità
si costituiscono in un rapporto di reciprocità reversibile. Il soggetto può produrre tutte le
determinazioni possibili e non sarà mai un soggetto determinato. Ciò che lui stesso produce
attraverso la sua comunità è un prodotto razionale che ne garantisce la riproduzione. Ciascuna sua
determinazione rimanda alla totalità della comunità che altro non è che l’attuazione del massimo di
realizzazione della soggettività.
Si può cominciare a parlare di attuazione comunista insorgente contro ogni forma di dispotismo e di
pretesa assoluta delle determinazioni?
Io credo di sì.
Spero che si possa aprire un confronto con tutte le comunità che vivono al di fuori dei partiti politici
usciti dalla dissoluzione del PCI partendo da queste poche e certe basi.
Si tratta quindi di attuare, al momento, pochi progetti atti a conseguire una piccola comunità
comunista che abbia al proprio interno la giusta consapevolezza di essere il motore decisivo verso
l’insorgenza contro la subalternità e lo sfruttamento. I dominanti dominano i dominati fino a quando
non si pensano tali. Vi è l’illusione che un atteggiamento estetico possa sconfiggere una condizione
etica; si tratta appunto di una illusione che dura il tempo di un fine settimana, il giorno dopo il
quotidiano ci restituisce tutto il sapore amaro della realtà, la consapevolezza di non essere padroni
di noi stessi.
Bisogna superare l’impasse tra ciò che si dice e ciò che si fa. Badate che non è una questione tra
teoria e pratica politica che attiene più al lavoro intellettuale, bensì di una più sottile e ardua messa
in opera (attuazione nel senso di rendere reale) tra individualità che si ritrovano in un progetto che
sentono e vivono “in comune”. Se questa intuizione politica non riesce al suo interno a comunicare
questa idealità concreta (l’ossimoro si supera nell’attuazione) saremo di fronte all’ennesima
sconfitta.
Stefano Moracchi

 
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view post Posted on 30/9/2012, 00:02
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compagno

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Si potrebbero evitare queste castronerie totalmente prive di analisi marxista?
Oppure le devo cancellare io?
Non lo faccio, per adesso, affinché tutti i compagni possano da soli rendersi conto di chi è questa feccia attuazionista, la quale sa smascherarsi da sola meglio di come potrebbe fare qualsiasi suo avversario.
 
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view post Posted on 30/9/2012, 01:00
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compagno

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CITAZIONE
Si tratta di sapere qual è il soggetto rivoluzionario oggi, dopo che si è constatato non essere la classe operaia ( anche se Marx non ha mai detto che la classe operaia fosse il soggetto capace di rivoluzionare i rapporti di forza

Fra tutte le classi che oggi stanno di contro alla borghesia, il proletariato soltanto è una classe realmente rivoluzionaria.
Marx-Engels
CITAZIONE
e neppure, come aveva giustamente intuito Lenin, il partito politico organizzato.

«la dittatura dei proletariato può essere realizzata solo attraverso il partito comunista» LENIN

Però capisco che i piccolo-borghesi sedicenti attuazionisti vogliano soprattutto dimenticare questo:
Delineando le fasi più generali dello sviluppo del proletariato, abbiamo seguito la guerra civile più o meno latente all'interno della società attuale, fino al momento nel quale quella guerra erompe in aperta rivoluzione e nel quale il proletariato fonda il suo dominio attraverso il violento abbattimento della borghesia. Marx

E questo:
La dittatura rivoluzionaria del proletariato è un potere conquistato e sostenuto dalla violenza del proletariato contro la borghesia, un potere non vincolato da nessuna legge. Lenin

 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 30/9/2012, 10:40




gli attuazionisti usano la categoria di cellariato e negano le funzioni del partito leninista , mancano di scientificità nella lor analisi . Se vogliamo una sinistra veramente popolare è bene studiare seriamente il marxismo - leninismo e cercare di discutere sopratutto coi compagni più esperti
 
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view post Posted on 1/10/2012, 07:41
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CITAZIONE
Il problema non è quindi dichiararsi comunista e neppure quello di spostare il discorso politico sul
personale ( anche se, per quanto mi riguarda, il personale è politico) per il semplice motivo che
questa pratica è stata da tutti abusata e ha pagato in riciclaggio politico (per fare un esempio,
Alessio D’Amato, comunista doc, vero compagno, segretario di federazione, consigliere alla
Regione Lazio, fondatore del progetto Rosso-Verde che gli è servito per un posto al PD), e che,
quindi, ci porterebbe nella poltiglia politica e non ci farebbe avanzare nel progetto dell’analisi e
delle risposte.

Bella stronzata, cadono in pieno nella trappola dei social-democratici. Il vero problema degli attuazionisti è che non conoscono i comunisti (ML)
 
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Belfagor
view post Posted on 1/10/2012, 08:22




CITAZIONE
Si tratta di sapere qual è il soggetto rivoluzionario oggi, dopo che si è constatato non essere la classe operaia (anche se Marx non ha mai detto che la classe operaia fosse il soggetto capace di rivoluzionare i rapporti di forza ma semplicemente (per modo di dire) il lavoratore collettivo cooperativo associato dall’ingegnere all’ultimo manovale insieme al general intellect , inteso come potenza del sapere tecnico) e neppure, come aveva giustamente intuito Lenin, il partito politico organizzato.

Ma a cosa serve fare tutti questi giri di parole se poi il succo del discorso è il solito tentativo di screditare le vere esperienze rivoluzionarie?
 
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Psilocibe
view post Posted on 1/10/2012, 17:22




Devono insistere con i troschisti (mi riferisco a chi suggeriva provocatoriamente l'"attualizzazione" del marxismo): tra loro troverebbero certamente chi è ben disposto a cambiare immaginario (voi che non trovano qualcuno stufato di una politica incentrata tutta sulle libertà di opinione sessuale?).
E' solamente che di egemonia ora come ora nessuno se ne fa nulla, servono compagni veri e rivoluzionari che è quindi inutile cercare nei falsi partitini o nei centri sociali.
Ergo, vengono tutti quanti (dai nazionalitari, ai comunitaristi, ai campisti geopoliticizzati, agli attuazionisti, ai socialisti nazionali, i nazimao, le primule goliardiche, i lottatori di popolo, i fascioislamici...) a bussare alla porta dei marxisti-leninisti per vedere se qualcuno cede alla collaborazione. Esempi di questa dinamica sono stati gli apprezzamenti comparsi sul quotidiano Rinascita ai compagni di Piattaforma, come anche gli inviti alla costituzione di un fronte "socialista nazionale" inoltrate al partito Comunista Sinistra Popolare...ma di esempi così ce ne sono una miriade (terreno di conquista è proprio il deserto dell'antimperialismo).
Compagni ci serve proprio un partito nostro!!!



Sul pCSP personalmente oscillo tra posizione estreme, non riesco a comprendere alcune scelte. Penso di andare alla loro iniziativa del 6 ottobre a Roma (interverranno anche l'ambasciatore venezuelano e cubano se non erro)
 
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Yuri Gagarin
view post Posted on 1/10/2012, 18:28




Be se devo scegliere tra partitini , rossobruni e csoa scelgo gli ultimi , ma con le dovute distinguo . Però ci vuole un partito m-l , bisogna combinare qualcosa , urge la rivoluzione . RIzzo personalmente non mi piace molto per il suo passato anche se il partito pare serio
 
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Calexis
view post Posted on 1/10/2012, 18:59




Ce lo chiede una coscienza politica...
Nonostante anche il più sprovveduto politicante ne sia a conoscenza, l'ignobile sottomissione ai criminali che ci (s)governano non gli permette di mettere al centro dell'analisi, veramente politica, la necessità di creare una organizzazione del collocamento lavorativo sotto il diretto controllo degli stessi lavoratori.
 
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Vasilij Grigor'evi Zajcev
view post Posted on 1/10/2012, 21:18




sul sito (che fa cagare graficamente e funziona malissimo) è segnalata questa iniziativa:

2 Ottobre 2012, SABATO OTTOBRE ORE 15 AL CENTRO CONGRESSI DI VIA CAVOUR 50 A ROMA si svolgera’ una manifestazione internazionalista cui parteciperà il segretario nazionale con l’Ambasciatrice Cubana in Italia Milagros Carina Soto Aguero e l’Ambasciatore del Venezuela Julián Isaías Rodríguez Díaz
 
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view post Posted on 2/10/2012, 16:50
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compagno

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CITAZIONE
centro dell'analisi, veramente politica, la necessità di creare una organizzazione del collocamento lavorativo

Al centro dell'analisi che cosa?
 
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11 replies since 28/9/2012, 19:54   737 views
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